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"Il fondo del sacco" viene in soccorso

Una delle particolarità che mi caratterizzano maggiormente é un certo senso di inadeguatezza per i tempi attuali, di malinconia per un mondo che fu e che non c'é più, questo malgrado non  ho mai avuto modo di vivere questo mondo in prima persona.

Sto parlando di storia relativamente recente, quella di fine XIX° secolo ed inizio XX° dove nei nuclei dei paesini c'era vita, la gente si incontrava, parlava si conoscevano tutti. 
Parlo di quando nella vita non era tutto dovuto, di quando nella piramide di Maslow si lottava per il primo gradino, quello dei fabbisogni fisici: la fame.
Parlo di quando la vita era scandita dal passare delle stagioni e dal rintocco delle campane.

Ho sempre avuto un gran rispetto per tutte le persone che hanno vissuto questi tempi duri e parallelamente trovo così irriverente e arroganti gli atteggiamenti di noi diretti discendenti a poco più di 100 anni di distanza in cui diamo tutto per scontato e dovuto; abbiamo già dimenticato tutto!

In soccorso per elaborare questa mia "malinconia del passato" giunge in soccorso il best seller per eccellenza dei ticinesi: il fondo del sacco di Plinio Martini,; libro che incredibilmente non ho ancora letto quando ormai sfioro l'età di 46 anni.

Copertina dell'edizione da me consultata. In immagine Foroglio

So che in esso Martini parla proprio di questa malinconia per un mondo più povero e fatto di sacrifici e estreme difficoltà, la frase riportata nell'ultima pagina é un buon indice del suo contenuto: 

"..cominciavo a capire che la felicità é fatta di niente, e che io avevo proprio perduto quel niente che può far contento un uomo".

Una vita dunque più dura ma anche più diretta, in un epoca dove la parola "virtuale" ancora non esisteva, dove tutto ruotava attorno a pochi semplici gesti, dove il valore umano era al centro di tutto.

Mi limito in questa sede a riportare piccoli estratti, piccole pillole che aiutano a capire il tenore di vita a cui mi riferisco e al messaggio di fondo

In una cappella della valle trovo degli affreschi che ben riassumono la vita di tutti i giorni per gli abitanti della val Bavona

Bisogno primario

Mentre oggi nei grandi magazzini abbiamo cibo che la sera viene offeto al 50% pur di essere venduto e finire chissà dove, mentre oggi abbiamo 5-6 tipi di maionnaise da scegliere poci decenni fa il bisogno primario di riempire lo stomaco non era così scontato. Ecco alcuni esempi riportati nel libro

Mamma ti vedo

(...) Oggi i Tuni se la cavano bene, ma allora erano una casa di miseria; di Giovanni, che aveva la mia età, ci raccontavano che quando da bambino sua madre gli dava la fetta di pane, lui se la metteva davanti agli occhi e diceva: «Mamma, vi vedo»

A causa della sottigliezza della fetta di pane, il ragazzo riesce a vedere attraverso la mollica. Nell'espressione resiste l'ant. pronome personale di cortesia (voi).

Acqua bollita

«brodo preparato con farina, sale, cipolle arrostite nel burro, il tutto allungato con acqua»

E di certe sorelle raccontava, che in primavera, quando l'acqua bollita diventava sempre piú lunga," si lamentavano con la madre, e le dicevano: «Per tirarci su con le viole, quando siamo nate potevi ben darci una pedulata in testa».

Lo scarto degli Alpi 

La madre era morta a furia di andare a dormire digiuna per non toglierne a quei piccoli: comprava per pochi soldi lo scarto degli alpi, ricotta e formaggio an. dati a male, rifiuti che gli altri davano alle bestie d'ingrasso, e metteva quella roba salata e pepata nei mastelli, e i figli la dovevano mangiare magari con dentro i vermi, oppure la trovavano come condimento nella minestra che in quel mo. do era diventata un beverone da maiali. Ma la fame è fame, i ragazzi mangiavano e i mastelli d'estate erano sempre vuoti e pronti per un'altra salatura. Il padre dei Cavergni, quando poteva si ubriacava; e io pensavo fra me che doveva averli risparmiati cosí i danari per le sue sbornie; allora non avevo ancora la pazienza di capire che anche quel vizio è una disgrazia che uno si tira dietro come un'altra malattia.

