In tutti questi anni, specialmente quando ero ancora uno sbarbatello che il sabato sera faceva lo ore piccole, capitava con una certa frequenza di incrociare ragazzi delle valli adiacenti, specialmente Riviera e Blenio; il bacino di utenza per le feste era piuttosto circostritto.
In particolar modo per quel che riguarda gli abitanti dalla val di Blenio, che fin dal primo momento chiamavamo con con l'appellativo di “brégnon” così come loro ci davano dei “picapörsc” (picchiamaiali).
Malgrado le due comunità vallerane confinino e siano state da sempre legate (ricordiamo ad esempio l’alleanza stipulata nel patto di Torre, antecedente persino al giuramento del Grütli), se c’era l’occasione di elargire qualche sfottò tra vallerani non ci si tirava indietro. Cosa che avviene ancora oggi, in frequenza molto minore avendo raggiunto un età più matura.
Oggi percorro fisicamente i luoghi che con ogni probabilità hanno sancito le prerogative dell'epiteto e mi chinerò in particolare alla ricerca delle motivazioni che hanno portato alla nascita dell'appellativo "picapörsc"
Situazione dei valichi ticinesi
Nell’antichità la posizione dei primi insediamenti (Dalpe V secolo a.C e Madrano III secolo a.C.) suggeriscono l’esistenza di sentieri posti in alto, tra i terrazzi e i crinali, e che servivano soprattutto ai bisogni dell'economia locale (transumanza verso maggenghi ed alpeggi).In epoca romana i traffici tra Leventina e valli adiacenti e territori romani acquisirono consistenza (resina, pece, legname resinoso, cera, formaggio e miele esportati verso il sud) benchè le vie preferite partendo dalla Lombardia per il nord furono il passo del San Bernardino (Val Mesolcina), il passo del Lucomagno (Val Blenio) ed il passo Settimo (in Grigioni tra Bivio e Casaccia in val Bregaglia).
Man mano che la mulattiera assunse importanza, i contadini leventinesi organizzarono le loro corporazioni di somieri. La degagna di Chiggiogna (vedi « Storia e archeologia) per esempio, era responsabile del trasporto delle merci tra Faido e Giornico. Il commerciante pagava una tassa al conducente (Somiere) ed una tassa di pedaggio (forletto / Furleite) che veniva usata per mantenere la mulattiera. Il commerciante pagava pure un diritto di sosta per l'immagazzinamento delle mercanzie ogni volta che arrivava alla prossima "sosta". Le soste in Leventina si trovavano a Biasca, Giornico, Faido, Prato e sul Gottardo ed erano il luogo dove si cambiavano le cavalcature e somieri
Lungo la sponda destra e sinistra del fiume Ticino vi erano mulattiere secondarie che collegavano villaggi, maggenghi e alpi. Una in particolare, la mulattiera Biasca - Prugiasco - Bassa di Nara – Molare – Campello - Osco - Madrano/Airolo (Strada del Nara) acquisì una certa rilevanza per i traffici e spostamenti per motivi di natura diversa.
Nara la soluzione per aggirare l'ostacolo
Da un punto di vista geografico, il transito dalle gole della Leventina poneva una sfida non indifferente vista le difficoltà poste dalle gole leventinesi e questo almeno sino al 16. secolo quando le autorità urane fecero eseguire importanti opere di miglioria stradale. Difficoltà esacerbate dal piano della Biaschina, alla confluenza tra i fiumi Brenno (Val Blenio) e Ticino (Val Leventina), che a quel tempo doveva presentarsi come una zona dominata dalle acque il cui attraversamento era reso difficoltoso dalla probabile mancanza di un ponte. La strada del Nara offriva dunque una valida alternativa per aggirare gli ostacoli leventinesi.
Questa fu pure la via che nel giugno del 1584 Bernardino Tarugi, al servizio di San Carlo Borromeo come visitatore apostolico (Vedi « I Borromeo a Calonico”), intraprese per recarsi ad Altdorf in canton Uri a causa del maltempo e danni creati dall’acqua .
«Con la grazia di Signor Dio, arrivassimo hier da sera qua Altorfo, havendo havuto tanto cattivo tempo quanto più si possa dire, perchè la domenica da sera che alloggiassimo a Biasca, la notte il Tesino si portò via il ponte a tale che ci bisognò passar per la montagna di Bregno sopra Prusiasca, strada invero arduissima et ci convenne farla, quasi tutta a piedi et con fatica ci conducessimo i Cavalli dove haviamo messo una giornata per fino a Faitto et di là a Aerolo un’altra giornata per le rovine che son cadute dalle montagne…..» .
Salita verso il passo
Sul versante bleniese
Chiesa San Carlo di Negrentino
La chiesa romanica, situata lungo la vecchia mulattiera del Passo del Nara, è rinomata sia per il suggestivo impianto architettonico sia per i preziosi affreschi romanici e tardogotici. L'edificio, attestato nel 1224 ma risalente all'ultimo terzo dell'XI secolo ca., fu ampliato probabilmente nel XII secolo con la costruzione dell'aula meridionale conclusa da un'abside. Verso la fine dell'XI secolo o nel XII secolo fu eretto l'imponente campanile. L'interno conserva un affresco romanico di un pittore anonimo lombardo, raffigurante Cristo trionfante acclamato dagli Apostoli (XI-inizio XII sec.) I dipinti murali tardogotici nell'abside maggiore e sulla parete nord sono attribuiti alla bottega dei Seregnesi (seconda metà
XV sec.), mentre quelli dell'aula meridionale sono ascritti ad Antonio da Tradate e alla sua bottega (fine XV-inizio XVI sec.).
Tracce leventinesi
Giunto alla chiesa di San Carlo di Negrentino possibili moventi per giustificare la scritta sulla corce del Mottarone si fanno più chiari
Il campanile risale probabilmente al XII secolo. I tre stemmi dipinti sulla facciata rappresentano lo stemma di Uri, quello della vicina Leventina e quello della valle di Blenio, a testimonianza dell'appartenenza di questa regione alla Leventina stessa che fu baliaggio di Uri fino al 1798.
Visto che ci sono butto uno sguardo all'interno della chiesa che al suo interno riporta i stupendi affreschi descritti sopra
L'antica mulattiera
Continuando a scendere mi capita di imbattermi in tratti di mulattiera, qualche tratto era già presente sul versante leventinese, ma qui si fanno più evidenti
Non si può risalire al momento in cui la strada del Nara fu aperta, comunque si suppone che già i romani la conoscessero e che varcassero o il Lucomagno o il Gottardo passando dalla Bassa di Nara. Si suppone pure che fu solo dopo la costruzione del ponte della Biaschina, che il problema dell'ingresso in Leventina si risolse e che quindi la strada del Nara perse di interesse, conservando però una funzione di carattere locale.
Gli stemmi, che ornano il romanico campanile di S. Ambrogio Vecchio, testimoniano che questa terra bleniese appartenne per secoli ai Leventinesi e agli Urani. La mulattiera ci ricorda che i contadini della media Leventina, in cerca di nuove terre per le greggi, si stabilirono sui terrazzi solatii della Valle di Blenio.
Questa fu soprattutto via di grande importanza per raggiungere la Leventina e il S. Gottardo fino all'apertura delle gole della Baschina e del Piottino.
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