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Long slow goodbye

C’è una foto che spopola, una foto “facile” da portare a casa. Il soggetto non scappa, l’angolatura é arcinota e di sicuro effetto, si tratta di un Hotel su un tornante.

Se poi siete svizzeri ed avete un minimo di passione / curiosità per i passi alpini vi sarà sicuramente capitato di passarci: si, si tratta del tornante poco sotto il valico del Furka che divide il Canton Vallese dal Canton Uri.


Quello che viene anche abbondantemente fotografato ma che resta esattamente vis a vis delle finestre dell'hotel sul tornante é il ghiacciaio del Rodano. Basta girarsi di 180°, tornare indietro di 140 anni ed ecco cosa avreste fotografato esattamente dallo stesso punto

Glorgio Sommer, Rhonegletscher, 1885, fotografia ritraente il tornante dell'Hotel Belvedere
Maestro della fotografia del XIX secolo, di origini italiane, Giorgio Sommer nacque a Francoforte sul Meno e intraprese la carriera di fotografo in Svizzera. Su indicazione di alti funzionari della Confederazione elvetica, Sommer ricevette l'incarico di eseguire una documentazione fotografica dei rilievi montuosi del Paese. Fino alla fine del XIX secolo, per le difficoltà dovute al trasporto dei macchinari e la necessità di sviluppare le fotografie sul posto che presupponeva l'allestimento di un laboratorio mobile, vista anche la mancanza di personale qualificato, le fotografie di vedute alpine o panorami montani o glaciali svizzeri vennero affidate a fotografi professionisti esperti provenienti dall'estero, che le avrebbero poi distribuite in tutta Europa.

Emil Synnberg, Belvédère und Furkapost, fine XIX-inizio XX secolo, cartolina
Sulla sinistra l'hotel Belvedere e la vista vis a vis sul tornante e sullo sfondo il ghiacciaio

Fin da quando sono passato di qui per la prima volta lo stop é d’obbligo, infatti la vera attrazione é quella di potersi infilare sotto il ghiacciaio lungo una galleria appositamente scavata fino a giungere ad una caverna per poi consumare un bicchiere di vino allietati dalla presenza di un pupazzo d’orso bianco animato per malinconiche foto ricordo, il tutto ad un prezzo inaudito.

24.07.2020 - comignolo per la presa d'eria all'interno della galleria sotto il ghiacciaio

L'ultima volta che sono passato di la era nel 2020
Ho avuto modo di notare di come il ghiacciaio si sia ritirato rispetto alla mia prima avventura, anzi, ben sorpreso mi sono ritrovato davanti a degli enormi teloni bianchi posati sopra il ghiacciaio, come se si trattasse di un ultimo disperato tentativo di salvarlo quando il suo destino é noto a tutti: un lungo e lento addio. 

Malinconico scorcio del ghiacciaio del Rodano con i teloni che servono a proteggerlo dall'irradiamernto solare - museo delle culture Lugano

Ritrovo una foto scattata nel 2018 e la confronto con alcune presenti alla mostra temporanea al museo delle culture di Lugano 

Adolphe Braun, Glacier du Rhône-vue prise du Grimsel, c. 1870, fotografia all'albumina
Uno dei soggetti prediletti dal fotografo Adolphe Braun furono i paesaggi alpini, in particolare scene di laghi e di ghiacciai, questi ultimi immortalati poco dopo la fine dell'ultima fase di espansione della Piccola Era Glaciale.
Lo studio Braun & Cie creò migliaia di immagini stereoscopiche delle regioni alpine di Francia, Germania, Svizzera e Italia. Gli scatti di Braun restituiscono con grande precisione i dettagli del paesaggio, la materialità della roccia e il modo in cui questi ultimi interagiscono con la luce. Notevole è anche il contrasto tra la nitidezza della montagna e l'effetto sfocato del ghiaccio, che dà un'illusione di discesa, facendo scivolare rapidamente lo sguardo lungo la lingua del ghiacciaio.

Anonimo, Le glacier du Rhône et l'hôtel, c. 1890, fotografia all'albumina, Schroeder & Cie.
Le immagini mostrano il ghiacciaio del Rodano che scende verso la piana di Gletsch e il passo della Furka. Fu così che Gletsch divenne una stazione di transito importante nel traffico alpino, e un punto di incontro turistico sempre più rinomato. La prima locanda a Gletsch, aperta nel 1830, fu venduta nel 1856 alla famiglia di imprenditori Seller, che ampliarono la struttura e costruirono il grande albergo tutt'ora esistente

