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Il prigioniero di Chillon

Il castello di Chillon é il monumento più visitato in Svizzera. Sarebbe facile, troppo facile attribuire questo record alla splendida location sul lago, o anche all'armoniosità della costruzione. 

Si, tanto, ma non basta. 

Occorre scavare più a fondo e metaforicamente spostarci nei sotterranei-non-sotterranei (si perché sono comunque sopra il livello dell'acqua). Qui sotto l'ambiente é decisamente coinvolgente, misterioso e tetro allo stesso tempo. Sarà merito dei grandi archi che coprono la volta, sarà la luce che penetra dalle finestre che danno sul lago. Saranno tutte queste cose...

La prima stanza del sotterraneo

Sul versante del lago, la più mirabile invenzione del geniale architetto, ed anche la più spettacolare, fu la costruzione dei famosi sotterranei, che si susseguono senza interruzione quasi da un capo all'altro del castello. Questi sotterranei (termine improprio poichè sono al disopra del livello del lago) sostituirono le antiche travature. Con i loro massicci pilastri, le robuste nervature, le loro volte ad ogiva incrociate, sono veramente imponenti. Siamo nel XIII secolo, nel secolo delle magnifiche cattedrali gotiche. È possibile ammirare incondizionatamente come il Mainier (architetto) abbia saputo sfruttare il sistema di costruzione allora in auge.

Pimp the drama

Questa stanza fu probabilmente utilizzata come cantina in epoca savoiarda, prima di essere convertita in un probabile luogo di esecuzione nel XVI secolo. Ha un accesso diretto al lago attraverso una poterna, una porta utilizzata come via di fuga in caso di attacco. La scala collegava il seminterrato al piano superiore, dove si trovavano gli appartamenti del signore, permettendogli di fuggire con discrezione. Quando Chillon fu conquistata dai bernesi nel 1536, Antoine de Beaufort, l'ufficiale savoiardo a capo del castello, fuggì attraverso questa postazione. 

Tutto decisamente da brividi
Bibbia di Souvigny - Biblioteca Moulins F284-2 Amman appeso

Come se non bastasse le guide del XIX secolo erano solite raccontare storie sinistre per far rabbrividire i visitatori, arrivando a installare una trave e una corda (ancora oggi visibili), che evocavano un ipotetico patibolo di un tempo. 

La postierla si trasformò da via di fuga in una lugubre apertura attraverso la quale i cadaveri degli impiccati venivano gettati nel lago.

Beaufort fuggì dai bernesi, che non conoscevano questa uscita, e si imbarcò su una galea con alcuni dei suoi uomini. L'antico cancello medievale in legno, con i suoi pesanti accessori in ferro, è stato riportato alle condizioni originali nel 1903. Le ante rimangono aperte per far entrare la luce, mentre un cancello chiude l'ingresso.

Ma non basta.

Il crotton

Attraverso una stretta porta si passa alla secondo locale sotterraneo.

Pilastri 2-7 nella seconda stanza

Appena entrati sulla destra il crotton
Questa parte del seminterrato mostra i resti di una stanza che potrebbe essere servita come prigione per i condannati a morte di Chillon. È nota come "crotton", che significa prigione in dialetto. Sulla parete sud del seminterrato si trova uno schizzo a carboncino della Crocifissione, risalente alla metà del XV secolo.



Cristo (A), la Vergine (B) e San Giovanni (C) sono accompagnati da figure raramente rappresentate in una scena del genere. I loro poteri consolatori possono spiegare la loro presenza: Santa Caterina
(D) è la patrona dei moribondi, San Chris tophe (E) protegge dalla morte senza confessione e Sant'Antonio (F) è invocato contro le fiamme dell'inferno. Oggi non sappiamo come sia nata quest'opera. Forse questa immagine facilitava il passaggio dei condannati nell'aldilà.

Ma non basta.

I prigionieri

Il più grande di questi sotterranei è noto con il nome di prigione di Bonivard. Grazie a Byron, la pietosa sorte del patriota ginevrino è nota a tutti.


