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La cà di ferro

A furia di passarci davanti col treno ho dovuto risolvere il mistero, quella torre dal chiaro sapore medievale meritava un approfondimento e rivelare il suo scopo.

Una sera prima di rientrare mi ritaglio perció un ora di tempo per recarmi direttamente sul posto.

Cà di ferro oggi

Come detto la costruzione l’ho sempre e solo vista di sfuggita, dal treno in corsa, analizzando però le foto in cui l’avevo catturata appare evidente che il complesso di costruzioni risulta piuttosto importante.

La cà di ferro vista dal treno, inutile negare che se non fosse stata per la torre difficilmente avrebbe catturato l'attenzione con tanta facilità

Giungo alla casa dalla stradina in riva al lago, quello che si intravede é meno imponente rispetto a quello visualizzato dalla ferrovia ma due pannelli informativi danno la possibilità di soddisfare la mia

Il complesso edilizio, composto da più parti, è costituito da una grande ala residenziale, da una torre quadrata indipendente e da un piazzale con una piccola cappella nell'angolo. La torre quadrata, rinforzata da finestre a cuspide, porta una sovrastruttura sporgente su mensole di pietra con fori per le chiavi di piccole armi. Si accede alla torre dall'ala residenziale attraverso un breve ponte di collegamento in pietra e un ingresso sopraelevato. Questa torre quadrata rappresenta un notevole tentativo di far rivivere l'architettura del castello, da tempo superata e obsoleta nel XVI secolo, a scopo di rappresentanza. L'ala residenziale è caratterizzata dalla stessa idea architettonica. È raggruppata intorno a un cortile quadrangolare. Un piccolo campanile si erge sopra la porta d'ingresso e una torre quadrata con tetto a piramide piatta si erge nell'angolo nord-ovest dell'ala. Nell'angolo sud-ovest si trovava un tempo una peperoniera, che sottolineava il carattere di castello della struttura.

La cà di ferro vista dal lato lago

Sebbene l'ala residenziale abbia grandi aperture per le finestre, dà un'impressione di cupezza, causata soprattutto dalle massicce sbarre delle finestre che conferiscono all'edificio un carattere quasi carcerario. Il muro di cinta del cortile esterno, che un tempo fronteggiava il lato lago dell'edificio e racchiudeva la cappella, è stato ora sostituito da una siepe verde, che fa risaltare maggiormente la cappella con il suo vestibolo rinascimentale.

L’edificio è stato iscritto nel 1997 nell’Inventario dei beni culturali del Canton Ticino.
Oggi il complesso edilizio, nella misura in cui le stanze sono abitabili, funge da residenza privata

Da un stampa di fine XIX secolo di Johannes Weber

Peter a Pro

Il costruttore della Casa di Ferro fu Pietro a Pro, figlio di Jakob a Pro, che fece costruire intorno al 1556/59 il castello di Seedorf a Uri, che prende il nome dalla famiglia. Intorno allo stesso periodo, Pietro a Pro costruì la Casa di Ferro a Minusio. 

Peter von Pro 

A differenza del castello di Seedorf, che si ispirava alle forme architettoniche francesi e della Germania meridionale, la Casa di Ferro imitava l'architettura difensiva medievale dell'Italia settentrionale. Pietro a Pro, seguendo le orme del padre, aveva già acquisito fama pubblica quando fece costruire la Casa di Ferro. Nel 1542 fu balivo a Lugano, poi fu colonnello al servizio della Francia. Negli ultimi anni della sua vita fu più volte sindaco di Uri. Rappresentò il suo Paese in diverse missioni diplomatiche. Per lui, come per altri membri della classe patrizia della Svizzera centrale, il commercio di mercenari era un'attività commerciale e un'opportunità di avanzamento sociale. La Casa di Ferro acquisì la fama di caserma mercenaria, dove venivano reclutati e assegnati alle loro unità i servi guerrieri. Quanti destini umani siano stati decisi nella Casa di Ferro, oggi possiamo solo immaginarlo.

