Passa ai contenuti principali

San Vittore e il museo della Moesa

San Vittore é uno di quei paesini, apparentemente anonimi, che si adagiano nella quiete di una valle di transito verso un passo piuttosto trafficato come il San Bernardino.

Per chi non ha gli occhi incollati sul cellulare e alza appena lo sguardo entrando in paese sarà impossibile non notare la torre sopra il paese. Ed é proprio qui che inizia la mia visita

La torre Pala

La torre è posta un masso roccioso, sopra il quartiere di Pala. Fu eretta probabilmente verso la fine del Tredicesimo secolo e ampliata nel secolo successivo. Si tratta di una costruzione rettangolare a sei piani e sommità merlata, parte di un complesso abitativo fortificato di cui rimangono poche rovine su un altro masso roccioso adiacente. 

Già residenza di un ramo dei Sacco, signori della Valle, o di loro funzionari, fu poi abbandonata nel corso del Quindicesimo secolo. La torre fu edificata in origine su quattro piani: un quinto piano voltato a botte e un sesto adibito a piattaforma difensiva furono aggiunti in seguito.

Chiesa

La prima cosa a colpirmi entrando in chiesa, nell'atrio, é un riferimento ad una statua prima qui ubicata e ora presente al Museo Nazionale dui Zurigo


Si, faccio mente locale e si, la statua l'ho già vista e so esattamente dove si trova.
Scartabellando nelle foto fatte al Museo Nazionale di Zurigo salta fuori: il soggetto principale della mia foto era il cristo a dorso di una asino (usato per la domenica delle palme), ma dietro fa capolino il santo originariamente ubicato nella chiesa mesolcinese.

La statua di San Vittore al Museo Nazionale di Zurigo

Ritorno al museo nazionale 24.12.2024. Stavolta San Vittore é protagonista 

Altri elementi di interesse li trovo in una serie di immagini che decorano il palco dell'organo. Mentre una parte di loro rievocano avvenimenti arcinoti (intendo tutta la saga legata alla crocifissione) ne trovo altre decisamente particolari ai quali non riesco a trovare un riscontro diretto. 

La serenità non regna in questi sei quadretti. 
Oltremodo misteriosa la scena con cavallo e eminenza non identificata inginocchiati.

San Vittore prende spunto da Vittore Mauro o Vittore il Moro, martire cristiano decapitato ai tempi dell'antica Roma. Questa scena potrebbe essere il quadretto in alto a sinistra anche se l'abbigliamento degli altri componenti la scena sulla destra fanno pensare ad un epoca differente.
Per il momento li metto qui, nel cassetto, sicuro che prima o poi scoprirò tutto quello che c'é da scoprire

Uscendo dalla chiesa decido di dare un occhiata anche all'altro lato: ne vale la pena: la gigantesca immagine (qui spiego il perché) di San Cristoforo risplende al sole


Dopo queste due prime visite mi dirigo infine verso il piatto forte: il museo del moesano ubicato proprio di fianco alla chiesa.

Il museo

Ubicato nel Palazzo Viscardi a San Vittore, è stato aperto nel 1949 per raccogliere, conservare e valorizzare beni d'interesse archeologico, storico e artistico riguardanti le valli Mesolcina e Calanca.
Il Museo contiene testimonianze di carattere etnografico, segnatamente la ricostituzione di una cucina e di una camera da letto tradizionali.
Un intero piano è dedicato alla mostra permanente sui Magistri moesani, architetti, costruttori e artisti attivi dal xvi al xviIi secolo, soprattutto all'estero.
Una sezione del Museo presenta in modo accattivante l'eccezionale patrimonio archeologico del Moesano, attraverso importanti reperti e fedeli ricostruzioni di ritrovamenti, accompagnati da tavole e video esplicativi.

Il Museo dispone inoltre di alcune antenne esterne: in particolare una gra ripristinata (edificio per l'essiccazione delle castagne) e una vecchia diligenza postale restaurata.

La sezione etnografica

La sezione etnografica è costituita da una cucina tradizionale con camino del palazzo stesso e dalla ricostituzione di una camera da letto proveniente dalla Calanca. La maggior parte degli oggetti esposti - attrezzi, mobili, suppellettili - risalgono alla seconda metà dell'Ottocento e all'inizio del Novecento.

