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Come stare in buona salute secondo Pellegrino Artusi

Non mi piace l'epoca in cui sto vivendo. Spesso dico che avrei voluto viverne una nel passato, anche se conscio che la qualità di vita a livello di comfort ne risentirebbe, ma come ben insegna Schopenhauer la ricchezza é dentro di noi, il nostro modo d'essere e di affrontare gli ostacoli della vita. Un punto fisso però me lo sono dato: l'anno della scoperta della penicillina. Nascere prima sarebbe veramente troppo rischioso.

Anche certe vignette che trovo qua e la raffiguranti improbabili interventi chirurgici mi fanno semplicemente rabbrividire e non posso che smettere di ringraziare l'evoluzione nel ramo sanitario.

Intervento su un'ernia inguinale nel XVI secolo. Per tenere fermo il paziente erano necessarie tre persone (due per la parte superiore del corpo e una per tenere aperte le gambe del paziente). Dal volume di Kaspar Stromayr intitolato "Practica Copiosa", del 1559.

Operare un'ernia scrotale era tremendamente complesso. Di solito, si procedeva solo in caso di strozzamento dell'ernia e l'intervento comportava sempre l'asportazione del testicolo (orchiectomia).
Ora, è facile immaginare quale dolore potesse comportare nel paziente l'incisione e apertura del sacco scrotale e l'orchiectomia

Detto questo ho comunque trovato grande sollazzo e conforto nel leggere un capitolo del libro di Pellegrino Artusi che malgrado essere vissuto prima della scoperta della pinicilina snocciola consigli riutilizzabili anche nei nostri tempi. Mi permetto di riportare qui alcuni spezzoni, per il bene di tutti.

Partiamo da Tiberio

Tiberio imperatore diceva che l’uomo, giunto all’età di trentacinque anni, non dovrebbe avere più bisogno di medico. Se questo aforismo, preso in senso largo è vero, non è men vero che il medico, chiamato a tempo, può troncare sul bel principio una malattia ed anche salvarvi da immatura morte; il medico poi se non guarisce, solleva spesso, consola sempre.

Pellegrino Artusi

La massima dell’imperatore Tiberio è vera in quanto che l’uomo arrivato a metà del corso della vita dovrebbe avere acquistata tanta esperienza sopra sé stesso da conoscere ciò che gli nuoce e ciò che gli giova e con un buon regime dietetico governarsi in modo da tenere in bilico la salute, la qual cosa non è difficile se questa non è minacciata da vizii organici o da qualche viscerale lesione. Oltre a ciò dovrebbe l’uomo, giunto a quell’età, essersi persuaso che la cura profilattica, ossia preventiva, è la migliore, che ben poco evvi a sperare dalle medicine e che il medico più abile è colui che ordina poco e cose semplici.

Campagna contro l’ipocondria

Le persone nervose e troppo sensibili, specialmente se disoccupate ed apprensive, si figurano di aver mille mali che hanno sede solo nella loro immaginazione. Una di queste, parlando di sé stessa, diceva un giorno al suo medico: «Io non capisco come possa campare un uomo con tanti malanni addosso». Eppure non solo è campata con qualche incomoduccio comune a tanti altri; ma essa ha raggiunto una tarda età.

Un dipinto di Honoré Daumier, raffigurante una scena dell'opera “Il malato immaginario”

Questi infelici ipocondriaci, che altro non sono, meritano tutto il nostro compatimento imperocché non sanno svincolarsi dalle pastoie in cui li tiene una esagerata e continua paura, e non c’è modo a persuaderli, ritenendosi ingannati dallo zelo di coloro che cercano di confortarli. Spesso li vedrete coll’occhio torvo e col polso in mano gettar sospiri, guardarsi con ribrezzo allo specchio ed osservare la lingua; la notte di soprassalto balzar dal letto, spaventati per palpitar del cuore in sussulto. Il vitto per essi è una pena, non solo per la scelta de’ cibi; ma ora temendo di aver mangiato troppo, stanno in apprensione di qualche accidente, ora volendo correggersi con astinenza eccessiva hanno insonnia la notte e sogni molesti. Col pensiero sempre a sé stessi pel timore di prendere un raffreddore o un mal di petto.
 Per questi tali non c’è medicina che valga e un medico coscienzioso dirà loro: divagatevi, distraetevi, passeggiate spesso all’aria aperta per quanto le vostre forze il comportano, viaggiate, se avete quattrini, in buona compagnia e guarirete. S’intende bene che io in questo scritto parlo alle classi agiate, ché i diseredati dalla fortuna sono costretti, loro malgrado, a fare di necessità virtù e consolarsi riflettendo che la vita attiva e frugale contribuisce alla robustezza dei corpo e alla conservazione della salute.

