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Guerre napoleoniche: mito vs realtà

 Tra gli amanti della storia italofoni un nome non sfuggirà di certo; é quello di Alessandro Barbero, uno storico italiano molto amato, uno di quei personaggi che trasmette con incredibile semplicità gli avvenimenti, uno di quei personaggi che trasmette emozioni; se tutti i professori di storia avessero il suo talento avremmo oggi avremmo molti più storici che onicotecnici (quelli che pitturano le unghie).

Approfitto di uno dei suoi innumerevoli interventi nei vari festival per riportare il concetto, quello vero, di guerra napoleonica, così diversa di come ce la immaginiamo causa scelte cinematografiche che sono si spettacolari a scapito però della realtà storica.

Marciare, aspettare. Marciare, aspettare. Marciare, combattere.

Il combattimento è soltanto uno degli elementi del discorso della guerra ed è perfino un momento abbastanza raro. Le guerre durano molti mesi all'epoca di Napoleone e i giorni di battaglia sono singoli giorni che ogni tanto punteggiano una vicenda che invece si svolge in tutt'altro modo.

Una vicenda che vuol dire marciare e aspettare e annoiarsi e poi di nuovo a marciare e mangiare se va bene, se no fare la fame e poi di nuovo marciare. 

Marciare è fondamentale perché la guerra si vince portando le tue truppe laddove le vuoi portare più in fretta del nemico; portare più gente di quella che loro riusciranno a portare lì. Indovinare dove vuole andare il nemico e arrivarci prima di lui.

I soldati di Napoleone scherzavano dicendo "l'imperatore non vince mica le battaglie con le nostre braccia le vince con le nostre gambe".

Lo stereotipo

C'è una convenzione robustissima nell'arte occidentale classica come si rappresentano le battaglie napoleoniche; in primo o al massimo in secondo piano generali a cavallo in uniformi scintillanti circondati da messaggeri, da aiutanti di campo e così via. In primissimo piano qualche scenetta di genere: l'eroico ferito circondato dagli amici e sullo sfondo la battaglia vera, quella che in realtà se noi fossimo stati lì su un elicottero avrebbe riempito interamente il nostro quadro visuale, non il gruppetto dei generali, non la scenetta di genere, ma sullo sfondo le masse di uomini tutti vestiti uguali che si muovono tutti insieme obbedendo agli ordini.

Avanti figli di puttana, l'imperatore vi guarda!

Quello che bisogna cercar di fare e gettarli nel panico. Come si fa per gettare nel panico il nemico che hai davanti? Immaginate in ogni battaglia in genere c'è uno che è più forte e che vuole attaccare e uno che è più debole. Chi vuole attaccare a un certo punto comincia a pensare di spingere avanti, parliamo della fanteria che è poi come dire l'ossatura di ogni esercito, cominci a pensare di andare avanti, il nemico è laggiù a 1 km quando si decide che è il momento. In un certo settore del fronte si comincia ad andare avanti...

Al tempo di Napoleone si sganciano anche piccole pattuglie di tiratori scelti, i pochi a cui è stato insegnato a sparare bene e magari gli hai dato anche una carabina rigata per poter tirare bene al bersaglio quando sono vicino al nemico, tirar giù magari un ufficiale a cavallo oppure quello che porta la bandiera. Ma il grosso della truppa che attacca va avanti come vanno avanti quelli là, in massa.

Queste masse vanno avanti, i tamburi dietro battono all'impazzata, più tamburi ci sono meglio è perché quel frastuono anestetizza, ti impedisce di pensare, ti dà una sorta di euforia, di ubriachezza.

Gli ufficiali in parte davanti e in parte dietro; quelli dietro a spingere avanti e quelli davanti a mandare avanti gli altri dando l'esempio con la sciabola sguainata gridando "avanti! avanti! avanti!" oppure ogni tanto nell'esercito francese anche: "l'imperatore vi guarda! L'imperatore ricompenserà il primo che arriverà alle linee nemiche!" più spesso secondo le testimonianze più sincere bestemmiando orrendamente: "Avanti! Avanti figli di puttana!"  e si va avanti in massa e il nemico è laggiù in fondo e siamo a 500 m, e siamo a 200 m; i nemici hanno i moschetti come i nostri che tirano con un minimo di precisione fino a 100 m, non di più.

