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La spedizione della folle vita

Ci sono i classici che conoscono tutti e poi ci sono le chicche, ci sono le hit e poi le B-Side. Tutto quello che viene dato in pasto alle masse ed é universalmente conosciuto non sempre però corrisponde anche nell’essere il più succoso e appetitoso. Ci sono canzoni in alcuni album che vivono all'ombra di grandi classici quando meriterebbero di brillare di luce propria in una copertina di qualsiasi altro album.

In questo contesto si piazza l'episodio della spedizione della folle vita. Essa nasce da una serie di eventi molto più tramandati quali le guerre di Borgogna (1474-1477).

Carnevale 1477

Gli svizzeri trovarono modo di farsi il sangue amaro tra di loro dopo che il grosso, l'epico tris di vittorie asse Grandson-Morat-Nancy contro Carlo il temerario aveva avuto un insperato successo, o almeno, non in quel modo. Il malcontento nacque al momento del far i conti intasca; i soldati di Uri e Svitto rientrati dalla guerra (Nancy fu l'ultimo atto il 5.1.1477) e scontenti della spartizione del bottino fondarono la società della folle vita. Missione: recarsi a Ginevra a reclamare la parte di bottino mancante.

Le ultime truppe confederate tornarono dalla Lorena all'inizio del 1477, esaltate dall'esperienza della guerra e dall'ebbrezza della vittoria e cariche di un ricco bottino. Nel febbraio del 1477 Friborgo e Berna rimandarono a casa gli ostaggi ginevrini - che sarebbero dovuti rimanere fino all'estinzione del debito - malgrado fossero stati restituiti soltanto duemila dei ventiseimila scudi dovuti. Questo debito residuo non sarà privo di conseguenze.

I cantoni della Svizzera centrale sostenevano che la Savoia dovesse loro del denaro perché a suo tempo avevano rinunciato a saccheggiare e devastare la zona di Ginevra. Inoltre accusavano Berna di avere incamerato una quota delle indennità di guerra maggiore di quanto le spettasse.

Durante il carnevale, i giorni di follia in cui i confederati lasciavano andare ogni freno, gli animi si surriscaldarono; ragazzi scatenati di Uri e Svitto fondarono la "Società della folle vita", una delle tante congreghe in cui si riunivano giovani scapoli e che svolgevano un ruolo portante nell'apparato statale della Confederazione, organizzando gare di tiro e feste d'ogni sorta. Questa volta, però, era in gioco molto di più di allegri eccessi e innocue burle: si trattava di politica, più esattamente di politica estera. I cantoni rurali avevano un messaggio chiaro e uno scopo preciso: riprendersi ciò che ritenevano loro.

Cinghiale con clava

La nuova associazione si diede anche un'insegna, che raffigurava un cinghiale in corsa e una mazza su fondo blu. La denominazione di "Saubanner", "bandiera della scrofa", s'impose solo dopo alcune generazioni, soppiantando l'originaria simbologia politica dell'insegna; infatti i contemporanei chiamavano il vessillo della Società della folle vita "Polbempanner", "bandiera della mazza", e ne riconoscevano immediatamente il significato.

Il cinghiale

In araldica il cinghiale era simbolo di sprezzo del pericolo e combattività, ma anche di solidarietà: quando un cinghiale viene ferito, tutto il branco accorre per proteggerlo e difenderlo, come sa ogni cacciatore ancora oggi.

La mazza

Anche la mazza aveva un significato politico. Nell'Oberland bernese, i ribelli guidati da Hänsli Schumacher, un contadino di Brienz, avevano usato la mazza come simbolo di rivolta contro le autorità già durante la guerra di Zurigo e molti confederati conoscevano quella storia.

