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Semione - Olivone

Non riesco più a dormire fino a tardi, non faccio più le notti, a scapito delle giornate. Forse perché i giorni offrono attività molto più variate e che fanno bene all'anima. E poi, perché c'é sempre un e poi, qualcosa di storico si riesce sempre a trovare.

Decido per una Semione - Olivone, gli obiettivi principali sono poco dopo la partenza (rovine del castello di Serravalle) e l'arrivo (Museo Cà da Rivöi). Entrambi trattati nei dettagli in post separati.

Semione

Il bus mi lascia di prima mattina, domenica mattina, sul sagrato della chiesa di Semione, già li la prima sorpresa, già dal bus noto la porta di entrata della chiesa; un dipinto che sembra molto antico sul legno

La porta di ingresso della chiesa

Inoltre colpisce l'ampio prato con una serie di cappelle a rappresentare le stazioni del calvario di Cristo. Sul fondo una costruzione più particolare, una cappella, la cappella dei morti

Cappella dei morti (Semione): si trova sul sagrato della chiesa parrocchiale di Semione ed è un piccolo e basso edificio con doppia volta a botte. In facciata un affresco settecentesco con la Resurrezione dei morti. A sinistra nella foto

Buongiorno :-)

Serravalle

Mi incammino velocemente verso le vicine rovien del castello di serravalle. Esse ergono su una sporgenza, unitamente alla chiesetta S.Maria del castello, citata per la prima volta in un documento del 1326., la meglio conservata. Sulla sua facciata all'esterno una donna con spada e bilancia, la giustizia, non bendata, sembra fissarmi spensierata


La chiesetta di S. Maria del Castello attualmente visibile, la cui facciata ovest è inserita nelle mura di cinta del cortile esterno, non subì la furia distruttrice del 1402 e continuò ad essere utilizzata anche come sede di tribunale

Il luogo garantiva una importante funzione di controllo dei traffici e contemporaneamente di difesa lungo una via di transito, che fin dai tempi più antichi e poi in epoca medievale portava ad attraversare le Alpi al passo del Lucomagno e congiungeva quindi il sud con il nord delle Alpi.

Il toponimo Serravalle è da ricondurre ad epoca longobarda e deriva dal termine Sara/Sala, che designava la presenza di una circoscrizione giuridico-amministrativa nella località.

Più in alto, delle "rovine perfette" 

Del castello oggi visibile sono conservati l’intero perimetro e sono ben visibili la suddivisione dei locali interni, mentre manca la parte superiore del maniero, distrutto violentemente nel 1402 e poi abbandonato.



la prima fonte che menziona, anche se indirettamente, il sito è un atto del 948, in cui il vescovo Attone di Vercelli cede i suoi possedimenti in val Leventina e in val di Blenio ai canonici del Duomo di Milano, tra cui verosimilmente anche il castello di Serravalle.

Un secondo documento, datato 1224, è costituito dalla testimonianza di Alcherio da Torre, secondo il quale Federico I Barbarossa nel 1176, sulla strada verso l’Italia del nord, si fermò a Serravalle, dove soggiornò 4 giorni e gli affidò il primo castello, dopodiché raggiunse con il suo esercito la Lombardia e lo stesso anno fu sconfitto a Legnano dalla Lega Lombarda. Oggi sappiamo, sulla base di quanto emerso dalle indagini archeologiche, che Alcherio da Torre nella sua testimonianza faceva riferimento al primo castello, quello precedente l’attuale, ancora visibile.


Questo primo castello fu quindi distrutto dai Milanesi dopo il 1176.
Anche per la valle di Blenio la fine del XII. secolo è un periodo movimentato, che la porterà ad unirsi nel 1182 alla Leventina con il Patto di Torre, sostenuto da Milano, in cui le due valli suggellano il sostegno reciproco e si oppongono alla costruzione di nuovi castelli.

Verso il 1230-40 i Milanesi costruirono un nuovo castello, il secondo, più ampio del primo, che affidarono dapprima alla potente famiglia degli Orelli di Locarno (dal 1235), poi ai Visconti di Oleggio (dal 1340) e infine ai Pepoli di Bologna.

Dopo almeno 4 fasi di ampliamenti architettonici, il castello fu definitivamente distrutto, verosimilmente dall’esercito di Alberto di Sacco, signore della Mesolcina, nel 1402. La leggenda popolare secondo la quale Taddeo de Pepoli venne catturato ed ucciso non trova alcun riscontro né nelle fonti scritte né nelle evidenze archeologiche.

La selva castanile

Le prime attestazioni di occupazione del sito fortificato risalgono all' 850 d.C. Nel 1402 il castello di Serravalle fu distrutto e definitivamente abbandonato.
La selva castanile e le numerose testimonianze di interventi antropici come muri, carraie, vigneti e pascoli, confermano l'utilizzo intenso di questa zona fino ad un recente passato.
Per molti secoli la selva castanile è stata essenziale per la sussistenza del mondo rurale al Sud delle Alpi.