Se quegli altri hanno degli ufficiali che non hanno i nervi saldi cominceranno a sparare quando siamo ancora 200 m. Spareranno, svaniranno nel fumo per qualche istante e noi non sentiremo neanche fischiare le palle perché siamo ancora troppo lontani. Se invece han degli ufficiali che conoscono il mestiere non spareranno quando siamo a 200 m, aspetteranno che siamo un po più vicini e quando saremo a 100 m sparerà.

Napoleone accolto trionfalmente di ritorno dall'isola d'Elba

1 su 459 ce la fa

Siamo abituati a vedere dei film in cui la linea spara scomparendo nel fumo e tutta la prima fila di quelli che attaccano cadono a terra e quelli dietro vengono a prendere il loro posto, gli altri sparano di nuovo cadono di nuovo tutti in prima fila e così via.

Credo che le abbiamo viste tutti di ricostruzioni cinematografiche di questo genere. Se fosse stata così la realtà le battaglie napoleoniche sarebbero finite in 10 minuti; non era così la realtà, era così paradossale che adesso che ve la dirò non ci crederete, tuttavia vi assicuro che ci sono studi estremamente approfonditi fatti già all'epoca e poi fatti anche dopo sul rapporto fra il consumo di munizioni e le perdite effettive provocate.

Battaglia di Marengo

I vari studi sono arrivati a cifre leggermente diverse, forse il più attendibile sostiene che quando il nemico spara un proiettile ogni 459 colpisce qualcuno. Altri si tengono un po' più bassi: un proiettile ogni 250, ogni 300... ma grossomodo è così, é una massa di gente tenuta in linea dai suoi ufficiali che spara senza mirare, che dopo il primo colpo sparisce nel fumo, dopo il primo colpo devi ricaricare; strappare coi denti la cartuccia già preparata che hai nel tascapane, versare la polvere da sparo al posto giusto, richiudere, ficcare la pallottola dentro la canna davanti, (sono fucili con la bacchetta di metallo o di legno che ti hanno dato), pigliarla bene giù, mettere a posto la bacchetta, puntare e sparare e poi ricominciare.

Il punto di rottura

Tutto il tuo addestramento tende a farti fare questa cosa il più in fretta possibile poter sparare almeno 2, 3 volte in un minuto, il tutto nel fumo con la paura mortale che attanaglia tutti, con gli ufficiali che gridano coi tamburi, di quegli altri che stanno venendo avanti, che "adesso li sentiamo anche noi", "li sentiamo urlare quegli altri che stanno venendo avanti in questo caos totale".

Le pallottole vanno dappertutto tranne dove dovrebbero andare, d'altronde noi siamo arrivati a 100 m davanti avevamo 500 uomini, un battaglione. Anche noi siamo 500, quelli là sparano e sul nostro battaglione uno o due uomini vengono colpiti e cadono giù gridando.

Waterloo

Andiamo avanti ancora 10 m quegli altri hanno ricaricato, sparano un'altra volta su 500 dei nostri di nuovo: uno, due o tre adesso che siamo un po più vicini cadono gridando. A questo punto molto raramente gli ufficiali dicono "avanti alla baionetta" quasi sempre l'istinto di sopravvivenza è più forte, ci fermiamo noi e cominciamo a sparare. 

Si può anche andare avanti 10 minuti in questo modo perché ogni volta che si spara cade uno o due uomini, però si spara tre volte al minuto. Dopo 10 minuti ci hanno sparato 30 volte ci hanno beccato 50, 60, 70 dei nostri e noi siamo 500, in 10 minuti 1/10 è stato colpito. A questo punto in genere uno dei due battaglioni comincia a vacillare; dopo l'ultimo ferito caduto due o tre compagni dicono "lo portiamo noi in salvo!". Gli ufficiali dietro tempestano, bastonano col piatto della sciabola ma non riescono a fermarli. Se dall'altra parte c'è un ufficiale che sa il suo mestiere dice "È il momento! avanti di corsa!" si viene avanti di corsa e gli altri si disgregano, e funziona così normalmente. Il fuoco serve a portare il nemico che hai davanti a quel punto in cui se eserciti una piccola pressione crolla tutto, la geometria sparisce e il caos si afferma di nuovo.

L'artiglieria

C'è un' altro modo per avvicinare il nemico al punto di rottura, un modo che Napoleone conosce bene e anche Tolstoj conosce bene, perché sono tutti e due ufficiali di artiglieria.


Gli eserciti napoleonici sono pieni di cannoni, cannoni sono in uso fin dal Rinascimento ma solo con Napoleone si integrano pienamente nella conduzione della battaglia. Solo con Napoleone ci sono cannoni abbondantissimi perché devono essere tanti, un cannone da solo non fa niente. Solo con Napoleone ci sono cannoni relativamente veloci tirati da tanti cavalli che si possono spostare sul campo di battaglia con un minimo di possibilità.

