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Sobieski riscoperto

Come spesso capita scopro l’origine d’entità e la storia legati ad un personaggio / evento fotografato molti mesi, se non addirittura anni, prima.

In questo caso si parla della visita al museo del Vaticano a Roma nell’aprile del 2022. Evidentemente al momento dello scatto avevo intuito che quello rappresentato era un momento epico, decisivo, la presenza dell’arcobaleno sulla sinistra non poteva che rafforzare questa mia ipotesi. Così come lampante é il protagonista e il gesto di passaggio di consegna di un foglietto tra l'uomo a cavallo che domina la scena malgrado non sia perfettamente al centro e il personaggio appiedato.

Vero, una semplice ricerca con google immagini e mi avrebbe fatto trovare facilmente la soluzione ma questa unica foto, rubata tra la folla dei visitatori, raddrizzata e tagliata che vi propongo qui sotto é semplicemente andata nel dimenticatoio, inosservata tra decine di foto scattate lo stesso giorno

Aprile 2022, musei vaticani, la foto strappata al dipinto in questione
Jan Sobieski invia al papa un messaggio con l'annuncio della vittoria nella battaglia di Vienna.
Olio dell'artista polacco Jan Matejko (1883).

Ok, Sobieski, ma chi é costui da meritarsi una sala a suo nome nei musei Vaticani? Come minimo o sarà un santo (anche se dal dipinto le caratteristiche non sembrano quelle) oppure qualcuno che ha fatto qualcosa di veramente grande per la Chiesa, magari un salvatore....

Non solo una lettera

Partiamo dalla fine, un conflitto é appena terminato e la notizia e la preoccupazione maggiore ora é quella di spargere la notizia (il campione di corsa greco Filippide morì per questo evento, portando da Maratona ad Atene, 42km appunto, la notizia della vittoria).   

La notizia della vittoria si diffondeva per l'Europa e fuori di essa, a partire da Venezia il papa ordinò che le campane suonassero a giubilo per le strade di Roma. Ricevette poi da Sobieski una bandiera trafugata dall'alloggiamento ottomano, che calpestò in una cerimonia solenne nel Quirinale e che venne poi issata sul portale maggiore di San Pietro.

Si spararono salve di cannone e fuochi d'artificio, si celebrarono messe, Te Deum e altre cerimonie religiose e no, tra lo scampanare festoso. Si tennero spettacoli teatrali e feste, in cui di sovente si impiccavano o decapitavano pupazzi che rappresentavano il sultano e il visir. Si scrissero e stamparono poesie e pamphlet, persino giornali.

Si costruirono chiese e monumenti e si diffusero reperti, non sempre originali, che provenivano dall'accampamento mussulmano, alcuni dei quali sono tuttora nei musei d'Europa. Si realizzarono, infine, dipinti di ogni genere, nei secoli a venire, come quello che l'artista polacco Jan Matejko dedicò a Sobieski e che è esposto ai Musei vaticani, nell'omonima sala. Ancora oggi gli ussari alati ricorrono nei libri di storia e anche nelle opere di divulgazione, nei romanzi, nei film e finanche nei videogames, come Age of Empires 2 ed Empire Total War.

La battaglia di Vienna si svolse a conclusione dell'assedio ottomano della città, iniziato il 14 luglio 1683. Fu combattuta dal Sacro Romano Impero (guidato dalla monarchia asburgica) e dalla confederazione polacco-lituana, entrambi sotto il comando del re Jan III Sobieski, contro gli ottomani e i loro Stati vassalli e tributari

Fu la prima volta in cui i due eserciti collaborarono militarmente contro i turchi. La sconfitta rappresentò un punto di inflessione per l'espansione ottomana in Europa, perché da quel momento l'impero ottomano iniziò il proprio declino.

Mamma li turchi

Nel corso del XVII secolo assistiamo ad una risalita da sud verso nord di un esercito musulmano formato in prevalenza da turchi. Hanno conquistato la costa dalmata, Belgrado e Buda in Ungheria. Il prossimo step sembra quello decisivo che scardinerebbe l'Europa occidentale: Vienna.

Il panico si diffonde tra i viennesi dediti alla fuga piuttosto che alla resistenza. Parte della popolazione però rimane e si prepara ad essere assediata, una guarnigione é presente tra le mura della città.

Vienna 1683

I turchi arrivano e pongono d'assedio la città, ma tutti gli assalti vengono respinti. I viennesi però non possono resistere all'infinito….

Arrivano i nostri 

Gli eventi di quel giorno ispirarono J.R.R. Tolkien a scrivere le vicende dell'assedio di Minas Tirith nel suo romanzo Il Signore degli Anelli.

Dopo essere stata assediata per due mesi dall'esercito dell'Impero Ottomano, forte di 120.000 uomini, la guarnigione viennese si era indebolita sempre di più ed era rimasta solo una manciata di fanti. Diversi esplosivi ottomani erano stati trovati all'interno delle mura della città e disinnescati, ma il tempo stava per scadere. Un messaggero riuscì a penetrare nelle linee ottomane e a chiedere aiuto al Commonwealth polacco-lituano e al Sacro Romano Impero.

Si racconta che proprio nel momento in cui ogni speranza sembrava persa per l'ultima fanteria rimasta, che era circondata nel bel mezzo dei combattimenti e rischiava la morte certa, alcuni cavalieri polacchi emersero lentamente dalla foresta tra gli applausi della fanteria.

La corazza di un ussaro alato polacco vittorioso nell'assedio di Vienna del 12 settembre 1683.


Il re polacco Jan Sobieski III si lanciò all'assalto della collina. Dietro la collina, 18.000 cavalieri emersero dalla foresta e lo seguirono in battaglia. Tra loro c'erano 3.000 ussari alati polacchi pesanti. Questa fu la più grande carica di cavalleria della storia.

L'effetto di questo attacco fu così drammatico e devastante da segnare la fine dell'espansione dell'Impero Ottomano in Europa, durata 300 anni. Dopo aver vinto la battaglia, il re Jan Sobieski III parafrasò la famosa frase di Giulio Cesare: "Venimus, vidimus, Deus vicit" - "Siamo venuti, abbiamo visto, Dio ha vinto".


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