Stanzetta

Cucina 

Oggetti

Come sempre riesco a trovare un paio di oggetti che suscitano in me curiosità
A colpire sul tavolo in cucina é un piatto


Si notano i deversi "punti di sutura" a testimoniare che prima di buttar via un semplice piatto ci so pensava bene. Questa immagine rispecchia perfettamente lo stato di povertà per gli abitanti di queste valli. Simili riparazioni le avevo già avvistate durante  al mia visita a Werdenberg dove ci se spingeva ancora oltre spinti dalla fame, leggere per credere

Oggetto che suona misterioso é un altro presente in cucina, esso era ancora utilizzato fino a pochi anni orsono salvo poi essere stato vietato


Si tratta di un raccoglitore per mirtilli. Oggi é vietato perché il suo utilizzo andrebbe a rovinare le piantine

Piuttosto inquietante una bambolina adagiata in un recipiente sul comò in stanza


Nella stanza a fianco é presente un esposizione temporanea inerente gli oggetti. RIporto alcuni dei più curiosi e significativi









Il resto dei reperti etnografici, che hanno costituito il nucleo originario del Museo, si trova ora nel deposito delle collezioni e alcuni di essi vengono esposti in occasione di mostre tematiche temporanee. Le collezioni si compongono soprattutto di utensili della civiltà contadina, mobili d'artigianato, attrezzi relativi a vari mestieri tradizionali, capi d'abbigliamento femminili e oggetti di arte sacra.

I magistri

Il termine "magister", nei manoscritti latini, non indicava solo i mastri costruttori, ma anche i fabbri-ferrai, i calzolai, i falegnami, i conciatori di pelli ecc. In altre parole tutti coloro che avevano appreso un mestiere. L'arte dei mastri da muro, come si avrà modo di constatare nelle sale successive, ebbe una particolare espansione tra il 1500 e il 1600 nella Bassa Mesolcina.
Il giovane apprendista diventava un'artista nell'esercizio del mestiere, imparava a usare e lavorare la pietra da costruzione, a impiegare la calcina e il gesso nella decorazione. L'emigra-zione artistica nella seconda metà del XVII secolo assorbi i tre quarti della popolazione maschile proveniente, in gran parte, da Roveredo e San Vittore, che a quel tempo costituivano un solo comune di poco più di un migliaio di anime.

L'emigrazione moesana

Il fenomeno dei Magistri e degli addetti all'edilizia in generale (scalpellini, muratori, stuccatori, ecc.), è un aspetto del più vasto movimento migratorio che ha toccato il Moesano, come gran parte delle valli alpine, tra il XVI e il XVIII secolo.

Dalla Mesolcina e dalla Calanca emigravano, con ritmi stagionali o pluriannuali, e raramente in modo definitivo, anche numerosi spazzacamini, negozianti, vetrai, imbianchini, soldati e ufficiali mercenari, raccoglitori di resina. Oltre alla Baviera e all'Austria, i principali Paesi di destinazione erano Francia, Paesi Bassi, Boemia e Italia. Il movimento migratorio concerneva quasi esclusivamente la popolazione maschile e vi era una forte specializzazione professionale dei villaggi: architetti, costruttori e muratori provenivano quasi esclusivamente da Roveredo e da San Vittore.

Stuccatori e scultori moesani

Gli stuccatori moesani vengono influenzati da un clima caratterizzato dalla nuova tendenza formale del Barocco proveniente da Roma e il clima formatosi per mezzo della controriforma cattolica (atto ad esaltare e rivitalizzare l'immagine della chiesa), In questo periodo lo stucco godette di un'enorme fortuna e di una diffusione capillare nelle opere sacre.
La corrente degli stuccatori atfiorò nella seconda metà del 17° secolo. 
 Nel 18° secolo gli stuccatori moesani eseguono opere in stile tardobarocco e reggenza di altissima qualità. 


