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Da Sonogno a San Bartolomeo

Fare un salto nelle vallate più discoste del Ticino per me significa inevitabilmente fare un salto nel tempo. Osservando qua e là scorgo varie testimonianze che mi riportano ai secoli scorsi, quando i turisti non c’erano e le costruzioni erano abitazioni primarie per vivere i e lavorarci 365/365 e non come oggi dove buona parte sono di vacanza e parte attrezzate col vetroceramica

L'obiettivo della giornata é salire fino a Sonogno in postale e poi scendere il più possibile verso il fondovalle. 

Sonogno, l'ultimo paese della valle Verzasca

Una marcia da rievocare

Se devo pensare ad una marcia storica posso sicuramente fare riferimento quando i verzaschesi scesero a piedi fino Locarno nell'ambito delle "guerre" liberal-conservatrici

Nel 1839 i liberali hanno fatto un colpo di Stato, hanno marciato e hanno occupato la sede del governo di Locarno e le pene per il governo precedente destituito sono pesantissime: condanne a tre anni di lavori forzati, alcuni altri obbligati a un esilio. Ci sarà poi però anche una contro rivoluzione; due anni dopo, nel 1841 dalla valle Maggia e dalla valle Verzasca scenderanno masse armate di contadini proprio verso Locarno; vogliono riprendersi il potere ma verranno fermati, i liberali avevano spie dappertutto, al ponte di Tenero e al ponte di Ponte Brolla con piccole battaglie.

Stampa di propaganda che mostra proprio la battaglia al ponte di Tenero

Le lüere

Prima di partire mi sono informato su eventuali elementi di interesse. Leggo la presenza di alcune lüere.
Ne avevo già vista una nella valle adiacente, più precisamente a Bignasco.
Le due lüvere verzaschesi (in realtà sarebbero tre, ma quella ad Alnèd é mal segnalata e perdo la traccia) hanno un concetto e di conseguenza un design assai diverso da quella della val Maggia: mentre a Bignasco si tratta di un grande recinto in sasso le due in Verzasca si tratta di buchi nel terreno. L’elemento che accomuna tutte e tre le lüvere é l’esca che si tratta sempre di una capra/pecora viva da sacrificare nel nome del gregge. 

Nei secoli scorsi i lupi erano molto numerosi nelle nostre valli. Essi depredavano le greggi di pecore e capre causando numerosi danni ai contadini. Per cercare di eliminarli furono costruite le lüére, all'interno delle quali veniva posta un'esca viva per attirare e far cadere in trappolà il lupo.

Queste buche erano concepite in modo che il lupo potesse entrarvi, ma non più uscirne e quindi essere facilmente ucciso. Presentando alle autorità una zampa, l'uccisore riceveva inoltre un premio.


 In Ticino, nel XIX secolo, vennero catturati ben 246 lupi, mentre in Valle Verzasca la presenza dell'ultimo esemplare risale al 1908. Nel 2001 il lupo ha fatto di nuovo la sua apparizione in Tícino.

A Brione Verzasca troviamo ancora due testimonianze di queste trappole:

Lüéra di Alnasca

Questa grande fessa circolare, poi rivestita con un muro a secco, venne scavata probabilmente nel Medio Evo.
A differenza di quella delle Ganne, qui era la sua grande profondità a non permettere al lupo di uscirne dopo aver consumato la sua preda.

lüéra di Alnasca

Lüéra delle Ganne

Questa buca si trova ai piedi di un grande masso che la sovrasta. La sua profondità in origine doveva essere superiore a quella attuale. Il diametro ridotto dell'apertura rispetto al muro della sottostante fossa, faceva si che il predatore non avesse nessun punto di appoggio per uscirne.

lüéra delle Ganne

Un balon 

Altro elemento sono i baloi, grossi massi che, probabilmente, si sono staccati dalle pareti circostanti al mancare della pressione del ghiaccio. I prati pensili sono i terreni artificiali sopra i baloi. Per ricavare qualsiasi terreno, data l'esiguità dei campi coltivabili sul fondovalle, gli abitanti costruivano muri sui massi e li riempivano con terra portata con le gerle.

