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Castello di Frauenfeld - Dal diritto alla mitra allo scisma

Torno a Frauenfeld, si lo ammetto: tra le altre cose sto ripassando alcuni musei, in primis per scoprirli con più cura e secondariamente per le esposizioni temporanee. A Frauenfeld di esposizioni temporanee non ce ne sono ma il museo si rivela estremamente interessante per diversi fattori: prima di tutto l'epoca trattata al suo interno, praticamente concentrata dal XV a fine XVIII secolo con focus su concilio di Costanza e guerre di Svevia. Insomma una manna

Ci sono poi alcuni oggetti esposti che meritano un approfondimento senza disdegnare il loro contesto. Uno di questi é la preziosissima mitra sfoggiata con orgoglio. Con la scusa di scoprire la storia che sta dietro questo oggetto farò un viaggio più esteso per conoscere qualche retroscena in più (oltre alla condanna di Jan Hus) avvenuti al concilio di Costanza

La mitra

L'oggetto più prezioso presente al museo dal canton Turgovia a Frauenfeld é sicuramente una preziosissima mitra che si prende la scena in una teca nel corridoio al secondo piano


La mitra di Kreuzlingen è il pezzo forte della collezione del Museo storico di Turgovia.
È l'oggetto originale più importante rimasto dal periodo del Concilio.
Ma come é arrivata fin qui?

1414 - Un evento mondiale sul Lago di Costanza

La storia di Frauenfeld, ma della Turgovia in generale é strettamente legata alla vicina Costanza e agli eventi qui passati. In particolare nel 1414 quando i pezzi grossi della Chiesa e della politica si ritrovano a Costanza. Cercano soluzioni alla disputa ecclesiastica in corso.

La Chiesa è super divisa. Tre papi dicono di essere il vero capo. A Costanza si cerca di risolvere il problema.

Il Concilio di Costanza è stato il grande evento politico del tardo Medioevo. Costanza, con i suoi circa 7’000 abitanti, si ritrovò improvvisamente a dover ospitare e sfamare 20’000 persone, tra cui ecclesiastici come vescovi, cardinali e monaci, nobili secolari, dai servitori ai re, e studiosi di teologia e giurisprudenza provenienti da tutto il mondo cristiano conosciuto si riversarono sul Lago di Costanza per discutere della risoluzione dello scisma. 

Nikolaus Kalt - Vista di Costanza dall'alto - 1600 circa - Riproduzione del disegno a penna colorato
La più antica veduta realistica della città. È stata usata come modello per il modellino della città.
La rappresentazione corrisponde sostanzialmente all'aspetto della città nel tardo Medioevo. Le fortificazioni della città sono complete. Mancano ancora gli edifici del collegio dei Gesuiti (1603).
Kalt era tipografo a Costanza.

Cronache di Ulrich Richental

Con loro arrivarono commercianti, artigiani e prostitute, trasformando Costanza nel centro dell'Europa per quattro anni. Ciò ebbe un grande impatto sulla Turgovia, perché insieme al territorio a nord di Costanza, la regione dovette sfamare le numerose persone con prodotti agricoli. Il ricco cittadino di Costanza Ulrich Richental scrisse una cronaca degli eventi del Concilio. I testi, accompagnati da numerose xilografie, ci raccontano molto sugli avvenimenti del Concilio, ma anche sulla vita quotidiana nella città tardo-medievale. Richental descrisse riunioni, negoziati, incontri e sanzioni per le trasgressioni, così come l'approvvigionamento al mercato, i tornei cavallereschi e le feste.

Fast food italiano per il clero: intorno al 1414, dei panettieri stranieri preparano per la prima volta la pizza per i partecipanti al Concilio di Costanza. Foto: Rosgartenmuseum Konstanz

I visitatori del Concilio, un mix di gente di ogni tipo, portano con sé le loro preferenze culinarie, arricchendo così la cucina di Costanza.
Pesce del Lago di Costanza, aringhe importate e conservate sotto sale, rane e lumache sono venduti come prelibatezze.
Al cronista Ulrich Richental dobbiamo una vivida descrizione dell'esotico mercato, che contribuisce a sfamare la folla di visitatori provenienti da tutto il mondo cristiano.

I vari visitatori del Concilio festeggiano le loro feste speciali che ricordano la loro terra.
Il giorno di San Giovanni, il 24 giugno 1416, i cambiavalute di Firenze invitano alla festa di San Giovanni nella chiesa di San Giovanni. Una grande processione con candele si muove verso la chiesa riccamente decorata, dove si celebra la messa.


Questi eventi, ma anche i tornei cavallereschi e altre feste, sono un bel diversivo rispetto alle discussioni ecclesiastiche.

Lo scisma

Le discussioni si svolgono nella cattedrale di Costanza.