20.06.2018, vista sul ghiacciaio dal fondo valle nei pressi di Gletsch

Malgrado l'angolazione non sia identica ri riesca comunque bene a farsi un idea dell'involuzione del ghiacciaio: nel 2018 la lingua il ghiacciaio si é completamente ritirata e non lambisce più i tornanti della strada per il passo del Furka, anzi ora per vederlo bisogna andargli incontro e percorre un piccolo sentiero 

Ritirandosi il ghiacciaio lascia dietro di se la nuda roccia che ben si nota nella foto qui sotto. Dove ora c'é il laghetto quando ero fanciullo c'era la galleria sotto il ghiacciaio ora spostata più a monte. Al suo posto un laghetto tra le rocce accuratamente lisciate del ghiacciaio del Rodano

24.07.2020 vista sul nuovo laghetto lasciato dal ghiacciaio in ritirata. Siamo all'altezza dell'Hotel Belvedere, vedi seconda foto del post.

Cartoline

Il ghiacciaio del Rodano è documentato in centinaia di cartoline. Grandioso e spaventoso allo stesso tempo, una volta reso accessibile grazie all'apertura della strada sul passo della Furka e all'inaugurazione dell'hotel Belvédère, divenne un'importante attrazione turistica. Oltre al ghiacciaio, la strada stessa, una pericolosa concatenazione di tornanti, rappresentò un grande richiamo per gli amanti del brivido. Tra il 1863 e il 1866 la strada da Oberwald fino a Hospental fu resa carrozzabile e le diligenze postali che la percorrevano furono progressivamente sostituite da un servizio autopostale. Il traffico aumentò continuamente, soprattutto dal 1895 con l'apertura della strada del Grimsel.

Anonimo, Furkastrasse und Rhonegletscher, c. 1895, cartolina,

Anonimo, Furkastrasse und Rhonegletscher, c. 1895, cartolina,

Anonimo, Furkastrasse und Rhonegletscher, fine XIX-inizio XX secolo, 
cartolina, Société Graphique Neuchâtel

La piccola era glaciale e la scoperta delle alpi

La Piccola Era Glaciale corrisponde al periodo di raffreddamento climatico verificatosi tra la metà del XIV secolo e la metà del XIX secolo. Pur essendo considerati tra i secoli più freddi degli ultimi 11.700 anni la temperatura media globale del Pianeta scese soltanto di 0,6 gradi centigradi rispetto a quella registrata nel XX secolo, ben poca cosa rispetto alle grandi oscillazioni climatiche del lontano passato della Terra e al forte riscaldamento cui rischiamo di andare incontro in futuro. 

Grafico dell'evoluzione dell'anomalia di temperatura tra il 40'000 a.C. e il 2023 d.C.

Molte regioni, in particolare l'Europa settentrionale, sperimentarono in quel periodo una serie di inverni particolarmente rigidi, caratterizzati da precipitazioni abbondanti e gelate frequenti. Le stagioni vegetative si accorciarono riducendo la produttività dell'agricoltura e causando ripetute carestie. Le popolazioni alpine videro i ghiacciai avanzare e quelle di pianura i grandi fiumi congelare. Durante gli inverni più rigidi, a causa dei ghiacci si bloccarono anche le attività di molti porti

Lo scenario offerto dalla Piccola Era Glaciale fu così inconsueto da originare una documentazione ampia e diversa: le cronache di notabili e curati sulle sofferenze patite dalla popolazione, le leggende attraverso cui il mondo alpino cercava di dare un senso alla distruttiva avanzata glaciale, le vedute, a partire dal XVI secolo, dei pittori olandesi e fiamminghi che raffigurano la vita nei villaggi tra neve e specchi d'acqua ghiacciati

Andreas Schelfhout (1787 - 1870) Pattinaggio in Olanda
Nella seconda metà del XVI secolo, quando nel Nord Europa il clima entrò nella fase più fredda della Piccola Era Glaciale, gli artisti inventarono le Winterlandschaften (vedute invernali), un genere a parte nella storia dell'arte occidentale, in cui il paesaggio, divenuto soggetto principale, è rappresentato coperto di neve e nella morsa del freddo.
Prima di allora, la rappresentazione dell'inverno nell'arte era piuttosto rara, in generale era collegata al ciclo delle quattro stagioni e non aveva rilevanza come soggetto a sé stante.
Il dipinto attribuito a Bout rappresenta la fiabesca giornata degli abitanti di una città olandese nel nuovo scenario ridisegnato dalla natura.
Costruita secondo la tradizione fiamminga, la scena è ricca di dettagli e di infinite storie: lo specchio d'acqua ghiacciato ha creato nuovi spazi popolati da coppie di pattinatori, eleganti gentiluomini, slitte trainate da cavalli, bambini che giocano e malcapitati che scivolano su lastre di ghiaccio.

