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Napoleone re di Milano

"Dio me l’ha data e guai a chi me la toglie" ecco la frase ad effetto detta da Napoleone dopo l'autoincoronamento nel Duomo di Milano. Avevo già accennato all’incoronazione durante la visita del Duomo di Monza che conserva la corona ferrea utilizzata per l'occasione.

Poco male, infatti buona parte del corredo legato all'incoronazione é rimasto a Milano, più precisamente nel museo del rinascimento, obiettivo della mia visita odierna

Oggettistica per incoronazione - museo della riforma - Milano

Il triennio rivoluzionario 1796 - 1799

L'avvio del Risorgimento italiano è strettamente legato all'arrivo delle truppe napoleoniche, che portarono un rinnovamento politico decisivo nella storia dell'Italia.
Le idee rivoluzionarie del 1789 conquistarono intellettuali, uomini dei ceti medi, una parte della nobiltà e i patrioti giacobini decisi a battersi a costo della vita per la libertà e l'autonomia.
I nuovi organismi municipali costituiti sotto la protezione francese in Lombardia, nelle Legazioni pontificie di Bologna e di Ferrara nel giugno 1796 e poi di Modena e Reggio nell'ottobre successivo in sostituzione degli antichi governi, diedero vita alla repubblica Cispadana avente una bandiera - il tricolore - un esercito e una costituzione.

La Bandiera della Legione Lombarda dei Cacciatori a Cavallo è uno dei primi tricolori conferiti da Napoleone Bonaparte ai patrioti italiani che, nell'ottobre 1796, fiancheggiarono volontariamente l'Armée d'Italie nella guerra contro l'Austria, adottando per colori nazionali il verde, il bianco e il rosso.
Lo stendardo è l'unico superstite e si ritiene che abbia avuto il battesimo di fuoco nella battaglia di Arcole, il 16 novembre 1796.


"Vivere libero o morire": il motto repubblicano e i simboli del primo tricolore richiamano gli ideali rivoluzionari.
Sono rappresentati il berretto frigio, rosso, che distingueva nell'antica Roma gli schiavi liberati e, sul retro, i pugnali di Bruto e Cassio che congiurarono contro Cesare, opponendosi al potere assoluto; l'archipendolo, strumento per verificare l'equilibrio di un piano, è il simbolo di parità, l'égalite, invocata durante la rivoluzione francese.

Questo vessillo accompagnò le sanguinose lotte di tutto il Risorgimento e divenne il simbolo dell'identita nazionale.

Napoleone entra in Milano

"Il 15 maggio 1796 il generale Bonaparte entrò a Milano alla testa di un giovane esercito che aveva passato il ponte di Lodi e mostrato al mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero un successore. I miracoli di audacia e di genialità che l'Italia vide compiersi in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato"

Il trionfale ingresso di Napoleone con le sue truppe, ricordato da Stendhal nell'incipit del romanzo La Certosa di Parma, acquista nelle forme di rappresentazione artistica una forte valenza simbolica. 
Fedeli ad una lunga tradizione iconografica che esalta gli ingressi solenni, facendo della città un palcoscenico animato dai suoi abitanti quali novelli spettatori, molti incisori realizzarono opere volte ad esaltare gli avvenimenti caricandoli di forti significati propagandistici, perché attraversare la città voleva dire soprattutto prenderne possesso. 

Le due tavole qui presentate, che fanno parte del percorso museale permanente, una caratterizzata da una splendida veduta cittadina, una più descrittiva, sono testimonianze della ricchezza con la quale gli incisori seppero interpretare questi momenti. Porta Romana viene raffigurata priva degli stemmi austriaci e su di essa è posta una lunga scritta, che sottolinea il valore dell'Armata Francese; le mura cosi come la porta stessa presentano danni dovuti al tempo, forse un richiamo al nuovo corso degli eventi, di cui Napoleone è simbolo e speranza, che cancelleranno le rovine dei tempi passati per perseguire nuovi traguardi civili e sociali. 