Una considerazione degna di nota è la ricchezza di opere in stucco dorato nel Moesano: quasi tutte le chiese/cappelle principali in Mesolcina e Calanca racchiudono al loro interno decorazioni in stucco indorate con oro zecchino di pregevole fattura. Una tecnica decorativa con origini nordiche appresa dagli stuccatori moesani durante la loro permanenza all'estero. 

La Bassa Mesolcina ha dato origine a vere e proprie dinastie di costruttori: Albertalli, Barbieri, de Gabrieli, Riva, Zuccalli, ecc.
In Baviera si devono agli architetti e mastri costruttori mesolcinesi alcuni capolavori del Barocco, come la chiesa dei Gesuiti a Dillingen, il castello di Lustheim nel parco del castello di Schleissheim, la chiesa votiva di Freystadt, gli edifici sulla piazza della Residenza ad Eichstätt.

Nell'immagine l'architetto Giovanni Antonio Viscardi, 1647 - 1713

La storia di San Vittore

Il luogo era forse abitato già in tempi antichi, come lasciano presagire alcuni ritrovamenti. Diversi monumenti attestano l'importanza del villaggio nel Medio Evo: la rotonda di S. Lucio, risalente all'epoca di Carlomagno (XVIII-IX sec:), costruzione quasi unica del suo genere, la Collegiata, la Torre di Pala.

San Vittore, come gli altri villaggi della Mesolcina ha tratto vantaggio dal fatto di trovarsi su un importante asse di transito transalpino. L'aggregazione alla diocesi di Coira e la signoria dei de Sacco hanno favorito l'orientamento istituzionale della Valle verso nord e le Leghe retiche. Il paese ha ricevuto un decisivo impulso nel 1219: creando il Capitolo dei canonici di San Vittore, Enrico de Sacco ne fece il centro religioso della Valle.

Il nome del villaggio riprende quello di Vittore Mauro, soldato romano e martire cristiano della fine del Ill secolo, che è anche il santo patrono del paese, accanto a S. Giovanni Battista. I due santi si ritrovano nello stemma della comunità; l'araldica moderna li propone in forma stilizzata: la spada del soldato e la croce con il cartiglio del battezzatore, incrociate.

Una raffigurazione del martire San Vittore Mauro sullo stendardo della Corale parrocchiale a lui intitolata

La complessità medievale (1500-500 anni fa)

«Sciagurato monte degli uccelli»... il San Bernardino nelle lotte per la corona d'Italia (X secolo)

Il vescovo di Cremona Liutprando nel 942 compone un'imprecazione in latino contro il passo del San Bernardino, il quale d'inverno permette alla moglie di un suo acerrimo nemico di rifugiarsi in Germania presso l'imperatore Ottone I. Si tratta della prima citazione del passo del San Bernardino finora conosciuta, chiamato mons avium, ossia Monte degli Uccelli.

Sciagurato Monte degli Uccelli,
neppur degno di tal nome, 
proprio perché mantieni viva una peste, 
che avresti potuto perdere.

Di solito sei inaccessibile, 
anche quando arde il sole infuocato, 
nel tempo in cui il mietitore 
raccoglie il grano con la curva falce cerere, 
nel tempo in cui con i raggi di Febo 
arde la costellazione del Cancro,

Perfido,
ora nel tempo eccezionale della rigida bruma,
sei transitabile:
volesse il cielo che i miei voti potessero contare ora, 
che tu subito, avulso dagli altri monti,
profondassi nel baratro!

Liutprando di Cremona, ca, 942 d.C.,
(poesia tradotta da ENZA COLONNA, Le poesie di Liutprando di Cremona.
Commento tra testo e contesto, collana Scrinia, Edipuglia, Bari 1996)

Prima foto del castello di Mesocco, 1855 circa

Il giuramento della Centena di Lostallo

La Centena annuale di Lostallo, che ha radici antichissime, è il contropotere dei comuni mesolcinesi nei confronti dei loro dominatori nel corso dei secoli. Centene straordinarie potevano venir convocate in caso di emergenza.