La cattedrale nel 1856

Al Concilio di Costanza si cerca di risolvere la grande disputa sul papa legittimo, lo scisma.

Tre papi rivendicano contemporaneamente il potere. A Costanza, però, c'è solo uno: Giovanni XXIII.

 Cronaca del Concilio di Costanza di Ulrich Richental, scena: riunione di studiosi, vescovi, cardinali e del papa Giovanni XXIII nella cattedrale di Costanza.


L'assemblea ecclesiastica deve mettersi d'accordo su un papa e così riportare l'unità nella Chiesa.
Inoltre, i dignitari ecclesiastici si occupano anche della lotta contro l'eresia e delle riforme della Chiesa.

Giovanni XXIII - Nel nome del diavolo

I partecipanti al Concilio arrivano a Costanza da ogni angolo del mondo. Molti vengono dall'Italia.
Papa Giovanni XXIII parte da Bologna e arriva a Costanza passando per l'Arlberg.
Il corteo papale è in viaggio da circa tre settimane.

Il viaggio di Giovanni XXIII per raggiungere il concilio di Costanza

Nell'autunno del 1414, Papa Giovanni XXIII e il suo seguito viaggiano verso Costanza attraverso la pericolosa strada alpina. Si dice che il carro del Papa sia caduto nel passo dell'Arlberg.

Il viaggio del Papa è partito da Merano, passando per la Via Claudia Augusta, il Passo Resia e l'Arlberg, alto quasi 1.800 metri, che ha attraversato alla fine di ottobre, per poi arrivare a Bludenz, Feldkirch, al monastero di Mehrerau vicino a Bregenz e infine a Kreuzlingen, dove è arrivato il 27 ottobre. Il seguito del Papa era tutt'altro che piccolo, dato che era accompagnato da nove cardinali, tanti vescovi, la Curia, per un totale di circa 600 persone. 

La cronaca di Ulrich von Richental racconta questo episodio, ma lui non era lì, quindi bisogna prendere questa nota con un po' di cautela: Poi arrivò la notizia che il nostro santo padre papa Giovanni XXIII era in viaggio e che c'era qualcosa che non andava. E quando arrivò sull'Arlenberg, vicino al monastero, molte delle sue carrozze erano disperse e lui giaceva nella neve sotto la carrozza. Allora tutti i signori e i cortigiani si avvicinarono a lui e gli dissero: “Santo Padre, state bene?” E lui rispose: “Giaccio qui nel nome del diavolo”.

L'incidente avvenne quindi nel mezzo dell'Arlberg, a circa 1.800 m di altitudine, vicino al villaggio di Klösterle o presso St. Christoph. Lì, a causa delle nevicate e delle condizioni meteorologiche, il carro si sarebbe ribaltato e il papa sarebbe rimasto incastrato sotto il carro. Questo evento è facilmente immaginabile se si considera che la strada di valico regolare fu costruita solo nel 1782. 

Il viaggio attraverso le Alpi è difficile e pericoloso. Il tempo è imprevedibile.
Ulrich Richental racconta nei suoi appunti che Papa Giovanni XXIII cade dalla carrozza sul passo dell'Arlberg.
Oggi non è più possibile verificare se questo evento sia realmente accaduto.

La scena del viaggio raffigurata nell'immagine, tratta dal manoscritto di Costanza, una delle numerose rappresentazioni, contiene un doppio significato. Da un lato mostra la carrozza capovolta con i cavalli ancora attaccati. Poiché gli animali sono meno importanti, sono stati disegnati più piccoli.

I servi e i cocchieri, a destra nell'immagine, battono le mani sopra la testa in preda all'agitazione, mentre i religiosi a sinistra, che simboleggiano il seguito papale, mantengono la calma, come il papa disteso sotto la carrozza. 

Nella rappresentazione pittorica il papa non giace nella neve, ma piuttosto su un prato verde; contrariamente alla descrizione, non si tratta di una scena invernale. È riconoscibile dalla corona papale, la tiara. Il papa è raffigurato in atteggiamento di preghiera, come i suoi accompagnatori ecclesiastici, ma su un altro livello gli vengono messe in bocca parole volgari in latino: 

Io giaccio qui, nel nome del diavolo!” Questa esclamazione lo scredita come papa indegno, che in seguito è stato giustamente costretto a dimettersi.

L'episodio, descritto sulla base della conoscenza del seguito della storia del Concilio, deve quindi essere considerato come un'allusione e un cattivo presagio per ciò che seguirà, indipendentemente dal fatto che questo evento abbia effettivamente avuto luogo sull'Arlberg. Esso mostra che la sventura per Giovanni XXIII era prevedibile.

Danza macabra raffigurante un papa sulla parete di fondo nella cattedrale di Costanza dove si svolgerà il concilio

Il papa a Kreuzlingen

Il seguito del Papa conta circa 600 persone, tra cui nove cardinali e diversi vescovi.
Fino all'arrivo a Kreuzlingen il 27 ottobre, il corteo percorre circa 20 chilometri al giorno. Una velocità di viaggio notevole per quei tempi.