Scene di vita all'alpe, cappella in val Bavona

In cantina

Questo è il caso piú triste che conosca di Cavergno, insieme all'altro, del ragazzo che il maestro manda a casa a prendere il quaderno, e a casa non trova nessuno; sente però qualcosa in cantina e vi scende tenendo il fiato: erano i suoi vecchi che di nascosto mangiavano bene, pane e salame e vino, roba che in casa non si era mai veduta. Il ragazzo, uno di quelli che avevano le budella lunghe a furia di acqua bollita, non ebbe neanche il coraggio di fiatare, e corse via.

La mamma dorme

Mi raccontava per esempio la storia di una donna di Roseto che trovarono morta nel letto. Era una Solaro e ne aveva sposato uno senza l'accordo dei genitori di lui, a quel tempo non si scherzava col permesso dei vecchi, e l'uomo per mantenere la moglie e il figlio era emigrato in Francia.

Era d'estate e la povera donna basiva sola col suo bambino a Roseto di dentro, e quel piccolo tutti i giorni veniva alla terra di fuori dai nonni paterni a chiedere un pezzo di focaccia: la donna non osava farsi vedere per via dei contrasti che c'erano stati. A casa dei nonni al piccolo domandavano:

«Cosa fa la mamma?» e lui non sapeva dire altro che: dorme, dormi oggi e domani, un bel giorno pensano che è meglio andar dentro a vedere. Cosi si accorsero che da almeno due notti il bambino riscaldava col suo calore d'innocente vivo il corpo della madre morta d'inedia.

Farina allungata

A quel tempo, nelle annate peggiori si macinava la scorza dei faggi per allungare la farina.
(Qui lo scrivente racconta la carestia che aveva colpito la valle tra il 1816 e il 1817)

E uno di quegli anni i Tonella, tu lo sai come diventa il frassino cribrato dai tarli, ebbene i Tonella fecero macinare una slitta tarlata. Una slitta sotto la mola a far farina.

Radici commestibili 

Il giudice si fermava, puntava il dito a segnare un grand'arco in giro, e diceva:  "Lo sai come furono costruiti i chilometri di sostene della nostra valle?"
Naturalmente io non lo sapevo, e lui a spiegarmi che erano i piú miserabili che accettavano di scavare il terreno dei pendii e di tirare in piedi quei muri col solo compenso delle radici trovate durante lo sterro: una giornata di lavoro per un cavagno di radici dolci, cosi le chiamavano, penso fossero radici di felci e di raperonzoli, buone per non morire di fame durante l'interminabile primavera.

La  povertà estrema 

La madre dei Brasca a metà della notte aveva acceso il lumino con una briciola di burro per guardare dentro nella culla dove c'era il fagotto dell'ultimo, e al marito che vociava per lo spreco aveva risposto piangendo, poverina: «Adesso non possiamo nemmeno piú far luce per vedere la nostra gente che muore». E di fatto all'ave dell'alba avevano accordato per un altro Brasca.

Cappella nell'alta Bavona. Gesù bambino Maria e Giuseppe sono adattati alla voita dell'alpe.
Sulla parte di sinistra si intravede Carlo Borromeo e ai suoi piedi Armando Dadò, personaggio iconico della valle

Il lavoro

Duro, durissimo, dettato dal ciclo delle stagioni e dalle transumanze verso l'alpe che sono ricordate in diversi modi in tutta la valle

Per il pizzico

Per il pizzico: di sale. Il pastore che sfama le capre in un luogo esposto corre il rischio di precipitare nel vuoto, tanta è la foga con cui le bestie lo assalgono per avere la loro razione di sale.

Magnano 

'stagnino, sanapentole' (magnán); artigiano ambulante che aggiustava trecipienti di rame (pentole, secchi, ecc): La Val Colla aveva una lunga tradizione in questa tradizione scomparsa negli anni 50 con l’arrivo dell’ acciaio

Cacciafieno

Sugli alpi ne morivano tutti gli anni, ed eravamo sempre noi giovani a metterci la pelle; i vecchi come era giusto stavano vicino alla caldaia, e noi dovevamo arrampicarci sulle creste dietro le capre perdute, per bello e per brutto tempo; e quelli che non andavano all'alpe dovevano salire sulle corone a far fieno, che non era rischio meno brutto, soprattutto al momento di buttare le reti a valle.' Cosí alla povera Arcangela, che aspettava sotto, capitò di vedere arrivar giú la figlia prima del fieno.


