La posizione del museo nazionale delle dogane é molto particolare: difficile da raggiungere, solo via lago o via inerpicati sentieri: già questa caratteristica fa passare il messaggio che il lavoro delle guardie di confine non si limita agli ingressi principali, ma buona parte degli sforzi vanno fatti in posti impervi, difficilmente raggiungibili, proprio dove si potrebbe pensare ci sia meno controllo.
Cippo di confine tra Svizzera e Lichtenstein, garetta e sullo sfondo il museo, ex postazione doganale
Questo posto doganale è stato ricostruito secondo lo stile architettonico degli anni Sessanta e Settanta. Da qui, la guardia di confine sorvegliava il lago. Oggigiorno nel Corpo delle guardie di confine non si usa più stare di guardia col binocolo.
Il museo é in località cantine di Gandria
Molte le storie che passano sul confine, alcune di queste riportate nel museo delle dogane di Gandria. Una delle più sensazionali i é inerente il sottomarino del lago Ceresio di cui già ho parlato.
Guardie di confine di una volta - Il confine verde
Fino a metà del ventesimo secolo, al confine con l'Italia fioriva il commercio illegale. Il contrabbando si diffuse soprattutto durante la guerra e nel dopoguerra. Si trattava perlopiù di merci ambite e rare, ad esempio sigarette, zucchero, caffè e riso. Chi riusciva ad attraversare il confine via lago o per i boschi, grazie al contrabbando poteva guadagnare molto bene.
Il posto di confine a Cantine di Gandria è rimasto occupato dal 1856 al 1921.
Nel 1848 nasce la Svizzera moderna.
La Confederazione si occupa ora di prelevare i tributi ai confini nazionali. Deve dunque costituire un proprio apparato amministrativo per riscuotere i dazi. In questo ufficio doganale della seconda metà dell'Ottocento due guardie siedono alle scrivanie intente a registrare le merci da assoggettare all'imposizione fiscale.
Un lavoro non semplice, perché le merci erano imposte secondo modalità diverse: in base al peso, al valore di mercato (difficile da stabilire), al numero di carri trainati da cavallo ecc.
Il funzionario sulla sinistra lavora con una macchina da scrivere Remington: un piccolo gioiellino tecnologico dell'epoca. L'organizzazione e la meccanizzazione del lavoro amministrativo sono qui agli albori.
Batz
Il 30 giugno 1849 l'Assemblea federale approva la prima legge federale sulle dogane e la prima tariffa doganale, la cui particolarità è che tutti gli importi erano espressi in batz. La sovranità monetaria spettava ancora ai Cantoni e tra le svariate monete che circolavano in Svizzera vi era appunto il batz. Importare un bovino costava 1 batz, un cavallo 20 batz, mentre per un
"quintale svizzero" (ovvero 80 kg) di birra o di caffè si sborsavano 10 batz. Nel 1850 la Confederazione assume la sovranità monetaria e introduce il franco come moneta nazionale. Nel 1851 la tariffa dei batz è dunque abrogata e sostituita da una nuova tariffa più articolata e con gli importi espressi in franchi, che resterà in vigore per un trentennio, fino al 1884.
Moneta da 5 batz del canton Berna - 1808
I Trucchi - la scarpa
La politica doganale svizzera era più liberale rispetto a quella italiana, che prevedeva monopoli e dazi elevati. Perciò il contrabbando era esercitato soprattutto verso l'Italia. Dai rendiconti annuali inviati a Berna dal Circondario ticinese emerge che i contrabbandi sventati dalle guardie svizzere erano a quel tempo poco numerosi e riguardavano in genere beni di scarso valore: un po' di limoni, mais, tela, formaggio, ceramica comune.
Ad ogni modo l'ingegno dei contrabbandieri non ha pari: vediamo qui il sequestro di una catenina d'oro nascosta in una suola di scarpa. In passato in questi luoghi la sfida tra guardie e contrabbandieri era quotidiana.
Cartolina d'epoca con guardie di confine che ispezionano una barca sul Lago di Lugano
Cane contrabbandiere con le merci in groppa: una forma di contrabbando molto diffusa negli ultimi decenni dell'Ottocento
Guardie di confine scrutano il lago
Al termine della guerra con lo sviluppo della motorizzazione cambiano i trucchi per occultare le merci (Archivio di Stato del Cantone Ticino)
Una vita in uniforme
Le guardie di confine vivevano sotto stretta disciplina. La giornata lavorativa durava dieci ore e aveva orari molto precisi: guai a svegliarsi in ritardo. I servizi in montagna, al freddo e alle intemperie, erano sfiancanti e non privi di pericoli.
Guardie di confine in pausa a Chiasso con l'uniforme modello 1895. In precedenza, l'uniforme variava da regione a regione (Archivio storico IV Circondario doganale)
Le guardie dovevano avere una moralità irreprensibile anche nella vita civile, perché secondo il Comando chi era "legato di amicizie e inclinato ai divertimenti (...) facilmente contrae l'abitudine di frequentare le bettole, il che pregiudica enormemente il servizio". Chi sgarrava la pagava.
Nel 1851 una guardia in punizione restò a digiuno per ventisei ore:
"I Galiotti alla berlina, - scriveva al direttore - se chiedessero un tozzo di pane, loro non rifiuterebbesi, e a me si nega!".
