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La nascita delle università

Nella mia mente ho ben fisso un principio: le rivoluzioni (culturali, politiche, sociali) partono dalle citt?à ove hanno sede le università. Il sapere e la conoscenza sono un passo fondamentale per contrastare il male per eccellenza di tutti i tempi: l'ignoranza. 

Al forum della storia svizzero di Svitto c'é una parte dedicata alla nascita delle università che con l'aggiunta di testi scritti, aiuta ad immergersi nella storia delle università.

Il commercio richiede istruzione

Per venire incontro alle esigenze dei mercanti iniziarono a diffondersi, dapprima su iniziativa privata e poi con il patrocinio dei comuni, alcune scuole laiche che, accanto ai rudimenti di latino, insegnavano tutte le nozioni ormai divenute indispensabili alla professione

Anche in questi casi la qualità era generalmente piuttosto bassa, con metodi non troppo diversi da quelli in uso presso le scuole religiose: l'unica innovazione era rappresentata dall'introduzione, dagli inizi del Duecento, dell'abaco e della numerazione araba. Niente a che vedere, ovviamente, con le scuole cattedrali che si svilupparono nella Francia del Nord. Sorte intorno a prestigiose sedi vescovili come Chartres, Reims, Parigi e Laon, esse erano le uniche a garantire una formazione superiore e grazie alla presenza di illustri maestri - qualche nome: Gerberto d'Aurillac, Abelardo, Roscellino e Fulberto - si contendevano gli studenti da ogni parte d'Europa.

Tommaso d'Aquino
La migliore facoltà di teologia si trova all'università di Parigi, 
dove insegna il più importante teologo dell'epoca, il frate domenicano Tommaso d'Aquino (1225-1274). 
Egli appartiene a un gruppo di pensatori che si rifanno agli autori antichi, 
soprattutto Aristotele, e ne reintroducono l'insegnamento in Europa.

Con l'affermazione dei comuni e dei ceti cittadini, anche in Italia iniziò a farsi sentire l'esigenza di un'istruzione superiore più ricca e accurata. Nelle grandi città, già a partire dalla fine del x secolo, docenti e studenti delle più diverse provenienze avevano iniziato ad associarsi dapprima in base alla nazionalità (dando vita alle nationes) e poi in corporazioni più complesse, dette Universitates magistrorum et scholarium. Nacquero cost le prime università e col termine si indicava una vera e propria corporazione con tanto di statuto. Come in un'associazione di mestiere, professori e studenti insieme si autogestivano organizzando i corsi e stabilendo il calendario degli esami, diffe renziando nettamente il proprio status di intellettuali laici dai loro corrispettivi ecclesiastici e riuscendo quindi a strappare ai chierici il monopolio della cultura.

Ritratto di Francesco di Marco Datini. Tommaso di Piero del Trombetto, 1490, riproduzione,
Originale: Palazzo Datini, Prato,
Francesco di Marco Datini (Prato, intorno al 1335 – Prato, 16 agosto 1410) è stato un mercante italiano, detto spesso il Mercante di Prato. 
La sua importanza è legata al ricchissimo archivio di lettere e registri da lui lasciato e ritrovato nel XIX secolo in una stanza segreta del suo Palazzo e che oggi consente di analizzare compiutamente la vita e gli affari di un mercante operante nella seconda metà del XIV secolo.

Nascita del copista

Impossibile concepire un'università senza libri. Ma erano davvero pochi coloro che potevano disporre del denaro (e del tempo!) necessario per procurarseli in un'epoca in cui esistevano solo sotto forma di manoscritti. L'avvento delle università e la conseguente domanda di testi portò dunque a un superamento del tradizionale metodo di produzione dei codici, legato agli scriptoria monastici, e alla nascita di un nuovo mestiere: quello del copista di professione.

 Il meccanismo era semplice: una commissione di professori, dopo aver scelto il libro di testo da commentare durante le lezioni, ne approntava una versione base (chiamata exemplar) il più possibile priva di errori. Tale exemplar veniva poi suddiviso in fascicoli, detti peciae, ciascuno di quali era in seguito affidato a un diverso copista: si creava così una sorta di "catena di montaggio" nella quale più persone lavoravano contemporaneamente alla copia dello stesso volume, che dunque veniva prodotto molto più celermente. Ad aumentare la velocità di realizzazione concorreva anche l'utilizzo di una grafia, in seguito chiamata con disprezzo "gotica" più rapida rispetto alla minuscola carolina ma anche meno leggibile. A pagare i copisti erano i cosiddetti stationarii, in pratica gli antenati dei moderni editori, i quali dopo aver acquistato sia gli exemplares che la carta per realizzarne le copie, provvedevano alla vendita del "prodotto finito" sul mercato: fu così che nacque, nel xiI secolo, la nuova industria libraria.