La mazza era una primitiva arma da botta, formata da un bastone di legno o di metallo con una testa simmetrica di metallo, simile a un'alabarda o a una clava. I francesi disprezzavano quest'arma plebea, perché i cavalieri usavano esclusivamente lancia e spada. La mazza esprimeva il potere del popolo nel far valere il diritto. In passato, nella zona di Berna e nel Vallese, C'erano state rivolte popolari nelle quali erano state impiegate le mazze. Era nota la storia della cosiddetta "Mazza del Vallese", un pezzo di legno alto come un uomo con una faccia grossolanamente scolpita, in cui ognuno in segno di appartenenza conficcava un chiodo di cavallo. Verso il 1420 il popolo si sollevò contro l'oppressione delle autorità nel nome di questa testa di legno chiodata. Quindi il messaggio della bandiera della mazza era inequivocabile e chiaro per tutti: il popolo vendicava l'iniquità, si faceva giustizia da sé.

I Fratelli della Vita di Torrecht si riuniscono a Zugo sotto lo stendardo blu con clava e scrofa dopo il ritorno dalla battaglia di Nancy, 1477. Illustrazione dalla Cronaca di Berna

Ma perché Ginevra?

Torniamo indietro di qualche anno per capire meglio: nel 1475, durante una spedizione in territorio vodese, i Confederati estorsero alle autorità ginevrine una somma colossale per risparmiare la città e non bruciarla. All'epoca, la tesoreria della città non era in grado di raccogliere l'intera somma, quindi fu chiesto alla Chiesa di contribuire, ma nonostante questi sforzi congiunti, rimase un debito di 24.000 fiorini. Così, nel 1477, due anni dopo, i ginevrini dovevano ancora pagare il saldo dopo la battaglia di Nancy.

Replica dello stendardo originale
dopo la raffigurazione del Saubannerzug nella Cronaca di Berna di Diebold Schilling il Vecchio,
Volume 3 (1478-1483), Burgerbibliothek Bern.

Verso Ginevra

Durante il carnevale del 1477, la spedizione della Folle Vita parte da Zugo verso la Svizzera occidentale con l'intento di esigere da Ginevra il pagamento della somma promessa.
La Società della folle vita mandò messaggi nei cantoni rurali invitando altri giovani a unirsi alla spedizione contro la Savoia, infatti alla spedizione si unirono più tardi anche soldati di ventura di altri cantoni della Svizzera centrale; nell'arco di un mese si radunarono centinaia di volontari provenienti da Zugo, Uri, Svitto, Untervaldo e Glarona, ma anche da Zurigo e Lucerna. Il numero complessivo dei partecipanti è stimato attorno alle 1700 persone.

Le autorità di Zurigo, Berna e Lucerna vedevano lo scenario peggiore: orde indomite avanzavano rapidamente nella Svizzera francese, mentre le tre città negoziavano lucrosi contratti di mercenariato con Francia e Savoia! Cosa sarebbe successo se le potenze straniere si fossero accorte che i loro partner svizzeri faticavano a controllare i propri sudditi? Ambasciatori di Berna, di altri cantoni e delle città di Ginevra, Basilea e Strasburgo furono inviati a incontrare gli insorti; furono inviate anche truppe regolari, 3000 uomini secondo una lista di reclutamento bernese che riuscirono a fermare la spedizione prima che arrivasse a Payerne e a Losanna. Questo contingente, che ovviamente serviva come dimostrazione di forza verso l'esterno, aveva anche un ruolo all'interno del Paese

Il cosiddetto Saubanner mostra un giullare (riconoscibile dal suo cappello da giullare) che nutre una scrofa e tre maialini. In alto a sinistra, due stemmi della famiglia Wickart di Zugo sono raffigurati accanto allo scudo di Zugo. Bandiera originale esposta al museo Burg di Zugo

Sembra certo che il Saubanner fosse la bandiera sociale di un'associazione di ragazzi di Zugo che si faceva chiamare "Grossmächtiger Rat der Stadt Zug" (Grande Consiglio della Città di Zugo). L'associazione denunciava la cattiva condotta morale ed eleggeva ogni anno il più grande peccatore tra le sue fila come signore dello stendardo. Lo stendardo, che probabilmente ebbe origine nel XVII secolo, era tradizionalmente custodito dai membri della famiglia Wickart. Questo spiega i due stemmi della famiglia Wickart accanto allo scudo da tiro in alto a sinistra dello stendardo.

