Passa ai contenuti principali

Ticinesi nella campagna di Russia - Capitolo primo - Adunata

Uno dei grandi punti indigesti agli abitanti della vecchia confederazione, e ancor più agli abitanti dei baliaggi ticinesi, era l'obbligo di prestare servizio di milizia per le armate napoleoniche.

Mentre una piccola parte di giovani si lasciava cavalcare dalle nuove idee (Giovan Maria Salati per dirne uno), gli altri avevano già altri programmi, uno su tutti la stagione di emigrante per racimolare il necessario per mandare avanti la baracca. Questo fu uno dei punti principali perché la repubblica elvetica rimase altamente indigesta dalle nostre latitudini.


Seimila mercenari svizzeri perirono nella disastrosa campagna di Russia al comando di Napoleone. Sui campi di battaglia c'erano anche soldati bleniesi, che di fronte al pericolo fecero un voto: se fossero scampati avrebbero prestato servizio in divisa militare ogni anno per la festa della Madonna. Al loro ritorno tennero fede alla promessa e ancora oggi i bleniesi continuano la tradizione.
La loro sfilata è un segno di ringraziamento alla Madonna per la protezione che ha dato ai nostri antenati durante la campagna di Russia fino al ritorno a casa.

Cazzeggiando per la biblioteca cantonale di Bellinzona mi ritrovo per le mani un libricino che riporta le informazioni sui soldati ticinesi arruolati niente meno che per la (poi) disastrosa campagna di Russia.

I reggimenti svizzeri

I reggimenti svizzeri al servizio della Francia erano considerati tra le migliori truppe d'Europa. Dopo avere servito sotto l'Ancien Régime e nelle demi-brigades elvetiche dell'era repubblicana, furono ricostituiti da Napoleone a partire dal 1805. Nel 1812 i 4 reggimenti svizzeri servirono nella "Divisione rossa", la 9' Divisione di fanteria del generale Merle, parte del 2° Corpo del maresciallo Oudinot. Alla Beresina salvarono le loro "aquile", ma lasciarono sul terreno l'80% degli effettivi.

FRANCIA FUCILIERE 1° REGGIMENTO DI FANTERIA SVIZZERO, 1812

L'equipaggiamento. Indossavano l'uniforme francese, ma in rosso. Il 1° Reggimento portava il colore distintivo giallo bordato di blu su colletto, paramani e risvolti. Anche l'equipaggiamento e l'armamento erano gli stessi della fanteria francese, con il fucile d'ordinanza modello 1777 anno IX. Con il clima freddo veniva indossato sull'uniforme il pastrano grigio, a un petto o a due petti. 
Punto dolente i bottoni; accadde che i bottoni di stagno delle uniformi francesi non ressero al gelo dell'inverno russo, sgretolandosi e impedendo di fatto agli uomini di tener chiuse le uniformi e quindi di combattere (contribuendo così alla débâcle di Napoleone).

I reggimenti restarono 4, ma la loro forza ridotta a 3 mila uomini ciascuno. Ogni reggimento di 3 battaglioni di guerra, 1 mezzo battaglione di deposito e 1 compagnia di artiglieria

Ogni battaglione di guerra si componeva di 6 compagnie di 140 uomini ciascuna (ufficiali, sott'ufficiali e soldati), ossia di
  • 1 compagnia di granatieri
  • 1 compagnia di volteggiatori
  • 4 compagnie di fucilieri
Soldo e stipendio (ufficiali) eguali a quelli per la fanteria di linea francese.

Ogni reggimento aveva una musica e come insegna l'aquila imperiale. Le aquile venivano consegnate ai corpi da Napoleone in persona, ma solo dopo che se le erano guadagnate sul campo di battaglia, ossia dopo il battesimo del fuoco. Questa consegna delle aquile assumeva l'importanza di una grande solennità militare, con sfoggio di parate, banchetti e discorsi.

I reggimenti svizzeri portavano, come del resto tutti gli altri numerosissimi corpi stranieri al servizio a Napoleone, uniformi dai colori vivaci e di grande effetto.
I quattro reggimenti assieme formavano la Division Suisse, come Napoleone usava chiamarla.

I Ticinesi nella campagna di Russia

Forse a Polotzk ed alla Beresina qualche ticinese della « muraglia rossa » svizzera avrà pensato che a Napoleone il Ticino doveva la sua indipendenza. Ecco ancora perchè, per una ragione prettamente ticinese, l'ultimo grande servizio mercenario fu gloriosissimo.

