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Henry Guisan e lo spirito del Grütli

“Solo la morte libera il Soldato svizzero dal suo dovere verso il Paese”
Ordine del giorno 28 giugno 1940 di Henry Guisan

In breve: nella primavera del 1940, le truppe tedesche occupano in breve tempo i Paesi Bassi, il Belgio e parti della Francia.
Il Consigliere federale Pilet-Golaz alimenta l'incertezza fra la popolazione per via di un discorso in cui prefigura la necessità che la Svizzera debba ora adeguarsi alla nuova realtà politica.
Poco tempo dopo, il 25 luglio 1940, Guisan chiama a rapporto tutti i comandanti militari sulle alture del Grütli.

Markus Somm, Général Guisan. Résistance à la mode suisse, Berne, Stämpfli, 2010

«Sul prato del Grütli gli ufficiali furono disposti ad emiciclo per seguire il discorso del Generale. Sotto i loro occhi il lago e, lontano, sulla riva opposta, la linea ferroviaria del Gottardo. La Svizzera, signora dei colli alpini, con le sue montagne come ultimo rifugio. Davanti a questo maestoso paesaggio, di fianco al Generale, una bandiera svizzera, tenuta da quattro robusti soldati, freme al vento. Un piccolo capolavoro di psicologia militare.
Guisan parlerà per una ventina di minuti. Venti minuti per entrare nella storia».

Henry Guisan

Che il generale Guisan sia stato un capo è al di fuori di ogni dubbio. Ora quel che colpisce, quando si legge la sua biografia e il racconto dei suoi anni a capo dell'esercito, sono tre elementi: sapeva ispirare fiducia, non si lasciava guidare dalla paura mantenendo lucidità di fronte al pericolo ed era portatore di un messaggio di speranza per il futuro.

Questi tre elementi si ritrovano per esempio anche in Napoleone, pur non volendo fare un paragone fra questi due capi. Purtroppo Napoleone ha ceduto alla tentazione del potere e della politica,



Ritratto del 1939
Henri Guisan (1874-1960) durante la Seconda guerra mondiale è il generale dell'esercito svizzero eletto dal Parlamento
Il 25 luglio 1940, con il «Rapporto del Grütli» Guisan rivolge un appello alla resistenza e alla difesa della libertà e dell'indipendenza. Per popolo ed esercito tali parole assumono grande valore simbolico. Il rapporto del Grütli rappresenta l'atto con cui la nazione afferma la propria esistenza e coesione.


Un paio di messaggi per capire il personaggio

Il 3 giugno 1940, in un messaggio ai comandanti di unità d'armata, il generale Guisan scrive:

Oggetto: mantenimento del morale della truppa... Si istruirà la truppa sul nostro armamento... e la nostra Storia... Queste informazioni... dovranno dare a ciascun uomo la certezza di essere utile nel posto in cui il dovere lo assegna, all'interno del paese come alla frontiera!

***

E ancora, nell'ordine del giorno del 20 agosto 1945, l'ultimo della sua missione, il generale Guisan non ha paura di dire:

Alla parola «mobilitazione», preferisco, per quel che mi riguarda, quella di «servizio attivo». Perché «servire» è stato, per noi, molto di più e meglio che «mobilitare». Servire è dare il meglio di sé, donarlo al proprio paese. Vorrei che in forza di questo dono, ciascuno di voi, dopo aver servito dal 1939 al 1945, si sentisse più forte e più umano...

Numero dei soldati mobilitati, dal settembre 1939 fino al settembre 1945.

Stralci dal discorso di Pilet-Golaz (Libera Stampa, 26 giugno 1940)

Per meglio apprezzarne il valore e gli effetti il discorso di Guisan va inserito nella linea del tempo. Prtma di lui a parlare fu il presidente della confederazione il 25 giugno fece un comunicato stampa. Eccone alcuni stralci:

Siamo certi che molti saranno gli ostacoli da sormontare, ostacoli che ancor meno di un anno fa erano ritenuti invincibili, prima di poter assicurare ad ognuno, come è nostro dovere primordiale, il pane che nutre il corpo ed il lavoro che risolleva l'animo!

Per giungere a tali risultati che allo scettico possono sembrare ben magri, ma che però sono essenziali per la salvezza del paese, si dovranno prendere decisioni importantissime. 