La sua multifunzionalità la rendeva un sistema completo con l'utilizzo di:
castagne per l'alimentazione umana e animale;
cotica erbosa del sottobosco come pascolo o prato;
fogliame come strame o foraggio;
legname come materiale di costruzione o da ardere.

 È passata mezz'ora sono in viaggio, con le gambe, con la testa, con l'anima.

Grotti di Ludiano

A Ludiano finalmente mi toglo lo sfizio di vedere il famoso tavolo sull'albero, un originale posto a mangiere per un grotto

Embé? Mai mangiato su una pianta?

I grotti tipici del Ticino sono locali rustici situati in zone discoste e ombreggiate. I grotti di Ludiano servivano a conservare formaggio, salumi e vino. Da ambiente costruito per conservare i cibi diventarono in seguito anche angoli di distensione dove si potevano mangiare prodotti locali e bere un buon bicchiere di vino. A Ludiano ci sono circa una ventina di grotti privati

Chiesa di San Remigio a Boscero

Giungo nei pressi di una chiesa, in lontananza intravedo sul suo sagrato un uomo che esegue meditazione, e malgrado non sia un 'attività da me contemplata riesco a capirlo, il luogo é particolare, incastonato nel passato, c'é atmosfera attorno alle sue mura

Nella località di Boscero, dirimpetto a Dongio, è situata la chiesa di S. Remigio. L'edificio romanico a due absidi, documentato nel 1249 ma risalente alla metà dell'XI secolo ca., fu ampliato verso la metà del Duecento e trasformato nel XVII secolo. Nell' abside maggiore e sulla parete destra della navata si conservano affreschi tardoromanici del XI secolo. Fino all'ultimo restauro
(1943-1946) erano nascosti dai dipinti murali manieristici della bottega dei Tarilli, eseguiti tra la seconda metà del XVI e l'inizio del XVII secolo e ora riportati su tela.

Le terme di Acquarossa

Quel manipolo di case appena di la dal ponte ora che le osservo bene, con calma, mi trasmettono qualcosa di u epoca fastosa che fu, qualcosa di più recente fino a quello visto fin'ora, qualcosa di  di belle epoque,


La frazione è dominata dal complesso termale. Il toponimo "Aguam rubeam" risale al 1446.
Le terme vengono citate per la prima volta nel 1577.
Sulla strada, il Casamento dei bagni del 1786 sorge sulle fondamenta di palazzo Malingamba, dove già nel 1600 si praticavano cure termali. All'interno e nel giardino c'erano le vasche per le immersioni.
Succursale delle Terme, fu sopraelevato di un piano e ridipinto con decorazioni liberty nel 1912.
Seguono quelli che erano una volta il Caffè Federale (1865) con ufficio postale e il Ristorante della Posta. Le nuove Terme, costruite da Giuseppe Martinoli di Marolta e inserite in un grande parco, furono aperte nel 1887 e inaugurate nel 1890.
Quando nel 1971 cessarono l'attività, si contavano oltre 4'000 pernottamenti all'anno (apertura solo estiva).

Lottigna

La strda che porta da Acquarossa a Lottigna é piacevole, nel bosco, al fresco, larga, mille rumore della fuana mi accompagnano. Non incontro nessuno. Sono radioso. 

Metafore inerenti il tempo e la fragilità della vita mi vengono suggerite da madre natura

Sbuco poi dal bosco e mi ritrovo a Lottigna, esattamente dove ero meno di 24 ore orsono. La facciata della casa dei lanfogti in questo momento é tutta all'ombra, faccio la foto che avrei voluto scattare ieri.

Casa dei lanfogti di Lottigna

La strada poi va in campagna e si inerpica verso Torre, nel paese uno degli scorci più belli della giornata

Tra Torre e Dangio un piccolo rilievo, proprio sul suo cucuzzolo una costruzione. Uno dei momenti più significativi della storia della valle fu il patto di Torre, ma ero all'oscuro ci fosse un posto ben determinato che ne indicasse l'origine

Sul promontorio di Ingerio sorge l'Oratorio di S. Salvatore: nella forma attuale è del XVI-XVII secolo, ma viene già citato nel 1443; poggia sulle rovine del Castello di Curtero, distrutto nel 1182 in seguito al Patto di Torre. Restauri nel 1981.
All'interno, affreschi cinquecenteschi dei Tarilli di Cureglia.
II Patto Torre è il documento simbolo delle libertà comunali: il giuramento sancisce l'alleanza degli abitanti di Blenio e Leventina con i Canonici di Milano, contro la nobiltà imperiale rappresentante Federico Barbarossa. Essi si impegnano a distruggere il castello e impediranno di costruirne altri. Viene affermata l'indipendenza delle istituzioni comunali. I nobili da Torre vengono privati dei loro poteri e dei loro possedimenti.