Costanza - 1653

Uno dei tre papi, Giovanni XXIII, passa la notte con il suo seguito nel monastero di Kreuzlingen e, per ringraziare l'abate, gli ha concesso il privilegio di indossare una mitra, una specie di corona vescovile. L'abate ha quindi fatto realizzare una mitra in oro, perle e pietre preziose, oggi pezzo forte del Museo storico di Turgovia

Papa Giovanni XXIII, mentre sta arrivando dall'Italia, fa una sosta al monastero di Kreuzlingen, dove passa la notte con il suo seguito.

 Convento di Kreuzlingen nel 1633 durante la Guerra dei Trent'anni (struttura risalente al tardo Medioevo e al Rinascimento)

Privilegio di Papa Giovanni XXIII per il convento domenicano di Friburgo, in basso bolla con il nome di Giovanni XXIII. Archivio universitario di Friburgo A 106/171 (1415).

Papa Giovanni XXIII mette la mitra sull'abate Erhard Lind di Kreuzlingen. Così lo fa diventare più importante. Il foglio mostra l'atto liturgico dell'imposizione, in cui il papa dà a un abate il diritto di indossare una mitra vescovile.

Gli abati di solito non indossano la mitra. In realtà, è riservata al vescovo di rango superiore.
Foglio singolo, xilografia colorata.
Stampa del 1483, Anton Sorg. Augusta Frauenfeld, Museo storico della Turgovia

Il papa, che in seguito verrà deposto, è seduto tra due cardinali e due canonici. Davanti a lui c'è l'abate di Kreuzlingen Erhard Lind, che riceve la mitra sulla testa.

Con l'innalzamento del rango, Papa Giovanni XXIII sottolinea l'indipendenza dell'abate di Kreuzlingen, sfidando così il vescovo di Costanza.

Lo scisma: tra i tre litiganti...

Dopo che i tre papi (Gregoria XII, Benedetto XIII e Giovanni XXIII) sono stati messi da parte o costretti a dimettersi, nel 1417 i capi della Chiesa eleggono un nuovo papa.
L'elezione papale si svolge nel Kaufhaus am See, un edificio oggi meglio conosciuto come «Concilio di Costanza».


Oltre alle discussioni ecclesiastiche, al Concilio di Costanza si prendono anche decisioni politiche.
Le loro conseguenze si fanno sentire in Turgovia nei decenni successivi.

Gregorio XII

Gregorio XII fece pervenire, tramite un legato, la disponibilità alla rinuncia. condizionata alla contemporanea rinuncia di Benedetto XIII e Giovanni XXIII.
Alcuni cardinali, appellandosi alla teoria della superiorità del Concilio sul Papa, preso atto della disponibilità di Gregorio XII, decisero di deporre d'autorità sia Giovanni XXIII che Benedetto XIII, che sono quindi da considerarsi antipapi.
Anche Gregorio XII rassegnò le proprie dimissioni il 4 luglio 1415 e il sue atto consenti l'elezione di papa Martino V ponendo così fine allo Scisma d'Occidente

Gregorio XII

Benedetto XIII

Venne eletto a Pisa l'antipapa Alessandro V, ma Benedetto non cessò per questo le sue pretese. Durante il Concilio di Costanza Benedetto aveva trovato rifugio nel castello di Peñíscola sin dal settembre del 1411, una cittadina costiera sul confine settentrionale del Regno di Valencia, avendo con sé tre soli cardinali. Benedetto fu deposto e scomunicato dal Concilio di Costanza il 26 luglio 1417 e rimase isolato nel proprio castello di Peñiscola fino alla morte, avvenuta nel 1423: seguitò comunque a considerarsi Papa legittimo

L'antipapa Benedetto XIII in un ritratto del XV secolo a Cinctorres

La sconfitta del favorito Giovanni XXIII

Due dei capi politici presenti al Concilio hanno una discussione politica: il re Sigismondo e Federico IV d'Asburgo.
Papa Giovanni XXIII se ne va all'improvviso dal Concilio, cercando di mandare all'aria la riunione.
Il duca Federico IV lo appoggia e lo segue.

Giovanni XXIII. Questa illustrazione è tratta da The Lives and Times of the Popes (Le vite e i tempi dei papi) di Chevalier Artaud de Montor, New York: The Catholic Publication Society of America, 1911. È stata pubblicata per la prima volta nel 1842.

Il problema principale del Concilio di Costanza era lo scisma papale, cioè il fatto che ci fossero tre papi allo stesso tempo. Il Concilio di Pisa, che era stato prima, aveva cercato di togliere i papi rivali Gregorio XII e Benedetto XIII e di mettere al loro posto un nuovo capo, Giovanni XXIII. Questo tentativo non funzionò e alla fine ci furono tre papi. 

