La divisione linguistica interna, ma in particolare tra agglomerati urbani e villaggi di montagna, salta tuttora all'orecchio del visitatore. Benché il dialetto sia in regresso ovunque, l'alto Ticino cede meno facilmente dei centri all'avanzata dell'italiano. Un fenomeno in corso da tempo, come Sandro Bianconi e Matteo Borioli già evidenziavano nel 2004 (Statistica e lingue, Ufficio di statistica):
«Le punte più alte, come già nel 1990, si hanno nella montagna bellinzonese (quindi con le alte valli Blenio e Leventina) e in quella locarnese (con le valli Verzasca, Onsernone, Centovalli e alta Valmaggia), dove, specularmente, l'italofonia tocca i livelli più bassi. Se consideriamo la suddivisione Sopraceneri-Sottoceneri si conferma la situazione già rilevata nel 1990: l'italofonia è più alta nel Sottoceneri mentre in tutte le zone del Sopraceneri abbiamo tassi più elevati di dialettofonia. [...] C'è una regione, il Bellinzonese, che presenta in tutti i borghi e villaggi tassi di dialettofonia complessiva superiori alla media cantonale (33,9%), e un villaggio, Campo Blenio, di 68 abitanti, unico nel cantone, che offre un quadro della comunicazione in famiglia quale poteva essere 200 anni or sono nella maggior parte dei villaggi ticinesi; monolinguismo dialettofono all'88,7%, italofono all'1,6».
Più si scende verso sud, e più il dialetto abbandona la scena. A Lugano i monolingui dialettali sono solo il 6,3%, mentre a Chiasso, a ridosso della rete, il dialetto guadagna qualche punto (8,5%). Le località in assoluto meno «filodialettali» sono Orselina e Paradiso, con una percentuale del 4,1.
Rielaborazione dell' Alta Leventina sulla carta del Rigolo (1681) dedicata al card. Federico Visconti.
cumüniòrum s.m. pl. proprietà in comune (Na); lat.;
s'uss pò ui varö mèi fè sü cumüniorum parché ròba in cumügn roba t nissügn, se si può non bisognerebbe mai avere proprietà in comunione perché roba in comunione roba di nessuno.
u čünta tant mé mí sgiü in guvèrnu, conta come me in governo, cioè niente
nè fò a čürè i ğalín du Lari, morire, il pollaio du Lari - Ilario Lombardi - era ubicato vicino al cimitero.la sarüda la rasénta fò l curníss, il siero ha proprietà lassative;
quant l'á višt la lüina e la sò čè u vuréva tant dasbatéisgiáss, quando ha visto la valanga e la sua casa voleva quasi sbattezzarsi dalla disperazione
dašcór v. parlare, corteggiare; ui dašcór a la mè cusína, ha una relazione con mia cugina, corteggia mia cugina.
t'é da maridát par fatt dí dal mal e t'é da murí par fatt dí dal bégn, se vuoi che Si sparli di te sposati, se vuoi esser lodato muori
um passón im péi e na fömna im pian i portan u dóm da Milán, un palo in piedi e una donna sdraiata son capaci di sostenere qualunque peso, anche il duomo di Milano. (volg.)
quant é nassüt chèl dasütru iö i an bütó via la creatüra e nudrió la drizzám, quando è nato quel disutile hanno buttato il bambino e allevato la placenta, detto di stupido.davantè èf l'é nóta ma pỏ ui va drumí cu la èva, diventar nonno è facilissimo ma poi bisogna andare a letto con la nonna;
čargè l'èlp, caricar l'alpe; daščargè l'èlp, scaricar l'alpe; s. fig. sfogarsi sessualmente; tòr da èlp, toro d'alpe;
éndass s.m. endice, < lat. index; uovo finto che si depone nel nido affinché le galline vi depongano le uova;
l'é dumà l'èsan cu porta l vin e u béf l'aqua, solo l'asino porta il vino e beve l'acqua, risposta di un somiere a Gérart du Mota che lo redarguiva perché si era servito del vino che trasportava
faró agg. ferrato; u pèr na creatura e l'é sgè faró, sembra un bambino e porta già la vera, è sposato
fièsč s.m. fiasco;
travácum u fièsč ci bè dátal mí l'alárm, rovesciami il fiasco e ti farò vedere io cos'è l'allarme; sortita du Maté da Funtèna all'indirizzo dell'ufficiale che si agitava per allarmare i militi ancora in-sonnoliti.
Lilium martagon - (Ma); i gigli martagone sono considerati dal contadino alla stregua di erbe infestanti di difficile essicamento; più della loro straordinaria bellezza sembra impressionare lo sgradevole odore che emanano per cui a Fo vengono gratificati con l'ep. di tròi, pl. di tròia;sèrví da föi, si dice del chierichetto che serve all'altare mantenendo acceso, agitandolo, il turibolo;
u dròm fin ču čanta la vaca, si alza tardi (Fo); drumí fò i öcc, dormire a lungo, alzarsi tardi; ui marscíss fo i öcc dal drumí, poltrisce a letto; u dròmarö i l'aqua, dormirebbe in qualsiasi situazione e senza problemi. l'á truvó I Signór indrumént, ha avuto fortuna.
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