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Storia della Leventina Parte 2 - Dal basso medioevo a Villmergen

Mi trovo ancora nella piccola saletta nel seminterrato del museo di Leventina. É gremita. Ci sono anche un paio di giovanissimi della valle. Giustamente aggiungerei. Mettiamola così:

"Ogni gruppo umano, famiglia, città o nazione che dimentichi i suoi antenati e che non si preoccupi della sua Storia, per modesta che sia, non è che un gregge di passaggio dedito solo al pascolo"

"Documents et notices historiques sur la vallée de l'Ubaye" del notaio François Arnaud (1898), nell'opera di Anne Vallaeys, Le loup est revenu, Paris, Fayard, 2013

Dopo un avvincente prima parte ci si rituffa in uno dei periodi più affascinanti: il basso medioevo

Il castello di Giornico

Siamo nel basso Medioevo e questo è il castello che si trova sulla collina di Giornico, si vedono i resti del castello, la chiesa di Santa Maria in castello; grazie a questa foto fatta con un drone si vede molto bene che di castello si tratta.


Lo studioso Werner Mayer, dell'Università di Zurigo, anni fa, aveva sostenuto che la prima fortezza, il primo castello, è dell'XI secolo. Ma soprattutto questo castello è conosciuto per la presenza di un personaggio, il signore del castello, Bernardo da Giornico. Bernardo da Giornico nel 1160 ottiene il titolo di avogadro per conto della famiglia dei feudatari Lenzburg


Nel 1160, Federico Barbarossa è in guerra contro i comuni della Lega Lombarda, guerra che da lì a poco porterà anche alla distruzione della città di Milano. 
Federico Barbarossa vuole assicurarsi che i passi alpini siano sotto il suo controllo, ha bisogno del controllo dei passi alpini perché ha la necessità di spostare le truppe che si trovano in Germania nell'Italia del Nord. All'epoca la Germania e buona parte dell'Italia appartenevano al Sacro Romano Impero Tedesco e Federico Barbarossa era l’imperatore.

La Leventina all'epoca dipendeva dei quattro conti canonici della chiesa di Sant'Ambrogio di Milano. Questi quattro conti canonici non potevano fare nient'altro che appoggiare la politica del comune di Milano. Da qui l'interesse di controllare la Leventina e la Valle di Blenio. 

I Lenzburg sono diventati i feudatari della Leventina e della Valle di Blenio e ai Da Giornico viene dato il compito di controllare i passi presenti in Leventina. La stessa cosa si farà con un'altra famiglia feudale, i Da Torre, in Valle di Blenio, anch'essi fedeli ai Lenzburg, quindi all'imperatore di Germania. 
Bernardo Da Giornico é quindi il primo avogadro di Leventina, gli avogadri sono coloro che devono difendere gli interessi dei feudatari. In questo caso sono i Lenzburg, poi in seguito saranno i quattro conti canonici della chiesa di Sant'Ambrogio di Milano. 

Bernardo fa carriera, nel 1173 diventa signore feudale della Leventina. Le cose andranno male però, perché nel 1176, nella battaglia di Legnano, Federico Barbarossa con la sua potente cavalleria imperiale, sarà sconfitto dagli eserciti della Lega Lombarda, dagli eserciti delle città lombarde che si erano coalizzate contro di lui. Quindi Bernardo Da Giornico deve rinunciare a essere il signore della valle; questo è piuttosto interessante perché il feudalesimo, inteso come una presenza di un feudatario, che ha un potere praticamente assoluto sul territorio, nella nostra valle durerà probabilmente tre anni. Quindi è durato pochissimo. 
Bernardo rinuncia a essere signore della valle, i Da Giornico continueranno ad avere degli incarichi importanti all'interno della Leventina, saranno per esempio consoli della vicinanza da Basso, della vicinanza di Giornico, saranno notai, ne troviamo nel corso del 1200, però non saranno più i signori della valle. I signori della valle torneranno a essere i quattro conti canonici della chiesa di Sant'Ambrogio. 

Diversa sarà la storia di Da Torre perché i Da Torre non rinunceranno a essere signori della valle di Blenio, e nel febbraio del 1182 avremo l'assedio da parte dei leventinesi e dei bleniesi nel castello di Curterio, praticamente il castello che aveva una torre, e lì sarà siglato il patto di torre, in base al quale i bleniesi e i leventinesi, tra l'altro c'è la presenza anche di un conte canonico in questo contesto, renderanno per iscritto che nessuno non potrà più costruire castelli senza la volontà, l'autorizzazione dei vicini delle due valli. 