Già da subito si pensò di convincere tutti e tre i papi a dimettersi. Giovanni XXIII pensava di essere nella posizione migliore, perché sperava che, anche se si fosse dimesso insieme agli altri due papi, sarebbe stato rieletto capo della Chiesa. Da febbraio a Costanza si discusse e si negoziò intensamente e in modo controverso sul tipo di dimissioni e sulle condizioni. Giovanni pensava di avere una buona posizione di partenza. In realtà aveva già perso il controllo da tempo e non era più in grado di guidare il corso degli eventi. 

È difficile dire se Giovanni fosse davvero in pericolo come diceva o se fosse solo una sua impressione o una scusa. La possibilità di una partenza o di una scissione del Concilio era sempre presente in tutti i negoziati, con cui Papa Giovanni cercava probabilmente di ottenere un nuovo margine di manovra e alla fine fu proprio questo che rese la fuga del Papa da Costanza una prova del nove per il Concilio.

La “fuga”

Una via di fuga da Costanza, sotto la protezione degli Asburgo, attraverso il territorio asburgico passando per Sciaffusa, Waldshut, Laufenburg, Todtnau e Friburgo sembra a prima vista logica, ma a un esame più attento rivela altri aspetti dei dettagli molto imprecisi, poiché non c'erano testimoni oculari.

Nella cronaca del Concilio di Richental si trovano solo pochi riferimenti, poiché egli si concentrava sugli eventi di Costanza. 

Gli eventi relativi alla fuga da Costanza sono stati ricostruiti in modo dettagliato ma solo per la prima tappa. La fuga era stata evidentemente preceduta da un accordo sull'impresa tra papa Giovanni e il duca Federico d'Austria, al più tardi il 19 marzo. Secondo alcune voci, anche il re Sigmund ne era a conoscenza già da tempo. 

Il torneo tenutosi nel pomeriggio prima della fuga, al quale partecipò il duca Federico, che fu sconfitto o forse inscenò la propria sconfitta, non può però essere considerato una manovra diversiva, poiché la fuga avvenne solo a notte fonda. Federico, a causa della sua imminente partenza, si era congedato formalmente e ufficialmente dal papa la sera del 20 marzo 1415 e si era ritirato nei suoi alloggi a Kreuzlingen, perché il nostro signore il re sapeva che il papa aveva avuto un colloquio segreto con il duca Federico d'Austria.
Si dice anche che ci sia stata una chiacchierata tra Federico e il re Sigismondo, dopo la quale l'Asburgo avrebbe assicurato di non aiutare il papa a scappare.

A mezzanotte il papa passò a piedi e travestito attraverso la porta della città di Costanza verso Kreuzlingen, dove incontrò il duca Federico. Lì il piccolo gruppo con i suoi accompagnatori montò a cavallo e prese la via terrestre per Sciaffusa attraverso Ermatingen o Steckborn. Probabilmente a Stein Federico lasciò la nave e cavalcò verso Sciaffusa, dove al mattino accolse il papa nella sua città. 

La fuga di Papa Giovanni XXIII e Federico IV in nave da Costanza. Berna, Biblioteca civica, Mss.h.h.I.1, f. 336 – Diebold Schilling, Cronaca ufficiale di Berna, vol. 1

Secondo Peter, questa parte della fuga da Costanza a Sciaffusa deve aver richiesto circa sei ore, cosicché il papa Giovanni e il duca Federico devono aver raggiunto comodamente Sciaffusa al mattino. Il re Sigismondo era venuto a conoscenza della fuga al più tardi la mattina del 21 marzo e prese rapidamente provvedimenti a Costanza per evitare il panico e la dispersione del concilio. Anche questo potrebbe essere un indizio del fatto che fosse informato o che sospettasse la fuga e fosse preparato

Fuga del duca Federico. Cronaca di Ulrich Richental dal Rosgartenmuseum di Costanza, Hs 1, fol. 42r.

Re Sigismondo coglie l'occasione e dichiara guerra all'arciduca Federico d'Asburgo.
Federico IV deve sottomettersi al re perdendo così il controllo sui suoi possedimenti nella Turgovia.

I risultati delle trattative tra il papa e i delegati del concilio furono infine sanciti nella bolla intellectis quae del 25 marzo 1415, con la quale Giovanni ribadì la sua disponibilità a superare lo scisma e ad abdicare. Non è chiaro dove si trovasse il papa a Sciaffusa, ma i luoghi più probabili sono il monastero di Ognissanti o il castello degli Asburgo; non si sa nemmeno se il papa abbia svolto funzioni ecclesiastiche a Sciaffusa, ma è probabile.