Non illudiamoci: il tempo in cui viviamo ci strapperà alle nostre vecchie abitudini, fatte di indolenza, di comodità, anzi - perdonate l'espressione- di comodaccio. Ma che importa? Non confondiamo la vecchia pratica rinsecchita nella carraia con la tradizione, linfa benefica che risale dalle profonde radici della storia.
La tradizione appunto esige il rinnovellarsi continuo, in quanto essa non è una marcia sul posto ma un continuo fluire intelligente del passato verso l'avvenire.

Non è il momento di volgersi malinconicamente indietro, ma di guardare risolutamente davanti a noi per poter contribuire con tutte le nostre forze, modeste ma pure utili, al risorgere del mondo in rovina.

“…Noi abbandoneremo certamente tante esteriorità e tanti agi a cui teniamo, poiché sono una manifestazione incosciente del nostro egoismo. Ma lungi dal diminuirci, queste prove saranno per noi nuova ricchezza. Riprenderemo in tal modo la salutare abitudine di faticare molto per ottenere modesti risultati, quando fino ad oggi ci siamo cullati nel pensiero di lavorare poco per guadagnare molto, dimenticando che lo sforzo è già di per se stesso fonte di gioia, come ci insegnano gli sportivi che da tanto tempo coltivano questa virtù.…”

Gli avvenimenti incalzano: è necessario regolare il passo al loro ritmo. In tale modo e solo in tale modo salvaguarderemo il nostro avvenire.

“…..Il cielo ci proteggerà se sapremo meritare la sua protezione. Nel coraggio, nella risolutezza, nello spirito di sacrificio e di abnegazione sta la nostra salvezza. Fiera di queste virtù la nostra patria, libera, umanitaria, comprensiva, ospitale, continuerà la sua missione fraterna che si ispira alle grandi civiltà europee.

Svizzeri, fratelli: degni del nostro passato, avanti impavidi verso l'avvenire. Dio ci protegga».

Tutte le uova nel medesimo paniere

II 18 luglio il Generale emette un ordine d'armata indirizzato a circa 650 ufficiali. Un mese dopo il discorso di Pilet-Golaz, tutti i comandanti delle truppe combattenti sono convocati al Grütli, dal comandante di gruppo e di battaglione al capo di stato-maggiore dell'esercito. E ci sono anche i comandanti territoriali e i loro ispettori.

Solo gli ufficiali SMG (Stato Maggiore) restano al loro posto. Data - 25 luglio - e luogo - il prato del Grütli - vengono annunciati una settimana prima. È falso affermare che il luogo sia stato tenuto segreto. Il punto esatto dell'appuntamento (imbarcadero a Lucerna) indica in effetti che la trasferta avverrà in battello. Il Generale è accolto dagli applausi della folla. Il battello su cui gli ufficiali si imbarcano per raggiungere il Grutli, alle ore 11, è certamente sorvegliato e ispezionato da parecchi giorni. Durante il viaggio aerei da caccia sorvolano il lago e una vedetta privata scorta il battello. «Tutte le uova nel medesimo paniere», annota il maggiore SMG Bernard Barbey, uno fra i più vicini collaboratori del Generale che hanno preparato questa giornata.

Quasi 75 anni dopo questi eventi le incertezze che circondano le condizioni, anche solo materiali, della riunione continuano a suscitare stupore. Quanti partecipanti?

Il numero oscilla fra 350 e 650. Il Generale stesso parla di 650, forse riferendosi al 650° anniversario della Confederazione previsto nel 1941. A giudicare dalle foto scattate nell'occasione, si contano 485 presenze. Facendo il conto delle unità, i cui comandanti avrebbero dovuto essere presenti, la cifra potrebbe essere di 420.

In quale lingua Guisan si è espresso? In tedesco, affermano venti anni più tardi diversi partecipanti, in francese, con lettura in tedesco di qualche passaggio di lettere prese dalla sua tasca, affermano altri.

Il battello circolava in orario? Sì, dice l'organizzatore della riunione; no, ribatte un altro. Un ritardo di 20 minuti alla partenza avrebbe affrettato il programma di tutta la giornata.