Nella valle Bavona ne ho visti alcuni, e me lo aspettavo anche dato la composizione del fondovalle piena di massi e dall’esiguo terreno coltivabile. In Verzasca invece la natura é stata più magnanima lasciando anche ampi spazi coltivabili 

Malgrado gli ampi spazi nel fondovalle, in particolare da Sonogno fino a Brione ho trovato questa particolare costruzione in un bosco appena a sud di Brione

La scaletta a sinistra e la vegetazione sopra il masso non lasciano adito a dubbi

Memento mori

L'adiacente valle Maggia é impregnata di elementi rievocanti la morte. Spesso su cappelle e ossari appare lo scheletro a ricordarci la caducità della vita, indipendentemente dallo stato sociale
I primi elementi di rievocazione in val Verzasca li trovo a Frasco

Uno sguardo da Frasco (a destra la chiesa) verso Sonogno

Nel bel mezzo del cimitero antistante la chiesa trovo una cappella che conferma la presenza anche in valle Verzasca dei Memento Mori

La morte per motivi di spazio é seduta con clessidra e falce in mano.
L'elemento "nuovo" é la presenza di un uccello sulla destra, quasi sicuramente un corvo
IO ERI COME SEI TU
TU VERAI COME SON IO

Proseguendo il mio viaggio verso sud incontro ancora due elementi. Il primo un classico, uno scheletro munito di falce su una parete esterna di una cappella situata sul sentiero che sale da Lavertezzo in direzione di Rancone


Questa cappella si trova nel bel mezzo dei campi su una via principale, quotidianamente diverse persone vi passavano davanti, quotidianamente diverse persone oltre che alla Madonna notavano lo scheletro. La morte é una presenza fissa nei pensieri quotidiani delle persone dei secoli passati. 

Chiesa di San Bartolomeo

L'elemento più eclatante della giornata lo trovo in quello che sarà l'arrivo della mia escursione (eh si, a differenza dei verzaschesi, forse più motivati da questioni politiche, riesco ad arrivare "solo" fino a San Bartolomeo).

La chiesa di San Bartolomeo, situata nell'omonima frazione di Vogorno, é la più antica della valle Verzasca; la prima menzione risale infatti al 1234. Posta lungo la mulattiera che percorreva la valle (di cui si intravvedono tracce a nord dell'edificio), la primitiva chiesetta medioevale conobbe nei secoli ripetuti allungamenti, il primo forse già nel '400, quando molto probabilmente si aggiunse il portico. Fu alla fine del '600 però che assunse una conformazione barocca simile a quella odierna

Un altro allungamento risale alla seconda metà del '700, epoca in cui fu pure costruito un ossario a nord della chiesa, ora scomparso.

Negli anni 1907-8 venne costruita una stanza sopra il portico, che fu fortemente modificato perdendo l'aspetto antico; il nuovo portico é della fine del XX secolo. Nel 1924 si procedette ad un ulteriore allungamento verso est. Proprio durante questi restauri vennero alla luce sulla parete meridionale affreschi della costruzione primitiva: si tratta di dieci figure allineate, assai singolari e risalenti al XIII secolo.

L'affresco é stato picchiettato, questo per far aderire meglio la calce dello strato successivo

Sulla parete di fondo sulla destra (come da tradizione) é riemerso il dipinto dell'inferno. La figura é di scarso valore artistico ma di sicuro impatto. Il diavolo é formato da de corna che si tramutano in teste malefiche intente a divorare i dannati

Inferno nella chiesa di San Bartolomeo

Altre tracce di affreschi, purtroppo assai deperiti, sono visibili sulla parete esterna a nord: risalgono probabilmente al XV secolo e potrebbero essere attribuiti ai Seregnesi. Il campanile, anch'esso a nord, risale alla metà del '600.

Martiri

Anche in questo viaggio ho la maniera di constatare che prima di lamentarci dovremmo pensare a chi sta peggio di noi. I martiri della chiesa cattolica sono un ottimo esempio per farci rivalutare le nostre condizioni di vita attuali

Lavertezzo visto da sud

Una grande cappella é situata a Lavertezzo all'imbocco del sentiero che porta a Rancone, all'interno diversi affreschi. Sulle pareti laterali alcuni martiri, spicca su tutti un sorpreso barbuto che si ritrova un pugnale conficcato nella fronte che crea apparentemente più fastidio che dolore

Pietro da Verona (?) era un frate domenicano del convento di Sant'Eustorgio a Milano, inquisitore e predicatore contro l'eresia dei Catari: nel 1252, insieme a un confratello, venne ucciso da un eretico nei boschi tra Seveso e Barlassina, colpito alla testa con un grosso coltello.

Non va sicuramente meglio al santo patrone di San Bartolomeo. Come visto a più riprese il suo destino fu quello di essere spellato vivo.