Re Sigismondo al concilio di Costanza

Il duca Federico, quando si era sottomesso, aveva dovuto promettere di riportare il papa a Costanza, il che probabilmente significava soprattutto farsi carico delle spese, dato che Federico era già da tempo imprigionato nel palazzo vescovile di Costanza. Durante il ritorno a Radolfzell, il papa era ancora accompagnato da quattro vescovi. È interessante notare che i registri papali rimasero a Friburgo e oggi sono dispersi. 

Gli inviati del Concilio comunicarono la sospensione e infine papa Giovanni fu portato in una torre e sorvegliato da 300 ungheresi, truppe del re Sigismondo. Sembra che sia stato a Radolfzell per l'ultima volta alla fine di maggio; il 3 giugno Baldassare Cossa, ex Giovanni XXIII, fu portato in prigione nel castello di Gottlieben. In seguito fu imprigionato a Heidelberg e Mannheim, si sottomise a papa Martino V e morì in dignità e libertà nel 1419 a Firenze, dove ancora oggi si trova la sua imponente tomba.

Ulrich di Richenthal, miniatura dell'antipapa Giovanni XXIII (Cronache del Concilio di Costanza, 1430).

Ma cos’era successo? 

Papa Giovanni, quando scappò da Costanza, pensava di avere ancora il controllo della situazione, nonostante i lunghi negoziati per le sue dimissioni. Cercò di ritardare il momento delle dimissioni e di ottenere dei vantaggi per sé. Lo fece da Sciaffusa, cercando di bloccare o addirittura di destabilizzare il Concilio. Tuttavia, nonostante gli inviti, solo pochi partecipanti al concilio lo seguirono. Quando se ne rese conto, iniziò la fuga vera e propria, ma rimase bloccato a Laufenburg, poiché non poteva prendere la strada diretta per la Borgogna. 

Il suo importante aiutante nella fuga, Federico, aveva già capito quanto fosse pericolosa la situazione dopo quasi 200 lettere di rifiuto. È così che si può interpretare il conflitto tra il papa e il duca. Mentre il duca Federico sondava la situazione a Ensisheim, il papa fuggì a Friburgo, dove il margravio Rodolfo tentò invano una mediazione. Probabilmente già il 19 aprile Giovanni non era più “padrone della sua fuga”. Al più tardi dopo i due tentativi falliti di attraversare il Reno a Breisach e Neuenburg, Giovanni avrebbe dovuto rendersi conto che ormai era solo un ostaggio del duca Federico. Dopo i negoziati tra il duca Ludovico e il duca Federico, fino al suo ritorno a Radolfzell e poi a Gottlieben, era un prigioniero in attesa di essere deposto. 

Il duca Federico vedeva inizialmente nel suo ruolo di protettore del convoglio papale il rafforzamento della sua posizione di potere nei confronti del re Sigismondo, che con la fuga del papa doveva temere per il suo ruolo di signore del Concilio. 
Il duca Federico si sentiva al sicuro, avendo concluso nel 1412 l'accordo di pace cinquantennale con i Confederati. 
Federico doveva considerare Sciaffusa, come già nella guerra di Appenzello, una base sicura e non prese alcuna misura militare. Ma già con la partenza del papa per Waldshut la situazione era cambiata radicalmente per lui.

Federico si tira indietro 

Dopo neanche dieci giorni e quasi 200 lettere di rifiuto, la sua situazione doveva essere diventata sempre più difficile di ora in ora. Già il 30 marzo, da Waldshut, scriveva per la prima volta che aveva solo adempiuto ai suoi doveri di scorta e che questo gli era stato consigliato dal re, ma che evidentemente aveva frainteso. Anche l'affermazione di Federico di essersi ritirato da Costanza solo perché aveva ricevuto notizia [...] che il duca di Borgogna ci aveva dichiarato guerra e che dovevamo recarci lì [...], che le ricerche precedenti avevano liquidato come un pretesto assurdo di Federico, doveva contenere più verità, poiché proprio su questo punto era stata negoziata la pace tra Federico e il duca Giovanni di Borgogna nella corrispondenza tra la metà di febbraio e il 1° marzo 1415 si discusse proprio di questo.

Inoltre, la vedova del suo predecessore, Caterina di Borgogna, che era già da tempo in contatto con Sigismondo, potrebbe aver chiesto aiuto alla Borgogna, e anche il papa, due settimane dopo, si aspettava l'arrivo sul Reno di mercenari borgognoni come sua scorta. 

Ritratto postumo del duca Federico IV “Tascavuota”

Federico nel corso degli eventi si rivolse a Sigismondo il 15 aprile, e nuovamente tre giorni dopo, il 18 aprile, confermando ripetutamente di volersi sottomettere al giudizio del tribunale reale, al quale non intendeva sottrarsi, come gli rimproverava Sigismondo. 