Il frate domenicano Vincent de Beauvais intento a tradurre.
Minametat di selo, liote M potiste attena, eg, at, 638, elle Speculum historiale di Vincent de Beauvais,
Sin dall'inizio, i conventi non sono solo un luogo di vita spirituale per le donne e gli uomini della nobiltà, ma anche centri di formazione, di studio e di trasmissione del sapere.
Monaci e suore copiano i testi antichi, realizzano opere d'arte e tutelano la tradizione culturale occidentale. Sino al XII secolo, la trasmissione dei testi scritti è loro appannaggio. La lettura e la scrittura sono ancora praticate di rado al di fuori dei monasteri.

Intellettuali di professione

Ma come era organizzato materialmente lo studio? Le università assumevano liberamente i docenti e organizzavano l'attività didattica in un ciclo introduttivo alle arti liberali seguito dagli insegnamenti superiori di diritto (civile e canonico), medicina o teologia. La durata degli studi era variabile: se il ciclo delle arti del trivio e del quadrivio durava circa sei anni, le seguenti "specializzazioni" potevano oscillare dai sei agli otto anni. Di solito si accedeva all'università verso i tredici anni. Terminato il ciclo introduttivo, si otteneva il titolo di baccelliere e, dopo un ulteriore biennio, quello di licentiatus: l'esame finale, che prevedeva una discussione su temi stabiliti dalla commissione dei docenti, dava diritto al titolo di magister ("maestro") o doctor ("dottore") e alla licenza di poter insegnare a propria volta.

La lunghezza degli studi e il loro costo esorbitante - malgrado le associazioni garantissero alloggi e aule sia per studenti che per i professori - facevano sì che ben pochi riuscissero a terminare l'intero ciclo. Particolarmente gravoso era il problema dei libri di testo, la cui acquisizione rappresentava per i più un grosso ostacolo: esso fu parzialmente risolto grazie alla copiatura per fascicolazione (le già citate peciae) e alla progressiva diffusione della carta (che, proveniente dal mondo arabo dove era già in uso da molto tempo, iniziò a essere prodotta anche in Europa). Certo, i libri con pagine di carta erano meno pregiati e più fragili di quelli realizzati in pergamena, ma erano anche meno costosi.

Le prime università

Tra l'xi e il xii secolo, dunque, il continente si popolò di università. Il più antico ateneo sorse nel 1088 a Bologna, che anche grazie alla presenza degli studenti divenne una delle città più popolate e ricche d'Europa, coi suoi 50.000 abitanti che vivevano in 10.000 case. Allo Studium bolognese, specializzato negli studi giuridici si formarono - oltre all'intero ceto dei giuristi che operarono nei comuni dell'Italia centro-settentrionale - personalità come Inerio e i "quattro dottori" (Bulgaro, Ugo, Martino e lacopo) che elaborarono per l'imperatore Federico Barbarossa nel 1158, in vista della Dieta di Roncaglia, il supporto teorico per rivendicare la sua supremazia sulle città lombarde. 

Alla Sorbona di Parigi, rinomata per l'insegnamento della teologia, insegnarono i più celebri filosofi del Medioevo - come Tommaso d'Aquino e Alberto Magno. Importantissime furono anche la facoltà di medicina di Salerno, che conobbe straordinario prestigio durante il regno di Federico il, e poi ancora Padova, Napoli, Montpellier, Cambridge e Oxford. 

Donne in medicina - Nel XII secolo, le scuole di medicina di Salerno sono frequentate anche da molte donne. Tuttavia, i loro percorsi formativi sono difficili da ricostruire, anche se queste donne sono considerate esperte in medicina e ginecologia.

Ma mentre l'Europa centrale e settentrionale guardava all'eredità lasciata dalla tradizione romana, le università di Salamanca (Spagna) e Coimbra (Portogallo) facevano da ponte tra il mondo europeo e quello arabo, diffondendo quel sapere che, gelosamente custodito nelle corti d'Andalusia, nel continente cristiano era ormai quasi dimenticato.

Le università alla fine del XIII secolo

La categoria degli scrivani è costituita soprattutto da giuristi e notai, che ricevono all'università di Bologna la migliore formazione in materia di diritto canonico e romano. Molti sono gli Svizzeri che studiano a Bologna. Tra di essi figura Werner Marquard di Wollishofen, dalla cui biblioteca proviene questa copia del Decretum Gratiani, il principale trattato di diritto canonico.