La popolazione viene ripresa nell'atto di salutare gioiosa i nuovi arrivati, interpretando nei gesti un nuovo patto sociale tra i cittadini e le truppe francesi. Non mancano piccole scene di genere, la definizione dell'abbigliamento, giochi di chiaroscuri, raffinate pose di personaggi che paiono tratti da una commedia sul palco di un teatro. Il Tricolore francese sventola accompagnato dal berretto frigio mentre molti salgono sulle mura per poter assistere a ciò che sta accadendo in città. Le stesse modalità di raffigurazione si ritrovano nelle numerose testimonianze a stampa, incisioni e litografie, in cui sono descritti gli ingressi dei Francesi a Torino, Venezia, Bologna.

Claude François Fortier, incisore -  Parigi, 1775 - 1835
Vue de la Ville de Milan. Entrée de l'Armée Française par la Porte Romaine. 15 Mai 1796.
Primo decennio XIX secolo - First decade of the 19th century
Bulino e acquaforte 

Quando giunse a Milano, l'esercito francese non aveva l'aspetto di un'armata organizzata bensì quello di gruppo di uomini allo stremo, usciti al loro Paese per invadere le terre vicine, come narrato da Pietro Verri. Le testimonianze iconografiche invece avevano un preciso intento propagandistico e descrivono truppe ordinate e ben organizzate: qui Fortier presenta il momento dell'ingresso da Porta Romana. Sullo sfondo, oltre le mura, si staglia la mole del Duomo mentre a destra della porta si vede il primo Albero della Libertà, che i milanesi eressero in occasione dell'arrivo dei francesi, simbolo della rinascita democratica del popolo.
Intorno vi si ballava la Carmagnola, una danza accompagnata da un canto rivoluzionario.


Carle Vernet, inventore - Bordeaux, 1758 - Parigi. 1836
Duplessis-Bertaux, incisore - Parigi, 1747 - 1819
Claude Louis Masquellier, incisore - Parigi, 1781 - 1852
Entrata dei Francesi in Milano - 1820
Acquaforte acquerellata a mano 

Il 15 maggio 1796, dopo la battaglia di Lodi, Napoleone, su un cavallo bianco, entrò vittorioso a Milano da Porta Romana, accompagnato dai soldati, laceri e sfiniti, dopo le crude battaglie. La tavola fa parte della serie Campagnes des francais sous le Consulat et l'Empire. i disegni preparatori per le tavole furono forniti dal pittore, disegnatore e incisore Carle Vernet, discendente di una celebre famiglia di artisti settecenteschi, mentre la trasposizione dei disegni su lastra venne affidata a validi incisori transalpini.

Carle Vernet Bordeaux, 1758 - Parigi, 1836
La battaglia di Arcole (16-18 novembre 1796)
Inizi XIX secolo - Bulino 

Napoleone, sguainata la spada, preceduto dall'ufficiale che sventola il tricolore della Legione Lombarda, incita sul ponte di Arcole (Verona) i suoi soldati, un'armata di soli 18.000 uomini, contro gli Austriaci, ben più numerosi. Attirato l'esercito nemico su un terreno paludoso, dove l'artiglieria era in difficoltà, dopo tre giorni di sanguinosi combattimenti, inflisse pesanti perdite e costrinse alla ritirata gli avversari.


Nel luglio 1797, dopo l'annessione della Lombardia, la repubblica Cispadana prese il nome di Cisalpina e Milano ne divenne la capitale. Dopo il trattato di Campoformio il 17 ottobre 1797 la Cisalpina si allargò con l'inclusione di Bergamo, Brescia e Crema (prima appartenenti alla repubblica di Venezia) e della Valtellina.
Il cosiddetto triennio fu caratterizzato, nonostante la pesante occupazione francese, da una vita politica vivace e relativamente libera e da vari interventi innovatori in campo amministrativo e giuridico, come l'affidamento dello stato civile ai comuni, invece che alle parrocchie e l'istituzione del matrimonio civile. 