Un cannone pesa una tonnellata e dietro a ogni cannone ci sono dei cassoni carichi di munizioni, un'infinità di cavalli i quali durante il combattimento vengono colpiti e muoiono, e dopo un po' i cannoni non li puoi più spostare perché hai perso i cavalli. Tuttavia i cannoni sono così tanti che incidono sulla battaglia, la cosa principale del cannone è che se il moschetto fa male a 100 m il cannone fa male a 1 km.

Quindi prima di mandare dentro la tua fanteria coi tamburi le bandiere al vento e gli ufficiali che ballano davanti alle file incitando gli uomini bestemmiando, prima di far quello avrai portato in linea i tuoi cannoni e avrai sparato contro il nemico abbastanza a lungo da cominciare a portare i soldati nemici vicini al punto di rottura.

I cannoni sparano a 1 km e possono sparare la palla o a granata; la granata è la cosa più comune, é il proiettile del futuro, quello che esplode e nei film ambientati nel '700 e nell'ottocento si vedono sempre solo quelle perché gli sceneggiatori quello hanno in mente.

Sparare a palla

In realtà le granate sono un po più rare, il modo più normale di usare il cannone e di sparare a palla.

La palla è una palla di metallo, di piombo, di ghisa che viene sparata da 1 km di distanza verso queste masse di uomini fermi o anche che stanno avanzando se mi sto difendendo. In generale Napoleone usa i cannoni per attaccare una volta deciso quale settore vuole investire con l'attacco. Prima per un'ora, per due ore si bombarda; un'infinità di palle di granate finiscono nel vuoto, qualcuna colpisce. Quando una palla arriva addosso a un reparto schierato su più righe in fila la palla arriva, spacca i corpi, le gambe, le braccia, le teste di 2, 3, 4 uomini e quelli che sono lì in fila le vedono arrivare le palle, perché la velocità è molto bassa. 

Ci sono testimonianze di ufficiali, la battaglia di Waterloo per esempio, in cui ufficiali inglesi sono rimasti per ore sotto il bombardamento in prima linea coi cannoni nemici laggiù: tu stai tenendo una posizione vedi arrivare dei puntini a molta distanza, siccome hanno l'occhio sanno calcolare grossomodo 1 km, i puntini sono cannoni nemici: "speriamo che vadano un po più in là... no si fermano esattamente qua davanti a noi. Tra un po cominceranno a sparare..." e in qualche caso se hai l'occhio appunto, la palla la vedi addirittura arrivare. 

"La fermo col piede"

C'è un ufficiale inglese a Waterloo, che era un ragazzino, giovanissimo ufficiale alfiere in piedi con la bandiera; in piedi mentre tutti i soldati sono sdraiati a terra perché quando il nemico ti bombarda un ufficiale che abbia un po' di buon senso fa sdraiare a terra gli uomini si spera, o sedere per terra perlomeno, sperando che offrano un pochino meno bersaglio. Ma gli ufficiali stanno in piedi perché devono morire per lo zar come diceva il colonnello, e dare l'esempio ai soldati.

L'ufficiale inglese racconta la battaglia di Waterloo "ho visto una cosa che arrivava frusciando in mezzo al grano alto e poi quando è uscita dal campo di grano veniva proprio verso di me poi è caduta a una certa distanza e ha cominciato a rimbalzare e a rotolare", perché la palla anche se è corta poi rimbalza e continua a venire avanti "mi arrivava vicino rotolando, sembrava una boccia" dice questo ragazzino,  "tanto che ho allungato il piede istintivamente per fermarla il sergente mi ha strattonato via e mi ha detto -ma non sai il signore alfiere che la palla gli portava via piede perché anche se sembra così lenta come una boccia in realtà ha una forza tale che spacca tutto quello che tocca?-" .

Bersagli immobili

Tolstoj è un ufficiale di artiglieria e gli ufficiali di artiglieria come anche gli artiglieri in genere sono dei tecnici, sono gente che sa usare una macchina complessa sofisticata per l'epoca che richiede calcoli, meccanismi, ingranaggi, e come tutti i tecnici sono orgogliosi delle loro conoscenze, gli piace fare il loro mestiere. C'è un passo in "guerra e pace" in cui Tolstoj descrive una situazione in cui non è una battaglia, i russi si stanno ritirando però il nemico viene un po troppo sotto... a un certo punto c'è una batteria ferma e si decide di provare a sparare qualche colpo per vedere se il nemico è già a tiro.