Ma molti altri furono i prigionieri rinchiusi nei sotterranei di Chillon: nel 1348 gli Ebrei di Villeneuve che, accusati di aver avvelenato le fontane e provocato la peste, furono bruciati vivi; nel 1379, Pierre Gerbaix, tesoriere generale di Savoia che, vittima di un'ingiustizia, fu liberato nel 1384 e rimesso in carica; nel 1389, Othon de Grandson, il cavaliere-trovatore, accusato di aver complottato l'assassinio del conte Amedeo VII e che trovò la morte in un duello giudiziaria contro Gérard d'Estavayer; nel 1445, Guillaume Bolomier, cancelliere di Savoia, che mori per annegamento ufficiale l'anno successivo.

Eduard Hosch, Bonivard in prigione, 1883
 
Nel XVI e XVII secolo, molti presunti maghi e streghe furono rinchiusi a Chillon. 

Questi infelici, sospettati di portare impresso in qualche parte del corpo il marchio di Satana, furono torturati e messi a morte fra crudeli supplizi.

Bonivard

Quest'uomo solitario rappresenta François Bonivard (1493-1570), il famoso prigioniero di Chillon. Trascorse parte della sua prigionia in questo scantinato, vivendo nell'oscurità con la sola immaginazione a distrarlo. Priorato di Saint-Victor di Ginevra, Bonivard fu un sostenitore della città di Calvino durante le lotte tra questi e il Duca di Savoia. Nel 1530 fu arrestato dall'esercito sabaudo e imprigionato a Chillon. Languì lì per sei anni fino al suo rilascio da parte dei bernesi nel 1536. 

Ritratto di Francois Bonivard, XIX ° secolo, Biblioteca di Ginevra

Rinchiuso in questo scantinato e privato del godimento del paesaggio, il prigioniero poteva solo percepire lo sciabordio delle onde e il riflesso della luce sul lago. Nelle Chroniques de Genève, che scrisse dopo la sua liberazione, scrisse: "[Fui] rinchiuso in alcune grotte, il cui fondo era più basso del lago su cui Chillon era chiamato.... (Fui gettato in una cantina il cui pavimento era più basso del lago sopra il quale si trovava Chillon)".
Incatenato al quinto pilastro della cantina, senza potersi avvicinare alle sottili aperture che si affacciavano sul lago, il prigioniero era terrorizzato all'idea di essere tenuto sotto il livello del lago.



Eugène Delacroix Il prigioniero di Chillon, 1834
Olio su tela
Parigi, Musée du Louvre, RF 1660
9 RMN, foto: Hervê Lewandowski


Ma non basta.

Le citazioni

"Poi il capitano mi ficcò in una grotta più in basso del lago, dove rimasi per quattro anni [...] mi sono fatto un sentiero nella roccia, come se uno l'avesse fatta con un martello".

Francois Bonivard, le cronache di Ginevra, 1563


"Stava consumando la parte inferiore del pilastro con il tallone. Ho messo la mano nel buco che aveva fatto in quel modo.
E segnò, consumandola allo stesso modo con il piede, la sporgenza del granito dove la sua catena gli permetteva di arrivare".

Victor Hugo, Le Rhin, 1842

L'anello del quinto pilastro dove Bonivard fu incatenato

"Si è parlato molto della scomparsa delle orme di Bonivard, che venivano mostrate ai visitatori ai piedi del quinto pilastro dall'ingresso L.J Nel 1816, Lord Byron visitò Chillon [...].
Fu in quel giorno che incise il suo nome sul terzo pilastro dall'ingresso; ma a quel punto le impronte non erano più visibili, ammesso che siano mai esistite".

Albert Naef, Comunicazioni, Castello di Chillon, 1939

La firma di Byron sul terzo pilastro

Bonivard o Byron?