Del castello di Santa Maria sono stati fatti degli scavi e degli interventi nel 1954 da parte del professor Emilio Clemente, uno degli storici della Leventina, all'epoca direttore del Ginnasio di Biasca, germanista, conosceva molto bene il latino e si era interessato in modo particolare dalla storia di Giornico e dalla valle. 
Questi interventi sono stati fatti in modo un po' particolare: sappiamo che a partire dal 1350 circa, il castello poco alla volta era stato smantellato. Questo perché la chiesa di Santa Maria in castello originariamente aveva una sola navata, si vede il campanile della chiesa, a questa prima navata, attorno al 1350, è stata aggiunta una seconda navata, ma in base a ricerche recenti si è visto che per la costruzione della seconda navata della chiesa si é utilizzato un materiale del castello. Poi, i signori di Uri, diventati signori della Leventina, come avevano fatto, la stessa cosa che hanno fatto altrove nel Ticino gli Svizzeri, nel 1518 hanno smantellato il castello. 

I signori d’oltralpe, i 12 cantoni che avevano partecipato alla conquista dei baliaggi ticinesi, hanno ottenuto un'unica fortezza, Bellinzona, quindi una città murata con tre castelli, e hanno smantellato tutto il resto. Lo scopo era anche quello di evitare che in qualche modo chi comandava Milano potesse eventualmente impossessarsi nuovamente dei castelli

Nel ‘54 vengono fatte queste ricognizioni, questi scavi, queste ricostruzioni, e all'epoca si cercava di mostrare ciò che si supponeva fosse stato il castello. Quindi era un metodo, che era già presente nel periodo fra le due guerre, la stessa cosa l'avremo nel castello di Serravalle in valle di Blenio, restaurato alla fine degli anni 30, anche lì, in un certo momento, si è ricominciato a costruire dei muri. E questo a scapito dell'indagine archeologica. Comunque, in ogni caso, il professore Emilio Clementi ha fatto un lavoro importante.

Castello di Serravalle

La chiesa di San Nicolao

Abbiamo un secondo edificio importante a Giornico, medievale, il maggior esempio romanico presente nel cantone Ticino: la chiesa di San Nicolao. 


Questa chiesa apparteneva a un convento benedettino. Gli storici dell'arte hanno datato la chiesa al secondo decennio del 1100. Il primo documento che parla della chiesa è una pergamena del 1202. A questo monastero benedettino, la chiesa è grande, ma questo monastero benedettino era un piccolo priorato benedettino, probabilmente ospitava una dozzina di monaci. Ci si potrebbe chiedere, ma come mai una chiesa così grande? Tra l'altro é rimasta unicamente la chiesa del monastero, il complesso che le stava attorno, non è più presente, non sono mai stati fatti degli scavi. Ci si potrebbe chiedere come mai una chiesa così grande per 12 monaci

Nel 1298 questa chiesa apparteneva a un altro monastero, quello di San Benigno di Fluttuaria, 60 km da Torino. Il monastero di San Benigno di Fluttuaria dipendeva da Cluny. 
Cluny era un monastero ricchissimo, che aveva riformato l'ordine benedettino e che voleva in un qualche modo dimostrare la sua potenza. Siamo in un periodo nel quale il San Gottardo non è ancora aperto al grande traffico internazionale, lo sarà unicamente a partire dal 1230, e l'ordine ha voluto mostrare la propria forza, la propria potenza, costruendo questo enorme edificio nel cuore della valle, proprio Giornico, una località importante. 

Abbazia di Cluny

L'adattazione dell'edificio. 

Storici dell'arte dicono che risale al secondo decennio del 1100. Però, prima dei restauri del 1945, esisteva una lapide con un'iscrizione. Questa iscrizione era stata studiata dal professore Emilio Clemente e riportava la data 1168. Quindi è probabile che la consacrazione della Chiesa del monastero, sia del 1168. 
Come mai nel 1945, poi esattamente, con lo scalpello l'hanno asportata? Non si sa, l'impressione è che queste epigrafie davano fastidio a qualcuno per quanto riguardava l'adattazione della Chiesa. Bisogna dire che nel 1945, dopo anni, sono stati fatti dei lavori importanti di restauro, si è cercato di restituire soprattutto la Chiesa romanica e quindi sono stati tolti le aggiunte successive, o non tutte, ma parte delle aggiunte successive, dei secoli. 
Per esempio la cripta che era affrescata, gli affreschi sono stati tolti. Oggi, se andate nella cripta della Chiesa, gli affreschi non li vedete più. 