Sotto Napoleone I i reggimenti svizzeri non sono più i soldati della guardia del corpo dei sovrani francesi, non sono più i fedeli ed incorruttibili difensori dei loro troni vacillanti; essi non sono ormai più che il tributo di sangue offerto dalla Svizzera all'altare dell'indipendenza patria!

Copertina di una fonte di riferimento

 I reggimenti svizzeri al servizio della Francia, dispersi poco prima nel Napoletano, nella penisola iberica e sulle coste di Bretagna, venivano concentrati, per la prima volta dopo 5 anni di guerra, a Stettin, nella Pomerania, sulle coste meridionali del mar Baltico, e formavano gran parte della nona divisione del 20 Corpo d'armata, al comando del maresciallo Junot, duca di Reggio. La forza dei 12 battaglioni costituenti i 4 reggimenti svizzeri, si aggirava sui novemila uomini, dei dodici mila a cui ascendeva il totale della nona divisione, agli ordini del generale Belliard. I Ticinesi sommavano a circa 350 uomini, tra ufficiali, sottufficiali e soldati

Divisione Belliard

A Stettino vediamo quindi riuniti, in mezzo ad una miscela di tre diverse nazionalità, svizzeri, croati ed olandesi, formanti la divisione Belliard, i nostri concittadini capitano Franchino Rusca, di Bioggio; il capitano Bartolomeo Varenna, di Locarno; il capitano Giovan Maria Magatti, di Lugano, comandanti di compagnia, il primo nel secondo, il secondo nel terzo ed il terzo nel 10 reggimento svizzeri; i primitenenti Carlo Taglioretti, di Lugano, Leopoldo Maria Chicherio, di Bellinzona; i tenenti in seconda Francesco Ardrighetti e Giacomo Zucchini di Locarno, ed i sottotenenti Giovan Battista Ruggia, di Lugano, e Carlo Goguel, un alsaziano naturalizzato ticinese (di Magliaso).

Ecco invece i ticinesi nelle 4 divisioni:

Primo reggimento: totale 13
Secondo reggimento: totale 14
Terzo reggimento: totale 168. 
Tra di loro 9 airolesi: Agostini Floriano, Bassi Carlo, Beffa Pietro, Dotta Giuseppe, Dotta Massimo, Franzini Pietro
Antonio, Gianotti Giuseppe Antonio, Lombardi Gius. Antonio, Lombardi Lorenzo
Quarto reggimento: totale 105
Tradi loro 4 airolesi: Dotta Giovanni Valerio, Eusebio Giuseppe, Franzini Giuseppe, Peter Giuseppe

Altri 4 risultano senza reggimento per un totale di 303 ticinesi
Hanno i sunnominati 303 uomini partecipato tutti alla spedizione di Russia? Sulla semplice scorta dei documenti salvati dalla rapina dei cosacchi, che nella ritirata della Grande Armata fecero man bassa di tutto quanto veniva abbandonato dai francesi, dai cariaggi pieni d'oro a quelli con la contabilità e gli atti dei reggimenti, questa domanda resterà forse per sempre un'enigma

I ticinesi erano sparsi qua e là un po' in tutte le compagnie, di preferenza però nelle compagnie volteggiatori, un corpo di fanteria scelta, costituita da soldati di bassa statura, ma dei più agili, cosi come le compagnie dei granatieri erano formati da uomini più aitanti ed induriti alle fatiche guerresche.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il terrore nell’arte - Burn in Hell

Affascinanti, morbosamente intriganti, così potrei definire le testimonianze pittoriche del tardo medioevo inerenti l'inferno, il diavolo e compagnia bella. L'obiettivo di incutere maggior terrore possibile a chi osserva le opere si é tramutata in una vera e propria gara della rappresentazione dell'orrido. Va anche aggiunto che ai tempi solo una piccola parte della popolazione era in grado di leggere, quindi i dipinti erano l'unica vera, e potentissima arma, a disposizione degli artisti per far passare messaggi basilari come quello che aspettava chiunque non facesse il bravo. Anima di donna dannata - Ascona Voglio però partire da un prodotto casereccio prima di fiondarmi nei capolavori della cara vecchia Europa. Il quadro qui rappresentato dovrebbe trovarsi in terra ticinese. Dico dovrebbe perché la chiesa in cui si troverebbe (San Michele ad Ascona) l'ho sempre trovata chiusa e al momento non sono ancora riuscito a mettermi in contatto con le autorità ecclesiastich