Antoine-Jean Gros, inventore - Parisi, 1771 - Maeudon, 1835
Charles Michel Geoffroy, incisore - Parigi, 1819 - 1882
Il Maresciallo Massena Inizi XIX secolo
Bulino 

André Masséna (Nizza, 1758 - Parigi, 1817) fu uno dei più grandi generali francesi del periodo rivoluzionario e napoleonico: Maresciallo di Francia nel 1804 e Duca di Rivoli dal 1808, segui Napoleone in tutte le sue campagne, conquistando gloria e onori. Dopo la sconfitta in Portogallo, Bonaparte lo destinò a pratiche amministrative a Tolone; al ritorno dall' Elba non lo segui nell'avventura dei Cento Giorni, preferendo rimanere a Marsiglia.


Nell'aprile 1799, mentre Napoleone era impegnato nella campagna d'Egitto, le truppe austro-russe, comandate dal generale Suvorov, costrinsero i francesi a ritirarsi dalla Lombardia e instaurarono un regime repressivo, fino alla vittoriosa battaglia di Marengo del 14 giugno 1800, quando Napoleone ristabilì il controllo della Francia su tutta l'Italia settentrionale.

Napoleone valica le Alpi nella seconda campagna d'Italia

Nicolas-Antoine Taunay Parigi, 1755 - 1830
Jean-Joseph-Xavier Bidault Carpentras/Francia, 1758 - Montmorency/Francia, 1846
Napoleone al Forte di Bard 1801
Olio su tela 

Valicato il Gran San Bernardo sotto una tormenta di neve, l'esercito francese il primo giugno 1800 conquistò il Forte di Bard, costruito nel XV secolo e situato su una rocca in posizione strategica dominante la Valle d'Aosta. Fu la prima tappa della II Campagna d'Italia contro gli austro-russi, conclusa con la vittoria del 14 giugno a Marengo presso Alessandria.


Il Primo Console viene descritto da Taunay disteso, in un momento di riposo dalle fatiche dell'impresa, mentre sullo sfondo si scorge la sagoma del fortino, tra dirupi e sentieri impervi sapientemente descritti.

Alexandre-Hyacinthe Dunouy
Parigi, 1757 - Lione, 1841
Murat valica il San Bernardo 1801
Olio su tela 
 
Dunouy prese spunto dalle opere di Taunay per realizzare questo dipinto nel quale Gioacchino Murat (Labastide-Fortunière/Francia,1767 - Pizzo Calabro/Vibo Valentia, 1815) viene raffigurato mentre valica le Alpi diretto in Italia. Al fianco di Bonaparte nella Campagna d'Italia, Murat fu maresciallo di Francia e re di Napoli dal 1808 al 1815. Al crollo del regno, nel disperato tentativo di riconquistarlo, fu arrestato e fucilato dai Borboni. L'opera venne forse commissionata dallo stesso Murat, che più volte ebbe modo di elogiare Dunouy, sino a divenirne il principale mecenate, durante il soggiorno napoletano del pittore.

Nicolas-Antoine Taunay Parigi, 1755 - 1830
Napoleone valica il San Bernardo 1801
Olio su tela 

Il filone cui si riconduce quest'opera, che con il pendant Napoleone al Forte di Bard costituisce un raffinato dittico, oggetto di elogi al Salom parigino del 1801, è quello della documentazione topografica e della narrazione aneddotica.
Qui Bonaparte, descritto a cavallo, guida l'epico trasporto dell'artiglieria lungo i sentieri innevati del Gran San Bernardo; non manca la descrizione delle difficili condizioni dei soldati, stremati e infreddoliti, costretti a trascinare pesanti cannoni.
Delicata la raffigurazione delle Alpi che si stagliano sullo sfondo.