Cripta e abside della chiesa di San Nicolao

Probabilmente Giornico doveva essere l'esempio di Romanico togliendo gli stratti successivi.  
Questa è una Chiesa Romanica, una Chiesa Romanica importante, quindi lasciamo soprattutto il Romanico. E questo si vede molto bene all'interno della Chiesa. 

All'interno ci sono due colonne che probabilmente, anticamente, sorreggevano un arco in legno,  un'inferiata, che divideva la parte della Chiesa destinata ai monaci alla parte della Chiesa destinata ai fedeli.

Due affreschi, un'ultima cena, qui c'è un affresco con un monaco benedettino, un vescovo, eccetera. C'è un San Cristoforo, che mostra comunque che la Chiesa si trova in un luogo di passaggio; questi sono affreschi del XIII secolo


Nell'abside abbiamo degli affreschi della scuola dei Sereniesi, che sono invece del 1478, nell'estate del 78, quindi poco prima della battaglia di Giornico. 

Urani in Leventina

E arriviamo al 1403. Gli Urani in Leventina. La prima discesa degli Urani in Leventina avviene prima del 1403, avviene già nel 1291-1292. In quegli anni abbiamo la rivolta anti-Viscontea di Alberto Cerro di Airolo.
Alberto Cerro che è un avogadro, quindi rappresenta i diritti dei quattro conti canonici, quattro conti canonici che non rispettando quanto c'era scritto nel testamento del Vescovato del 948, che proibiva loro di affittare la valle, avevano affittato la valle ai Visconti. 
E il nuovo signore, quello che diventerà il nuovo signore di Milano, Ottone Visconti, cosa farà? Imporrà delle tasse importanti alla valle. Abbiamo una rivolta, non è documentatissima, e abbiamo una prima discesa urana in Leventina, non solo urana ma anche di altri cantoni svizzeri. 1291-1292.

Poi ne avremo una seconda, nel 1331. Nel 1331 e nel 1315 l'Università dei Mercanti di Milano ottengono per certi prodotti la possibilità di fare il trasporto diretto da lago a lago, quindi dal lago dei quattro cantoni al lago Maggiore. Esisteva un sistema macchinoso, quindi quando si passava da una vicinanza all'altra, passavano e cambiavano il trasportatore. Per certi prodotti questi hanno il diritto di disegnare un trasportatore che trasporterà con i suoi muli i prodotti dal lago a lago. In cambio, però, tutte le volte che passerà attraverso il territorio di una vicinanza dovrà pagare il forletto, quella famosa tassa che serviva per la manutenzione delle strade e dei ponti. 

Si può supporre che alcuni leventinesi non sono così contenti e si impossessano di merci che appartenevano agli abitanti della valle d'Orsera (nel 1330 gli abitanti della valle d'Orsera non sono ancora urani, lo diventeranno unicamente con l'atto di comborghesia nel 1410, ma dipendono dagli abati di Disentis). 
Questo farà sì che ci sarà una discesa degli svizzeri, urani ma anche i zurighesi eccetera, in Leventina nel 1331 per punire i leventinesi. Bruceranno tutti i villaggi fino a Faido. Infatti la chiesa più antica di Faido, che poi diventerà come vedremo la cappella gentilizia dei Varesi, viene distrutta molto probabilmente in occasione di questa discesa.
 Praticamente una vendetta ma anche per mostrare che comunque Uri, se vuole, può evidentemente entrare. 
Johann von Hattinghausen interviene per limitare i danni perché gli urani avrebbero continuato ben oltre Faido. Il von Attinghausen ha un interesse di carattere commerciale, si occupa di servizio mercenario ma anche di traffici commerciali e mercanti di bestiame. Quindi a lui interessa che il San Gottardo funzioni.

E poi arriviamo al 1403. Nel 1403 gli urani e gli obvaldesi firmano un trattato di comborghesia con il paese di Leventina. Questi trattati di comborghesia di per sé sarebbero dei trattati di alleanza, ma in teoria sarebbero anche qualche cosa in più, nel senso che in teoria i Leventinesi diventavano alleati e in un qualche modo anche membri della corporazione di Uri. A Uri ci sono due corporazioni, quella di Uri e quella della Val di Orsera. Ora però se andate a leggere il trattato di comborghesia del 1403 dei verbali della dieta federale, vedete che in realtà questo trattato di comborghesia è un trattato di sudditanza. In sostanza i Leventinesi firmano un patto in base al quale i signori diventano urani. Perché scelgono gli urani? In base a quanto si racconta nel libro bianco di Sarnen nel 1470, quel libro parla per la prima volta in modo diffuso di Guglielmo Tell, i signori leventinesi pagavano tasse eccessive e quindi accettano volentieri o abbastanza volentieri la dominazione urana nel 1403. 