«Giuriamo a Dio [...] di conservar et mantener fra Noi una vera, sincera, et real unione, fedeltà, amicitia, vicinanza et confraternità, nel modo et forma, che da nostri chari antepassati fu conclusa et stabbilita [...] sino in perpetuo.
Et di non mai per qualsivoglia causa [...] disgioncerci, ne separ [ar]ci; et che niuno de Noi Magistrati, Vicariati, Squadre, Communita, Degagne, Terre, et Vicinanze, ne particolar Persone di questa nostra Valle s'intrometterà, tratterà o negocierà cosa veruna aspettante alla commune Libertà, ne per pace, ne per tregua, ne per guerra [..] senza [.] consenso della general Centena».

(Statuti e capitoli della legge municipale civile e criminale dell'Univenal Valle Mesolcina.
Anno 1645, manoscrito di proprieta provata)

Carta topografica della Mesolcina, 1554

Gravedona tratta con la Mesolcina per una nuova strada in Val Traversagna «[...] ad esso luogo di Rogoredo adesso ci sono due (antiche] via delle quali l'una è difficilissima [Camedo], l'altra più facile
[Jorio attraverso Frascoscella]».
Si vuole ora costruire un nuovo tracciato «in mezzo tra le due sopra dette [strade] e si farà sopra il Monte di Sant Jorio confine desse Tre Pievi verso il paese di Mesolcina [strada dell'Albionasca]».
Le Tre Pievi ne trarrebbero vantaggi «per i vini loro» e nel contempo potrebbero ricevere «più facilmente [...] cose loro necessarie dal detto paese de Grisone», dal momento che per «detta via si fara passo di mercanzie».

(Archivio di Stato di Milano, MMD piane 2a)

Il sistema viario medievale

Nel corso del millennio medievale la rete stradale subisce un continuo adattamento alle esigenze degli uomini e deve far fronte a fenomeni distruttivi quali erosione, frane, alluvioni, calpestio degli animali. Particolarmente a rischio sono le zone di guado e i ponti, confrontati con le ricorrenti alluvioni, e questi ultimi anche con gli urti delle grosse borre flottanti. Fino al tardo medioevo i ponti sono di legno, ad eccezione di due ponti di pietra sospesi su gole: il Ponte Chiuso di Roveredo e il Porlingheni
di Mesocco.
Al pari dell'attuale autostrada, recintata per impedire l'entrata di animali, la strada medievale è pure generalmente recintata e dotata di strutture di entrata-uscita, ma per il motivo opposto, ossia per impedire agli animali in transito e alle mandrie locali di consumare erba preziosa.


Mercante mentre si reca in fiera con le sue merci, imballate e contrassegnate.
Gli animali portano le museruole per impedire che rubino erba preziosa dai pascoli privati lungo il tragitto.
(immagine tratta da S. DI ROSA, G.DUCI, Studio storia, Volume 18, Il Basso Mediorve, Fabbri Editori, Milano 2007, p.81)

Poteri e contropoteri

Gli statuti di valle rappresentano la chiave per comprendere il quadro istituzionale del medioevo.
Ogni nuova versione degli stessi costituisce il risultato di una contrattazione fra poteri dall'alto e poteri dal basso.
Questo modello istituzionale è complesso e stratificato perché sviluppato in periodi diversi e per rispondere a sollecitazioni diverse, a volte interne (divergenze fra alta e bassa valle, fra comunità, fra fazioni, fra antagonisti economici), a volte esterne (confronto con autorità superiori, valli vicine o invasori). Radicato nel territorio e condiviso dalla popolazione, costituisce generalmente un fattore di stabilità.



Il potere dall'alto, vincolato all'andamento delle varie dominazioni (romana, gota, bizantina, longobarda, franca), alle vicissitudini del Sacro Romano impero e alle vicende famigliari dei signori di valle (de Sacco e Trivulzio) si rivela spesso fattore di instabilità.
Il perno del sistema è l'assemblea di valle. Essa costituisce la piattaforma d'incontro e concertazione fra i due poteri. Così, per esempio, non sempre e non necessariamente torri e castelli sono pensati esclusivamente come strumenti e simboli di potere, spesso essi hanno, almeno inizialmente, la funzione di conservare i beni, le provviste e la vita degli abitanti del villaggio in tempo di guerra.