Nell'ultima lettera Federico assicurò espressamente che anche il papa era in suo potere e che sarebbe rimasto con lui, offrendo così indirettamente il papa come merce di scambio e leva negoziale. 

Ma Federico era già sulla via della sconfitta militare: all'incontro con il duca Ludovico di Baviera a Breisach era già tutto deciso. Da sud Berna e Zurigo minacciavano l'Argovia, nella Turgovia c'era Federico Burgrafo di Norimberga, nel Sundgau da sud Basilea, da nord l'esercito palatino e da ovest minacciava Caterina di Borgogna, una rivale borgognona. Non c'è da stupirsi quindi che il duca Federico si recò con il duca Ludovico a Sciaffusa in un giorno e due giorni dopo, il 5 maggio, si sottomise al re. 

La sua capitolazione incondizionata due giorni dopo, anche con la promessa di consegnare il papa imprigionato da tempo, fu un ultimo tentativo di salvare ciò che non poteva più essere salvato. 

Le due condizioni del suo atto di capitolazione sono chiare: 1. [...] e noi dovremo e vogliamo rimanere a Costanza fino a quando il suddetto Giovanni non sarà giunto a Costanza [...] e 2. [...] fino a quando tutti i nostri funzionari, cittadini e abitanti [...]. Abbiamo giurato fedeltà al nostro signore, il re, e abbiamo fatto voto solenne ai santi [...]. La situazione sarebbe rimasta tale fino a quando il re non avesse deciso diversamente.

Federico era quindi alla mercé del re per un periodo indefinito, anche se tutte le condizioni non fossero state soddisfatte senza eccezioni. Questo comportava un rischio notevole, se ad esempio non tutti i domini asburgici si fossero sottomessi a Sigismondo e avessero voluto rimanere fedeli agli Asburgo, come ad esempio Laufenburg, Waldshut e Villingen o anche il Tirolo. 

Federico sembrava quindi definitivamente nelle mani di Sigismondo e dipendere dalla sua clemenza. Resta da vedere il ruolo del re Sigismondo, che nel gioco di potere della primavera del 1415 ebbe la meglio e si dimostrò il più abile intrigante. Sigismondo combatté il suo avversario, il duca Federico, in due modi, che combinò tra loro. Da un lato, il re cercò di mantenere l'apparenza di un regolare procedimento legale, dall'altro usò semplicemente il suo potere e, con l'aiuto di numerosi alleati, agì contro Federico.

Sigismondo fece cadere il duca Federico in una trappola, o meglio, gli tese una trappola mirata, in cui si può sicuramente accusarlo di aver giocato sporco. Il duca Federico aveva da un lato promesso scorta a papa Giovanni, dall'altro aveva promesso al re Sigismondo la sua presenza a Costanza per risolvere legalmente le denunce di alcuni stati imperiali. Questo conflitto doveva diventare un problema nel momento in cui il papa, che apparentemente godeva di libertà di movimento da Costanza, voleva lasciare la città e per farlo aveva chiesto la scorta di Federico. D'altra parte, Federico aveva promesso la sua presenza per chiarire le controversie legali. Quando il papa pianificò la sua fuga, l'Habsburger era ben consapevole del dilemma “scorta per il papa e partenza da Costanza contro l'obbligo di residenza a Costanza”, come aveva già indicato nella sua prima lettera di scuse. 

Federico dichiarò di aver chiesto consiglio al re Sigismondo su come comportarsi riguardo alla scorta. Il nostro signore il re ci ha risposto che ci ha consigliato di fare quello che avevamo promesso e di rispettare il papa, come avevamo scritto. A quel punto, visto che la situazione era tesa, ha chiesto al conte palatino del Reno di fare da mediatore e se n'è andato solo quando ha saputo delle minacce del duca di Borgogna. Consapevole del dilemma di Federico, che doveva rispettare il suo dovere di scorta verso il papa e il suo dovere di presenza a causa della disputa legale, il re Sigismondo aveva consigliato all'Asburgo di adempiere ai suoi doveri. Non appena Federico avesse fatto questo, il re avrebbe potuto agire contro di lui per aver violato il dovere di residenza. Inoltre, già il 22 marzo il re Sigismondo aveva accusato il duca Federico davanti all'assemblea dei principi imperiali di tradimento contro la Chiesa e l'Impero. Federico fu invitato E con le lettere invitò il duca Federico d'Austria a comparire davanti alla corte reale per rispondere del male che aveva fatto, e davanti al sacro concilio e alla sacra cristianità, e anche di rispondere a tutti, scrive Richental; l'atto d'accusa vero e proprio non è stato conservato.
Sigismondo, con un pretesto legale, scatenò la guerra imperiale; in tre settimane le prime unità militari avevano già conquistato i territori di Federico. La coalizione di Sigismondo era stata evidentemente concordata già prima della fuga del papa e comprendeva i Confederati con Berna in prima linea, il conte palatino del Reno in Alsazia, nel Sundgau Basilea e Caterina di Borgogna, nel Thurgau il burgravio Federico di Norimberga e numerosi alleati minori. Il re Sigismondo aveva già negoziato con Berna e altri confederati dal 22 gennaio e aveva fatto promesse per mobilitare questi avversari territoriali di Federico.