Vestir leggeri

 Da questi preliminari passando alla generalità di una buona igiene, permettetemi vi rammenti alcuni precetti che godono da lungo tempo la sanzione scientifica, ma che non sono ripetuti mai abbastanza; e per primo, parlandovi del vestiario, mi rivolgo alle signore mamme e dico ad esse: cominciate a vestir leggieri, fino dall’infanzia, i vostri bambini, che poi fatti adulti con questo metodo risentiranno meno le brusche variazioni dell’atmosfera e andranno meno soggetti alle infreddature, alle bronchiti. Se poi, durante l’inverno, non eleverete ne’ vostri appartamenti il calore delle stufe oltre ai 12 o 14 gradi, vi salverete probabilmente dalle polmoniti che sono così frequenti oggigiorno.

Alle prime frescure non vi aggravate, a un tratto, di troppi panni, basta un indumento esterno e precario per poterlo deporre e riprendere a piacere nel frequente alternarsi della stagione fino a che non saremo entrati nel freddo costante. Quando poi vi avvicinate alla primavera rammentatevi allora del seguente proverbio che io trovo di una verità indiscutibile:

Di aprile non ti alleggerire,
Di maggio va’ adagio,
Di giugno getta via lo cotticugno,
Ma non lo impegnare
Ché potrebbe abbisognare.

Cercate di abitar case sane con molta luce e ventilate: dov’entra il sole fuggono le malattie. Compassionate quelle signore che ricevono quasi all’oscuro, che quando andate a visitarle inciampate nei mobili e non sapete dove posare il cappello. Per questo loro costume di vivere quasi sempre nella penombra, di non far moto a piedi e all’aria libera ed aperta, e perché tende naturalmente il loro sesso a ber poco vino e a cibarsi scarsamente di carne, preferendo i vegetali e i dolciumi, non trovate fra loro le guance rosee, indizio di prospera salute, le belle carnagioni tutto sangue e latte, non cicce sode, ma floscie e visi come le vecce fatte nascere al buio per adornare i sepolcri il giovedì santo. Qual maraviglia allora di veder fra le donne tante isteriche, nevrotiche ed anemiche?

Avvezzatevi a mangiare d’ogni cosa se non volete divenire incresciosi alla famiglia. Chi fa delle esclusioni parecchie offende gli altri e il capo di casa, costretti a seguirlo per non raddoppiar le pietanze. Non vi fate schiavi del vostro stomaco: questo viscere capriccioso, che si sdegna per poco, pare si diletti di tormentare specialmente coloro che mangiano più del bisogno,

Chi non esercita attività muscolare deve vivere più parco degli altri e a questo proposito Agnolo Pandolfini nel Trattato del governo della famiglia, dice: «Trovo che molto giova la dieta, la sobrietà, non mangiare, non bere, se non vi sentite fame o sete. ».

La scaletta quotidiana

Allo svegliarvi la mattina consultate ciò che più si confà al vostro stomaco; se non lo sentite del tutto libero limitatevi ad una tazza di caffè nero, e se la fate precedere da mezzo bicchier d’acqua frammista a caffè servirà meglio a sbarazzarvi dai residui di una imperfetta digestione. Se poi vi trovate in perfetto stato e (avvertendo di non pigliare abbaglio perché c’è anche la falsa fame) sentite subito bisogno di cibo, indizio certo di buona salute e pronostico di lunga vita, allora viene opportuno, a seconda del vostro gusto, col caffè nero un crostino imburrato, o il caffè col latte, oppure la cioccolata. Dopo quattr’ore circa, che tante occorrono per digerire una colazione ancorché scarsa e liquida, si passa secondo l’uso moderno alla colazione solida delle 11 o del mezzogiorno.