Ragiatore calanchino
xilografia del XVI secolo
Tratta da a Marca "Acque che portarono", Prosito, 2008

Tuttavia l'alimentazione più ricca delle zone di montagna non preserva le popolazioni alpine dalle terribili ondate di peste nera che colpiscono l'Europa a partire dal 1348, effetto di uno squilibrio tra popolamento e risorse territoriali. La popolazione diminuisce drasticamente e riprenderà a crescere molto lentamente fino al 1750, quando ha inizio il boom demografico tuttora in atto.

Caratteristico dell'ultimo periodo medievale è la crescente quantità di notizie scritte che testimoniano una tipica complessità politico-sociale. Gli insediamenti attuali del Moesano conservano parzialmente intatti i loro archivi medievali, contenenti documenti vecchi anche
di ottocento anni.


La sequenza delle voci del dazio di Mesocco del 1459 offre un'indicativa graduatoria d'importanza delle principali categorie di merci che transitano per il Moesano.
Emerge anzitutto la grande importanza dell'allevamento: la valle sfrutta in proprio gli alpeggi o ne affitta le superfici in esubero ei possessori di bestiame delle pianure.
L'allevamento innesta poi una dinamica circolare di scambi fra quanto viene prodotto in valle (bovini, ovini, caprini, latticini, cuoio, lana, ecc.) e quanto è necessario importare per queste attività (sale, falci de fieno e coti).
Dai documenti tardomedievali sappiamo anche che il Moesano dipende dell'importazione di cereali e che in cambio esporta:

- prodotti secondari dell'allevamento come salumi e lana
- pescagione (trote della Moese) e cacciagione (came e pellicce)
- prodotti forestali: legname de opera e de ardere, corteccia di rovere ricca di tannini usata nelle concia delle pelli, resina di conifere calanchine usata soprattutto come sigillente
- prodotti artigianali quali berili, doghe sciolte e laveggi


Commenti

Post popolari in questo blog

Tradizioni molto svizzere

Dopo anni di tentennamenti decido finalmente di partecipare ad un avvenimento che nella Svizzera tedesca é assolutamente irrinunciabile: la festa federale che si tiene ogni tre anni. Oggi saró circondato da svizzeri che fanno cose molto svizzere. Moltissime tradizioni svizzere in questo disegno creato appositamente per la festa federale 2025, se volgiamo cercare il pelo nell'uovo manca l'Hornuss La prima cosa che noto già nell’avvicinamento sul treno é il consumo di birre in lattina con conseguente coda davanti alle toilette, questo anche se ci troviamo a primo mattino I più impavidi sortiscono dagli zainetti i bicchierini da cichett e brindano a non meglio identificate entità. Il lieve aroma di schnapps alle prugne si diffonde nell’area del vagone. Seguono racconti gogliardici accompagnati da grasse risate. Purtroppo non conosco bene l’idioma svizzerotedesco e non riesco a percepire se il genere di sense of humor degli allegri compagni di viaggio farebbe sganasciare pure me....

Anima di donna dannata scovata!

Due anni! Due anni per trovare questo misterioso ed unico quadro nel suo genere in terra ticinese. O almeno che io sappia. Anonimo l’autore mentre il titolo che lo accompagna recita “ anima di donna dannata ”. Purtroppo é andata persa la fonte dove ho preso questa informazione così come una foto piuttosto sfuocata dell'opera. Impossibile trovare il quadro in rete. Non restava che trovarlo in carne e ossa.  Oggi con grande piacere lo schiaffo bellamente dietro il mio faccione sotto qualche riga di testo introduttivo con tanto di indicazione nella didascalia di dove si può ammirare.  Così come a Parigi ci si selfa davanti alla torre Eiffel ad Ascona lo si fa davanti ad anime dannate Toh! “Anima di donna dannata», tela di autore anonimo della prima metà del Seicento (Ascona, Museo parrocchiale presso l’oratorio dei santi Fabiano e Sebastiano ). P.S. E fattelo un selfie ogni tanto...si cazzo! Oggi si! Mi sembra di essere il cacciatore che si fa fotografare con il cervo subito dopo...