 È improbabile che la bandiera attuale sia quella che veniva portata come stendardo nel "Saubannerzug" del 1477. Lo scriba e cronista bernese Diebold Schilling il Vecchio (1436/39-1486 circa), che fu testimone dell'arrivo del gruppo di guerra a Berna e lo registrò con parole e immagini, descrisse la bandiera in modo molto diverso da quello descritto sopra: su di essa, un cinghiale e una mazza, simbolo dell'auto-aiuto e dell'auto-potere, erano raffigurati in bianco su sfondo blu.

Pur essendo stata risparmiata, Ginevra non uscì indenne da questo conflitto: dovette pagare immediatamente 8.000 fiorini e furono presi otto ostaggi come pegno per il saldo. Questi furono distribuiti a coppie nei cantoni di Uri, Svitto, Untervaldo e Zugo. Inoltre, la città doveva compensare ogni partecipante alla spedizione con due fiorini in contanti e offrire il "coup de étrier", cioè quattro barili di vino.

Diebold Schilling il vecchio

Fu il turno del cronista di entrare in scena. Diebold Schilling il Vecchio (1436-1486), zio del famoso storiografo lucernese, fu incaricato dal Gran Consiglio bernese di scrivere una cronaca. Questa fu pubblicata in tre volumi tra il 1474 e il 1483. Nel terzo volume, Schilling dedica ampio spazio alla spedizione della "Folle Vie" e conferma come gli insorti abbiano conquistato le città di Lucerna, Burgdorf, Berna e Friburgo. In quattro occasioni, gli stendardi di Uri e Svitto guidano la marcia, così come gli stendardi delle truppe regolari dei cantoni originari. A Berna e a Friburgo sono seguiti dallo stendardo con la clava, come riporta Schilling. È difficile fraintendere chi guida e chi segue!

 Diebold Schilling, Cronaca di Berna del 1483, versione originale (manoscritto Z): il corpo franco della Madonna che entra nella città di Berna nel 1477. Si vedono prima gli stendardi di Uri e Svitto e, alla fine del corteo, lo stendardo con il cinghiale e la clava

Quando la città negò loro l'accesso, urlarono e minacciarono di guadare l'Aar. A quel punto, contro il parere della guarnigione confederata, i bernesi aprirono le porte al corpo franco, ufficialmente a causa del freddo pungente. Le autorità cittadine trattarono con gli intrusi, i quali assicurarono che non volevano la guerra ma soltanto il denaro ancora dovuto dalla Savoia, e confermarono che avrebbero lasciato in pace tutti gli alleati.
Due giorni dopo il corpo franco proseguì alla volta di Ginevra.

Diebold Schilling, Cronaca di Berna del 1483, versione ufficiale (manoscritto B), commissionata e approvata dal Gran Consiglio bernese: Ingresso del Corpo Libero della Follia nella città di Berna nel 1477. I due stendardi di Uri e Svitto sono scomparsi e il carattere ufficiale del corteo è stato cancellato. L'immagine è dominata da un unico stendardo non ufficiale con cinghiale e clava 

Ricostruzione dello stendardo non ufficiale esposto assieme alla bandiera esposti al museo Burg di Zugo

Ma non finisce qui.

Le tensioni tra città e campagna si faranno sempre più marcate fino a sfociare ad una profonda crisi al momento dell'entrata di Soletta e Friborgo nella Confederazione. I cantoni cattolici erano profondamente preoccupati che l'ago della bilancia volgesse irrimediabilmente a favore delle città. Solo un intervento non intervento di Nicolao della Flüe, del quale non sappiamo che parole utilizzò, salvò la Confederazione da una guerra interna

San Nicolao dipinto sulla facciata esterna della chiesa di Sachseln mentre secondo la leggenda contribuisce a riappacificare i cantoni di campagna e città a Stans nel 1481. Come detto San Nicolao non partecipò di persona alla Dieta.

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