Cima Norma

Fu fondata nel 1903 dai fratelli Cima di Dangio, cioccolatieri emigrati a Nizza. La "Cima Frères" fu acquistata da Giuseppe Pagani (1859-1939) nel 1913, che nello stesso anno rilevò la Norma di Zurigo.
Da qui il nome Cima Norma.
La ferrovia Biasca-Acquarossa, da lui finanziata e inaugurata nel 1911, nacque per facilitare i trasporti dell'industria.
La seconda parte del tracciato avrebbe dovuto passare di qui. La fabbrica fu ingrandita diverse volte.
Perso il principale cliente, fu costretta a chiudere nel 1968. Nei periodi di maggior lavoro si contavano oltre 300 operai e impiegati.

La fabbrica ai tempi d'oro, oggi risulta assai diversa. 

Il grande edificio di oltre 12'000 m2 è stato rivalutato con l'allestimento di spazi dedicati all'accoglienza dei turisti, sale espositive e 10 loft.

I colori sfarzosi dei bei tempi che furono sono presenti attorno a due alberi davanti all'entrata e ad un simpatico graffito su un edificio


Dangio

Con un velo di tristezza passo il ponte verso Dangio, anche qui una insegna sbiadita mi riporta indietro nell'immediato passato, odori di bottega, di vita di paese scavalcati dalle grandi multinazionale


Ma i colori nel nucleo mi fanno tornare al lato bello del presente, é un continuo viaggio, anche con la mente


Aquila

Tempo di lasciare Dangio e ci si ritrova già nel territorio di Aquila.
Segni del passato anche qui


Più famose sono le milizie Napoleoniche
Con l'atto di mediazione del 1803 e la capitolazione militare, la Svizzera fu costretta a fornire a Napoleone un contingente di 16'000 soldati, ridotto a 12'000 nel 1812.
Diversi bleniesi furono arruolati nelle varie campagne e alcuni nella campagna di Russia del 1812.
Si tramanda di un voto: durante la battaglia della Beresina, promisero di sfilare ogni anno in onore del
Santo Patrono, se fossero tornati vivi.
Da allora le Milizie prendono parte alle processioni: ad Aquila per la Madonna del Rosario la prima domenica di luglio, a Leontica la domenica più vicina a S. Giovanni (24 giugno) e a
Ponto Valentino per la Madonna del Carmelo, la terza domenica di luglio.
Suggestiva è la Messa Solenne, con gli onori militari e il rullare dei tamburi.

Ricostruzione di divise napoleoniche conservate nel museo di Lottigna

Domande sensate a Ponto Aquilesco, Olivone é dietro l'angolo

La sagoma inconfondibile del Sosto, la montagna che sovrasta Olivone si staglia all'orizzonte

Campagne di Concherio

La chiesa di Olivone é in vista, il museo, luogo di arrivo é adiacente

Prima di Olivone City si giunge nella frazione di Solario lungo questo cammino pianeggiante che, dalla campagna di Concherio, va a raggiungere il nucleo di Chiesa e Villa e sembra segnare un percorso parallelo alla strada principale che raggiunge il paese più in basso.

Campagna di Concherio

La chiesetta di S. Maria Maddalena e ancor più la piazzetta sottostante, con a nord ovest le due vecchie casette contigue, sembrano proprio costituire un'altra porta d'accesso al villaggio. La si potrebbe pensare come la porta per chi viene dalla campagna... e chissà quante gerle di fieno, di foglie per strame, di legna e di ogni altra masserizia sarà passata per questa stradina! Oltre le pareti delle vecchie casette, rimaste testimonianza di un'edilizia povera, rustica, tipica dei nostri luoghi, si può ben pensare "ai firögn", ossia a quelle occasioni di ritrovo nella "stüva" durante le serate invernali: le donne per filare la lana, gli uomini per intrecciare gerle, scavar doghe per mastelli e per parlare di come andava allora il mondo, lamentandosi, come sempre d'altronde, per le cose che potevano andar meglio.

Olivone, museo di S.Martino - Cà da Rivöi

In perfetto orario per la sua apertura giungo al museo di Olivone


II Museo di S. Martino è ospitato in una tipica casa bleniese, edificata prima del 1400 e ampliata nel 1658.
Per volontà del cardinale Federico Borromeo divenne "Beneficio priorile": il priore doveva risiedervi, celebrare le Messe, far scuola ai ragazzi e aver cura degli ospizi di Casaccia e Camperio.
II Museo è stato inaugurato nel 1969 grazie alla generosità della fondatrice Ottie Jacob-Piazza, discendente dell'industriale Vincenzo Piazza. Nel 2000 è stata aggiunta la nuova ala di Raffaele Cavadini.
Contiene una raccolta etnografica e preziosi oggetti di culto, paramenti, ex-voto, mobili provenienti da chiese e oratori dell'Alta Valle, nonché gli stucchi policromi del XIII secolo emersi dagli scavi di S. Martino.

Epilogo

Il caldo già martellante della stagione estiva alle porte é alleviato un buona parte dal sentiero nel bosco e dalla presenza di molte fontane sul percorso. Partendo alle 08:15 da Semione, con diverse pause per foto giungo poco prima delle 14:00 all'entrata del museo. Un viaggio sentitissimo e consigliato


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