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Monte San Giorgio

 Non sono sicuramente i quasi 20km del giro ad anello con partenza e arrivo a Riva San Vitale a preoccupare, bensì la salita si soli 800m che collega Riva San Vitale alla vetta del Monte San Giorgio.

Il monte San Giorgio sarà il protagonista odierno, questo monte non é come tutti gli altri é un importante testimonianza 

Riva San Vitale

Il borgo di Riva San Vitale ha origini antichissime. millenarie. Fu abitato in epoca preistorica e romana
Spetta ai Celti la paternità del primo toponimo cono sciuto del villaggio, Primo Sobenno (Primo Subinus) 

All'inizio del XII secolo, cesso l'utilizzo dell'antico nome Primo Sobenno e ne apparve un altro, Rippa Sancti Vitalis. Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente. Riva San Vitale conobbe l'invasione dei Longobardi, i quali diedero il nome al Monte San Giorgio.

Sul finire del 1700, in un confuso contesto di lotte influenzate dalle aspirazioni e dai principi della Rivoluzione fran-cese. le terre e le popolazioni del Mendrisiotto, annesse al Baliaggio di Lugano, vissero un periodo di profondo malcontento. I Rivensi manifestarono allora con fermezza la volontà di distaccarsi da Lugano ed entrare nella sfera d'influenza della Repubblica Cisalpina, II 23 febbraio 1798. vennero convocati i rappresentanti dei Comuni della Pieve di Riva e venne promulgata la Costituzione della Re pubblica di Riva San Vitale. L'esperienza, dalle forti valenze ideali, si concluse tuttavia il 16 marzo 1 798.
La nascita, nel 1803, del Canton Ticino vide il Borgo ,seguire a pieno titolo il destino degli altri Comuni ticinesi.

Partenza via

Il percorso si sonda, per fortuna, quasi interamente nel bosco, questo però non evita di subire il caldo infermale di una domenica di metà luglio: la frescura del primo mattino lascia presto spazio all'afa del giorno, si suda come mai si é sudato nella salita, inoltra la miriade di insetti che accompagnano, anche con insistenza la salita non sono di aiuto.

Originali pitture in quel di Riva

A tenere compagnia durante tutti il tragitto diverse tavole che illustrano la particolarità di questo monte che ha regalato moltissimi spunti per gli amanti del triassico e dei reperti geologici. Sarà sincero, ne ho letto solo qualcuno a casaccio, questo per due motivi: 1 si trovano spesso sotto il sole e credetemi, il sole si cerca di evitarlo il più possibile e 2. per non interrompere troppo di frequente la salita nei punti sbagliati.

Origini del Monte San Giorgio

Durante il Triassico medio, l'attuale regione del Monte San Giorgio si trovava a centinaia di chilometri dalla sua posizione attuale, circa 20° a nord dell'equatore, edera dominata da un clima subtropicale. Allora non esisteva ancora la montagna che oggi conosciamo, bensi l'ambiente era costituito da una grande plat-taforma carbonatica: un'estesa piana costiera sommersa dal mare, nella quale si aprivano bacini poco profondi e di dimensioni ridotte.
La natura dei sedimenti risalenti al Triassico medio del San Giorgio indica un bacino cal-mo, in cui la circolazione d'acqua era molto debole.

La laguna del San Giorgio in una grande piattaforma carbonatica.

Canale di colata torrentizia

Dopo una prima parte nel bosco dove il sentiero sale arriviamo al bivio per Meride, tagliamo a destra, il sentiero spiana per poi ricominciare a salire. 
Durante la salita ci imbattiamo in un canale di colata torrentizia 

I ripidi pendii delle Alpi sono scenario di fenomeni naturali gravitativi' legati allo smantellamento della catena montagnosa. 
Il Monte San Giorgio non ne è risparmiato e proprio in questo vallone è possibile osservare un canale di colata detritica torrentizia. Si tratta di un processo nel quale l'acqua trasporta fango, blocchi di roccia di dimensioni variabili (fino a volumi pari ad alcuni metri cubi) e vegetali galleggianti (tronchi d'albero, rami, ecc.) verso valle. Questo fenomeno si produce in caso di episodi pluviosi intensi. Il flusso d'acqua e fango può destabilizzare e incorporare i massi accumulati nel letto del torrente, generando ciò che viene definito come colata detritica torrentizia. Inoltre, quando scorre nel letto del torrente, la colata detritica è in grado di eroderne fortemente i margini