Friedrich Müller, incisore - Attivo seconda metà XVIII secolo 
L'Italia divisa ne' suoi differenti Stati, Regni e Republiche con tutte le strade Maestre colle distanze di tutte le Poste, che in essa si comprendono, tratta dalle ultime osservazioni Astronomiche
Vienna, 1795
Carta geografica a bulino colorata a mano, montata su tela
Carta geografica postale, edita presso la sede viennese dello stampatore Artaria ed espressa in miglia comuni italiane (un chilometro equivale a circa 0,54 miglia italiane).

A sinistra
Uniforme da Ussaro, compagnia di Pavia 
Repubblica Cisalpina 1797
Il 27 settembre 1797 Napoleone istituì i reparti speciali di cavalleria leggera chiamati Ussari.
Furono arruolati giovani appartenenti a famiglie benestanti. Si formarono tredici compagnie nelle principali città della Repubblica Cisalpina. Furono detti Ussari di Requisizione.
A destra
Uniforme della Guardia Nazionale Milanese
Repubblica Cisalpina - Dono, 1921
La Guardia Nazionale, fondata a Milano 1796, era un gruppo armato costituito da cittadini maschi, maggiori di diciassette anni, con il compito principale di tutelare, in tempo di pace, la sicurezza interna, mentre in tempo di guerra veniva richiamato per la difesa del territorio.

1805 - Napoleone I re d'Italia

Napoleone aveva soggiornato a Milano nel 1796 e nel 1800; tornò nella città lombarda nel 1805 per esservi incoronato Re del Regno d'Italia.

Domenica 26 maggio 1805, a mezzogiorno, Napoleone si avviava a piedi da Palazzo Reale verso il Duomo, preceduto dalla sorella Elisa, futura granduchessa di Toscana e dalla moglie Giuseppina.
Napoleone portava sul capo la corona imperiale e la corona d'Italia, indossava il manto reale di velluto verde con ricamati quadrifogli d'oro e d'argento e, sul retro, il suo monogramma e la corona.

Manto reale 
Velluto verde, ricami di argento, seta dipinta 
Di velluto verde, colore scelto come proprio del Regno Italico, è disseminato di quadrifogli ricamati con filo d'argento, ha una sola manica (la destra) e una larga fascia decorata con foglie e spighe d'argento.

Stringeva la mano di Giustizia, come segno della fonte del diritto dell'imperatore e lo scettro con il leone di San Marco a richiamare la potenza della repubblica di Venezia.

"Mano della giustizia"
Bronzo, argento, avorio, pietre 
Bastone con mano in avorio, simbolo della giustizia.

Scettro 
Bronzo, pietre - Bronze, precious stones
Il leone di San Marco armato di spada sovrasta lo scettro. Napoleone scelse come simbolo del suo potere in Italia l'emblema della Repubblica di Venezia.

La cerimonia fu sfarzosa. Volendo sottolineare l'antichità e la continuità del regno di cui diveniva sovrano, Napoleone s'incoronò Re d'Italia con la Corona Ferrea, fatta venire con gran pompa da Monza, dove era ed è conservata nel Tesoro del Duomo.

La corona ferrea

Napoleone con la corona ferrea
In realtà non la poggiò mai sul suo capo in quanto troppo piccola
ma si limito di tenerla sollevata

In museo, oltre a mantello, scettro e mano di Giustizia, è conservata la corona italica che Napoleone portò durante la consacrazione, essendo più adatta a essere indossata assieme al serto aureo imperiale, formato da cinquantasei foglie imitanti l'alloro. 

Corona  Oro, smeraldi, ametiste, calcedoni
In occasione dell'incoronazione Napoleone la portava sul capo, ma nel momento solenne della consacrazione cinse la Corona Ferrea, fatta venire dal Duomo di Monza, dove è tutt' ora conservata.

Completano questi simboli regali, testimoni della storia, il Gran Sigillo del regno italico e le insegne dell'Ordine della Corona di ferro che, del Regno, era la più alta dignità cavalleresca, istituita da Napoleone il 6 giugno 1805 per degna ricompensa ai servizi resi alla Corona nelle Armi, nell'Amministrazione, nella Magistratura, nelle Lettere e nelle Arti.