D'altro canto nel 1351 Zurigo entra a far parte della confederazione e nel patto di Zurigo i signori Attinghausen, Johann von Attinghausen, la piccola nobiltà urana, Johann von Altinghausen ha fatto in modo che il raggio di intervento militare dell'antica confederazione arrivasse al Platifeld, cioè al piottino, chiaramente gli urani sono interessati a controllare i due versanti del passo.
Questo lo completeranno nel 1410 quando assoggetteranno con un altro trattato di comborghesia la valle d'Orsera. Quindi la valle d'Orsera diventerà anch'essa urana. 
Quindi abbiamo la Leventina con la valle d'Orsera che entra a far parte del dominio urano. 

In questo periodo piuttosto travagliato fino al 1480 i Visconti prima poi gli Sforza in alcuni periodi riusciranno a riconquistare la valle. Quindi la Leventina tornerà a essere milanese. Questo fino alla battaglia di Giornico del 28 di dicembre del 1478. Poi con i trattati del 1479-1480 definitivamente la Leventina diventerà urana. 
È un periodo nel quale ogni tanto la Leventina è sotto il dominio milanese, ogni tanto è sotto il dominio urano. La battaglia di Arbedo nel 1422 è una vittoria del milanese: gli urani, gli svizzeri non vincono sempre le battaglie. 

La battaglia di Giornico

Il monumento alla battaglia di Giornico è inaugurato il primo di agosto del 1937, monumento di Apollonio Pessina. 
Si parla di battaglia di Giornico perché la battaglia è stata combattuta all'interno dell'antica vicinanza di Giornico. Per l'epoca era uno degli otto grandi comuni urani che componevano la Leventina. La vicinanza di Giornico, chiamata anche vicinanza Dabbasso perché si trovava in fondo alla valle, andava dalla biaschina fino a Pollegio. 

Lo scontro del 28 di dicembre del 1478; conosciamo giorno per giorno quanto è successo prima della battaglia di Giornico. Conosciamo quasi giorno per giorno quello che è successo dopo, grazie alle cronache, alle lettere, eccetera, degli ufficiali milanesi. In realtà non sappiamo che cosa è successo esattamente durante la battaglia di Giornico. Da lì la nascita evidentemente del mito. 

Siamo nel mese di novembre del 1478, gli svizzeri, appoggiati dalla milizia leventinese, 400 uomini, gli svizzeri soprattutto gli urani ma non solo, ci sono i grandi vincitori di Morat: c'è Adrian Bubenberg, l'eroe di Morat, con lui si è difeso Morat dall'attacco dei Borgognoni. C'è Waldmann, il borgomastro di Zurigo, che ha partecipato alla battaglia di Morat. 

Ebbene, zurighesi, urani, praticamente c'è tutta la Svizzera centrale, fanno un'incursione in direzione di Bellinzona. L'idea è quella di conquistare la fortezza di Bellinzona. E assedieranno la fortezza di Bellinzona. Siamo nel novembre, inizio dicembre di quell'anno. Non riescono a conquistare la fortezza, però come sempre succede in questi casi, all'epoca la guerra è soprattutto saccheggio:  l'affare è, se si attraversa un territorio, si prende tutto quanto si può prendere. Se c'è una battaglia, i corpi dei morti vengono letteralmente spogliati. Quindi si prende tutto ciò che ha valore. 

I leventinesi, che partecipano a questa impresa, dal 1441 la Riviera che appartiene ai duchi di Milano,  saccheggiano Iragna, saccheggiano Lodrino, si spingono a Biasca e vanno avanti con questi saccheggi fino al contado di Bellinzona, che viene anch'esso saccheggiato. All'assedio di Bellinzona partecipano anche i frimi. I frimi sono i liberi combattenti svizzeri. Quelli che poi però verranno incentivati per i cantoni, perché in un certo momento i cantoni non accetteranno più la presenza di questi liberi combattenti.

A un certo momento, i condottieri svizzeri, sta per arrivare la neve, l'inverno, quindi l'idea è di tirare l'esercito al di là delle Alpi, anche perché sta arrivando un esercito di soccorso degli Sforza. Nelle cronache successive si parla di 10.000 uomini, oggi si ritiene che l'esercito sforzesco fosse di circa 4.500 uomini. Parte di queste truppe venivano degli stessi baliaggi ticinesi. Infatti, in occasione dell'inaugurazione del monumento La Rivolta, un onorevole socialista, all'inizio dei anni Trenta, aveva detto che stavano commemorando una battaglia fratricida, tra fratelli, perché non c'era solo la nobiltà milanese, ma c'era un esercito raccogliticio, praticamente, di tutte le vallate del Ticino poste sul territorio. Questo esercito arriva a Bellinzona. 