I flussi di detrito hanno in genere una velocità media di 10-15 km/h, ma in casi straordinari, nelle nostre regioni, essa può raggiungere perfino i 70 km/h. Tali velocità associate ad importanti volumi di materiale, possono avere degli effetti devastanti. Laddove a valle dei torrenti si trovano dei centri abitati, le colate detritiche torrentizie sono considerate un pericolo naturale e le autorità hanno il compito di valutare i rischi e le eventuali misure di protezione necessarie.
Per la lotta contro i fenomeni gravitativi quali le colate detritiche o semplicemente la caduta massi, la migliore protezione è la vegetazione.

Quando il suolo è ben ricoperto dalle piante, il ruscellamento» è minore e i terreni superficiali 
sono trattenuti dalle radici, diminuendo le possibilità di erosione. Infine gli alberi di una certa dimensione servono da scudo, arrestando i blocchi di roccia che si staccano dalle falesie.
Le persone che lavorano nell'ambito forestale si riferiscono a questa funzione del bosco come al "ruolo protettivo della foresta".


Alberi scudo imprigionano un masso

In vetta

L'ultima parte della salita fino alla cresta é molto ripida. Poi giunti in cresta la si segue e subito l'assenza delle piante e dell'ombra si fa sentire, si affretta il passo per ributtarsi nel piccolo tratto di bosco che mi divide dalla vetta

Poi che dalla vetta si possa godere di un bel panorama é fuori di dubbio

Ponte diga di Melide, sulla sinistra il San Salvatore e appena dietro Lugano

I fossili

Scendendo dal versante verso Meride arriviamo al succo del patrimonio del Monte San Giorgio

Lungo questo tratto di sentiero affiora la Formazione' di Besano, conosciuta anche con il nome di Grenzbitumenzone. Questa sequenza rocciosa di circa 16m di spessore presenta un'alternanza di dolomia e argilite bituminosa. Entrambe queste rocce si depositarono nel lontano Triassico medio (242 milioni di anni fa circa) sul fondo di un mare poco profondo e nel quale la circolazione dell'acqua era molto ridotta. Tali condizioni ambientali hanno reso il fondale povero di ossigeno, ciò ha permesso una buona preservazione della materia organica impedendone la decomposizione: gli strati più ricchi possono contenere fino al 40% di materia organica.

L'argillite bituminosa, anche nota come "scisto bituminoso", era estratta dalle miniere del versante italiano del Monte San Giorgio sopra Besano sin dalla metà del XVIII secolo per la produzione di olio combustibile. In Svizzera fu autorizzata nel 1861 l'apertura di alcune miniere sui territori di Meride e Brusino, ma gli scavi non ebbero un grande successo e furono interrotti. Solo nel 1907, in seguito alla commercializzazione dell'ittiolo di Seefeld nel Tirolo, venne riattivata la galleria in località Tre Fontane per la fabbricazione del medesimo olio. In questo luogo rimane solo qualche pezzo di binario e si scorge appena una piccola apertura nella roccia, ma nel 1916 vi erano ben 5 gallerie operative, per una lunghezza complessiva di 900m.

Minatori all'uscita della miniera Tre Fontane negli anni Quaranta

Pezzi di binario ancora presenti in località tre fontane

I primi fossili del versante svizzero furono estratti dal 1907 dalla miniera di Tre Fontane. Il paleontologo che iniziò le ricerche sistematiche di reperti fossili all'interno delle miniere nel 1924 fu Bernhard Peyer, dell'Università di Zurigo. Le ricerche da lui condotte sino al 1938 portarono alla luce numerosi scheletri interi, che furono 
fonte di notevoli pubblicazioni rendendo noto il
"Monte dei Sauri". Tra numerosissimi altri fossili, Peyer scopri i grandi scheletri di Nothosaurus
giganteus e Cymbospondylus buchseri, un trammento del Ticinosuchus ferox, un rappresentante degli squali Acrodus georgii, e un rettile dal lunghissimo collo: Tanystropheus longobardicus.

