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Alla ricerca del “picapörsc” sulla bassa di Nara

Dal 1979 ho sempre abitato ad Airolo. Ho avuto una parentesi di neanche 3 anni in quel di Locarno, per poi tornarmene all'ovile con la consapevolezza che ad Airolo si sta bene e non manca nulla.
In tutti questi anni, specialmente quando ero ancora uno sbarbatello che il sabato sera faceva lo ore piccole, capitava con una certa frequenza di incrociare ragazzi delle valli adiacenti, specialmente Riviera e Blenio; il bacino di utenza per le feste era piuttosto circostritto.

In particolar modo per quel che riguarda gli abitanti dalla val di Blenio, che fin dal primo momento chiamavamo con con l'appellativo di “brégnon” così come loro ci davano dei “picapörsc” (picchiamaiali).
Malgrado le due comunità vallerane confinino e siano state da sempre legate (ricordiamo ad esempio l’alleanza stipulata nel patto di Torre, antecedente persino al giuramento del Grütli), se c’era l’occasione di elargire qualche sfottò tra vallerani non ci si tirava indietro. Cosa che avviene ancora oggi, in frequenza molto minore avendo raggiunto un età più matura.

Oggi percorro fisicamente i luoghi che con ogni probabilità hanno sancito le prerogative dell'epiteto e mi chinerò in particolare alla ricerca delle motivazioni che hanno portato alla nascita dell'appellativo "picapörsc"

Un "picapörsc" dell'epoca: allevamento di maiali nel medioevo

Situazione dei valichi ticinesi

Nell’antichità la posizione dei primi insediamenti (Dalpe V secolo a.C e Madrano III secolo a.C.) suggeriscono l’esistenza di sentieri posti in alto, tra i terrazzi e i crinali, e che servivano soprattutto ai bisogni dell'economia locale (transumanza verso maggenghi ed alpeggi).
In epoca romana i traffici tra Leventina e valli adiacenti e territori romani acquisirono consistenza (resina, pece, legname resinoso, cera, formaggio e miele esportati verso il sud) benchè le vie preferite partendo dalla Lombardia per il nord furono il passo del San Bernardino (Val Mesolcina), il passo del Lucomagno (Val Blenio) ed il passo Settimo (in Grigioni tra Bivio e Casaccia in val Bregaglia).

Il San Gottardo, pur essendo il passaggio più breve, presentava sia sul versante nord, con la gola della Schöllenen (fiume Reuss), sia sul versante sud, con tre gole in Leventina scavate dal fiume Ticino (Biaschina, Piottino e Stalvedro), degli ostacoli importanti. Sino all’anno 1000 il tracciato della strada era probabilmente sul lato destro della valle (Biasca-Giornico-Chironico-Prato) quando venne spostato sul fondo valle. Le gole in Leventina però venivano sempre aggirate passando dall’alto, sulla sponda destra o sinistra della valle a seconda della gola.
 
Agli inizi del 1200 fu costruita prima una passerella sulla Schöllenen, probabilmente dai Walser, e poi il primo ponte (Ponte del diavolo) per superare il fiume Reuss, ciò che diede un impulso ai traffici attraverso il San Gottardo. In questo periodo il tracciato che percorreva la Leventina in direzione del San Gottardo era denominato "strata francisca" o "strata francescha". 

Man mano che la mulattiera assunse importanza, i contadini leventinesi organizzarono le loro corporazioni di somieri. La degagna di Chiggiogna (vedi « Storia e archeologia) per esempio, era responsabile del trasporto delle merci tra Faido e Giornico. Il commerciante pagava una tassa al conducente (Somiere) ed una tassa di pedaggio (forletto / Furleite) che veniva usata per mantenere la mulattiera. Il commerciante pagava pure un diritto di sosta per l'immagazzinamento delle mercanzie ogni volta che arrivava alla prossima "sosta". Le soste in Leventina si trovavano a Biasca, Giornico, Faido, Prato e sul Gottardo ed erano il luogo dove si cambiavano le cavalcature e somieri​

Lungo la sponda destra e sinistra del fiume Ticino vi erano mulattiere secondarie che collegavano villaggi, maggenghi e alpi. Una in particolare, la mulattiera Biasca - Prugiasco - Bassa di Nara – Molare – Campello - Osco - Madrano/Airolo (Strada del Nara) acquisì una certa rilevanza per i traffici e spostamenti per motivi di natura diversa. 

Nara la soluzione per aggirare l'ostacolo

Da un punto di vista geografico, il transito dalle gole della Leventina poneva una sfida non indifferente vista le difficoltà poste dalle gole leventinesi e questo almeno sino al 16. secolo quando le autorità urane fecero eseguire importanti opere di miglioria stradale. Difficoltà esacerbate dal piano della Biaschina, alla confluenza tra i fiumi Brenno (Val Blenio) e Ticino (Val Leventina), che a quel tempo doveva presentarsi come una zona dominata dalle acque il cui attraversamento era reso difficoltoso dalla probabile mancanza di un ponte. La strada del Nara offriva dunque una valida alternativa per aggirare gli ostacoli leventinesi.