Strada dei banchi e lago di Sabbioni

La strada dei banchi per un airolese é un classico, anzi un must. È la strada che corre in alto sul fianco della montagna lungo tutta la valle Bedretto. È esattamente l'equivalente della strada alta, quella della "famosa canzone" di Nella Martinetti, ma dall'altro versante della valle Bedretto. Oggi in aggiunta un bonus, che si rivela una perla che impreziosisce e di molto il giro, una deviazione al lago di Sabbioni. La strada dei banchi La strada dei banchi rispetto all strada alta presenta delle differenze sostanziali, ha molta poca ombra, é molto meno frequentata e all'apparenza potrebbe risultare più monotona. Per buona parte la strada é costituita da una carrabile che serve per collegare le varie alpi, poi ad un certo punto diventa sentiero, più precisamente in vista dell'arrivo del riale di Ronco che presente l'unico vero e proprio strappo del percorso. Come dicevo la strada dei banchi é un must per un Airolese, in pratica questa strada porta ai pied...

Chasa Chalavaina

Non son solito fare post dedicati agli alberghi, ma questo, come l’ hotel Dakota,  riporta eventi storici e merita una menzione  a parte. Chi entra in questa casa respira la storia e per uno come me non c'é nulla di più entusiasmante L'albergo sulla centralissima piazza di Müstair. Il monastero é a circa 100 passi di distanza Sopra la porta tutta a destra la mia stanza per una notte Nel 1254, la Chasa Chalavaina fu menzionata per la prima volta come locanda.  Questa casa è unica perché rappresenta l'hotel più antico della Svizzera.  1930 (?) La locanda, situata nella strada principale di Müstair, si trova a pochi passi dal monastero di St. Johann, patrimonio dell'Unesco. L'hotel comprende 18 camere, un ristorante, una cucina "colorata" di nero dalla fuliggine e un ampio giardino. Dove un tempo dormivano galline, gatti e capre, oggi ci sono camere per gli ospiti. Le stanze sono in parte arredate con mobili in legno secolari e in tutta la casa si trovano ute...

Il Dazio Grande e la via delle genti

Orson Wells afferma che gli svizzeri in 500 anni sono riusciti a creare ben poco, in particolare: "In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Orson Wells - Il terzo uomo - fim 1949 Possiamo tranquillamente affermare che gli urani hanno seguito la stessa falsa riga per quanto riguarda il baliaggio di Leventina: in oltre 300 anni sono riusciti “solo” a migliorare la viabilità presso la gola del piottino (e di conseguenza fabbricarci il redditizio Dazio grande) . Le virgolette sul solo stanno comunque a sottolineare la difficoltà di costruire una strada in quel punto, questo senza nulla togliere alla difficoltà nel costruire un orologio a cucù che meritava forse anch’esso sarcasticamente le stesse virgolette nella battuta di Well...

Sulla strada per Beromünster

Domenica 10 agosto 2025. Sono seduto su di un bus in stazione a Lucerna. A momenti partirà e in men che non si dica lascerà la città per addentrarsi nelle campagne lucernesi. Ed é proprio questo che amo, essere portato in quello che nel film Trainspotting viene definito “il nulla”. La mia esplorazione oggi mi porterà da una cappella in piena campagna fino al villaggio di Beromünster. La cappella e il nome del villaggio posto come traguardo intrigano (Beromünster si chiamava fino al 1934 semplicemente Münster, monastero). Sono 7 km completamente piatti in una rovente giornata d’estate. Mi aspetto di vedere forse qualche giocatore di golf ad inizio percorso per poi isolarmi completamente tra campi e boschi fino all’arrivo, la tappa di per se non ha nulla che attiri le grandi masse, in Svizzera Mobile non fa nemmeno parte di un percorso a tema. Ma oggi per stare nella pace occorre ricorrere a questi tragitti di “seconda fascia”. La vera gioia sta nell’apprezzare quello che la natura o ...