Questo pasto, per essere il primo della giornata, è sempre il più appetitoso, e perciò non conviene levarsi del tutto la fame, se volete gustare il pranzo e, ammenoché non conduciate vita attiva e di lavoro muscolare, non è bene il pasteggiar col vino, perché il rosso non è di facile digestione e il bianco essendo alcoolico, turba la mente se questa deve stare applicata.

Meglio è il pasteggiar la mattina con acqua pura e bere in fine un bicchierino o due di vino da bottiglia, oppure il far uso di the semplice o col latte che io trovo molto omogeneo; non aggrava lo stomaco e, come alimento nervoso e caldo aiuta a digerire.

Nel pranzo, che è il pasto principale della giornata e, direi, quasi una festa di famiglia, si può scialare, ma più durante l’inverno che nell’estate, perché nel caldo si richiedono alimenti leggieri e facili a digerirsi. Più e diverse qualità di cibi, dei due regni della natura, ove predomini l’elemento carneo, contribuiscono meglio a una buona digestione specialmente se annaffiati da vino vecchio ed asciutto; ma guardatevi dalle scorpacciate come pure da quei cibi che sono soliti a sciogliervi il corpo, e non dilavate lo stomaco col troppo bere. A questo proposito alcuni igienisti consigliano il pasteggiar coll’acqua anche durante il pranzo, serbando il vino alla fine. Fatelo se ve ne sentite il coraggio; a me sembra un troppo pretendere.

Se volete una buona regola, nel pranzo arrestatevi al primo boccone che vi fa nausea e senz’altro passate al dessert. Un’altra buona consuetudine contro le indigestioni e all’esuberanza di nutrimento è di mangiar leggiero il giorno appresso a quello in cui vi siete nutriti di cibi gravi e pesanti.

Il gelato non nuoce alla fine del pranzo, anzi giova, perché richiama al ventricolo il calore opportuno a ben digerire; ma guardatevi sempre, se la sete non ve lo impone, di bere tra un pasto e l’altro, per non disturbare la digestione, avendo bisogno questo lavoro di alta chimica della natura di non essere molestato.

Fra la colazione e il pranzo lasciate correre un intervallo di sette ore, che tante occorrono per una completa digestione, anzi non bastano per quelli che l’hanno lenta, cosicché avendo luogo la colazione alle undici, meglio è trasportare il pranzo alle sette; ma veramente non si dovrebbe ritornare al cibo altro che quando lo stomaco chiama con insistenza soccorso, e questo bisogno tanto più presto si farà imperioso se lo provocate con una passeggiata all’aria libera oppure con qualche esercizio temperato e piacevole.

L'esercizio

«L’esercizio, dice il precitato Agnolo Pandolfini, conserva la vita, accende il caldo e il vigore naturale, schiuma superchie e cattive materie e umori, fortifica ogni virtù del corpo e de’ nervi; è necessario a’ giovani, utile a’ vecchi. Colui non faccia esercizio, che non vuole vivere sano e lieto. Socrate, si legge, in casa ballava e saltava per esercitarsi. La vita modesta, riposata e lieta fu sempre ottima medicina alla sanità».

La temperanza e l’esercizio dei corpo sono dunque i due perni su cui la salute si aggira; ma avvertite che quando eccede, cangiata in vizio la virtù si vede, imperocché le perdite continue dell’organismo hanno bisogno di riparazione. Dalla pletora per troppo nutrimento guardatevi dal cadere nell’eccesso opposto di una scarsa e insufficiente alimentazione per non lasciarvi indebolire.

Durante l’adolescenza ossia nel crescere, l’uomo ha bisogno di molto nutrimento; per l’adulto e specialmente pel vecchio la moderazione nel cibo è indispensabile virtù per prolungare la vita.

A coloro che hanno conservata ancora la beata usanza de’ nostri padri di pranzare a mezzogiorno o al tocco, rammenterò l’antichissimo adagio: Post prandium stabis et post cenam ambulabis; a tutti poi, che la prima digestione si fa in bocca, quindi non si potrebbe mai abbastanza raccomandare la conservazione dei denti, per triturare e macinare convenientemente i cibi, che coll’aiuto della saliva, si digeriscono assai meglio di quelli tritati e pestati in cucina, i quali richiedono poca masticazione, riescono pesanti allo stomaco, come se questo viscere sentisse sdegno per avergli tolto parte del suo lavoro; anzi molti cibi riputati indigesti possono riescire digeribili e gustati meglio mediante una forte masticazione.