Questa fu pure la via che nel giugno del 1584 Bernardino Tarugi, al servizio di San Carlo Borromeo come visitatore apostolico (Vedi « I Borromeo a Calonico”), intraprese per recarsi ad Altdorf in canton Uri a causa del maltempo e danni creati dall’acqua .

«Con la grazia di Signor Dio, arrivassimo hier da sera qua Altorfo, havendo havuto tanto cattivo tempo quanto più si possa dire, perchè la domenica da sera che alloggiassimo a Biasca, la notte il Tesino si portò via il ponte a tale che ci bisognò passar per la montagna di Bregno sopra Prusiasca, strada invero arduissima et ci convenne farla, quasi tutta a piedi et con fatica ci conducessimo i Cavalli dove haviamo messo una giornata per fino a Faitto et di là a Aerolo un’altra giornata per le rovine che son cadute dalle montagne…..» .

Salita verso il passo

Decido di partire da Molare, dopo un primo km in pianura mi addentro nel bosco della fornace dove il sentiero inizia a salire. La pendenza é costante e il sentiero ben tracciato, dopo circa 1 ora giungo il sentiero esce dal bosco e dopo "aver girato l'angolo" di colpo mio trovo all'alpe di Nara.

Alpe Nara ubicata sul versante leventinese

Dall'alpe si intravede il passo, la bassa di Nara, ci impiego un altra buona mezz'ora per raggiungerla

Sullo sfondo la bassa di Nara vista dall'alpe di Nara

Sguardo sulla Leventina dalla bassa di Nara, a sinistra le costruzione dell'alpe di Nara

Sguardo 270° dalla bassa di Nara, a sinistra la valle di Blenio, a destra la Leventina

Sul versante bleniese

Dopo alcuni minuti di sentiero scendendo dalla bassa di Nara ci si imbatte una grande croce bianca datata 1900.
Colpisce la scritta poco usuale sulla croce, come se il messaggio che si vuole trasmettere non sia di carattere religioso ma piuttosto si approfitta della presenza della croce per un messaggio di tipo territoriale; un "blenienses" , come a mettere subito in chiaro le cose, caro viaggiatore sappi che stai calpestando suolo bleniese. O anche "questa l'é casa mia, qui che comando io" come la famosa canzone
Ma per quale motivo questa pisciata territoriale?
 
Croce del Mottarone

Scorci mentre si scende, Pian Laghetto

Pandioss

Chiesa San Carlo di Negrentino

La chiesa romanica, situata lungo la vecchia mulattiera del Passo del Nara, è rinomata sia per il suggestivo impianto architettonico sia per i preziosi affreschi romanici e tardogotici. L'edificio, attestato nel 1224 ma risalente all'ultimo terzo dell'XI secolo ca., fu ampliato probabilmente nel XII secolo con la costruzione dell'aula meridionale conclusa da un'abside. Verso la fine dell'XI secolo o nel XII secolo fu eretto l'imponente campanile. L'interno conserva un affresco romanico di un pittore anonimo lombardo, raffigurante Cristo trionfante acclamato dagli Apostoli (XI-inizio XII sec.) I dipinti murali tardogotici nell'abside maggiore e sulla parete nord sono attribuiti alla bottega dei Seregnesi (seconda metà
XV sec.), mentre quelli dell'aula meridionale sono ascritti ad Antonio da Tradate e alla sua bottega (fine XV-inizio XVI sec.).

Tracce leventinesi

Giunto alla chiesa di San Carlo di Negrentino possibili moventi per giustificare la scritta sulla corce del Mottarone si fanno più chiari

Il campanile risale probabilmente al XII secolo. I tre stemmi dipinti sulla facciata rappresentano lo stemma di Uri, quello della vicina Leventina e quello della valle di Blenio, a testimonianza dell'appartenenza di questa regione alla Leventina stessa che fu baliaggio di Uri fino al 1798.


Stemma in alto di Urania (oggi Uri)
Stemma a sinistra con la mano che giura: Valle di Blenio
Stemma a destra con la mano che benedicc: Valle Leventina

Visto che ci sono butto uno sguardo all'interno della chiesa che al suo interno riporta i stupendi affreschi descritti sopra



L'antica mulattiera

Continuando a scendere mi capita di imbattermi in tratti di mulattiera, qualche tratto era già presente sul versante leventinese, ma qui si fanno più evidenti

Non si può risalire al momento in cui la strada del Nara fu aperta, comunque si suppone che già i romani la conoscessero e che varcassero o il Lucomagno o il Gottardo passando dalla Bassa di Nara. Si suppone pure che fu solo dopo la costruzione del ponte della Biaschina, che il problema dell'ingresso in Leventina si risolse e che quindi la strada del Nara perse di interesse, conservando però una funzione di carattere locale

Due tratti di mulattiera nei dintorni della chiesa di Negrentino

L'antica mulattiera del Nara, che passa davanti alla chiesa di S. Carlo a Negrentino e prosegue verso l'omonimo passo, è lo storico collegamento tra le valli di Blenio e Leventina.
Gli stemmi, che ornano il romanico campanile di S. Ambrogio Vecchio, testimoniano che questa terra bleniese appartenne per secoli ai Leventinesi e agli Urani. La mulattiera ci ricorda che i contadini della media Leventina, in cerca di nuove terre per le greggi, si stabilirono sui terrazzi solatii della Valle di Blenio.
Questa fu soprattutto via di grande importanza per raggiungere la Leventina e il S. Gottardo fino all'apertura delle gole della Baschina e del Piottino.

