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Cavalli da guerra

Nelle grandi sciagure umane, come una battaglia o una ritirata disastrosa di un esercito può esserlo, assieme agli uomini soffrono gli animali. Solitamente si tratta di cavalli o muli costretti loro malgrado a seguire la rotta degli umani.

Inenarrabili le fatiche, la fame. Sarebbe bastato uno di questi cavalli, col dono della parola per sfornare un best seller tutto cuore e sofferenza.

La ritirata di Russia del 1812

Tra le sofferenze più inenarrabili quelle patite dall'esercito di Napoleone in ritirata dalla Russia. 


Esercito napoleonico durante la ritirata di Russia

Dopo aver conquistato Mosca i francesi aspettano la resa dello zar Nicola. Resa che però stenta ad arrivare, la situazione poi peggiorna notevolmente quando la città viene data alle fiamme dai suoi stessi abitanti. Napoleone si ritrova a migliaia di chilometri da casa, in una città distrutta dalle fiamme e con il sopraggiungere dell'inverno alle porte. L'unica soluzione é quella di ritornare verso casa, di ripercorrere tutta la sterminata Russia da Mosca al confine con la Polonia.

Napoleone vorrebbe seguire una strada diversa che quella dell'andata, questo per evitare di passare in territori già pesantemente depredati dal suo esercito sulla via dell'andata. 

I russi tornano però a farsi vivi e costringono i francesi a prendere la stessa strada dell'andata. La sciagura é appena stata disegnata.



Un grafico di Charles Joseph Minard che mostra la disastrosa riduzione degli effettivi della Grande Armata nella sua marcia verso Mosca e nella ritirata: il percorso beige indica l'andata da Kovno a Mosca, quello nero il ritorno, e lo spessore indica la quantità di uomini vivi. Vengono mostrate anche le temperature rilevate in gradi Réaumur. (clicca sull'immagine per ingrandire)

L'esercito é in preda alla fame, i cavalli si trasformano di colpo da fidi trasportatori a piatto principale per la sopravvivenza e addirittura in taluni case la combinazione dei due: vengono mangiati pian piano mentre sono ancora in vita

"Nessun cavallo o bovino caduto restava intatto, nessun cane, nessun gatto, nessuna carogna né, per la verità, i cadaveri di chi era morto di freddo o di fame. Scoppiavano risse feroci per la carcassa di un cavallo, per il più piccolo avanzo di cibo, con uomini che gridavano gli uni contro gli altri in tutte le lingue dell'Europa."

Questo particolare da un acquerello di un soldato francese anonimo mostra i soldati che fanno a pezzi un cavallo per prenderne la carne.

"Le temperature glaciali impedivano anche quello. I cavalli, che erano riusciti ad andare avanti mangiando corteccia d'alberi e gli arbusti o le erbacce che spuntavano dalla neve e succhiando la neve se non c'era acqua, non potevano strappare via la corteccia congelata né sgranocchiare il ghiaccio e quindi morivano a migliaia. Ma un cavallo morto diventava duro come un sasso nel giro di pochi minuti ed era impossibile tagliarne via la carne. Quindi era essenziale trovarne uno ancora vivo per potergli prendere la carne.
C'era solo un breve passo da questo al tagliare una bistecca dal posteriore di un cavallo quando il suo proprietario non guardava. Gli animali non provavano dolore a causa del freddo e il sangue congelava all'istante. Potevano andare avanti giorni con quei tagli al posteriore, ma alla fine la ferita si infettava e cominciava a trasudare pus, che congelava anch'esso. Un'altra pratica consisteva nel tagliare una vena 
del cavallo per succhiarne il sangue oppure raccoglierlo in un recipiente e bollirlo con un po' di neve per rendere più nutriente qualche magra minestra. Alcuni tagliavano e divoravano la lingua di un cavallo ancora vivo. Ma il nutrimento migliore si otteneva aprendone completamente il ventre per strappargli il cuore e il fegato mentre erano ancora caldi, ed era ciò che succedeva sempre più spesso agli animali che, non riuscendo più a procedere, venivano abbandonati dai loro padroni."

I 12'000 cavalli del Bourbaki

Un altro episodio si svolge direttamente nel nostro paese; capita in concomitanza dell'internamento dell'esercito Bourbaki in fuga dai prussiani.

Cavalli in quarantena

12.000 cavalli furono internati con i soldati francesi. Un comandante dell'esercito svizzero riferì: "Emaciati, a malapena in grado di reggersi sulle zampe, cercano di rosicchiare tutto ciò che gli capita a tiro: raggi di ruote, vecchie ceste, coda e criniera dei loro vicini vengono divorati.
Molti di loro muoiono sul posto, emaciati e malati. I corpi dei cavalli morti non possono essere seppelliti nella terra ghiacciata e giacciono sul terreno.
Introducendo una quarantena per i cavalli malati, la Svizzera ha cercato invano di prevenire l'introduzione dell'afta epizootica. Una donna di Les Verrières descrive: "L'epizoozia imperversa. I cavalli tossiscono. La nostra cavalla ha avuto un aborto.
Per migliorare la cura e l'alimentazione dei cavalli, il Consiglio federale ha ordinato di distribuire i cavalli tra 12 cantoni.

Cavalli nel Bourbaki Panorama di Lucerna

Disagio e profitto

Ospitare i quasi 12'000 cavalli è una sfida logistica: nella nuova caserma di Lucerna, durante l'internamento ci sono quasi il doppio dei cavalli rispetto al solito.
Ma il foraggio scarseggiava: fieno e avena erano merce rara durante il gelido inverno del 1871.
Di fronte all'emergenza, il Consiglio federale ordinò di mettere all'asta i cavalli dell'esercito francese. Alcuni commercianti privati sfruttarono le circostanze a loro vantaggio, acquistando illegalmente e a basso prezzo preziosi cavalli arabi da soldati e ufficiali internati. Il governo francese si lamentò. Le aste e il commercio incontrollato furono immediatamente vietati. Ancora oggi, il patrimonio genetico dei cavalli del Giura presenta tracce di stalloni arabi francesi.

Cavalli nel Bourbaki Panorama di Lucerna

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