Che tempo faceva? Si sa che i partecipanti hanno sempre la tendenza a confondere morale e meteorologia, ma molti affermano di ricordare una giornata radiosa e senza nuvole. Tuttavia, secondo il fotografo dell'esercito, il solo reporter autorizzato, il cielo era piuttosto coperto, confermato dal bollettino meteorologico del giorno. Difficile dunque accordare un credito illimitato alle testimonianze orali.

L'immagine più emblematica della giornata del 25 luglio 1940

In queste condizioni è arduo ricostituire il contenuto esatto del discorso che è stato pronunciato sul mitico prato. Guisan non ha scritto nessun testo, aveva a disposizione unicamente delle note e ha parlato a braccio per circa mezz'ora. «È possibile che uno dei più stretti collaboratori del Generale abbia partecipato alla redazione del testo e dell'ordine d'armata distribuito in seguito.

Nel testo si riconoscono indiscutibilmente le idee e lo stile di Guisan. Il tono sobrio, diretto e chiaro del militare contrasta con la retorica brillante, ricercata e ambigua del politico Pilet», scrive Edgar Bonjour nel 1970. Nella sua monumentale biografia, Willi Gautschi da parte sua scrive: «Il testo del breve discorso di Guisan non è stato conservato, ma si sa che la maggior parte degli ascoltatori è stata colpita dalla sua franchezza». 

Agli occhi di René-Henri Wüst, nel 1940 giornalista e tenente nel Battaglione fucilieri 4, il rapporto del Grütli risponde alla profonda crisi che attraversava allora l'esercito: «Ma a che cosa serve, mio tenente, ci chiedevano, tenerci qui? Lo vedete bene che la guerra attorno a noi è finita. L'ha detto il presidente della Confederazione stesso... Allora, perché non lasciarci rientrare a casa? [...] Non credo che avremmo potuto resistere a lungo in un "ambiente" simile». 

Secondo le annotazioni di altri partecipanti, scritte al loro rientro, il discorso si è tenuto sulle generali ed è stato deludente. Uno di loro parla persino di «predichetta della domenica»

Testimonianze sul discorso di Guisan

Benjamin Vallotton, Coeur & Coeur. Le Peuple suisse et son Général, Lausanne, Editions de l'Eglise nationale vaudoise, 1950 (ricostruzione del discorso o di parti del discorso che avrebbe pronunciato il Generale)

Nei fatti, come i montanari di Waldstätten seicentocinquant'anni fa, oggi siamo soli, in balia di noi stessi.

Non abbiamo altro vicino che l'Asse. D'ora in poi la posizione dell'esercito che avevamo creato, contando sull'appoggio di una potenza contro l'invasore, è troppo estesa per le nostre sole forze. Di conseguenza ho portato il grosso dell'esercito in un ridotto nazionale attorno al Gottardo per difendere il passaggio delle Alpi e compiervi la nostra missione storica, costi quel che costi.

il Generale giunge a conclusioni costruttive: «Alle domande giustificate di congedo, i comandanti di unità, nel limite del possibile, devono dar prova di comprensione. È necessario vivere a fianco del soldato, condividere le sue preoccupazioni, aiutarlo quando rientra nella vita civile, risollevare il suo morale. Bisogna che la popolazione sappia che quanto succede alle nostre frontiere non muterà la nostra volontà di resistenza. Ufficiali, comandanti di truppe che condividete con me la responsabilità della difesa del Paese, bisogna che non solo i vostri subordinati riconoscano in voi questa risolutezza, ma la Svizzera intera, governi, parlamentari, tutti i cittadini, a qualsiasi partito, a qualsiasi religione appartengano, le vostre mogli, i vostri figli, tutti lo devono sapere. Con il vostro atteggiamento, le vostre parole, diffonderete attorno a voi la sicurezza che irraggia questa volontà, questa convinzione di resistenza. Così sarete degni degli uomini e dei mezzi che vi sono affidati».

Questa la conclusione:
«La consegna ho voluto darvela qui, al Grütli, nel luogo stesso in cui i nostri antenati hanno scambiato il giuramento grazie al quale noi oggi siamo ancora una nazione libera, su questo suolo da cui nasce l'appello della nostra storia [...]. La vostra presenza in questo sacro luogo conferma questo giuramento con solennità. Ho tenuto a riunirvi qui per darvi la consegna e la fede, per parlarvi occhi negli occhi, da camerata, da capo, da soldato».