Curon sul lago di Resia

Diciamo subito che io sappia non esistono altri Curon per cui si necessita aggiungere la precisazione “sul lago di Resia”. La scelta di aggiungere l’indicazione del lago é per facilitare la messa a fuoco del lettore. Se poi vogliamo esagerare sarebbe bastato dire “dove c’è la chiesa sommersa ed emerge solo il campanile." Sarebbe poi bastato aggiungere due foto del caso, da due angolazioni diverse e chiuderla lì, verso nuove avventure. Ma sarebbe stato “facile”, superficiale e maledettamente incompleto. Se il campanile compare un po’ ovunque, sulle portiere dei veicoli della municipalità agli ingombranti souvenir (vedi sotto) un motivo ci sarà.  Il classico dei classici. E non é legato all’aspetto “wow” che questo edificio immerso in uno scenario idilliaco suscita alla prima vista, come se si trattasse di un opera artistica moderna. C’è dell’altro. Basterebbe porsi semplici domande, ad esempio come si é giunti a tutto questo? Un inondazione? Una tragedia? Oppure é una semplice attr...

Kyburg e la vergine di Norimberga

Il tempo passa ma per la vergine di Norimberga presente al castello di Kyburg sembra non incidere, ache se poi vedremo che qualche ritocco l'ha necessitato pure lei. Che poi se ne possano dire finché si vuole ma la vera superstar del castello del castello di Kyburg é lei, proprio come aveva ben visto chi l'acquistò proprio per questo scopo «Vergine di ferro» I visitatori del castello si aspettavano sempre di vedere armi storiche e strumenti di tortura.  Appositamente per loro venivano realizzate delle «vergini di ferro». Matthäus Pfau acquistò il suo esemplare nel 1876 in Carinzia per mettere in mostra «il lato più oscuro del Medioevo».  A quel tempo, le forze conservatrici cercavano di reintrodurre la pena di morte, che era stata abolita poco prima in Svizzera. Attrazione turistica È risaputo che la Vergine di ferro fu inventata nel XIX secolo. Non vi è alcuna prova che in una simile cassa dotata di lame e con una testa di donna sia mai stata uccisa o torturata una persona....

Da Campo Valle Maggia a Bosco Gurin - parte II - Da Cimalmotto al passo Quadrella

Sbuco su Cimalmotto dal sentiero proveniente da Campo Valle Maggia verso mezzogiorno. Non mi aspetto di trovare spunti storici altrettanto avvincenti che a Campo, sarebbe impensabile in così pochi ettari sperare in tanto. Eppure.... Vista da Cimalmotto in direzione di Campo Valle Maggia di cui si intravede il campanile in lontananza Ci sono due elementi geologici che caratterizzano questa parte della valle: la frana che domina la parte inferiore e il pizzo Bombögn che sovrasta la parte superiore. Campo Valle Maggia e Cimalmotto sono l'affettato di questo ipotetico sandwich Chi visita Campo e le sue frazioni con occhio attento non può non rimanere esterrefatto dal contrasto fra la bellezza paesaggistica della zona e la ricchezza dei monumenti storici da un lato e la desolante povertà demografica dall’altro. I motivi sono diversi: innanzitutto Campo, al momento dell’autarchia più dura, era uno dei comuni più popolati della Valmaggia (nel XVIII superava i 900 abitanti; nel 1850 erano...

Mosé Bertoni

C'é una piccola sala nel museo di Lottigna, resta staccata dal complesso principale del museo, una piccola sala che per eventi sfortuiti (si con la "s" davanti) sono riuscito a vedere solo di sfuggita. Però quello che sono riuscito a assaggiare nei pochi momenti mi ha affascinato. Il classico ometto nato in un piccolo villaggio in una valle discosta per poi costruirsi una vita tutt'altro che scontata. Un personaggio amante delle tradizioni svizzere e dei principi anarchici, una combinazione piuttosto bizzarra per non dire incomprensibile. Si capisce fin dai primi momenti che si ha a che fare con un personaggio di nicchia, degno di un approfondimento. Mosè Bertoni verso il 1910 Foto F. Velasquez, Asuncion (Coll. priv.) Mosè Bertoni non è un uomo comune. Giovane irrequieto, dai molteplici interessi, impegnato politicamente tra i liberali innovatori e vicino all'anarchismo, a 27 anni decide di «dare un calcio a questa vecchia Europa» . Non è neppure un emigrante comu...