Le insegne reali, simboli del potere napoleonico, divennero trofei di guerra degli avversari dell'Imperatore: nel 1815 l'Austria vincitrice li portò a Vienna, dove rimasero fino al crollo della duplice monarchia, custoditi in un armadio del Tesoro Imperiale all'Hofburg. Il trattato di Saint-Germain del 10 settembre 1919 tra l'Austria e le potenze alleate, impose la restituzione di questi cimeli, ma solo il 18 novembre 1936 essi pervennero al museo, come deposito dell'allora Ministero dell'Educazione nazionale

Giovanni Battista Comolli (Valenza Po, Alessandria, 1775 - Milano, 1830)
Napoleone I re d'Italia 1809
Marmo

Seguendo una modalità rappresentativa volta ad esaltare in chiave celebrativa la figura di Napoleone, molti artisti, tra i quali Comolli, ricorsero a forme descrittive derivanti dalla statuaria classica e caratterizzate da un modellato fortemente idealizzato, salvo pochi accenni realistici. 

Il nuovo sovrano viene raffigurato con in capo la Corona ferrea e una corona d'alloro: il richiamo è all'incoronazione a Re d'Italia, avvenuta in Duomo il 26 maggio 1805, celebrazione durante la quale si fece ricorso a diversi oggetti carichi di rimandi simbolici, gli "Onori dell'Incoronazione", che trovano posto in Museo nella teca attigua all'opera del Comolli. Responsabile delle scelte iconografiche di questi ultimi oggetti fu lo stesso Napoleone e il loro significato fu ben illustrato dal Ministro delle relazioni estere Ferdinando Marescalchi, a Parigi, il 20 febbraio 1805 nel discorso che tenne alla Consulta di Stato.

Dalla corona di alloro descritta da Comolli scendono due nastri posti simmetricamente lungo le spalle e recanti un'ape, simbolo di laboriosità molto diffuso nell'iconografia napoleonica, anche come richiamo alla dinastia merovingia, cui Napoleone guardava come modello di riferimento.
Abile ritrattista, Comolli ci presenta qui un volto i cui tratti sono primi di espressività, posto frontalmente e dalla forte simmetricità, che, come attestato da recenti studi, ha come modello il noto ritratto in marmo di Antoine-Denis Chaudet, diffuso in molte versioni - una delle quali con corona ferrea e alloro si conserva al Castello di Versailles - e dal quale furono tratte numerose copie in bronzo, marmo.

Lo scultore piemontese fu molto apprezzato durante gli anni napoleonici italiani, in particolare a Milano dove stretti furono i suoi rapporti con Francesco Melzi d'Eril che fu uno dei suoi più attenti estimatori e sostenitori. Questa vicinanza dell'artista ad esponenti dell'entourage napoleonico ne decreto la sfortuna al ritorno degli Austriaci.

Andrea Appiani Milano, 1754 - 1817
Napoleone imperatore e re d'Italia 1809 - 1814 ca.
Olio su tela 

Napoleone indossa il manto e la corona d'alloro utilizzati durante l'incoronazione a imperatore, in Nôtre Dame, a Parigi, da parte del pontefice
Il mantello reca le insegne di gran maestro della Legion d'Onore, sodalizio cavalleresco da lui istituito come riconoscimento e premio per meriti civili e individuali di cittadini e soldati. 
Andrea Appiani fu pittore ufficiale di Napoleone, che ne apprezzò lo stile: a lui vennero affidati dall'imperatore altre importanti opere volte a esaltare la sua figura, come le trentacinque tempere monocrome (grisaille) dei Fasti Napoleonici per il Salone delle Cariatidi di Palazzo Reale in Milano. Distrutte durante i bombardamenti, sono testimoniate da una importante serie incisa dovuta alla scuola di Giuseppe Longhi.

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