Gli svizzeri se ne sono andati e hanno lasciato 175 uomini in Leventina: 100 urani più contingenti di tutta la Svizzera. Inoltre c'è la milizia della valle, che all'epoca contava 400 uomini. Arrivano questi 4.500 a Bellinzona, i bellinzonesi una parte sono arrabbiati coi leventinesi che nel contrado hanno portato via tutto quello che potevano portargli via. D'altro canto non sono stupidi, questi 4.500 soldati sforzeschi mangiano, quindi è meglio spedirli in Leventina. E allora sono gli stessi bellinzonesi ad invitare i comandanti dell'esercito sforzesco ad attaccare e colpire la Leventina. Noi abbiamo la corrispondenza di questi comandanti, per esempio c'era un Visconti, comandante dell'esercito, che dice chiaramente, "ha nevicato, sì siamo in 4.500 ma buona parte di questi uomini non hanno voglia di combattere. Quindi in realtà attaccare e saccheggiare la Leventina per noi può rappresentare un rischio."

Questo esercito si mette in marcia in direzione nord, il 28 di dicembre del 1478, giorno dei Santi Innocenti, entra in Leventina passando dal ponte di Biasca, che era al confine tra Biasca e Riviera, e subito dopo l'abitato di Polleggio c'è uno scontro

Si chiama Battaglia dei Sassi Grossi perché il luogo della battaglia si trovava lungo la mulattiera dove c'erano due grossi massi

Cosa è successo durante la battaglia? Non abbiamo nessuna indicazione. Sicuramente si è trattato di una battaglia molto svizzera che ricorda la cosa che è avvenuta a Morgarten. Alcuni storici addirittura hanno messo in discussione che sia avvenuta la battaglia al Morgarten il 15 novembre del 1315. È stata  un imboscata, l'esercito sforzesco era incolonnato, la cavalleria pesante davanti all'esercito. 

I leventinesi hanno bersagliato con massi, con tronchi, hanno attaccato l'avanguardia, il terreno era innevato, (un cronachista scrive che al Ceneri in quei giorni la neve arrivò alla pancia dei cavalli), quindi possiamo immaginare che la cavalleria pesante non ha potuto caricare nel contingente. Di conseguenza l'avanguardia dell'esercito sforzesco, dove c'è la fior fiore della nobiltà bombarda, ha cominciato a retrocedere. I soldati che non avevano una gran voglia di combattere si sono andati alla fuga. 
In sostanza questo scontro costerà, in base a quanto è stato scritto, probabilmente gli italiani persero circa 800 uomini, dei 4.500, e i leventinesi avranno una sessantina di caduti. 

Le truppe milanesi respinte dai Confederati; una scena della battaglia del 28.12.1478 immaginata dall'illustratore della Luzerner Chronik (1513) di Diebold Schilling (Zentral- und Hochschulbibliothek Luzern, Sondersammlung, Eigentum Korporation Luzern).
I soldati milanesi, con il vessillo del duca a destra, sono raffigurati in primo piano armati di scimitarre e di scudi decorati; la guarnigione confederata, meno numerosa, è radunata presso le case di Giornico, rappresentato in forma più simbolica che realistica.

Si creerà un mito legato a questa battaglia. Quindi il mito che riguarda il capitano Francesco Martino Stanga, comandante delle truppe leventinesi a Giornico. Adesso il problema è che storicamente visto Francesco Martino Stanga non si trova neanche in un documento. 
Padre Angelico ne parla, ma Padre Angelico addirittura fa saltare fuori un documento del XV secolo, che c'è stato un matrimonio tra una figlia di questo Francesco Martino Stanga, un nobile genoese, eccetera. Però questo documento non si trova. 
Secondariamente è un po' strano che un documento del XV secolo sia scritto in volgare. Padre Angelico Cattaneo a un certo momento dice di aver visto nella chiesa di San Pellegrino l'immagine del comandante. In realtà l'immagine che ha visto lui è quella di un probabile discendente del comandante di Martino Stanga che è un personaggio storico che é realmente esistito. 