Il castello di Locarno

" Deee, ci becchiamo al bar castello. " Oppure: " siamo li a sciallarci sui muretti davanti al castello." Già, il castello, e se una volta ci degnassimo ad esplorarlo, a scoprire la sua storia? Varcando la porta di ingresso del castello museo ho l'impressione di fare quel piccolo passo che ben pochi avventori del bar e dei muretti farebbero mai. Credo sia d'obbligo per gli abitanti di unluogo X visitare quelle parti storiche che caratterizzano il villaggio, paese, città X Il castello di Locarno, capace di trasportarci attraverso i secoli e di narrarci una grande storia. Una storia fatta di dominazioni, di conquiste, intrighi e di violenza. Il castello di Locarno non è solo la testimonianza della storia del  Ticino e della Svizzera, ma è una tessera del grande mosaico della storia europea.  Il castello di Locarno ha una lunghissima storia di edificazione, di distruzione e ricostruzione millenaria. È stato per molto tempo un castello molto importante dello sca

S.P.Q.T. (Sono pazzi questi ticinesi)

Che siamo un popolo a se stante nella cara Vecchia Confederazione é indubbio. Piuttosto occupati a litigare così da perdere il focus sui problemi reali e risultare piuttosto inefficaci. Già il Bonstetten e il Zschoccke , e anche se in maniera più velata il Franscini, ci hanno descritto con i tratti che tutto sommato ancora oggi ci caratterizzano. Latini, focosi, litigiosi, burberi, estroversi. Abbiamo bruciato un sacco di energie a farci la guerra ad inizio 800 con la nascita del nuovo Cantone. Il Ticino é sempre stata terra di derby, quello di una volta, quello politico, forse ancora più appassionante che quello odierno hockeystico. Liberali contro conservatori Colgo l'occasione di una conferenza per fare un full immersion nella storia della nascita della democrazie nel nostro, tutto sommato, giovane cantone. Work in progress Nel nostro piccolo Ticino, la nascita della nostra democrazia è una strada difficilissima e in salita Essa ci mostra in maniera emblematica di come la demo

Landfogti alla sagra di San Martino

A vederla immersa nel nulla, senza capannoni, giostre e i tipici fumi provenienti dalle griglie, la chiesetta di San Martino sembra adagiata nella quiete più assoluta. Lo scenario nei luoghi della sagra durante i 362 giorni all’anno di quiete Un a volta all'anno però questo posto si trasforma: durante la fiera é un pullulare di espositori, venditori e soprattutto visitatori. Ci sono anche gli animali, giustamente, oggi confinanti in uno dei tanti capannoni presenti Foto: Gino Pedroli, La fiera di San Martino negli anni Trenta,  fotografia, Collezione Museo d’arte Mendrisio Per chi si volesse poi ritagliarsi qualche minuto tra un bicchiere di vino e una salamella alla griglia c'é la possibilità di dare un occhiata alla chiesetta. Nell'angolo a sinistra in particolare c'é una botola con una piccola scaletta che porta al piano inferiore Lapidi commemorative Quello che maggiormente solletica la mia curiosità sono le 5 lapidi appoggiate alla parete. Lapidi commemorative appo

Hans Leu il Giovane

Capito su Hans Leu il giovane un po’ casualmente. Il cognome non suona nuovo, infatti Hans Leu il vecchio , suo padre, fu l’autore di diversi quadri, alcuni visti al museo d’arte a Zurigo, e soprattutto alla famosa serie di quadri rappresentanti il martirio dei santi di Zurigo,  miracolosamente ritrovati anni dopo l’epoca iconoclastica. Il Giovane apprese il mestiere del padre nella sua bottega. Di lui però ben pochi dipinti si salvarono, paradossalmente distrutti dalla nuova fede protestante che lui stesso imbracció. Hans Leu (il Giovane) Tavola raffigurante la crocifissione di Cristo e Santa Veronica. Olio su legno realizzato quale donazione in onore dei caduti della battaglia di Marignano, dopo il 1515 (Museo nazionale svizzero, IN-6941). Si tratta di uno dei pochi dipinti sacri di Leu (la sua sigla appare in basso a destra) che sopravvisse all'iconoclastia riformata, probabilmente perché il donatore riuscì a riprenderne possesso. Sul lato inferiore sono raffigurati gli stemmi d

Piccolo manuale museale e affini

 Intro Questa piccola guida ai musei e affini non era programmata e nemmeno un obiettivo dichiarato. È nata con le esperienze accumulate nel vario girovagare per musei, monumenti vicoli più e meno grandi. Piccole accortezze, da applicare con lo scopo di migliorare qualitativamente le giornate dedicate alla visita di qualsiasi tipo di oggetto culturalmente rilevante. "L'opera" é in continuo aggiornamento, una versione finale sarà in coincidenza con la mia dipartita. La vergine di Norimberga presente nel museo del castello di Kyburg;  trattasi di un falso acquistato nei secoli passati dai proprietari del castello per sorprende e intrattenere gli ospiti  La Vergine di Norimberga, spacciata come uno strumento di tortura medievale, è in realtà un prodotto del XIX secolo, un’epoca in cui l’Europa era affascinata da una visione romantica e distorta del Medioevo. Questa riscoperta del Medioevo non era basata su una comprensione storica accurata, ma piuttosto su una visione teatra