Le pubblicazioni dei naturalisti che per primi si avventurarono, a cavallo tra XVIII secolo e XIX secolo, nel mondo glaciale per studiarne il fenomeno, le rappresentazioni pittoriche dell'alta montagna e, dalla metà del XIX secolo, le opere dei pionieri della fotografia che immortalarono la Piccola Era Glaciale proprio quando volgeva ormai al suo termine.

Le Alpi, in particolar modo, affascinarono numerosi artisti che, rivelandone i paesaggi, contribuirono alla «riscoperta» della montagna, ora luogo privilegiato su cui proiettare un nuovo concetto di natura, cui segui presto uno sviluppo a livello turistico.
Inizialmente rivolte soltanto agli amanti dell'arte e ai viaggiatori in cerca di una forma di esotismo incentrata sul mondo dei ghiacciai e delle alte quote, le opere degli artisti non pretesero alcuna validità scientifica. Tuttavia, numerose immagini paesaggistiche documentano la storia geologica e culturale del mondo alpino e glaciale nel contesto climatico dell'epoca della Piccola Era Glaciale.

Carl Hackert, Vue de la vallée de Chamouni, 1780, incisione e acquerello
L'opera di Hackert illustra la vallata di Chamonix e i ghiacciai del massiccio del Monte Bianco, che raggiungevano allora il fondo valle recando gravi danni alle culture e alle abitazioni.
Dietro il villaggio di Argentière si può scorgere il ghiacciaio des Bois, la parte terminale della famosa Mer de Glace e dalla quale prende origine il corso d'acqua Arveyron. Più in lontananza il ghiacciaio des Bossons. Con la nascita dell'interesse per i ghiacciai, il Monte Bianco, ben visibile dietro alle Aiguilles du Midi, era diventato una importante tappa del Grand Tour. Soltanto pochi privilegiati aristocratici avevano però la possibilità di ammirare la spettacolare maestosità dei ghiacciai.

Carl Hackert, Vue de la Source de l'Arveron, e. 1781, acquaforte e acquerello
L'opera di Hackert illustra un ghiacciaio attraversato da corsi d'acqua di fusione e numerosi massi erratici, a riprova del fatto che i ghiacciai non sono entità statiche, ma strutture complesse e mutevoli. Nell'immagine, una sorgente d'acqua sgorga dalla bocca del ghiacciaio, nella grotta di colore blu intenso al centro della composizione. Il ghiaccio si scioglie, si ritira e si riversa a valle mischiandosi con l'acqua di sorgente, mentre più in alto si congela nuovamente e si espande. Nell'opera di Hacker fronte del ghiacciaio mostra tutta la potenza distruttiva dei ghiacciai durante le fasi di crescita della Piccola Era Glaciale.

Samuel Birmann, [Chamonix] à la Flégère, 1826, acquatinta e gouache
L'opera raffigura la parte del ghiacciaio della Mer de Glace, un tempo nota come Glacier des Bois, che può essere osservata da Chamonix.
In primo piano, un pastore e le sue capre sostano accanto a una croce sulla terrazza panoramica de La Flégère. Tempio della natura, il ghiacciaio dipinto da Birmann apparve all'interno della raccolta Souvenirs de la vallée de Chamonix del 1826 dello stesso artista.

Charles-Melchior Descourtis, La Lutschinen sortant du glacier inférieur de Grindenwald, 1785, incisione e acquerello
L'incisione, realizzata a partire da un'opera di Caspar Wolf conservata al Kunst Museum di Winterthur, mostra il fronte frastagliato del ghiacciaio Grindelwald. La bocca del ghiacciaio appare invece come una grotta oscura intorno alla quale si innalzano seracchi e crepacci, un abisso minaccioso da cui sgorga il fiume Lütschine. L'incisione fu pubblicata nel volume Vues remarquables des montagnes de la Suisse avec leur description di Jacob Samuel Wyttenbach.

Johann Peter Lamy, Vue du glacier et de l'aiguille du Tour près du col de Balme dans la vallée de Chamounui, fine XVIII-inizio XIX secolo, incisione e acquerello
Il ghiacciaio del Tour, situato sul lato francese delle Alpi del Monte Bianco, vicino al confine svizzero e al Col de Balme, ha suscitato meno interesse negli artisti dell'epoca rispetto ai suoi vicini ghiacciai dell'Argentière, dei Bossons, della Mer de Glace, forse per la sua posizione, poiché, risalendo la valle di Chamonix, è il ghiacciaio più lontano da raggiungere. L'opera lo mostra puntellato di seracchi e di crepacci che fiancheggiano un paio di abitazioni e una chiesa.

Ghiacciaio del pittore italiano Emilio Longoni. 
Del 1905 e depositato al Museo d'Arte della Svizzera Italiana (MASI)

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