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Il cimitero monumentale di Milano

Che proprio oggi sia una giornata uggiosa, dove il grigio plumbeo la fa da padrona sulla megalopoli di Milano non mi disturba affatto; anzi rende ancora più intrigante la visita al cimitero monumentale che mi ero annotato di fare da tempo.

Uno degli innumerevoli scorci regalati dal monumentale

Le mia elevate attese non saranno disilluse, anzi, nella giornata odiernba non riuscirò a vedere tutto come mi ero prefissato.

L'idea di istituiro nella città di Milano un unico e grande cimitero, per sostituire | numerosi, insalubri e anche miseri cimiteri periferici, nasce nel 1837.
Si concretizza però soltanto nel 1862, dopo l'indipendenza dalla dominazione austriaca, con l'approvazione del progotto presentato da Carlo Maciachini, architetto lombardo gia di notevole prestigio, a un concorso indetto dal Municipio di Milano nel 1860.

In fondo al viale di colpo ci si ritrova dinnanzi all'imponente ingresso (cliccando sull'immagine si aprirà a schermo intero rendendo più "wow" l'effetto)

Il Monumentale, inaugurato nel 1866, nasce come cimitero aperto a tutti i milanesi "a tutte le forme e tutte le fortune", ma è chiara sin dall'inizio la volontà del Municipio di farlo diventare
"monumento" della milanesità, luogo di memorie civiche e, come tale, dedicato a un pubblico più ampio e non solo ai dolenti.



I due percorsi consigliati ai visitatori, uno della durata media di 60 minuti e l'altro di 30, consentono di efettuare un rapido ma efficace viaggio attraverso le tendenze artistiche rappresentate al Monumentale in 150 anni di storia, dalla Scapigliatura al Simbolismo, dal Novecento all'Informale. Sono comprese nell'itinerario le sepolture di grandi famiglie dell'imprenditoria milanese e di protagonisti della cultura come Arturo Toscanini

L'opera di Carlo Maciachini, secondo Il gusto eclettico dell'epoca, incorpora numerosi modelli stilistici: romanico-pi-sano, gotico-lombardo, ravennate-bizantino, ottenendo da una composizione di elementi eterogenei un effetto unitario.
Nelle sculture e nelle architetturo del Monumentale si possono ripercorrere le vicende delia città e gran parte della sua storia artistica: dal realismo ed eclettismo di fine ottocento al liberty e al simbolismo di inizio novecento, dagli anni trenta del novecento all'epoca contemporanea, como in un vero, straordinario museo a cielo aperto dove sono rappresentati i maggiori artisti italiani.


Insieme alle cappelle delle grandi famiglio, della cultura o dell'imprenditoria milanese, vi sono molti personaggi illustri che hanno legato il loro nome alla storia politica e civile di Milano e dell'Italia, tra cui: Alessandro Manzoni, Carlo Cattaneo, Luca Beltrami, Carlo Forianini, Salvatore Quasimodo, Filippo Turati, Anna Kuliscioff e Arturo Toscanini.

Sguardo sul "backoffice"

Il Famedio

Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o "Tempio della Fama".
I criteri di "ammissione" al Famedio rispondono a un regolamento definito nel 1884 e in parte modificato nel 1904, il quale fissa a tre le categorie dei cittadini considerati degni di passare alla storia: gli "illustri" per meriti letterari, artistici, scientifici o atti insigni, i "benemeriti" che per virtù proprie hanno recato benefici e fama alla città e i "distinti nella storia patria" che hanno contribuito all’evoluzione nazionale. Per ricevere gli onori del Famedio non occorre esservi tumulati, molti dei personaggi ricordati nelle lapidi poste all'interno sono infatti sepolti in altre zone del Monumentale, per esempio Arturo Toscanini. Sono ricordati anche alcuni italiani illustri le cui salme riposano altrove, come Giuseppe Verdi, tumulato nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti a lui dedicata, sita in piazza Buonarroti a Milano, oppure Giuseppe Mazzini, sepolto nel cimitero di Staglieno a Genova.
Nel Famedio sono ospitati i resti di soli otto personaggi: al centro, in un sarcogafo disegnato dallo stesso Maciachini, riposa Alessandro Manzoni, il primo ad essere traslato nel Famedio, nel 1883, a dieci anni dalla sua morte.

