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E sesso fu - parte VI - Dildo

Oggigiorno non é più un argomento tabù; masturbarsi é oggigiorno ritenuta un operazioni naturale, e anzi, talvolta necessaria per un equilibrio della persona. Il dildo é più vecchio di belzebù e nel 1500 era interpretato da diverse angolazioni. Eccone una carrellata

Marcantonio Raimondi - Donna con dildo - 1520 ca - incisione - Stoccolma

Per le suore era meglio in carne che farlocco

Per quanto riguarda la narrativa, il convento è stato probabilmente il primo luogo post-classico in cui sono state ambientate le attività di questo particolare oggetto. Si ipotizza che sia stato un farmacista e cronista di Lucca a introdurlo nella prosa italiana intorno al 1400. Nella novella di Giovanni Sercambi intitolata De libidine, una badessa ordina «di fare di zendado pieno di miglio uno pasturale d'uomo di buona forma», che opportunamente prende la forma metaforica di un pastorale'. 
Il senso del racconto è che le monache sono soddisfatte di questo oggetto finché un uomo in carne e ossa con la sua eiaculazione prova l'inadeguatezza dello strumento, e perciò da allora «atennersi a quel della carne».

Dildo nei dipinti

Il doppio senso si estendeva all'ambito visivo. Una zucca di forma fallica apre un fico in mezzo ai festoni dipinti nel 1518 da Giovanni da Udine sopra la mano tesa del Mercurio di Raffaello, nella loggia di Villa Farnesina di proprietà di Agostino Chigi



Analoghi giochi con fichi e zucchine nella decorazione della cappella di Eleonora di Toledo eseguita dal Bronzino indicano che le donne non erano escluse da tali associazioni. Dipinti sui muri di una cappella o di una sala da pranzo, su un oggetto di ceramica o su una fontana pubblica, cantati per le strade e presenti nella letteratura erotica, i falli rappresentati in atti sessuali rendevano l'idea dei dildo molto visibile e realizzabile per un ampio pubblico di donne e uomini.

Sant'Agostino condannava il coinvolgimento delle donne nei riti priapici. Ma le interpretazioni moralistiche dell'oscenità non fermarono pratiche quali la sfilata di grandi falli di legno per le vie di Napoli nel 1664 o l'offerta da parte di donne di oggetti votivi in cera a forma di pene. La processione carnevalesca di un fallo gigante conclude La puttana errante di Lorenzo Venier (pubblicata a Venezia nel 1531 circa), mentre un gruppo di ninfe e putti in estasi porta un enorme fallo verso una vulva gigantesca in un Trionfo di Priapo disegnato da Francesco Salviati? 
L'eccesso di carnevalesco aveva anche un lato oscuro, come dimostra l'acquaforte del Parmigianino del 1530 circa (British Museum) in cui una strega cavalca un fallo gigante con zampe posteriori irsute.

Il sabba delle streghe; una strega incappucciata cavalca un fallo colossale tenuto da un demone alato, figure a sinistra, un gufo nell'angolo in alto a destra, una caricatura del volto di un uomo di profilo sul margine inferiore della stampa. Acquaforte - Parmigiano

Via la gatta…ballano ì dildi

Generalmente i dildo venivano collocati tra le mani di donne solitarie che si struggevano di desiderio sessuale, che si riteneva si potesse soddisfare solo con un oggetto di dimensioni falliche. Se da un lato questa teoria rafforzava l'idea misogina che tutte le donne siano incomplete senza il membro maschile, dall'altro rivelava l'ansia suscitata dalla consapevolezza di quanto il fallo fosse sostituibile e replicabile. Utilizzato abbondantemente in chiave umoristica, in altri casi l'organo era messo in situazioni di pericolo. Il Breviarum Practice della fine del XIII secolo o del successivo prevedeva che le donne si masturbassero con i dildo quando i loro mariti erano assenti. La giustificazione data dal testo era diffusa e plausibile: le donne usavano questi strumenti per evitare il rischio di adulterio e di una gravidanza indesiderata.

Le donne di campagna sfruttavano gli ortaggi per "arare" i loro "campi" mentre i mariti erano via.

Dallo Pseudo-Luciano, da Seneca e dagli affreschi di Pompei fino alle due descrizioni tedesche, alcune delle informazioni più dettagliate sui dildo indicano che venivano spesso legati in vita. Le cinghie descritte dall'informatore di Brantôme ritornano nel bozzetto di questo strumento fatto da Füssli intorno al 1770 durante il periodo che trascorse in Italia. 

Johann Heinrich Füssli, Donna che usa un dildo, 1770-1778, inchiostro e matita su cartone sottile, stracciato e rimontato. Firenze, Museo Horne, inv. 6070.

Un ampio nastro è sostenuto da un'imbracatura che permette a una donna in piedi di penetrare da dietro il partner, probabilmente femminile, vista la foggia delle scarpe. Può trattarsi di una delle personali fantasie di Füssli, ma fornisce troppi dettagli tecnici, che possono derivare solo da un'osservazione diretta. Sicuramente vi erano molti altri casi di donne che creavano e usavano dildo di cui le autorità non venivano a conoscenza. I discorsi fatti dagli uomini non sempre erano frutto di semplice fantasia.

Nella medicina

Secondo la teoria di Ippocrate, ancora molto diffusa nell'Europa dell'inizio dell'era moderna, «l'utero viene idratato dai rapporti sessuali, mentre quando è più secco del dovuto diventa estremamente contratto» e dolente. Pertanto l'uso di dildo sterili e non lubrificati era giudicato dannoso.

D'altra parte, una cura medica per l'isteria" femminile, o disordine uterino, conosciuta fin dall'antichità e citata dall'autorevole medico Galeno, giustificava l'uso di vari mezzi per provocare l'orgasmo in una donna.

Si pensava che le vedove e le vergini in particolare soffrissero per la ritenzione di "sperma" femminile e mestruazioni in eccesso, che si curava mediante la stimolazione manuale eseguita da una levatrice, la masturbazione o il matrimonio - e quindi i rapporti sessuali - con un uomo. Sotto la denominazione generale di "malattie femminili", il dildo poteva essere considerato alla stregua di un dispositivo medico.

Secondo il poema inglese del 1673 circa, il Seigneur Dildoe «è sano, sicuro, pronto e gradito / Come da sempre son la candela, la carota o il dito», ma è di qualità superiore.

Lo scrittore inglese del 1722 si riferisce a un oggetto, probabilmente reale, che allargava la vagina delle ragazze in modo che fossero in grado di avere rapporti con il marito anche se molto giovani. Il diritto canonico e i tribunali civili si occupavano non solo dell'impotenza maschile ma anche dei casi in cui i matrimoni dovevano essere sciolti a causa di "impedimenti" genitali da parte della donna, principalmente dovuti al fatto che il suo corpo non era ancora completamente sviluppato.

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