Subito gli storici, inoltre, hanno messo in discussione il fatto. Immaginatevi, i Leventinesi sono sudditi, voi pensate che gli Svizzeri avrebbero lasciato il comando a dei sudditi? È poco probabile

La tradizione nel senso che il capitano della milizia lo era a vita. Gli incarichi nel medioevo dell'antico regime sono a vita. Quindi, quest'idea che improvvisamente i leventinesi abbiano nominato Francesco Martino Stanga, stride. Infatti, nelle sue lettere, qua del Cattaneo, perché lo attaccano subito, a un certo momento dice con le amicizie con questi storici d'oltralpe, dice "la tradizione ha il suo peso"

Nascerà il mito, quindi il mito del capitano Stanga che devierà il fiume, che farà ghiacciare la pianura, i leventinesi che combatteranno con i ferri sulle calzature in modo tale da non scivolare, eccetera, eccetera. Questo fa parte del mito. 

In realtà, storicamente, Francesco Martino Stanga è un po' paragonabile a Guglielmo Tell. È importante storicamente per la storia culturale, per la storia delle rappresentazioni collettive, ritornerà questo mitico comandante. Però, storicamente, non c'è prova della sua esistenza. Ed è anche molto strano che un notabile di Stanga, che era comunque una delle grandi potenti famiglie di Giornico, con i Giudici, non non abbiano lasciato un documento scritto. 

Waldmann non partecipa, però abbiamo quanto riferisce nelle riunioni alla dieta federale. Nello scontro di Giornico, lui non parla di leventinesi, come se fosse avvenuto solamente con le truppe svizzere. Già lì ci sono dei problemi. Sicuramente leventinesi c'erano, però questo vi dimostra che gli svizzeri si ritengono cantoni, sovrani, signori e padroni. Quindi chiaramente non esaltano la milizia di Leventina. 

Padre Angelico é quasi sempre attendibile, però nel caso di Francesco Martino Stanga, che ha una tradizione sepolta, addirittura sì, abbiamo il forte dubbio ma anche storici, che si sia inventato tutto, perché non lo trovano per provare l'esistenza. 

La Battaglia dei Giornico è un evento importante. Viene creata una Cappella dei Morti, dove c'è attualmente la chiesa di Pollegio, che non era ancora parrocchiale, quindi Cappella dei Morti, con i corpi dei 60 defunti. Nei martirologi di Prato, di Quinto, di Giornico, ci esiste sempre, legato al 28 di dicembre del 1478, questa indicazione che bisogna commemorare i defunti della battaglia dei Giornico. Tra l'altro tutti i defunti, sia gli svizzeri, sia i milanesi. Si parla di pugna. C'è la pugna, c'è la battaglia. 

I cannoni della battaglia dei Giornico, perché evidentemente rimarranno sul terreno, verranno portati, una volta che sarà creato, nell'arsenale di Giornico nel 1536, dove saranno riuniti i cannoni dell'esercito sforzesco e anche i cannoni provenienti dal castello di Locarno, che era stato smantellato nel 1531, il periodo della seconda guerra di Kappel, la seconda guerra di religione, e a questo era legato Jacop A Pro, un discendente degli A Pro di Prato, che avevano tenuto la cittadinanza urana, avevano fatto una carriera con qualità di ufficiali mercenari e l'amministrazione urana e che si estinsero nel cantone di Uri nel 1605. 

Nelle vetrate del pretorio di Faido, ce lo dice padre Angelico Cattaneo, si commemorava la battaglia. Non solo, ma sulla facciata della chiesa di Pollegio c'era un affresco che ricordava la battaglia. Poi sarà fatto togliere dai cardinali di Milano, perché evidentemente questo affresco bellico poco si conciliava con il concilio di Trento. Quindi rimarrà un qualche cosa importante nella storia della Valle. 

C'erano queste vetrate che poi i francesi presero e distrusse quando passarono di qua. Siamo nel 1798. Lì praticamente non c'è una distinzione tra episodio bellico e santi e evidentemente le truppe francesi il venuto di Spirito dei Lumi ce l'avevano con la religione, quindi non vedevano santi. 

Le rotelle della Battaglia di Giornico, questi scudi finivano nelle chiese della valle. La Leventina entra a far parte del Cantone di Uri. 

Villmergen

I leventinesi praticamente parteciparono a tutte le campagne degli Urani a partire dalla battaglia di Arbedo del 1422 fino alla guerra delle forcelle in sostanza. Qui abbiamo la seconda guerra di Villmergen 1712. Ci sono state due guerre, c'è stata la prima e la seconda guerra di Kappel. La prima non è stata combattuta, è stata una vittoria protestante. La seconda è stata combattuta nel 1531, è stata una vittoria cattolica, Zwingli muore, viene ucciso sul campo in battaglia, c'è un'esecuzione. 

Poi abbiamo una prima guerra di Villmergen, che è la terza guerra di religione nel 1656 che è una vittoria nuovamente cattolica, invece la seconda guerra di Villmergen che sarà del 1712, che sarà una vittoria protestante.
Da lì in poi, Berna, Zurigo e le città protestanti domineranno in assoluto l'antica Confederazione. 