Pennacchio sul piccolo imbarcadero del Grütli

***

Colonnello brigadiere Roger Masson, capo-redattore della Revue militaire suisse
(nel 1940 capo del Servizio Informazione svizzero),
«Revue militaire suisse», 1960

«Lo choc psicologico provocato dalla rapida disfatta francese suscita nella nostra popolazione e parzialmente nell'esercito un grave malessere e getta anche qualche dubbio sulla nostra volontà di resistenza. La paura si impossessa del paese e lo smarrimento degli animi si accentua. Davanti a questa situazione confusa si erge un uomo, il generale Guisan, che non è più solo il capo dell'esercito, ma colui che incarna il destino della nazione.

 Il rapporto del Grutli, fissato per il 25 luglio 1940, gli dà l'occasione di prendere personalmente contatto con i nostri ufficiali superiori, di spiegare loro con calma le ragioni e il senso della nuova consegna, di ispirar loro fiducia. Poi egli si china sullo stato d'animo della popolazione. Perché sa che un esercito che non è sostenuto dall'unanimità della nazione non avrebbe la forza morale indispensabile per compiere il suo gravoso compito. Sin dall'inizio del suo comando ha percorso il paese, ha incontrato la nostra gente, ha discusso delle sue preoccupazioni con i governi cantonali. Il generale Guisan, che parla le nostre tre lingue e pratica anche lo svizzero-tedesco, ha conquistato la popolazione innanzitutto con la sua semplicità, la sua cordialità, la sua umanità e, diciamolo, con il suo buon cuore. Il pericolo comune ha fatto di questo capo l'uomo della Provvidenza. 

Se l'articolazione del Ridotto provoca una certa decentralizzazione del comando, con Guisan si realizza la sutura morale fra la popolazione e l'esercito. Senza l'irraggiamento della sua personalità, la nostra difesa, in quei tempi problematici, rischiava di crollare nel dubbio e nello scoraggiamento che si erano impadroniti della popolazione svizzera. Questo è stato il suo merito essenziale».

***

Colonnello comandante di corpo Robert Frick (nel 1940 ufficiale SMG attaché allo stato-maggiore particolare del generale Guisan), TSR, 1.8.1965

...il paese ha capito meno bene (riferimento al ridotto nazionale). Non potete far capire a un Argoviese, a un Friburghese, a un Bernese o a un Vodese dell'Altipiano che l'esercito attraverserà la loro regione velocemente evitando la battaglia e abbandonando la popolazione al nemico. Sono cose assai penose e il Generale, lo ripeto, da uomo di questo paese qual' era, non poteva prendere una simile decisione con leggerezza. L'ha presa, l'ha sostenuta, noi abbiamo organizzato questo Ridotto nazionale e, se le circostanze lo avessero richiesto, vi avremmo potuto resistere a lungo. Così si giustificava la penosa decisione del militare Guisan, che ha dovuto ignorare il cittadino Guisan».

***

Colonnello brigadiere Emile Privat (nel 1940 comandante del Battaglione di fucilieri 10), Notes d'un commandant de troupes genevoises,1939-1945, «Revue militaire suisse», 1977

...A Berna abbiamo preso un treno speciale, al quale fu collegato a Gümligen il vagone-salotto del Generale. Nei pressi di Escholzmatt [Lucerna] vediamo lungo la strada ferrata una colonna di internati francesi, ufficiali in testa, che fanno la loro passeggiata quotidiana. Triste immagine. Sul battello, preceduto da un motoscafo con un ufficiale che tiene un binocolo puntato e tre uomini per servire un fucile-mitragliatore (che protezione anti-aerea!), troviamo un buon numero di camerati e ci si interroga sulla destinazione.

Poi ci sono minuti indimenticabili, di quelli che contano nella vita di una persona. In questa grandiosa cornice, nella sua semplicità, di fronte alle montagne di Uri, il Generale, con la sua voce altisonante, ci espone le ragioni che lo hanno spinto a decidere la scelta del Ridotto nazionale. Fa appello alle nostre responsabilità di capi affinché facciamo comprendere tali ragioni ai nostri uomini. Poi, in silenzio, la discesa verso il battello, dove ciascuno riceve un panino e una mela.