Decretum luris Canonici, XIII secolo, facsimile. Originale: Biblioteca dell'abbazia d/Einsiedein. Cod. 193 (66), Su concessione della Biblioteca dell'abbazia di Einsiedeln-

La prima università svizzera

Fondata nel 1460, l'Università di Basilea è la più antica della Svizzera. La fondazione dell'Università di Basilea nel 1460 si iscrive nella dinamica europea, ma costituisce un caso unico nella misura in cui era dovuta all'iniziativa degli ab. di una città sovrana e del loro Consiglio cittadino quale detentore della signoria territoriale. L'Univ. basilese corrispondeva al modello ted., articolato in quattro facoltà. Dopo il successo iniziale, dal XVII sec. si indebolì a causa della scelta dei professori all'interno di una cerchia ristretta di famiglie basilesi.

Cerimonia di fondazione (4.4.1460) in una miniatura coeva tratta dalle matricole del rettorato (Universitätsbibliothek Basel, AN II 3, fol. 2v).
Il vescovo Johann von Venningen (al centro) siede sul trono episcopale. Circondato da testimoni, nomina quale primo rettore dell'Università di Basilea Georg von Andlau (in primo piano a sinistra, in ginocchio), preposito del capitolo, e consegna al borgomastro Hans von Flachslanden (in primo piano a destra) l'atto di fondazione dell'Università.

Non solo studenti modello

Il gran numero di studenti presenti in città forniva non poche opportunità di lavoro: era necessario alloggiarli, dar loro cibo e vettovaglie e anche distrazioni e divertimenti. Va da sé che tutto questo sovraffollamento non portava solo benefici. Schiamazzi e bravate creavano scompiglio, ubriacature e risse erano all'ordine del giorno così come il frequentare bordelli, con tutti gli annessi e connessi del caso. 

Giacomo da Vitry (1170-1240), predicatore e docente egli stesso, ricorda come le zuffe tra studenti fossero motivate non solo da divergenze d'interpretazione sulle materie su cui erano chiamati a riflettere, ma anche da questioni di nazionalità e dai relativi cliché. Se gli inglesi erano ubriaconi, i francesi erano effeminati, i tedeschi feroci, i normanni spacconi, i borgognoni stupidi, i bretoni volubili, i lombardi avari, i romani sediziosi, i siciliani tirannici, i fiamminghi megalomani. Non stupisce che, complice qualche bevuta di troppo, «dopo simili insulti dalle parole si passava spesso ai fatti».

Clerici Vagantes

Tra i gruppi più "vivaci" c'erano i goliardi, o clerici vagantes, che percorrevano l'Europa seguendo i professori di grido ed erano dediti al bere, al mangiare e alle donne, vivevano di espedienti e spesso si mettevano al servizio dei professori o degli studenti più ricchi. La loro situazione era del tutto particolare e per questo difficilmente governabile: poiché erano chierici, infatti, erano soggetti all'autorità ecclesistica e non a quella civile. Erano spiriti liberi, diremmo noi, e anche anarchici visto che contestavano apertamente, nei comportamenti e nelle opere, certi valori della società dominante. 

A questi spesso anonimi intellettuali sono stati attribuiti poemetti, versi licenziosi e osceni, canti di taverna, ma anche esaltazioni dell'amore in tutte le sue declinazioni, sacre e profane, in latino e in volgare: la più celebre raccolta è quella nota come Carmina Burana, conservata in un manoscritto duecentesco (il Coder Latinus Monacensis O Codex Buranus) proveniente dal convento di Benediktbeuern in Baviera, ma compilata con buona probabilità nel monastero di Novacella, vicino a Bressanone

Clerici Vagantes

Scene da università

Sull'altro fronte, i professori assunsero sempre maggior prestigio fino a diventare motivo di vanto e gratitudine per le cita che ne ospitavano i corsi. A Bologna Matteo Gandoni (morto nel 1330) fu sepolto con tutti gli onori nel chiostro di Sat Domenico.

La sua lastra tombale - esposta con molte altre nel Museo civico medievale - lo ritrae mentre fa lezione in cattedra a un gruppo di studenti seduti ciascuno nel suo banco. La scena è animata da vivido realismo. Più che ascoltare, i giovani paiono intenti a svolgere un "compito in classe". Mentre quelli dei primi banchi sono impegnati a scrivere, quelli delle ultime file - esattamente come nelle scuole di oggi - sembrano invece distratti: uno si volta verso il compagno (forse per chiedergli un suggerimento?) che sembra non sentirlo, sprofondato com'e in un atteggiamento pensoso e anche un po' preoccupato. In fondo, un altro personaggio entra portando con sé un volume: e il bidello, che nelle università medievali aveva il compito non solo di tenere in ordine le aule, ma anche di assistere i docenti durante le lezioni, reggendo i pesanti codici usati come libri di testo e, magari, leggendoli ad alta voce alla classe, visto che conosceva il latino.