Monumento a Manzoni

Nato a Milano nel 1785, Alessandro Manzoni – reduce da un’adolescenza infelice e conflittuale – si trasferì a Parigi presso la madre Giulia Beccaria, che lo introdusse nei raffinati circoli intellettuali francesi. Il 1810 segnò una svolta decisiva nella biografia dell’autore: abbandonate le polemiche anticlericali e convertitosi al cattolicesimo, fece rientro in Italia dove condusse una vita appartata, scossa da frequenti crisi nervose e dolorosi lutti. Il decennio 1816-1826 fu il più fecondo per la sua attività letteraria: risalgono a questo periodo le due celebri tragedie Il conte di Carmagnola e Adelchi, il quinto Inno sacro (La Pentecoste), le Odi civili e la prima stesura del romanzo I promessi sposi, con il titolo Fermo e Lucia. Sottoposta ad un’accurata revisione linguistica, l’opera venne pubblicata in forma definitiva solo nel 1840. All’indomani della proclamazione del Regno d’Italia, Manzoni – nominato senatore a vita – attese con dedizione al nuovo ufficio, nonostante l’età avanzata. La morte sopraggiunse nel capoluogo lombardo il 22 maggio 1873; a dieci anni esatti dalla scomparsa, il corpo imbalsamato dello scrittore romantico venne tumulato nel Famedio.

Monumento a Manzoni di Carlo Maciachini (architetto), Giannino Castiglioni (scultore), 1883 e 1958

Il lavoro nobilita l'uomo

Edicola Besenzanica

Dal 2011 di proprietà della Fondazione Gioacchino e Jone Ligresti, l’edicola viene commissionata in memoria di Gaetano Besenzanica, facoltoso imprenditore edile, dal figlio Ernesto (1864-1940), ingegnere progettista di numerose strade ferrate sia in Italia che all’estero, fondatore nel 1906 della Società per le Ferrovie Adriatico-Appenninico. A Ernesto Besenzanica sono dedicati una via di Milano, una scalinata a Fermo e un monumento celebrativo nell’atrio della stazione di Piazza Flaminio, a Roma.

In primo piano compare il gruppo in bronzo dal titolo Il lavoro o L’aratura, che raffigura alcune figure di contadini e di buoi a grandezza naturale, con abbondanza di dettagli realistici. Tale composizione è quindi sovrastata da un’imponente figura femminile scolpita in pietra simona della Valcamonica, di colore rossastro, rappresentante in chiave simbolista la Natura, la quale, sporgendosi dalle alte rocce che fungono da quinta, infonde il proprio soffio benefico sulla vita, che ciclicamente si rigenera grazie al lavoro della terra.

Edicola Girola

L’architetto Piero Portaluppi (1888-1967) insegnò al Politecnico di Milano e in questa città costruì e restaurò moltissimi edifici. Tra le opere di maggior rilievo si ricorda il Civico Planetario Ulrico Hoepli, inaugurato nel 1930 e progettato in stile classicheggiante.
Negli anni Venti del Novecento nacque uno stretto sodalizio tra l’architetto Piero Portaluppi e Umberto Girola che collaborarono a numerosi progetti architettonici come quello per la centrale elettrica in Val d’Ossola commissionato dalla società Conti, ma anche alla costruzione di dighe e serbatoi alpini.