Le guardie di confine trascorrevano gran parte della loro vita in uniforme, che doveva sempre essere impeccabile. Senza un armadio in camera, gli abiti dovevano essere perfettamente piegati e allineati su una panca. Il vestiario, che le guardie dovevano pagare da sé, comprendeva: uniforme o soprabito, pantaloni di panno e di tela, ghette, berretto, una cravatta, un cappotto di panno e un chepì (copricapo con visiera rigida).
Le guardie erano dotate anche di cornetti da cacciatore per evitare di lanciare le richieste di aiuto con degli spari. Agli inizi del Novecento i cornetti furono tuttavia aboliti per diversi abusi. Accadeva, ad esempio, che al suono per controllare lo svolgimento di un servizio, rispondesse la moglie della guardia...
Gli alloggi
Un tempo le guardie erano obbligate a risiedere in caserma. Nel 1867, alla richiesta di una guardia di alloggiare con la moglie, il Comando rispose: "Può cercarsi un altro lavoro"! Tempo dopo, alle guardie sposate fu consentito di vivere in caserma con i propri cari. Cantine di Gandria ospitava tre guardie e le rispettive famiglie. Nel 1921 furono sostituite da tre giovani celibi in grado di meglio sopportare questo luogo, senza telefono né elettricità, tanto incantevole nella bella stagione, quanto freddo e umido in inverno. Le guardie dormivano su un letto assai semplice con un materasso di foglie di mais, in dotazione quattro lenzuola ogni tre anni. Utilizzavano uno scaldaletto con la brace e non mancava mai il vaso da notte.
La "casetta rossa" ,situata pochi minuti a piedi dal Museo in direzione di Caprino.
Costruita nel 1853, è stata il posto di confine delle guardie svizzere fino a inizio Novecento (Archivio storico IV Circondario doganale)
La scoperta dell'America dà avvio a una rivoluzione delle abitudini alimentari e di costume. Oltre al mais, altri prodotti, definiti "coloniali", diventano di uso quotidiano: il caffè, lo zucchero, il tè e il tabacco. Diffusosi in Europa durante il XVII secolo, il tabacco veniva utilizzato trinciato, in piccoli pezzettini, caricato nella pipa per essere fumato o aspirato attraverso il naso. Il tabacco da fiuto ha da subito grande diffusione, mentre la pipa diventa ben presto la fedele compagna di soldati e marinai, finché non dovrà competere con la diffusione dei sigari. Nei primi decenni del XX secolo, la redditizia coltivazione del tabacco conquista le campagne, continuando allo stesso tempo ad alimentare anche il contrabbando.La ramina
Per contrastare il contrabbando, lo Stato italiano ricorse a misure drastiche. Negli anni Ottanta dell'Ottocento la Guardia di Finanza fece innalzare, e poi estendere continuamente, un recinto metallico (denominato ramina in Ticino) al confine con la Svizzera.
Fino al 1894 il recinto nel circondario di Como aveva una lunghezza di 7,2 chilometri, a Varese di 13,5 e a Luino di 10,4. Esso correva anche a sud del posto guardie di confine di Cantine di Gandria, lungo le cime del Monte Caprino.
Il recinto di confine era costituito da pali ancorati nel terreno, a una distanza tra gli 8 e i 10 metri uno dall'altro. La rete metallica, alta circa 3,7 metri, e con una maglia di 30 x 10 centimetri, era munita di campanelle e di molle. Ad ogni tentativo di passaggio il suono allertava le guardie di confine.
La ramina nei pressi del poncione d'Arzo
La ramina rimase in funzione fino alla metà degli anni Settanta, momento in cui il contrabbando tradizionale attraverso il confine verde diminuì drasticamente."
Quando il recinto fu costruito, non era ben visto da gran parte della popolazione, soprattutto perché separava i paesi dalle loro Alpi. I contadini erano costretti a fare lunghe deviazioni per attraversare la ramina nei punti di passaggio che la Guardia di Finanza apriva oltretutto solo a determinati orari.
Mentre l'Italia investì molto denaro nella costruzione del recinto al confine, la Svizzera non era affatto interessata a questo tipo di dispositivo costoso e complicato per contrastare il contrabbando. Il numero di guardie italiane e svizzere presenti al confine tra la provincia di Como e il Ticino illustra perfettamente la situazione: se nel 1885 in quel territorio erano stazionate circa 1300 guardie di finanza italiane, nello stesso territorio le guardie svizzere non erano nemmeno 50.
Profughi che oltrepassano la ramina durante la seconda guerra mondiale
Modo di dire che ha preso piede nel lessico ticinese Cani fidi alleati
Nel 1932 nella regione del Serpiano la polizia ticinese era alla caccia di un fantomatico ladro di galline. Dopo vane ricerche, si decise di affidarsi ad Astor, un bel pastore tedesco, che riuscì a scovare il posto in cui una volpe aveva nottetempo sotterrato ben 60 galline.
Il mistero era svelato. Alla sua morte, il padrone con la pelle ne fece uno scendiletto.
Questo "macabro" gesto segnala in realtà l'attaccamento tra il cane e il suo padrone.
I cani sono stati introdotti nel Corpo delle guardie di confine nel 1923 e divennero un'irrinunciabile risorsa. Nel 1930 il cane Fürst ritrovò un portafoglio smarrito, nel 1943 Pichel salvò un signore disperso nella notte nella regione di Arogno, mentre Rölf fermò una banda di ben 43 contrabbandieri.
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