I picapörsch

Molto interessante l’origine: in Val di Blenio picapörsc è persona da poco. Ma questo dopo aver letto le motivazioni sotto é anche comprensibile dal punto di vista del bleniesi

Motivazione Nro 1 => Possedimenti vicinanza di Chiggiogna

Come testimoniato anche dagli affreschi sula campanile della chiesa di Negrentino questa lingua di valle fino a Prugiasco apparteneva alla Leventina a sua volta assoggetata da Uri. Da un punto di vista di organizzazione politica della valle: alla Leventina e più precisamente alla vicinanza di Chiggiogna apparteneva la degagna di Prugiasco il cui territorio si estendeva dal crinale della montagna sino sul fondo della val Blenio. 

I baliaggi italiani - Fonti: H. Ammann, K. Schib (a cura di), Atlante storico della Svizzera, 19582
Si nota bene la lingua di terra che dalla Leventina attraverso il Nara arriva al fondovalle bleniese nei pressi di Lottigna 
Fino al 1803, anno di nascita del Cantone Ticino quale Repubblica indipendente, il comune di Prugiasco in valle di Blenio faceva parte della vicinanza di Chiggiogna.

Non si sa quando Prugiasco divenne leventinese ma si presume al tempo della separazione amministrativa delle valli tra la fine del 12. e l'inizio del 13. secolo (Prugiasco diventerà bleniese a partire dal 1798). La strada del Nara offriva quindi un collegamento tra i possedimenti della vicinanza di Chiggiogna in val Blenio e val Leventina.

Motivazione Nro 2 => contadini bassa Leventina

 Nel ‘Dizionario Leventinese’ – un portale dedicato al dialetto della valle ricco di spunti e riferimenti bibliografici; curato da Tabasio – si legge che "l’origine dell’epiteto sta probabilmente nel fatto che un tempo i contadini di Bodio e Pollegio solevano portare il loro bestiame - maiali compresi - in alpi dell’alta Valle di Blenio, che dovevano risalire a piedi fino all’introduzione dei trasporti motorizzati (…) 

Da ragazzo mi è capitato di far salire un maiale da Altanca fino all’Alpe di Piora sotto il sole di luglio e non faccio fatica a immaginare quanto avranno potuto osservare i buoni bleniesi al passaggio dei poveri leventinesi. I maiali sono notoriamente difficili da far procedere quando s’impuntano a fermarsi e a poco serve anche accanirsi con il bastone!"

Cocciuto come un maiale - Foto caseificio Airolo

Conclusioni

Riassumendo, immaginate di essere un contadino del XII secolo, la vostra vita é fatta di grandi sacrifici, la popolazione in questo periodo storico prima delle epidemie di peste é in continua crescita ma le terre coltivabili o dedicate all'allevamento non sono sempre sufficienti e di conseguenza sono estremamente preziose. Basti pensare ai cacciafieno o ai sassi coltivati come orto in val Bavona per avere un idea.


Ora immaginate che gli abitanti di una valle limitrofa invadono (senza l'ausilio di armi, ma pur sempre un invasione) la vostra valle per sottrarvi preziosissimo terreno fino a ieri di vostro utilizzo. 
Vederli arrivare dall'altra parte della valle, con i loro maiali, a bastonarli per perché c'é fretta che arrivino ad insediarsi in quelli che fino a ieri erano i vostri alpi.


Ora ditemi se non sareste adirati , se riuscireste a non affibbiare un aggettivo poco gentile a questi invasori, prepotenti, che addirittura si permettono di disegnare il loro stemma nel cuore della vostra valle su un campanile in bella vista oltretutto! Ecco che il termine picapörsc é appena nato!

Giovanni Holbein: porcaro con la mandria (1520 ca.). I maiali, piccoli e muscolosi, sono spesso condotti al pascolo nei querceti amministrati dalle comunità.

Sia chiaro sono ipotesi, null'altro che ipotesi ma che potrebbero avere un fondamento, una plausibilità. Nel 1798 con l'arrivo delle truppe napoleoniche e l'abolizione del sistema con i lanfogti la situazione si é di nuovo equilibrata, ma come visto con il trattato di pace di Pequigny, chi riuscirebbe con un colpo di spugna a cancellare secoli di soprusi?

Cliccando qui il percorso intrapreso in data odierna (giovedi 08.06.2023)


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