All'altare maggiore una tela col martirio di san Bartolomeo, firmata da Luigi Sigurtà (1748)

Sempre nella chiesa di San Bartolomeo, sulla parete di fondo, ma sulla sinistra rispetto al diavolo visto sopra San Vincenzo é intento ad essere arrostito sulla graticola. Malgrado questo la sua espressione non sembra soffrirne, anzi sembra avere ben altri pensieri nella mente, tipo: "avrò spento le candele prima di uscire?" 

San Vincenzo arrostisce con grande nonchalance nella chiesa di San Bartolomeo

Le espressioni dei santi intenti a ricevere le loro orribili torture sono degne di un capitolo a se. Infatti in nessun caso deve trasparire dolore ma sollievo di raggiungere l'altissimo, ne escono spesso situazioni paradossali tendenti al comico

Churchstar locale

Anche la valle Verzasca può annoverare una star: si tratta di Gian Giacomo Pancrazio Bustelli di cui indiverse chiese lungo la valle si trovano riferimenti

Una lapide nel pavimento ricorda il luogo di sepoltura di Gian Giacomo Pancrazio Bustelli (1716-1771), parroco a Vogorno per un trentennio, venerato dalla popolazione alla stregua di un santo.

Quello però che mi sorprende di più é il suo slogan: più memorabile del "sole, cuore , amore" di qualche anno fa.

La mano sinistra sul teschio da quel tocco determinazione in più

Due torri

Sempre nella chiesa di San Bartolomeo (grande fonte di ispirazione) scorgo in una cappella laterale una tipologia di dipinto mai visto prima

"Turris Davidica" significa "Torre di Davide" e, nelle Litanie Lauretane, è un appellativo che si rivolge a Maria, indicando la sua forza e inviolabilità. Maria è vista come una torre forte e inespugnabile, un rifugio sicuro per chi cerca protezione. Questo appellativo sottolinea anche la sua verginità perpetua, vista come una preziosa "torre d'avorio"

"Turris eburnea" significa "torre d'avorio" in italiano. È un'espressione latina che, in origine, indicava la bellezza del collo di una donna, paragonato a una torre di avorio. Nel linguaggio religioso, soprattutto nelle litanie lauretane, si riferisce alla Vergine Maria, sottolineando la sua purezza e il suo essere un rifugio sicuro.

Happy ending

Voglio però chiudere questo capitolo, morte, memento, mori, martiri e torture con il bellissimo cielo sopra l'altare maggiore sempre in San Bartolomeo.

Affresco sopra l’altare maggiore di San Bartolomeo 

Il sentiero

Chiudo con quello che forse doveva aprire il post: il sentiero. Mi era stato suggerito che da Sonogno a Gerra non era nulla di particolare. Da un ottica esclusivamente di spettacolarità il sentiero acquista fascino quando il fiume inizia a scendere in maniera importante scavando nella roccia, in particolar modo da Brione a Lavertezzo. Il retro della medaglia é una presenza molto marcata di turisti in questa zona. 

Più a monte ne incrocio ben pochi e dopo il ponte di Corippo sono completamente solo

Trovo il solito assembramento al ponte di Lavertezzo, anzi faccio persino fatica a passarci tanto é intasato. Qualche ora prima mentre salivo col postale il ponte era completamente sgombero. 5 minuti dopo esser passato sul ponte mi trovo completamente solo nelle viuzze del paese davanti a sagrato della chiesa. La gente é qui per fare il bagno, a ben pochi interessano i secoli scorsi

Passaggio spettacolare tra Brione e Lavertezzo

Il colore dell’acqua é un richiamo, proprio come quei colori sgargianti che certi uccelli sfoggiano per procacciarsi il partner 

Scorcio sulla zona più commerciale della valle fotografate direttamente dal famigerato ponte di Lavertezzo. Ponte su cui faccio persino fatica ad attraversare da tanta é la gente che si accalca. Un particolare pensiero a tutto quello che portano cadole per infanti, se vi girate perpendicolarmente rispetto al ponte con la carola occupate tutto il sedile risultando oltretutto potenzialmente pericolosi 

Possiamo affermare che l'acqua é il vero catalizzatore del sentiero, il fiume ci scorre affianco tutto il tempo, ci tiene compagnia come un compagno di viaggio, ad ognuno di noi poi cercare di vedere un po' più in la ed afferrare quanto questa terra ha da offrirci

Cascata da Sgiof

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