***

Georges-André Chevallaz
(nel 1940 tenente del Battaglione dei carabinieri 1), Le défi de la neutralité, Vevey, Editions de L' Aire, 1995

«Ci fu qualche colonnello snob che si lamentò di essere dovuto venire da lontano per sentire così poco. Alcuni, e fra i più ragguardevoli, non nascosero la loro disapprovazione, considerando il discorso come una provocazione nei confronti della Germania.
 La maggioranza però considerò il Rapporto e la fermezza del Generale nel dare la consegna di resistere, come un atto simbolico, solenne ed essenziale.

... ne ho sentito spirare il soffio corroborante su una compagnia demoralizzata dallo smarrimento provocato dalla disfatta francese, .... e da una propaganda disfattista sistematicamente condotta dall'estrema sinistra».

***
Max Frisch, Libretto di servizio (Dienstbüchlein, 1974), Torino, Einaudi, 1977, pp. 42-43; traduzione di Enrico Filippini

Il suo busto era appeso allora a colori in tutte le osterie e in tutti gli uffici pubblici: un signore paterno, degno di fiducia, la faccia di un gentiluomo di campagna. Ciò che inoltre non potevamo sapere: il 14.8.1940, e quindi appena un mese dopo il Rapporto Grütli, il generale Guisan invita il Consiglio federale a inviare a Berlino una delegazione guidata dal ministro
C. J. Burckhardt: "pour tenter un apaisement et instituer une collaboration". II Consiglio federale non aderì alla sollecitazione».

***
Arnold Comte (nel 1940 capitano), Témoignage: Le rapport du Rütli, 25 Juillet 1940,
«Le Brecaillon», 1987, 7, pp. 36-40

Signor Comte, lei ha partecipato a questa giornata storica. Come l'ha vissuta?

«All'epoca ero capitano e sostituivo il comandante di un gruppo d'artiglieria, un maggiore, da qualche tempo malato. E dunque a questo titolo che sono stato convocato al Grütli ed ero forse il solo capitano poiché l'ordine era destinato ai soli ufficiali superiori!».

Qual era l'atmosfera che regnava nel gruppo che comandava, dopo il discorso di Pilet-Golaz?
Sia chiaro che posso parlare solo dell'unità in cui ser-vivo. Avevamo la sensazione, dopo questo discorso, che da parte delle autorità civili ci fosse una sorta di tentennamento, di paura».

Ricorda le parole del Generale?

«Nei dettagli no, non me le ricordo più. Invece mi ricordo molto bene il tono del Generale: franco, diretto, ci parlava da uomo a uomo, dava un'impressione di solidità, parlava con convinzione. Ha insistito sul pericolo delle informazioni false, della propaganda. Credo di poter ricordare che abbia detto: "Se sentite dire che il Generale o il Consiglio federale hanno capitolato, non credetelo! Si tratta di pura propaganda!". Ha parlato del Ridotto e delle possibilità che ci dava di resistere.

Il ridotto nazionale

Che cosa ha fatto una volta tornato al suo gruppo di artiglieria?

«Appena arrivato, sono stato raggiunto dal medico del gruppo, che mi ha detto: "Il morale della truppa è ai minimi livelli. Sanno che si deve ripiegare sul Ridotto, sono inquieti, dobbiamo fare qualcosa". Poco dopo altri ufficiali mi hanno detto le stesse cose. Allora ho deciso di parlare ai soldati. Ho riunito il gruppo fuori dalla località in cui ci trovavamo; le batterie si sono addossate a una foresta e ho detto in sostanza agli artiglieri: "So che siete inquieti, che temete di lasciare le vostre famiglie dietro di voi. Ebbene! Sono altrettanto inquieto di voi! Vengo da Ginevra! In caso di guerra la città sarà in prima linea e là si trova la mia famiglia! Dunque su questo piano siamo uguali e io vi parlo da uomo a uomo. Per quel che concerne il Ridotto, non dimenticate che è il generale Guisan che ha preso la decisione, è un Vodese! Voi siete Vodesi, voi dovete aver fiducia in lui!". Ho spiegato che il Ridotto aumentava le nostre possibilità di resistenza, che avevamo un capo convinto della sua missione, ecc. Il giorno seguente siamo partiti; non c'è stato alcun problema, il morale era risalito».