Piccoli misteri nella parrocchiale di Mairengo

Sabato 16 novembre 2024 mi ritrovo nel centro di Milano, galleria Vittorio Veneto e poi in piazza Duomo. È un formicaio di gente, moltissima gente. Malgrado questo sono molto solo (non lo dico con tristezza). Esattamente 24 ore dopo mi ritrovo nel microbaretto di Mairengo. Colloquio con due personaggi del posto, sembra ci conosciamo da una vita. Adoro queste alternanze megalopoli - villaggi sperduti, andare da un opposto all'altro nel giro di poche ore.  Già ma perché Mairengo? Sono venuto a conoscenza che il villaggio, una volta più importante del capoluogo Faido, offre una chiesa ricca di opere d'arte. Mairengo si trova su quella che una volta era la via di comunicazione principale asse nord - sud. Una volta infatti il fondovalle era privo di costruzioni: il fiume non aveva un corso ben definito e durante le pioggie esondava spesso. Per questo motivo le strade erano edificate in altezza, sul fianco delle montagne, più al riparo dagli elementi naturali. San Siro non é solo uno

Filosofia in 5 minuti

Certo non sarà un libricino come "Filosofia in 5 minuti" a cambiarmi la vita. Va però riconosciuto che contiene piccole chicche, e proprio come i consigli della nonna presente sui calendari, potrebbe venir buone in determinati frangenti Tutti gli uomini hanno una filosofia perché, in un modo o nell'altro, assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte. Karl Raimund Popper Le donne filosofe Pitagora di Samo accoglieva anche le donne nella sua scuola. Si tramandano i nomi delle sue diciassette discepole più dotate, tra le quali Timica (di carattere così ferreo che, pur di non divulgare i segreti della setta pitagorica, giunse al punto di mordersi la lingua e di sputarla ) e Teano, eccelsa matematica e medica. Nel Novecento molto interessante è la posizione della francese Simone de Beauvoir, la quale afferma che, in tale subordinazione, vi è anche la responsabilità delle donne stesse, che hanno rinunciato a esercitare la propria autodeterminazione accettand

Il pigiama col buco

Quando menzionavo " il pigiama col buco " tra gli amici era in ottica sarcastica per indicare un rapporto sessuale freddo, distaccato e visto che ci siamo anche al buio. Non mi ricordo dove io abbia sentito questa espressione, ma in questo caso non ho mai creduto veramente esistesse un indumento e tanto meno una " morale " che giustificasse la sua esistenza. Tra le mie letture, casualmente mi ritrovo davanti all'argomento e scopro, divertito, che il pigiama col buco non é solo un mito ma era effettivamente utilizzato ed aveva un nome più scorrevole ed elegante: la chemise cagoule Possiamo considerare questa succosa pillola un bonus track sul post inerente il piacere sessuale "Dio lo vuole" é lo slogan di questo capo d'abbigliamento Nel Medioevo il concetto di sesso era strettamente legato a quello di peccato. Pur essendo indispensabile alla procreazione, l'accoppiamento era però derivato dal peccato originale e quindi, comunque, da condannare.

Tre aneddoti sulla battaglia di Sempach

Sembra incredibile a diversi anni ormai degli approfondimenti sulla battaglia di Sempach, sia sul luogo della battaglia, sia nel museo del comune riuscire a trovare ancora nuovi aneddoti riguardanti la battaglia. Tutti e tre gli aneddoti li trovo nel museo storico di Zofingen, uno di quelli difficili da visitare, perché con orari molto stringati e solo indeterminati giorni Da portabandiera a mangiabandiera Già durante la prima visita a Zofingen avevo potuto appurare che il personaggio che svetta dalla cima della più bella fontana cittadina é l'eroe La statua di Niklaus Thut nell'oninoma piazza A confermare la fama a queste latitudini, sempre lo stesso personaggio, sempre con tanto di bandiera in mano, é dipinto su una facciata in una via poco lontana dalla fontana DI nuovo il buon Niklaus che porta fiero la bandiera di Zofingen Ma chi é costui? E perché merita tanta gloria? Niklaus Thut († 9 luglio 1386; grafia precedente: Claus Tuto) fu sindaco della città asburgica (ora svi