Sul fronte principale, ai lati del portale di accesso, alcune scritte in rilievo elogiano le grandi opere realizzate dall’impresa edile del defunto, riportate in latino e così traducibili: “Moltiplicò la folgore raccogliendo le acque e, guardando al cielo, dedicò il suo cuore al compimento delle opere”.
Sulle pareti laterali dell’edicola lo scultore Giannino Castiglioni ha rappresentato, in stile realista, due scene di lavoro: figure maschili a torso nudo, la cui austerità scultorea esalta la dignità del gesto di plasmare e modellare la terra a beneficio dell’uomo. Sul fianco sinistro vi è la figura di un minatore con gli strumenti del mestiere, mentre sul fianco destro quella di un contadino all’opera con l’aratro.

Edicola Bolgé

In posizione centrale, sul viale principale, spicca l’edicola della famiglia Bolgé, titolare dell’ omonimo “premiato stabilimento di pilatura e brillatura del riso”, con sede a Milano già dai primi anni Ottanta dell’Ottocento.


Sullo sfondo, con la tecnica dello stiacciato, è rappresentato un paesaggio dal quale emergono, in lontananza, un paese, le colline e un campo, mentre in altorilievo sono modellate le figure di una contadina e di un contadino e, in primo piano, un mietitore scolpito nell'atto di legare le spighe in covoni, dopo averle falciate a mano.

Ancora senza informazioni

Monumento Peretti, 1924 - Riparto X, spazio 249
scultore: Michele Vedani

Della guerra




Delle particolari

Turati Kuliscioff amore sinistroide

Il monumento Turati-Kuliscioff: non si tratta di una scultura vera e propria, ma di un masso erratico proveniente dalla Valtellina con incisi i nomi dei tumulati, ovvero Filippo Turati, i suoi genitori e la compagna, Anna Kuliscioff.
Sepoltura Turati Kuliscioff

Nel 1892 Turati e la Kuliscioff furono tra i fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani (nel 1895 Partito Socialista Italiano). Anna lottò per estendere il diritto di voto alle donne e si batté per la limitazione oraria della giornata lavorativa di donne e bambini
Anna Kuliscioff morì nel 1925. Nel 1926 Turati, grazie a una fuga rocambolesca (a bordo di un’imbarcazione di fortuna in compagnia, tra gli altri, di Ferruccio Parri e Sandro Pertini) si rifugiò in Francia, dove costituì la “Concentrazione antifascista” e dove morì nel 1932.




Tullo Morgagni, l'inventore del giro d'Italia

Le sculture marmoree rappresentano le vestali: le sacerdotesse dell’antica Roma con il compito di tenere sempre vivo il fuoco sacro degli dei all’interno dei templi. In questa raffigurazione allegorica esse compiono l’azione opposta: dal palmo delle loro mani compare la fiammella della vita, ma le sei donne vi soffiano sopra, spegnendola e decretando la morte.


Denominazione:Monumento Morgagni Posizione: Terrazzo BC di Ponente, Nicchia 3Autore:Enzo Bifoli (architetto e scultore)Data esecuzione:1921; 1929-1930

L’opera funeraria è dedicata a Tullo Morgagni, caporedattore alla “Gazzetta dello Sport“ dal 1904. A lui viene attribuita l’invenzione del Giro della Lombardia (1905), della Milano-Sanremo (1907) e soprattutto del Giro d’Italia (1909). Morì a soli trentotto anni, nel 1919, in un disastro aereo avvenuto a Verona

Verso l'infinito e oltre (gli eroi dell'aria)