Corona: «sporgenza che interrompe un dirupo. Il termine potrebbe essere tradotto con cornice, cengia o terrazza, a seconda della larghezza». Una corona può essere larga da pochi decimetri a decine di metri.
In questo dipinto sempre proveniente dalla cappella in Val Bavona una donna viene calata su una corona per recuperare una capra. Le mani congiunte a mo di preghiera riassumono bene lo stato d'animo che essa provava in questa pericolosa operazione

EX voto
Oratorio di S. Maria di Montenero (Dunzio)
Vanoni Giovanni Antonio (1810-1886) - (attr.)
Olio su tela, cm 74 x 53
Domenica di Vincenzo / Bondieto / In compagnia di altre giovinette / stavano il 18 luglio 1859 a fare / Erba sotto al così detto piano d'ao / sto quando ad un tratto gli / mancò il tereno sotto a' piedi / Cadde precipitosamente / e Miracolosamente fu / salvatta / sempre si renderà in f...) / Grazie e lode alla Beatissi / ma Vergina Maria / [di] Monte Nero
Madonna di Montenero
Maggia 1986, no. 75 e ill.; CHEDA 1993, ill. 1; BUZZI 1997, p. 292 fig
1; VALSECCHI 1997, p. 106 ill.; DOMENIGHETTI 1999, ill. 74
Inv. Baumann: 0

La socialità

Becco incantonato

"il paradiso bisognava guadagnarlo. Io invece sostenevo che altrove si stava meglio; almeno chi aveva figli non doveva allevarli per spedirli come toccava ai nostri vecchi; se poi qualcuno non ne aveva, restava solo come un becco incantonato e venduta la roba andava a finire all'assistenza,"

Becco incantonato: «I becchi da macello erano separati dal branco e chiusi (incantonati) in forre dalle quali non potevano uscire».

Giorno delle nozze

Nostro padre aveva lavorato tutta la vita, mai una vacanza, nemmeno il giorno delle nozze, che finito di mangiare andarono insieme a rigovernare la vacca

Vergini

E penso alle donne non sposate, che non avevano mai trovato il coraggio di una carezza d'uomo, destinate a finire cosí, vergini come foglie secche con le mani in orazione, e che finito il lavoro dei campi e delle stalle, e correre ad aiutare le sorelle sposate, dovevano ancora affrettarsi in chiesa a scopare lavare lustrar candelabri e ricucire cotte e stendardi, e recitare intanto il solito rosario a salvezza delle anime nostre.

Religione

Don Giuseppe si preoccupava di dettagli incredibili: lavarsi il corpo era lecito, ma soltanto quando era veramente necessario; le madri quando allattavano quei piccoli dovevano nascondersi; le donne incinte quando giravano per il paese lasciando vedere a tutti il frutto dell'atto sessuale, magari capitava che se lo sentivano piombare addosso come un falco, perché quello non era pudore da madri cristiane; quanto alle donne formose si coprissero bene, e nascondessero quanto piú potevano quell'abbondanza provocatrice di desideri impuri; cercassero poi di mortificare la gola e di sottoporsi a fatiche. 
Arrivava al colmo di chiedere alle giovani in confessione che facessero voto di castità alla Madonna, per quindici giorni, per un mese, a seconda dei casi: se non lo facevano, naturalmente era perché il loro proponimento non era abbastanza fermo;

La Sicilia

Già nel tempo dei principi normanni, mi ha raccontato, molte famiglie della nostra valle sono emigrate in Sicilia a costruire castelli; pare che la loro semente sia rimasta nel luogo a fare piú gramo un sangue che, a furia di batoste," non deve poi essere molto diverso dal nostro. 

Vedi "Bollettino Storico della Svizzera Italiana", 1898, p. 195». Si tratta del compendio di un articolo piú ampio pubblicato lo stesso anno dal linguista bellinzonese Carlo Salvioni e intitolato Del posto da assegnarsi al sanfratellano, nel sistema de' dialetti gallo-italici.
I principi normanni regnarono sulla Sicilia dall'XI al XII secolo.