Nel 1712 la milizia di Leventina va a combattere a Villmergen. Noi abbiamo i documenti che riguardano la mobilitazione della milizia di Leventina. Non solo, Villmergen fu un massacro per quanto riguarda le forze cattoliche. I cattolici lasciarono il campo in battaglia tremila uomini. A Villmergen praticamente si scontrarono anche due concezioni diverse della guerra: da un lato la nuova idea della fanteria armata di moschetti ad avancarica con la baionetta e dall'altro i vecchi picchieri svizzeri. Quindi i cattolici affrontarono a ranghi serrati e con le picche un esercito che era più moderno. Probabilmente questo comportò la sconfitta. 

Quello che è interessante è che il contingente leventinese coprì la ritirata dall'esercito armato. Quindi furono particolarmente valorosi. Fu uno shock questa sconfitta nei cantoni cattolici, anche a Uri. Però stranamente qualche anno dopo cambiarono i rapporti di Uri nei confronti della Leventina. 

Fuga delle truppe della Svizzera centrale durante la battaglia di Villmergen (25.7.1712). Olio su tela realizzato poco dopo il 1712 dal monogrammista J.S., probabilmente Johann Franz Strickler (Museo nazionale svizzero, Zurigo, LM-16809).
L'artista, originario della Svizzera centrale, critica l'atteggiamento dei Lucernesi. Presi dal panico, questi ultimi abbandonano i loro pezzi di artiglieria e si danno alla fuga, inseguiti dai Bernesi (a destra). Il pittore rappresenta il brigadiere Ludwig Christoph Pfyffer von Wyher, ritenuto responsabile della sconfitta, mentre batte vilmente in ritirata a cavallo.

Fine seconda parte


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Giungendo un collega in ufficio con un occhio guasto sono iniziate alcune discussioni sull'argomento. In breve tempo, degenerando, ci si é spostati sul curioso tema degli occhi di vetro. In particolare, non ne ricordo l'origine, quella paura di svegliarsi durante la notte e bere quel bicchiere d'acqua appoggiato sul comodino, magari quello contenente l'occhio di vetro. Fantascienza? La storia dell'occhio ingurgitato sa molto di leggenda metropolitana. Molto meno invece l'occhio di vetro. Esso, come molti altri, é uno di quegli argomenti pronti a saltar fuori alla prima occasione valida, occasione che mi si para davanti durante la visita del Moulage Museum dell'università di Zurigo. Esso consiste in u ampio locale in cui sono presenti diverse vetrine contenenti ricostruzioni di tutte quelle orribile malattie che possono accorrere all'uomo. Dalla lebbra alla necrosi passando per le "classiche emorroidi". Di tutto e di più. Nella vetrina dedicata ...

Il Lazzaretto di Milano

Per completare le letture sulla pestilenza che colpì Milano, origine di diversi spunti ( qui , qui e qui ), decido di recarmi direttamente sul posto per cercarne i resti. Si perché se “se non si va direttamente sul posto si gode solo a metà”  Storia del Lazzaretto In un'epoca nella quale le condizioni igieniche erano davvero precarie, nasceva la necessità di adibire alcune strutture alla degenza e all'isolamento degli appestati durante le epidemie. Per questo motivo venne costruito il Lazzaretto, struttura che ogni città avrebbe dovuto avere per garantire un minimo di assistenza ai malati e per difendersi dall'espansione del contagio. Ciò che però non si sapeva era come trattare con la peste. Nei lazzaretti i malati erano di fatto isolati in attesa della morte. Esterno del Lazzaretto e porta di accesso Il primo Lazzaretto di Milano sorse molto distante dalla città, a Cusago tra il 1447 e il 1450, ma si rivelò troppo lontano durante la peste del 1451. Era necessaria una str...

Giordano Bruno

Giordano Bruno. Scagli la prima pietra che non ha mai udito tale nome. Probabilmente se si conosce il nome si saprà anche come ha finito i suoi giorni; bruciato vivo. Stop. Ma non basta. Così come non basta passare a velocità supersonica in piazza campo dei fiori a Roma per una rapida occhiata al monumento a lui dedicato. Ci sarà pur un motivo se tra migliaia di messi al rogo a lui hanno fatto la statua. Che diamine. Questi i pensieri mentre riguardo gli scatti strappati a Campo dei fiori in una soleggiata giornata primaverile. A distanza di due anni approfondisco il personaggio e il percorso che lo ha portato ad essere ridotto in cenere a Roma, a poche centinaia di metri della capitale di Gesù Cristo Nostro Signore P.S. É un puro caso che il post esca esattamente lo stesso giorno della sua esecuzione. Il monumento  Nel centro di piazza Campo de' Fiori, in mezzo alle bancarelle del mercato e al vagabondare di romani e turisti, si leva il monumento a Giordano Bruno. Il filosofo è tu...