Nella lastra sepolcrale di Bonifacio Galluzzi (1346), invece, il professore troneggia in mezzo a due gruppi di studenti intenti a leggere: l'autore del bassorilievo, Bettino da Bologna, li ritrae con il volto praticamente attaccato ai libri, gli occhi strizzati e un'espressione affaticata, forse perché in classe c'era troppa poca luce.

Divi in cattedra

A proposito di docenti, va detto che il Medioevo conobbe anche dei fenomeni di vero e proprio "divismo". Nel XII se colo, ad esempio, Pietro di Berengario, detto Abelardo, era il più brillante intellettuale sulla piazza. Nato in un oscuro villaggio della Bretagna vicino a Nantes, primogenito del feudatario locale, aveva studiato nelle migliori scuole di Francia e con i più importanti maestri, da Roscellino a Guglielmo di Champeaux

Con la sua logica schiacciante e le formidabili capacità dialettiche sbaragliava la concorrenza, otteneva la cattedra a Parigi e il trionfo assoluto. Ed elaborava un'audace difesa della ragione e della scienza rispetto alla fede, posizione che gli attirò gli strali dei mistici come Bernardo di Chiaravalle. Nel suo trattato Sic et non teorizzava che solo la ricerca razionale può condurre alla Verità, svincolando quindi la scienza dalle Sacre Scritture, e che spettasse alla logica stabilire se un discorso è vero o falso. Nel De unitate et trinitate divina ("Sull'unità e la trinità divina") invece spiegava la Trinità in base ad analogie razionali che richiamavano la filosofia greca, ragion per cui fu condannato e costretto a bruciare il trattato con le sue stesse mani.

Altro suo cavallo di battaglia era la cosiddetta "morale dell'intenzione": non è l'azione a essere buona o malvagia in sé, ma l'intenzione con cui la si compie. Posizioni limite le sue, ma che lo annoverano tra i padri della filosofa moderna.

Attirati dal suo carisma, studenti accorrevano ad ascoltarne le lezioni da tutta Europa e tra i suoi discepoli ci sarebbero stati teologi, cardinali, eresiarchi e persino futuri papi. «lo credevo - scriverà più tardi egli stesso - di essere rimasto l'unico filosofo al mondo». All'apice della gloria conobbe Eloisa, nipote di un canonico - un certo Fulberto - che aveva deciso, controcorrente in un'epoca che voleva le donne nella più completa ignoranza, di darle un'educazione di prim'ordine. Pietro ne divenne il precettore e l'amante, ebbe da lei un figlio e, nello scandalo più to-tale, fu evirato per vendetta dai familiari di lei e dai loro sgherri e fini i suoi giorni, come l'amata, in un convento.


Le sette arti liberali
La formazione di base comprende le «sette arti liberali», un antico canone costituito da sette discipline. La grammatica, la retorica e la dialettica (trivium) riguardano la lingua, l'aritmetica, la musica, la geometria, l'astronomia (quadrivium) soprattutto / numeri.
Seguono poi gli studi di teologia, medicina o giurisprudenza. 
Sono pochi coloro che portano a termine gli studi.

Decadimento universitario

A causa del prestigio crescente, ottenuto anche grazie al professori di grido, le universita suscitarono gli appetiti delle autorità sia laiche che ecclesiastiche, che fecero a gara per elargir loro benefici e privilegi. Un'attenzione non certo disinteressata, perché nascondeva la volontà di controllare il luogo di formazione delle future classi dirigenti. L'influenza ora del papa ora dell'imperatore si fece sentire soprattutto a partire dal Trecento, quando addirittura furono gli stessi sovrani a fondare nuovi istituti, pretendendo però in cambio di esercitare una maggior presa sui docenti. Ridotti al rango di stipendiati scelti dal sovrano non in base alle loro capacità ma per la loro fedeltà, contribuirono alla decadenza culturale delle università e furono alla lunga sostituiti, in prestigio, dagli intellettuali che operavano nelle splendide e aperte corti umanistiche e rinascimentali.

Cambio di prospettiva

In effetti, la nuova idea che prese il largo in Italia tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento era rivoluzionaria: rimettere al centro del mondo l'uomo, come già era avvenuto nell'antichità classica, tornando a conferire a esso un ruolo da protagonista rispetto a Dio, che aveva prevalso fino a quel mo-mento. Con l'avvento dell'Umanesimo e col suo coronamento, il Rinascimento, iniziò quel grande processo di trasformazione culturale che avrebbe portato l'Europa (e non solo) fuori dal Medioevo, verso un'epoca nuova.

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