" Ebbene vediamo un po fin dove porta capitano" disse il generale rivolgendosi a un artigliere. Gli artiglieri accorsero allegramente dai loro fuochi e caricarono i cannoni, si udì il comando, il cannone vibrò con un rumore metallico assordante; la granata passò fischiando sulle teste di tutti che erano più sotto e molto prima di raggiungere il nemico mostrò col fumo il punto dove era caduta e scoppiò.

I visi dei soldati e degli ufficiali si fecero allegri a quel rumore, dopodiché Tolstoj racconta anche cosa vuol dire trovarsi sotto il fuoco del cannone, capite cosa significa significa che tu sei lì fermo, i tuoi ordini sono di stare lì e il nemico ti spara di nuovo; non sono armi come quelle di oggi, oggi se un reggimento rimanesse sotto il fuoco di una batteria di artiglieria per qualche minuto verrebbe spazzato via. A quei tempi non è così, se sei fortunato il 90 e il 99% dei colpi vanno troppo corti, troppo lunghi, ma ogni tanto uno colpisce.

Può capitare di dover restare lì per delle ore, é quello che succede al principe Andrei alla battaglia di Borodino. Il reggimento del principe Andrei era fra le riserve, che fin verso le due rimasero inattive dietro sotto un forte fuoco di artiglieria. Verso le due il reggimento che già aveva perduto più di 200 uomini fu spostato in avanti su di un campo di avena calpestato in quel tratto fra Semjou e la batteria dove quel giorno erano stati uccisi migliaia di uomini, dove verso le due era diretto un fuoco intenso e concentrato di parecchie centinaia di pezzi nemici. 

Senza muoversi da quel posto e senza aver tirato nemmeno un colpo il reggimento perdette li ancora la terza parte dei suoi uomini; davanti e specialmente da destra i cannoni tuonavano in mezzo al fumo che non si dissipava e da quella misteriosa zona di fumo che copriva tutto il terreno antistante volavano senza posa le palle con un rapido fischio e le granate con un lento sibilo.

A volte come per dar riposo passava un quarto d'ora durante il quale tutte le palle le granate volavano oltre, ma a volte in un minuto cadevano parecchi uomini del reggimento e senza tregua si trascinavano via i morti e si raccoglievano i feriti. Ad ogni nuovo colpo sempre minori probabilità di vita rimanevano per quelli che non erano stati ancora uccisi, tutti gli uomini del reggimento erano egualmente taciturni e cupi, di rado si udiva qualche scambio di parole fra le file ma anche quello taceva ogni volta che si udiva un nuovo colpo e il grido "Barella!

Nessun ordine da dare

La maggior parte del tempo gli uomini del reggimento secondo l'ordine del comandante che è il principe Andrei sedevano a terra; chi si toglieva il kepi e ne allargava accuratamente spianava le pieghe, chi sbriciolava in mano dell'argilla asciutta e ripuliva la baionetta, chi si levava il cinturino e stringeva la fibbia; tutti sembravano assorti in queste occupazioni. 

Una volta l'attenzione generale si rivolse a un cagnolino marrone con la coda fieramente elevata che comparso Dio sa di dove correva preoccupato davanti alle file dei soldati. A un tratto a una granata  colpì vicino, il cagnolino mandò uno strido e abbassando la coda si gettò da una parte. Per tutto il reggimento gelarono schiamazzi e strilli ma distrazioni di questo genere duravano qualche minuto.

Gli uomini da più di 8 ore stavano lì senza mangiare, senza far nulla sotto l'incubo incessante della morte e i visi pallidi e accigliati diventavano sempre più pallidi e accigliati. Il principe Andrej al pari di tutti gli uomini del suo reggimento accigliato e pallido passeggiava in su e giù per il prato che costeggiava il campo di avena da un limite all'altro con le mani dietro la schiena e il capo basso. Non c'era nulla da fare,  nessun ordine da dare, tutto si faceva da sé: i morti erano trascinati dietro lo schieramento, i feriti erano tolti via, le file si riformavano.

Ecco la battaglia napoleonica quindi non è soltanto la carica ubriaca con i tamburi che rullano le bandiere al vento, che pure era un momento abbastanza terribile, non è solo lo star fermi aspettando il nemico che viene avanti aspettando l'ordine di sparare, non è solo la carica di cavalleria ma è anche questo star fermi chiedendosi chi sarà il prossimo.

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