Sigismondo aveva anche assicurato a Berna e ai confederati che, in caso di guerra dell'Impero contro Federico, non sarebbero stati considerati traditori a causa del trattato di pace cinquantennale stipulato con Federico nel 1412. 

Già alla fine di marzo, pochi giorni dopo la fuga del papa, Berna era pronta alla guerra, e a metà aprile anche Soletta, Lucerna, Zugo, Zurigo e molte altre città erano mobilitate. Questo dimostra chiaramente come Sigismondo abbia “gettato il duca Federico nella fossa”. 

Il dilemma di Federico tra il dovere di scorta al papa e il dovere di residenza a causa del suo procedimento legale con gli Stati imperiali era una trappola di Sigismondo, alla quale Federico non poteva sfuggire. Tutte le azioni compiute tra il 21 marzo e la sottomissione del 7 maggio devono essere viste in questa ottica. 

Il duca Federico era caduto nella trappola, il suo dominio crollò e la resa incondizionata era inevitabile. Con la sottomissione e la capitolazione scritta del 7 maggio 1415, Sigismondo era al culmine del suo potere sul duca Federico. Richental mette in bocca a Sigismondo le seguenti parole: «Ora vedo che sono un principe potente sopra tutti gli altri signori e città». 
A quel punto il papa aveva già perso la sua importanza, i suoi giorni come capo della Chiesa erano ormai contati. Sigismondo sembrava intenzionato a costringere Federico alla capitolazione per annettere i suoi territori all'Impero. "Concedere i diritti austriaci al re e all'Impero non significa altro che sottoporli al potere del capo dell'Impero, rendendoli immediatamente soggetti all'Impero. Un aumento dei diritti imperiali

Anche Federico stesso sarebbe stato nuovamente candidato a riottenere i beni confiscati dietro pagamento di ingenti somme. Il re era addirittura tenuto a restituire a Federico tutti i suoi beni dopo aver raggiunto un accordo. Se saltiamo gli eventi dei tre anni successivi, dopo un nuovo conflitto e una nuova riconciliazione tra le due parti, l'8 maggio 1418 il duca Federico riottenne effettivamente tutti i suoi possedimenti. Ciò significava però solo che Federico aveva ottenuto il diritto di rivendicare i suoi vecchi possedimenti, anche se non poteva più farlo valere completamente. 

Sigismondo bene ma non benissimo 

Tuttavia, anche Sigismondo aveva fatto male i suoi calcoli su diversi punti. Da un lato, non tutti i territori asburgici si sottomisero all'Impero, come dimostrano gli esempi delle città di Waldshut, Laufenburg e Villingen. Anche i territori dell'Alsazia e del Sundgau, come eredità di Caterina di Borgogna, avevano un ruolo speciale. D'altra parte, dopo l'accordo tra Sigismondo e Federico, i confederati, in particolare Berna, non erano disposti a restituire i territori occupati. Anche se li avevano confiscati per conto dell'Impero, continuarono la loro conquista dell'Argovia anche dopo la sottomissione di Federico e la sua capitolazione contro la volontà di Sigismondo. Così, solo dopo la sottomissione di Federico, Baden fu conquistato e la fortezza rasa al suolo, contro la richiesta di Sigismondo. 

Da quel momento in poi, Sigismondo non riuscì più a liberarsi degli spiriti confederati che aveva invocato come aiuto contro il suo rivale Federico. 

Sigismondo dovette quindi cedere o concedere in prestito i territori argoviesi occupati ai suoi alleati di guerra per somme irrisorie, cosa che sicuramente non era nelle sue intenzioni.

In terzo luogo, la guerra imperiale contro il duca Federico era anche una guerra contro l'intera casata austriaca, poiché gli Asburgo detenevano i loro possedimenti «per mano unica». Così, con il duca Ernesto, entrò rapidamente in scena un altro Asburgo, che si oppose all'insediamento dei possedimenti della famiglia asburgica da parte del re. 
Infine seguì anche Anna di Brunswick, moglie di Federico, che intervenne sul posto in qualità di rappresentante di Federico. 

Sigismondo aveva circa 50 anni, nell'unico ritratto che si è salvato

Happy ending

Se si tira una conclusione sulla fuga, essa segnò la fine del papato di Giovanni, che dovette semplicemente cedere il posto a un nuovo inizio del papato. Per il duca Federico, la fuga fu l'inizio di una grande sconfitta territoriale e politica, poiché aveva valutato male la situazione e si era sentito troppo sicuro. 