Con Pietro a Pro e suo fratello Jakob, la famiglia si estinse alla fine del XVI secolo. I possedimenti della famiglia furono divisi e la Casa dei Ferro cadde in mani private

Lasciate fuori ogni speranza o voi che sognate

Cà di ferro; con questo nome, od anche con l'altro di Vignaccia, chiamano i locarnesi quell'imponente massa di pietre, raccolta in forma di tetro maniero ad opprimere con le sue memorie la ridente ed idillica riva che incornicia il lago Maggiore nell'ultima sua insenatura tra Locarno e la foce della Verzasca. 
Il tetro castello non vanta una storia che ne onori le rovine. Qui non ebbero stanza cavalieri e dame a creare la romanza medioevale. Dalle onde mormoranti del lago non sorse mai la canzone del Trovatore, remeggiante dall'una all'altra magione cavalleresca, a rallegrare di armonie le noie delle belle castellane od a destare gli impeti guerrieri dei giovani paggi. Neppure una storia di forti delitti, di tempestose passioni, di brutali tirannidi - quale, per es., gridano ancora sulle acque tremanti le misteriose rovine dei castelli di Cannero - aleggia come fantasma del passato nei cupi e severi corridoi della « Casa di Ferro», o sventola, spettro turbatore dalla torre greve, massiccia e tenebrosa, nelle notti di luna propizie alle evocazioni ed ai vaneggiamenti della memore fantasia.  

Nulla di tutto ciò. Persino il sentimento del popolo non volle onorare del nome di Castello quello strano ammasso di pietre. « Cà de fer »! Non è un castello, malgrado le sue torri, le sue mura elevate, le sue feritoie: è una « casa di ferro» e nulla più.  

Il popolo, che quasi sempre battezza secondo giustizia e verità gli uomini e le cose, ha ragione. E benché egli non ricordi le origini vere del maniero, rimase nella sua definizione tutto il concetto storico che lo fece sorgere. 

Caserma di reclutamento 

La «Casa di ferro» fu una caserma, una caserma di reclutamento.  

Chi ha appena un'idea di cosa fosse un reclutamento nei torbidi dei secoli XVI e XVII può ora dar corso libero ai voli della fantasia ed immaginarsi di quali orribili dolori sieno stati testimoni i secreti ricettacoli del mostruoso edificio, quando dei poveri giovani - e tra essi chissà quanti Renzi Tramaglini delle nostre valli -venivano o colla violenza o colla seduzione tratti nella Casa di ferro per poi, sui galeoni armati, all'ancora del vicino lago, venir condotti sui vari campi d'Europa a servire di carne da macello. 
Ovvero, quando tra le sue mura si accoglievano i tiranni che l'avevano fatto costruire, o si ammassava la spensierata soldatesca pronta alle spedizioni guerriere, quale fragore di orgie notturne, a cui la Vignaccia forniva il vino, il lieve vino ticinese che i tedeschi bevono a tinozze, e la vicina Locarno viveri e... sudditanze!

Dal 1660 sorge la cappella

Dal 1600 la Cà di Ferro divenne unicamente residenza signorile, in un primo tempo con annessa masseria. La cappella fu eretta nel parco attorno al 1629-1630 dalla famiglia Von Roll, come segno della riforma cattolica e contro quella protestante. L’edificio in stile barocco è conosciuto come “Cappella della Madonna dei Sette Dolori”.

Cappella nel 1920

La cappella oggi

Sul lago come via di trasporto

Prima dell’apertura della ferrovia del Gottardo (1882), il lago era la via naturale verso la Lombardia. Il trasporto via lago concerneva anche gli esseri umani, come i mercenari che partivano o rientravano dalle guerre dei regnanti europei in Italia. Nel 1600, oltre ai soldati, partirono anche ragazzi spazzacamini, muratori e fumisti verso il Nord Italia o altri paesi europei.

Nel 1920

Schizzo del 1952

Borcello da carico sul Lago Maggiore


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