Migranti

"Partire, tornare, non essere piú né di qua né di là"

È il rovello esistenziale dell'emigrante, che deve spesso convivere con il pensiero e la nostalgia di quel che succede altrove: «Per un emigrante la vita è sempre dall'altra parte». La riflessione abitava Martini da tempo, come dimostra l'articolo Vita grama, risalente al 1958: gli emigranti «portavano nel cuore il ricordo delle preghiere materne, e quando potevano tornavano, magari infelici di sentirsi cambiati, di non poter piú vivere in armonia né di qua né di là dell'oceano» 

Io ti dico che quando noi c'incontriamo in strada ‹ dirci il buongiorno, quando mangiamo o se facciamo all’amore, anche in quel momento ti dico, oppure se all'osteria lasciamo cadere la carta che perde la partita, io ti dico che in tutti quegli atti come in tutti i nostri pensieri noi portiamo l'eredità di quello che è capitato ai nostri vecchi, quello che loro hanno patito a pensarsi da un continente all'altro.

Dicono che i nostri contadini sono avari taccagni litigiosi, e lo concedo: ma quando pensi che potevano fermarsi qui soltanto quelli che possedevano, allora puoi perdonare alla nostra gente anche questi difetti.

Altri dipinti sempre dalla cappella in Bavona. Le prime due immagini a sinistra ricordano l'emigrazione transoceanica e sotto quella nella più vicina Roma mentre le due a destra lavori tipicamente della valle: legna e produzione di carbone

Filosofia

I più ricchi

Adesso che so che i piú disperati sono quelli che hanno tutto, cosí da non restargli piú la voglia di niente,

Natale 

Gesú Bambino a quelli piú piccoli avrebbe portato un'arancia e una manciata di castagne secche, e sarebbero stati felici; cominciavo a capire che la felicità è fatta di niente, e che io avevo proprio perduto quel niente che può far contento un uomo.

L'amore e le sue complicazioni

Adesso fai anche il poeta? - disse. - I salmoni vanno a spremere un po' di latte (sperma dei pesci) su un pugno di uova. Questo si chiama istinto di riproduzione, e non credere che il tuo amore per Maddalena meriti un nome diverso. La differenza fra me e te sta proprio qui, che tu complichi le cose, credi alle parole: Dio, l'amore, i sentimenti eterni, la morale, eccetera. Io bado al sodo

Modi di dire

Attaccati alle ginestre
ginestre: 'arbusti dal caratteristico fiore giallo-dorato che crescono sui terreni incolti'. L'immagine dei contadini «attaccati alle ginestre» ricorre due volte nel romanzo a indicare gli stenti di quella gente; l'espressione tacass ai genèstri valeva nel dialetto di Cavergno 'confidare nell'ultima speranza.

Pezza peggiore del buco perché la religione di Don Giuseppe in confronto alla loro aveva almeno il vantaggio di essere logica, da capo a fondo, senza un sette che non trovasse la sua cucitura.
 'precisa e completa'; nell'espressione il sette indica lo “strappo di un tessuto' (dalla caratteristica forma a 7), per il quale si prospetta virtualmente una metaforica toppa. L'immagine è in accordo semantico con l'espressione che apre il periodo: «Pezza peggiore del buco».

Poi guardavo il Valdi olandese con occhi increduli, cosi brutto non poteva essere uscito dal nostro ceppo. Allora ero ragazzo, ma anche oggi penso con rincrescere che sono bastate due generazioni a germinare col nostro sangue un trottapiano cosí grosso: da ricordare le stelle alpine che a portarle giú crescono in vaso come patacche, non piú bianche, color dell'erba, da buttar via

Giovanni si vantava pure di conoscere come erano fatte le donne, povero minchione; noi sapevamo tutti che la sua scoperta era la Mina dei Zurini, la quale aveva il fuoco selvatico fin sulle natiche, e uno che le allungava una mano lei si metteva subito in covaccio come certe galline; io per esempio ad abboccare avrei potuto farci le generazioni di Giacobbe.

Paraninfa: «Naturalmente l'antico nome greco nel nostro dialetto è mutato assai, diventando "pandalinfa". Sta a indicare l'accompagnatrice (d'obbligo, ai tempi della nostra storia) dei fidanzati al momento delle visite ai parenti»


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