Giovanni e Federico furono così vittime degli intrighi di Sigismondo nella lotta per il potere, anche se Federico, a differenza di Sigismondo, si era comportato in modo conforme alla legge. 
Federico aveva inoltre semplicemente sottovalutato il potenziale militare delle Confederazioni emergenti, in particolare di Berna. 

Heinrich Koller ha però rivisto il giudizio su Federico come un principe incapace e avventato, come era stato descritto nella ricerca precedente. Ma anche Sigismondo dovette piegarsi al potere delle Confederazioni come nuova potenza territoriale nelle Prealpi e in questo senso poté brillare solo temporaneamente. 

Le Confederazioni, invece, furono le indubbie vincitrici del duello politico tra il re e il duca Federico.

Per la Turgovia iniziano quindi tempi politicamente incerti.
I rapporti di potere sono confusi. Gli Asburgo, la città di Costanza, i Confederati e tanti piccoli signori feudali si contendono il potere.


Anche dopo il Concilio, le domande sul rinnovamento della Chiesa restano aperte.
Il prete e riformatore Jan Hus di Praga critica il declino morale e la ricchezza della Chiesa.
Papa Giovanni XXIII lo accusa di eresia. Hus partecipa al Concilio sotto la protezione del re Sigismondo.
Nonostante la scorta reale garantita, Hus viene bruciato pubblicamente come eretico a Costanza.
L'insoddisfazione nella Chiesa continua a crescere.

Jan Hus messo al rogo durante il concilio di Costanza

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Tradizioni molto svizzere

Dopo anni di tentennamenti decido finalmente di partecipare ad un avvenimento che nella Svizzera tedesca é assolutamente irrinunciabile: la festa federale che si tiene ogni tre anni. Oggi saró circondato da svizzeri che fanno cose molto svizzere. Moltissime tradizioni svizzere in questo disegno creato appositamente per la festa federale 2025, se volgiamo cercare il pelo nell'uovo manca l'Hornuss La prima cosa che noto già nell’avvicinamento sul treno é il consumo di birre in lattina con conseguente coda davanti alle toilette, questo anche se ci troviamo a primo mattino I più impavidi sortiscono dagli zainetti i bicchierini da cichett e brindano a non meglio identificate entità. Il lieve aroma di schnapps alle prugne si diffonde nell’area del vagone. Seguono racconti gogliardici accompagnati da grasse risate. Purtroppo non conosco bene l’idioma svizzerotedesco e non riesco a percepire se il genere di sense of humor degli allegri compagni di viaggio farebbe sganasciare pure me....

Anima di donna dannata scovata!

Due anni! Due anni per trovare questo misterioso ed unico quadro nel suo genere in terra ticinese. O almeno che io sappia. Anonimo l’autore mentre il titolo che lo accompagna recita “ anima di donna dannata ”. Purtroppo é andata persa la fonte dove ho preso questa informazione così come una foto piuttosto sfuocata dell'opera. Impossibile trovare il quadro in rete. Non restava che trovarlo in carne e ossa.  Oggi con grande piacere lo schiaffo bellamente dietro il mio faccione sotto qualche riga di testo introduttivo con tanto di indicazione nella didascalia di dove si può ammirare.  Così come a Parigi ci si selfa davanti alla torre Eiffel ad Ascona lo si fa davanti ad anime dannate Toh! “Anima di donna dannata», tela di autore anonimo della prima metà del Seicento (Ascona, Museo parrocchiale presso l’oratorio dei santi Fabiano e Sebastiano ). P.S. E fattelo un selfie ogni tanto...si cazzo! Oggi si! Mi sembra di essere il cacciatore che si fa fotografare con il cervo subito dopo...

Strada dei banchi e lago di Sabbioni

La strada dei banchi per un airolese é un classico, anzi un must. È la strada che corre in alto sul fianco della montagna lungo tutta la valle Bedretto. È esattamente l'equivalente della strada alta, quella della "famosa canzone" di Nella Martinetti, ma dall'altro versante della valle Bedretto. Oggi in aggiunta un bonus, che si rivela una perla che impreziosisce e di molto il giro, una deviazione al lago di Sabbioni. La strada dei banchi La strada dei banchi rispetto all strada alta presenta delle differenze sostanziali, ha molta poca ombra, é molto meno frequentata e all'apparenza potrebbe risultare più monotona. Per buona parte la strada é costituita da una carrabile che serve per collegare le varie alpi, poi ad un certo punto diventa sentiero, più precisamente in vista dell'arrivo del riale di Ronco che presente l'unico vero e proprio strappo del percorso. Come dicevo la strada dei banchi é un must per un Airolese, in pratica questa strada porta ai pied...

Chasa Chalavaina

Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento. Mosè Bertoni verso il 1910 Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.) Mosè Bertoni non è un uomo comune. Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa» . Non è neppure un emigrante comu...