Monumento Minoletti

Nelle immediate vicinanze del Tempio Crematorio, a levante, troviamo la sepoltura Minoletti.
Il monumento è costituito da un alto masso erratico in granito di Biella sul quale sono stati applicati alcuni elementi in bronzo che rievocano le circostanze drammatiche in cui morì il giovane: un incidente a bordo di un pallone aerostatico.
Il giovanissimo Luigi Minoletti (1886-1906), il 17 maggio 1906, partecipò ad una gara tra aerostati a bordo del “Regina Elena” (di fabbricazione francese), insieme al pilota Celestino Usuelli (1877-1926), compiendo una traversata di 200 chilometri in 20 ore. Durante un volo successivo effettuato con lo stesso velivolo, il 3 giugno 1906, Minoletti e, con lui, altri due navigatori dei cieli, Usuelli e Nazari (?-1906), partirono da Milano e, dopo aver percorso circa 600 km, precipitarono nell’Adriatico in prossimità di Ancona. Soltanto Usuelli si salvò da quel tragico ammaraggio. I resti del corpo di Minoletti furono recuperati e cremati il 10/07/1906, nel Tempio Crematorio (con il sistema Gorini), e le ceneri furono tumulate il 19/10/1906 nel basamento del monumento


Sulla sommità della roccia è posta un’aquila, simbolo di forza, coraggio e giovinezza eterna, che tiene ben saldo fra gli artigli il cerchio di carico di un aerostato, ossia l’elemento di raccordo fra il pallone e la navicella di vimini. Il maestoso animale stringe nel becco una corda legata ad un’ancora, segno di speranza, scolpita accuratamente in ogni dettaglio: l’anello (o cicala), il fusto e le tre marre (bracci).
L’epigrafe, incisa nella parte inferiore del masso, recita:
“A Luigi Minoletti, di anni 20, che, vittima della tragica discesa dell’aerostato “Regina Elena”, perì tra le onde dell’Adriatico il 03 giugno 1906. Libertà, eguaglianza, amore furono il suo sogno.”

Monumento Umberto Fabe

La plastica raffigurazione in bronzo nero rappresenta un giovane aviatore: nudo come gli dei dell’Olimpo, regge sulla spalla sinistra un’elica, allusione simbolica a un aeroplano, mentre viene agguantato dai tentacolari capelli serpentini della testa di Medusa, straordinaria reinterpretazione statuaria del dipinto di Caravaggio conservato agli Uffizi di Firenze, e fatto precipitare. Sulla base è inciso in lettere dorate l’epigrafe di Gabriele D’Annunzio: “Non cola ma vola, non cade ma s’alza”.

Umberto Fabe (1918-1941) è stato sergente maggiore dell’aeronautica durante la seconda guerra mondiale. È morto nel 1941, alla giovane età di 23 anni, a causa di un incidente aereo nei cieli al di sopra del lago Iseo.

Gli angeli




Gli inquietanti



Monumento Rancati Sormani



Da altri mondi


Il monumento funebre della famiglia Bruni

L’edicola è stata eretta dopo la morte di Francesco Bruni (1803-1875), imprenditore nel campo della tintoria e della seta.

Il monumento funebre della famiglia Bruni consiste in un basamento su cui si imposta una piramide in miniatura, realizzata in pietra di Saltrio e affiancata da due sculture marmoree: la figura del Dolore, vestita all’antica e dalla ricercata acconciatura, è rappresentata nell’atto di proteggere un’urna in bronzo con la mano destra, mentre con la sinistra indica il nome della famiglia titolare della tomba; dall’altro lato del portale si trova, invece, una sfinge a guardia del sepolcro. Il prospetto principale è poi connotato dal ricco decorativismo del portale di accesso al mondo ultraterreno: l’architrave è decorato dall’immagine del disco solare affiancato dalla teste di serpenti alati, simbolo del Dio-giudice che separa la luce dalle tenebre, mentre sugli stipiti si ripete la figura dell’ancella suonatrice nel rito della Festa dei Morti.


I drammi




Le serene



Il miglior amico dell'uomo


Le abbandonate


Cremazione e loculi

pulvis es et in pulverem reverteris, (polvere sei e polvere ritornerai)

Una volta morti tutti esemplari. Anche in questo caso gli aggettivi non si risparmiano e fanno bella vista sui loculi elevando all'ennesimo potenza verso la santità e oltre ogni singolo ospite presente

I Consigli

Vivi in modo che dopo la morte tu possa vivere ancora

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