La Formazione di Besano rimane tutt'ora uno dei più ricchi e vari giacimenti fossiliferi al mondo di rettili e pesci marini risalenti al Triassico medio al mondo.

Ticinosuchus ferox

Il primo esemplare di questo animale venne ritrovato nel 1933 in Svizzera (Monte San Giorgio),

Questo animale era di dimensioni medie e la lunghezza totale era di circa 2,5 metri. Simile a un coccodrillo alto sulle zampe, il ticinosuco era dotato di una grossa testa, di un corpo slanciato e muscoloso, di zampe snelle e di una coda allungata. Il cranio era massiccio e munito di un numero piuttosto basso di denti appuntiti; questi erano ricurvi e dal margine seghettato, ed erano infissi negli alveoli (cavità scavate nelle ossa mascellari). Il dorso era corazzato grazie a una doppia fila di placche ossee (osteodermi) dalla forma pentagonale e poste direttamente sopra la colonna vertebrale; la parte anteriore di ogni osteoderma si ancorava in una fessura presente nella parte inferiore dell'osteoderma che lo precedeva. La coda, invece, portava una singola serie di osteodermi sia superiormente, sia inferiormente. Gli arti snelli e allungati, erano armati di forti artigli.

Ticinosuchus ferox, Museo dei fossili del Monte San Giorgio (Meride)

Il ticinosuco è uno dei rarissimi animali completamente terrestri rinvenuti nei ricchi giacimenti fossiliferi di Monte San Giorgio e di Besano; doveva essere uno dei massimi predatori del suo ecosistema. La rapidità con la quale aggrediva le sue prede era data soprattutto dalla struttura degli arti, posti direttamente sotto il corpo.

Il forte collo di questo animale permetteva a Ticinosuchus di mantenere la presa sulla preda (e forse di scuoterla, come fanno i coccodrilli).

Chiesa San Cristoforo Serpiano

Durante la discesa su un cartello indica una chiesa, mi aspetto un piccola misera costruzione e invece così non é, un colosso evidentemente di recente riattazione mi si staglia dinnanzi



Per entrare occorre chiedere le chiavi ad un pittore che abita li vicino. RInuncio, il caldo si fa sentire e ho voglia di una bella panaché rigeneratrice

Un massoerratico di Carpanee

Anche la discesa é quasi interamente nel bosco, le possibilità però di rifocillarsi sono nulle, dalla partenza sono pochissimi i punti dove ho visto anche solo un rigagnolo d'acqua. In compenso un bel masso mi si para dinnanzi con le dovute spiegazioni di come é giunto fino a li, non che questo mi faccia passare la sete ma almeno per un attimo non ci penso


Il masso erratico chiamato "Sassone di Carpanee" dà il nome a questa località. La roccia vulcanica fu trasportata e depositata prima dell'ultima glaciazione (nel Pleistocene medio, oltre 130'000 anni fa)
in una delle principali glaciazioni delle Alpi. A quel tempo il ghiaccio ricopriva buona parte del territorio del Monte San Giorgio

Meride

Meride é presto in vista, il villaggio é uno di quelli congelati nel tempo e se non fosse per lo squallido asfalto sulla piazzetta principale e la via principale si potrebbe affermare di essere fermi nel tempo. 

Meride, sulla destra il lago Ceresio punto di partenza della gita

Nel nucleo ben due musei, quello dei fossili e uno delle immagini sacre; per questioni di tempo non mi fermo ma mi riprometto di tornarci

Una delle strade di accesso a Meride

Battente in quel di Meride

Riprendo il sentiero verso Riva San Vitale, non é lontana, il percorso é in discesa e buona parte all'obra.

Affascinante passaggio nella roccia durante la discesa

In men che non si dica si é di nuovo in basso, nella torrida Riva San Vitale, e gli ultimi metri sul piano al sole sono i più duri di tutta la giornata, ma come sempre ne é valsa la pena!


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