Hotel Dakota

A volte i musei sono nei posti più insoliti. Un evento particolare può infatti essere preso come filo rosso per l'arredamento di un albergo. Questo é quello che hanno deciso i gestori dell'albergo Dakota a Meiringen Hall dell'hotel Dakota di Meiringen L'incidente Il 18 novembre 1946, un Dakota C-53 americano decollò da Vienna con dodici passeggeri per un volo diretto a Pisa. Dopo lo scalo a Monaco, il pilota Ralph Tate decise di sorvolare le Alpi svizzere e sbagliò le condizioni di altitudine. Volando troppo basso, l'aereo sfiorò il ghiacciaio Gauli a 3350 metri di altitudine a una velocità di 280 km/h. L'aereo sbanda nella neve alta, supera dei crepacci e alla fine si  ferma, senza che i 12 occupanti riportassero ferite pericolose per la vita. A bordo c'erano quattro membri dell'equipaggio e otto passeggeri, tra cui quattro donne, alti ufficiali dell'esercito americano e una bambina di 11 anni. La nebbia e i forti venti costrinsero il Dakota ad att...

Marignano 1515: la battaglia dei giganti secondo il Traxino

Trovo miracolosamente un altro testo inerente la battaglia di Marignano. Vero crocevia della storia svizzera. Questa pubblicazione risulta particolarmente interessante perché arricchita (quasi la metà del testo) da numerosissime note  L'Europa è in fermento, la prospettiva che un'area geografica di importanza fondamentale come il ducato di Milano sia caduta in mano agli svizzeri e al loro comandante, cardinal Schiner, è ritenuta inaccettabile, seppur con la poco credibile assunzione al trono di un figlio del Moro, Massimiliano Sforza, manovrato dallo Schiner e senza nessun margine d'azione autonoma. Nonostante l'indubbio impegno e coraggio da essi profuso, unitamente alle elevate perdite, durante il secondo giorno è ormai evidente a tutti che il vincitore della battaglia è l'esercito francese. Gli svizzeri cominciano a ritirarsi dal Ducato, protetti da alcune robuste retroguardie, rientrando nei propri territori, ma a testa alta: hanno infatti ben combattuto ed il l...

L’arte di invecchiare

Finché lo scorrere del tempo non diventi uno dei principali pensieri o addirittura sfoci in un ossessione stiamo sicuramente navigando nelle tumultuose acque della gioventù. Inesorabile é purtroppo il passare del tempo, ma questo lo si avverte con lo "scollinamento" (vedi capitolo sotto). All'improvviso sembra tutto fragile, insicuro, ci si rende conto che al contrario dei videogiochi la vita é una sola, appesa ad un filo che potrebbe rompersi da un momento all'altro. Da qui si impone profonda riflessione e una ricerca di filosofie capaci di accompagnarci con grande serenità al più democratico dei giorni.  Negli appunti lasciati di Schopenhauer, e nuovamente racchiusi in un vademecum tascabile trovo alcune risposte a questi pensieri tipicamente serali giusto "prima di spegnere la lampada sul comodino”.  Maestro della sponda superiore del Reno - Dittico: Hieronymous Tschckenbürlin e la morte, 1487 Museo d'Arte Basilea Definizione della vita secondo Schopenhaue...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

VERSO

Quello che ci si para dinnanzi é sempre solo una facciata, un lato della medaglia, solitamente il più bello. Ma per conoscere bene qualcuno occorre mangiarci un sacco di sale assieme. L'operazione di scoprire il lato oscuro dei quadri é decisamente più semplice ma raramente non viene trattato perché il lato bello prende per se tutto l'interesse in quanto decisamente la più degno di ammirazione. Si potrebbe dire la stessa cosa dei singoli delle canzoni che uscivano con una seconda traccia, le famose B Sides, sempre un po' bistrattate, a torto, in quanto anche loro erano delle perle destinate a rimanere a vivere all'ombra della parte bella. Ma ritorniamo ai quadri, la Kunsthaus di Basilea decide di farci scoprire cosa sta dietro ai quadri. A oggi non mi sono mai posto grandi aspettative al riguardo, l'unico punto a riguardo erano le ali delle pale d'altare, che vengono solitamente esposte aperte nei musei, ma che nella realtà erano in questa posizione in corrispon...