Conclusioni

Giusan ridà animo e fiducia dopo il discorso pieno di futuro incerto, pieno di cambiamenti di Golaz. Invece che sperare nella divina provvidenza, come fa Golaz, Guisan parla nelgi occhi agli Svizzeri, la parloa d'ordine tornma essere un risoluto "resistere!", anche a costo di ritirarsi sulle montagne, anche a costo di lasciare la polpolazione sulle pianure senza difesa. Inutile spendere inutilmente forze dove si verrà soverchiati. 

Ecco alcune considerazioni di alcuni storici:

Roland Ruffieux, La Suisse de l'entre-deux-guerres, Lausanne, Payot, 1974

quella del rapporto d'armata che rispondeva alle necessità del momento: il generale cercava di "parlare" ai responsabili dell'esercito per spiegare loro il senso e la portata delle nuove misure: gli ufficiali si aspettavano dal loro capo una consegna pubblica per trasmetterla alla truppa. La riunione di circa 650 ufficiali, dal comandante di battaglione al comandante di gruppo, non è stato semplicemente un briefing, ricordava piuttosto l'antico Kriegsrat (Consiglio di guerra) della vecchia Confederazione».

Urs Graf, consiglio di guerra
***

André Lasserre, La Suisse des années sombres, Lausanne, Payot, 1989

«Questa visione semplicistica [il generale e l'esercito resistono mentre il governo indietreggia] si impone naturalmente in occasione di una crisi in cui le sfumature non sono opportune. A cose fatte questi messaggi sembrano piuttosto un complemento all'allocuzione del 25 giugno.
Il loro obiettivo è prioritariamente il popolo e l'esercito di cui vogliono stimolare le energie. Il discorso di Pilet-Golaz era rivolto all'esterno. L'effetto fu dunque opposto: in giugno il popolo non fu soddisfatto e la Germania fu rassicurata; in luglio riprese coraggio, ma l'Asse si indignò e il Consiglio federale restò sulle sue o imbarazzato, per non dire di più: la sua politica estera non poteva che soffrire per questo tintinnio di sciabole».

***

Rapport final de la Commission Indépendante d'Experts: Suisse - Seconde Guerre Mondiale, Zurich, Pendo, 2002

Bircher valutò forse correttamente la situazione quando affermò che i Tedeschi sarebbero arrivati fino a Berna senza problemi con un solo reggimento di blindati».

***

Dominique Dirlewanger, Tell Me. La Suisse racontée autrement, Lausanne, UNIL, 2010

«... Alcuni storici stimano persino che il Ridotto nazionale è un segnale di pacificazione rivolto al regime nazista, un'indicazione che la Svizzera difenderà gli assi alpini cruciali per gli scambi economici fra la Germania e l'Italia. Inoltre la smobilitazione parziale delle truppe offre una mano d'opera alle industrie che esportano verso la Germania».

Bonus: 5 motivi per cui la Svizzera non é stata invasa 

E anche in quest'ottica che si può capire perché la Svizzera sia riuscita nel corso del conflitto a preservare la sua neutralità senza appellarsi all'uno o all'altro dei belligeranti.

Motivo #1

Una delle primissime ragioni è una ragione strategica. Rivolti verso le isole britanniche, poi verso l'immensità russa, i Tedeschi hanno considerato la Svizzera come un piccolo paese che al momento della vittoria finale del Reich sarebbe caduto nelle loro mani.

Motivo #2

La seconda ragione è la determinazione dell'esercito a distruggere, in caso di necessità, le linee ferroviarie transalpine. Mantenendosi in pace con la Svizzera, i Tedeschi hanno potuto utilizzare queste cruciali vie di comunicazione al riparo dai bombardamenti alleati. Perché il Regno Unito ha rispettato la neutralità svizzera. Il paese non è mai stato bombardato se non per errore. Al contrario, il suo spazio aereo è stato regolarmente violato.