Non appena Il prigioniero di Chillon apparve nel 1816, molti visitatori del castello confusero le figure di François Bonivard, l'eroe del poema, e del suo autore Lord Byron. L'intensità drammatica del testo e la narrazione in prima persona "io" confusero i lettori, che iniziarono a credere che il poeta stesso fosse il prigioniero.Questa confusione deriva dall'aura di libertà che Lord Byron intesse intorno alla sua figura storica.Amico dei movimenti indipendentisti, si lasciò sedurre dalla descrizione idealizzata di Bonivard fatta dallo scrittore Jean-Jacques Rousseau in una nota al suo capolavoro Julie, ou la Nouvelle Héloise: "un uomo di raro pregio, di inalterabile rettitudine e fermezza, amico della libertà anche se savoiardo e tollerante anche se prete". Quasi tre secoli separano Bonivard da Byron, che tuttavia condivideva le stesse convinzioni.


G.H. Harlow, Lord Byron II, 1816

Il poema di Byron

Bagna il Lemano di Chillon le mura:
Mille piedi colà profondo il letto 
E de vasti suoi flutti; a tanto appunto
La scandaglio calò dá bianchi merli
Gettato del castel, che d'ogni intorno
Da l'acqua è cinto: acque e muraglie ha fatto 
Una doppia prigione, ed una tomba 
Di viventi simil: sotto il livello 
Del lago è posta l'altra volta in cui 
Noi giacevam: noi l'udivam gonfiarsi
La notte e di; con impeto ei battea
Su i nostri capi, ed io sentia sovente
Gli agitati suoi sprazzi in fra le sbarre 
Allagando avventarsi allor che in lotta
I venti si mescean per le felici
Piagge de l'etra: allor la rocca istessa 
Parea crollasse, e scotersi non scosso lo la sentía: 
chè riso avrei se morte 
A pormi in libertà venuta fosse.

Joseph Hornung - Ginevra, 1792-1870
Episodio della prigionia di François Bonivard a Chillon
Olio su tela - 100 x 84 cm

Sette pilastri di gotica forma
Sorgon colà ne le profonde antiche
Prigioni di Chillon, sette massicce, 
Brune e appena visibili colonne
Al pallido chiaror d'imprigionato
Raggio di sol che, il suo cammin smarrito, 
Per li fessi penetra e gli spiragli
De le dense pareti ed a posarsi
Vien su l'umido spazzo, ove serpeggia
Qual meteora di stagno: ogni colonna
D'un anello è fornita, ed ogni anello
D'una catena, ed il suo ferro è cosa 
Che fa cancro; però che in queste carni 
Del suo dente riman tuttor l'impronta
E rimarrà finchè congedo io tolga
Da questo giorno a cui di nuovo io nacqui
E la cui luce a sostentar gravosa
È per quest'occhi miei che il sol per anni 
Non videro spuntar, dir non so quanti;
Però ch'io più di lor conto non tenni
Quando cadde e mori l'ultimo mio
Fratello, ed io restai vivo al suo fianco.



Alfin vennero genti
A liberarmi: io nè il perchè lor chiesi
Nè del dove curai; captivo o sciolto, 
Omai m'era il medesmo; io mi piacea
Ne la disperazione: però quand'essi
Apparir finalmente, e al tutto infrante
Le catene mi fur, quell'atre mura
S'eran fatte per me come in ritiro 
Una cosa mia propria, e mi parea
Ch'ei venuti a strappar qual da un secondo
Domicilio mi fossero: co ragni
Avea fatto amicizia e avea vegliato
A 'lor lenti travagli, avea veduto
De la luna al chiaror scorrere i sorci;
Perchè dunque dovea quell'abbandono
Men di loro sentir? Tutti eravamo
D'un tetto abitatori, ed io, monarca
Di tutti, sterminar li avrei potuto:
Ma, strano a dir, noi c'eravamo avvezzi
In pace ad abitar; le mie medesme
Catene ed io c'eravam fatti amici;
Tanto l'uso in noi può, tanto una lunga Comunion. 
Che più? Non racquistai
La stessa libertà senza un sospiro.

Jean-Léonard Lugardon
La liberazione di Bonivard a Chillon, 1824
Olio su tela
Ginevra, Musée d'Art et d'Histoire, inv. 1839-16
Musée d'Art et d'Histoire, Ville de Geneve, foto. Yves Siza

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