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A carnevale ogni scherzo vale

Tema completamente fuori stagione. Ed é giusto così, dare per scontate le cose non fa parte del mio stile.
Il tutto parte da qualche sarasetta fatta scoppiare sotto casa da qualche ragazzino, sono le prove delle prove delle prove del primo di agosto. Tornano alla mente le burle e gli scherzi commessi in gioventù, e in particolare durante il periodo di carnevale in cui, forte della scusa che "a carnevale ogni scherzo vale", si approfittava per fare scherzi decisamente al limite.
 Ma é sempre stato così?
Ecco cosa riportano le mie ricerche in proposito

Ritratto di gruppo, forse in occasione del carnevale, con personaggi che mettono in scena il soccorso a un soldato ferito (in piedi, che spinge la carriola, Dante Demarchi) - 1915 - Astano

Il carnevale consente comportamenti altrimenti proibiti o stigmatizzati: ul témp de carnavá l'è témp de stá alégri, il tempo di carnevale è tempo di stare allegri (Chironico), in carnevá tucc i schèrz i è bón, per carnevale tutti gli scherzi sono validi (S. Abbondio), carnevaa tütcós è toleraa, (per) carnevale, ogni cosa è tollerata (Rovio).

Scherzi pesanti

La voglia di divertirsi poteva manifestarsi anche con scherzi piuttosto pesanti, come spruzzi d'acqua fetida, lancio di segatura negli occhi, percosse, insudiciamenti 

i mascher i sbrufava l'aqua malnéta su chissessía, le maschere spruzzavano l'acqua sporca su chiunque (Loco). Una burla piuttosto diffusa mirava a provocare il disgusto dei presenti: dei bontemponi si aggiravano per le vie del paese mangiando risotto o crema di cioccolata in vasi da notte acquistati per l'occasione (Biasca), o porgendo alla gente pitali contenenti vino e latte; si cercava di stuzzicare soprattutto le donne, che si ritraevano disgustate quando intravedevano i finti escrementi: "nell'orinale abbiamo messo il vino, un po' di latte che assumeva un colore... e poi ci abbiam messo dentro una luganiga; passavamo di famiglia in famiglia, di casa in casa con quello che suonava la fisarmonica, quello che andava davanti impersonando il dottore, e io mi facevo avanti con questo orinale con dentro un bel cucchiaio" (Val Colla).

A Roveredo Grigioni i festeggiamenti carnevaleschi si concludevano la prima domenica di Quaresima, con la consegna di un cassone pieno di sporcizia e di escrementi al più sfortunato del villaggio, e non sempre la cerimonia si svolgeva in modo civile e pacato.

Furti

Frequenti le burle che consistevano nel rubare pentole o recipienti d'uso domestico, con le pietanze ivi contenute: a Campo Valle Maggia, il giovedì grasso, primo giorno di carnevale, alcuni ragazzi si intrufolavano in casa di qualcuno per rubaa al disnaa, rubare il pranzo: sottrargli la pentola col desinare e quindi nasconderla. Nel Poschiavino poteva capitare che i giovani sottraessero addirittura una vacca, che conducevano trionfalmente in giro per le strade del paese.

Diffusissimo anche l'uso di entrare nelle case e approfittare della confusione generata dalla presenza di alcune maschere per rubare luganighe e salami: "due o tre giovanotti si sono intrufolati nelle case con un ragazzotto nascosto in una brenta; questo bontempone ha approfittato della baldoria per tirar giù prosciutti e luganighe attaccati alle travi" (Biasca)
In Mesolcina questa pratica veniva definita scherzosamente naa in mascra con la brénta, andare in maschera con la brenta: gruppi di maschere entravano a far baldoria nelle case, creando scompiglio per permettere a una maschera, nascosta in una brenta, di staccare inosservata mortadelle, salami e qualche prosciutto; a Peccia la persona mascherata si nascondeva in una gerla e una volta introdottasi in casa con altre maschere si appropriava di salami, salamini e prosciutti.

Zitelle

I giovani, che in questo periodo si ergevano a giudici dell'ordine sociale, esercitavano forme di giustizia popolare soprattutto nei confronti dei più deboli e degli emarginati. Esprimevano la loro disapprovazione denunciando con la farsa e con il motteggio coloro che per un motivo o per l'altro non si adeguavano alle norme vigenti all'interno della comunità. Tra le diverse manifestazioni legate ai gruppi giovanili figurano le burle ai danni delle zitelle, che si articolavano lungo tutto il periodo invernale, in particolare nel mese di gennaio e nella settimana di carnevale. I giovanotti si recavano durante la notte a spandere muschio, crusca o segatura sulla soglia delle loro case, oppure vi appendevano un mestolo.

Numerosi anche gli scherzi rivolti alle ragazze in età da marito, bersaglio prediletto dei giovani; in questo caso le burle erano un pretesto per avvicinarle, conoscerle e corteggiarle. A Biasca, i ragazzi sbarravano con ceppi l'uscio delle case delle giovani che avrebbero voluto recarsi al ballo; a Broglio, la sera dopo cena i giovanotti si recavano a rangulaa, a sussurrare con la voce contraffatta convenevoli e frasi impertinenti sotto le finestre o davanti alle porte delle case dove c'erano ragazze nubili: se qualcuno si affacciava o apriva l'uscio, i giovani scappavano ricurvi per non farsi riconoscere.

Scherzi da apprendistato

Altri invece, sfruttando l'ingenuità e la buona fede dei più piccoli, si prendevano gioco di loro mandandoli nei negozi del paese a comprare oggetti inesistenti; i bambini si avviavano, ignari del fatto che procurarsi cose del genere significava, in realtà, buscarsi bastonate, pugni e percosse: i ragazzi grandi dicevano a quelli più piccoli: - "Va giù dai Maraia e fatti dare cinque centesimi di scopate, dieci centesimi di muso pestato e venti centesimi di battuta" - (Bogno).

Giornale di carnevale

Grande l'imbarazzo derivanti dal timore, piuttosto diffuso tra la gente, di comparire sulle pagine dei giornali di carnevalenon raccontargli niente, perché altrimenti domani mattina a messa lo sanno già tutti e dopo mi fanno figurare un'altra volta sul giornalino di carnevale (Medeglia, El Forbisatt 1999),  "il povero Giuseppe ha dovuto raggomitolarsi come una bretella per potersi girare dentro la botte (che stava pulendo) e cacciar fuori la testa; non voleva chiamare aiuto per non finire sul giornale di carnevale" (Biasca).

Concorsi

Verso la seconda metà dell'Ottocento cominciano a diffondersi, soprattutto nei centri maggiori, giochi e concorsi pubblici. Nel 1875, nella città di Lugano i manifesti di carnevale esponevano un ricco programma: tra le proposte di quel tempo figuravano le regate sul lago, il palio degli asini, la tombola in Piazza della Riforma, la caccia ai polli, cui si affiancarono, nei primi decenni del Novecento, altri giochi come il concorso di ballo per coppie, quello delle boccacce, l'incoronazione del re dei nasi, la corsa nei sacchi, il pozzo miracoloso, l'albero della cuccagna.

I giochi più frequentemente proposti sono la scalata dell'albero della cuccagna (oggi per lo più vietata), il tiro alla fune e la tombola. A Lugano, attorno agli anni Trenta, il vincitore della tombola di carnevale veniva proclamato eroe della giornata.

Albero della cuccagna in piazza grande a Locarno nel carnevale del 1862

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