Motivo #3

La terza ragione è legata sia alla neutralità sia ai «buoni uffici» che la Svizzera poteva offrire. Per tutta la durata del conflitto essa ha agito come uno studio di avvocatura che patrocina entrambi campi e rappresenta ciascuno degli attori presso la parte avversa. È dunque un luogo di collegamento in mezzo all'Europa fra i differenti belligeranti e una piattaforma per le informazioni.

Motivo #4

La quarta ragione per cui la Svizzera non è stata invasa sono state le banche e la sua industria di esportazione.

Motivo #5

La quinta ragione è l'aver continuato gli scambi commerciali con la Germania dopo la capitolazione della Francia, perché non esisteva altra scelta. La Francia e il Regno Unito consentono d'altronde, sin dall'inizio della guerra, la continuazione di queste relazioni. Alla Confederazione del resto non rimaneva altra scelta: lavorava con la Germania perché priva delle materie prime e delle risorse energetiche necessarie per far funzionare l'economia.

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Non ce ne sono tantissime, ma quando viene organizzata una conferenza sulla storia delle nostre vallate faccio il possibile per partecipare. A quella sulle emigrazioni dalle valle ambrosiane giungo appena in tempo e trovo la saletta delle conferenze del Museo di Leventina molto affollata. Giusto il tempo di trovare una sedie in seconda fila e la conferenza inizia.     La compagnia Correcco-Bivio assicurava viaggi in tutto il mondo e con una traversata dice in sei giorni cui celerissimi vapori postali Emigrazione e immigrazione In realtà non si trattava solo di emigrazione, la trasversalità da montagna a montagna faceva sì che ci fossero delle famiglie che partivano dai comuni in altitudine per andare a lavorare nelle città d'Italia e contemporaneamente in questi comuni arrivavano persone da fuori a fare il boscaiolo , per esempio nel mendrisiotto arrivano dalla Val d'Antrona, dalla val Brembana, oppure spostamenti trasversali da valle a valle: dalla val Verzasca si spostavan...

Donne sfiorite

Questo idilliaco quadro l’ho visto due volte in pochi mesi: alla galleria Züst di Rancate e al MASI di Lugano pochi mesi dopo. Ma poco importa. Idilliaco e utopico  Il canto dell'aurora, 1910 - 1912 Luigi Rossi (1853–1923) 1910–1912, olio su tela. MASI Lugano. Deposito Fondazione Antonio Caccia. Acquisto 1913 Sotto un ampio cielo, si apre il paesaggio della Capriasca, luogo di villeggiatura estiva del pittore, in cui sono collocate quattro contadine che intonano un canto, orientate verso i punti cardinali. Il tema dei contadini al lavoro, ampiamente trattato dall’artista, mostra un rapporto sereno fra la natura e l’uomo, mentre la resa pittorica, dalle pennellate parzialmente filamentose, rende il soggetto quotidiano atemporale e simbolico. Quello che importa sono le identiche sensazioni che mi ha trasmesso entrambi le volte. La prima cosa che ho notato sono le gerla: vuote! Finalmente e inesorabilmente vuote! Ci voleva un quadro per una visione simile, che io ricordi non esiste fo...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

Ufenau

L’ho rasentata durante la passeggiata Einsiedeln - Rapperswil, e mi sono fatto ingolosire. La presenza del Huttenwyl li esiliato non ha fatto altro che aggiungerci fascino. Approfitto di una giornata tersa per andare in avanscoperta della piccola ma affascinante isola di Ufenach (o Ufnach). Giusto per approcciarmi in maniera soft prendo il primo battello da Zurigo Bürkiplatz e mi godo il docile ondeggiare verso la parte meridionale del lago Ripresa con un drone da un'altezza di 300 metri: Arnstein, il punto più alto dell'Ufenau con i suoi 17 metri, si trova a destra del molo. Foto: Emanuel Ammon/Aura Cartina del 1844 dell'isola di Ferdinand Keller Dal 1857 i battelli a vapore attorcano a Ufenau. Da quel momento si assiste a un incremento di visite sull'isola e con esso souvenirs come questa cartolina degli anni 1900 Preistoria Le tracce della presenza umana su Ufnau risalgono alla preistoria. I resti di un tempio gallo-romano del II/III secolo d.C. dimostrano che l...