Se con la guida di queste norme saprete regolar bene il vostro stomaco, da debole che era il renderete forte, e se forte di natura, tale il conserverete senza ricorrere ai medicamenti. Rifuggite dai purganti, che sono una rovina se usati di frequente, e ricorrete ad essi ben di rado e soltanto quando la necessità il richieda. Molte volte le bestie col loro istinto naturale e fors’anche col raziocinio insegnano a noi come regolarci: il mio carissimo amico Sibillone, quando prendeva un’indigestione, stava un giorno o due senza mangiare e l’andava a smaltire sui tetti. Sono quindi da deplorare quelle pietose mamme che, per un’esagerazione del sentimento materno, tengono gli occhi sempre intenti alla salute de’ loro piccini e ad ogni istante che li vedono un po’ mogi o non obbedienti al secesso, con quella fisima sempre in capo de’ bachi, i quali il più sovente non sono che nella loro immaginazione, non lasciano agir la natura che, in quella età rigogliosa ed esuberante di vita, fa prodigi lasciata a se stessa; ma ricorrono subito al medicamento, al clistere.

Alcolici

L’uso de’ liquori che, a non istare in guardia diventa abuso, è riprovato da tutti gli igienisti pei guasti irreparabili che cagionano nell’organismo umano. Può fare eccezione soltanto un qualche leggero poncino di cognac (sia pure con l’odore del rhum) nelle fredde serate d’inverno, perché aiuta nella notte la digestione e vi trovate la mattina con lo stomaco più libero e la bocca migliore.

Male, male assai poi fanno coloro che si lasciano vincere dal vino. A poco a poco, sentono nausea al cibo e si nutrono quasi esclusivamente di quello; indi si degradano agli occhi del mondo, diventando ridicoli, pericolosi e bestiali. 

C’era un mercante che quando arrivava in una città si fermava ad una cantonata per osservar la gente che passava e quando vedeva uno col naso rosso era sollecito a chiedergli dove si vendeva il vino buono. Anche passando sopra al marchio d’intemperanza che questo vizio imprime spesso sul viso, e a certe scene che destano soltanto un senso d’ilarità – come quella di un cuoco il quale, mentre i suoi padroni aspettavano a cena, teneva la padella sopra l’acquaio e furiosamente faceva vento al di sotto – è certo che quando vedete questi beoni, che cogli occhi imbambolati, mal pronunciando l’erre dicono e fanno sciocchezze spesso compromettenti, vi sentite serrare il cuore nel timore che non si passi alle risse e dalle risse al coltello come avviene sovente. Persistendo ancora in questo vizio brutale, che si fa sempre più imperioso, si diventa ubriaconi incorreggibili; i quali tutti finiscono miseramente.

Neppure sono da lodarsi coloro che cercano di procrastinare l’appetito cogli eccitanti, imperocché se avvezzate il ventricolo ad aver bisogno di agenti esterni per aiutarlo a digerire finirete per isnervare la sua vitalità e l’elaborazione de’ succhi gastrici diverrà difettosa. Quanto al sonno e il riposo sono funzioni assolutamente relative da conformarle al bisogno dell’individuo, poiché tutti non siamo ugualmente conformati, e segue talvolta che uno si senta un malessere generale e indefinibile senza potersene rendere ragione e questo da altro non deriva che da mancanza di riposo riparatore.

Chiudo la serie di questi precetti, gettati giù così alla buona e senza pretese, coi seguenti due proverbi, tolti dalla letteratura straniera, non senza augurare al lettore felicità e lunga vita.

PROVERBIO INGLESE

Early to bed and early to rise
Makes a man healthy, wealthy and wise

Coricarsi presto ed alzarsi presto
Fanno l’uomo sano, ricco e saggio.

PROVERBIO FRANCESE

Se lever à six, déjeuner a dix
Diner à six, se coucher à dix,
Fait vivre l’homme dix fois dix.

Alzarsi alle sei, far colazione alle dieci,
Pranzare alle sei, coricarsi alle dieci
Fa viver l’uomo dieci volte dieci.

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