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Carona

Che cosa ci si deve aspettare giungendo nel ridente insediamento di Carona? Poco se le attese si attestano a quelle di un qualsiasi paesino avvinghiato al fianco di una montagna. E Carona lo é.

Poi iniziando a passeggiare tra i tipici stretti vicoli dei nostri peasotto si inizia ad intuire il tempo che fu, l'atmosfera che aleggia; se si tende bene l'orecchio si sentono i bambini vociare e si scorge una donna con la cesta piena di panni avviata al lavatoio (che, diciamolo subito non ho trovato).

Poi di colpo sbuco nella piazzetta del paese, una casa torre la fa da padrona. A colpire, inutile negarlo, non é tanto la ruota del carro ai suoi piedi ma la doppia passerella in legno in alto.

Il nucleo

Nel Medioevo Carona, insieme all'antico abitato di Ciona (menzionato nel 1213), formò presumibilmente una castellanza con rendite e poderi appartenenti ai vescovi di Como, fra cui l'ancora intatta chiesa romanica di S. Maria di Torello, cui era annesso un convento. Fatto edificare da Guglielmo Della Torre nel 1217, fu abitato fino al 1349 da una comunità di canonici regolari (agostiniani); radicalmente trasformato, è poi divenuto casa colonica privata.

Scorcio su Carona

Retta da antichi statuti (riformati nel 1470), dotata d'arma e insegna proprie per la fedeltà dimostrata alla causa viscontea e guelfa, C. fu terra separata e come tale godette sia nel ME sia durante l'epoca balivale di privilegi e di esenzioni fiscali. Carona divenne parrocchia indipendente nel 1427.

La chiesa

Contigua alla Loggia Comunale si innalza la Chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e Andrea, risalente con ogni probabilità all'epoca romanica. Essa è menzionata per la prima volta soltanto nel 1425, quando Papa Martino V ne decreto la separazione dalla chiesa collegiata di San Lorenzo di Lugano, erigendola a chiesa parrocchiale. Oggi essa ci appare sostanzialmente nelle sue forme cinque-seicentesche. 

Loggia comunale e chiesa dei santi Giorgio e Andrea

Durante l'ultimo quarto del '500 subì delle trasformazioni, ciò per adeguarla ai dettami controriformistici del Concilio di Trento (che si era chiuso nel 1563) che imponevano maggior decoro agli edifici sacri e alle opere d'arte. Si registrano infatti in questi anni decreti con cui la curia vescovile ordinava sistemazioni della chiesa e parallelamente pagamenti a varie maestranze per opere murarie. 

Fu ufficialmente consacrata nel 1698 dal vescovo di Como Francesco Bonesana, come riporta l'iscrizione sull'architrave del portale e come conferma un documento conservato nell'Archivio vescovile di Lugano. 

Da un stampa di fine XIX secolo di Johannes Weber

I dipinti

Fino qui sarebbe il classico "bene ma non benissimo", già abbastanza per giustificare comunque i vari spostamenti con i mezzi pubblici per giungervi. Ma chi voglio prendere in giro? Le cose da vedere sono molte, la vita corta, bisogna priorizzare: Carona ha quel qualcosa in più che mi ha fatto giungere fin quassù

Il Giudizio universale

All'interno della chiesa c'é un Giudizio Universale, unica copia ad affresco di grande formato nota dell'opera di Michelangelo. Alle ore 10:37 apro la porta ma la richuido subito: é in corso la santa messa- Verifico sul web (ma cosa non si trova sul web?), la messa finisce alle 11:30, un ultima strenua resistenza del dipinto di mostrarsi. Attenderò.

Nel frattempo faccio un viaggio nel tempo e vado a ripescare quell'unica foto rubata alla cappella Sistina durante la mia visita del 2023. 

La foto rubata - Cappella Sistina - Città del Vaticano - sullo sfondo il giudizio universale

Questioni di minuti ed ecco le prime persone uscire, così che io mi fiondo dentro.

Dipinto nella chiesa dei Santi Giorgio e Andrea

Caronte a Roma - Caronte a Carona

Non posso fare a meno di lasciarmi affascinare dalla parte bassa del dipinto (come sempre) dove stanno i bruti, i cattivoni, decisamente più affascinanti dei perfettini dei piani alti. In particolari due personaggi in balia di forze esterne che cercano di trascinarli dalla loro parte, uno è raccolto all'incontro e tenuto per le gambe da un angelo, mentre un diavolo cornuto cerca di strapparlo giù tirandogli i capelli; un altro è sollevato mentre la mano di un diavolo gli ha legato un serpente alle caviglie che lo trattiene.

I due redenti sul dipinto di Carona

L'ultima cena

Sopra il portale d'ingresso si trova l'affresco con l'Ultima cena, di impianto tardo-cinquecentesco, testimonianza estrema della sopravvivenza in territorio ticinese dell'illustre modello di Leonardo da Vinci.

Anche in questo caso Carona ne esce tutt'altro che male

Ultima Cena Milano - Ultima Cena Carona

Esco, sono soddisfatto, ho perso la posta ma la prendo con filosofia, scenderò con calma a piedi verso Melide dove mi aspetta un personaggio di tutti rispetto per il nostro Cantone: Domenico Fontana

Un'ultima chicca mi attende all'uscita del paese, all'imbocco del sentiero verso Melide una signora mi rivela che una volta veniva fatto al contrario (quindi in salita da Melide a Carona) trasportando le bare dei defunti. La cosa mi incuriosisce e in un pannello all'uscita del paese trovo le risposte.

Il sentiero

Da secoli esiste un collegamento pedonale tra Melide e Carona. Anticamente fu usato quale via di comunicazione da parte dei caronesi, i quali, se ne servivano pure per altri scopi riguardanti l'utilizzo dell'acqua del lago per esercitare attività ad essa strettamente correlate.

Sguardo sul sentiero 

Da parte melidese, dopo il 1200, fu probabilmente utilizzato quale "via processionale" per recarsi all'oratorio di Torello e per ogni altro scambio materiale con la vicinia di Carona. Circa due secoli più tardi, la mancanza di una chiesa preposta sia a Melide che a Carona, spinse quest'ultima vicinia a chiedere la scissione parrocchiale: correva l'anno 1425. In quel periodo, nel Sottoceneri, esistevano solo quattro pievi: Agno, Lugano, Riva S. Vitale e Balerna; ognuna avente la sua chiesa preposta ed un piccolo parlamento. Di regola l'unico fonte battesimale e l'unico camposanto della pieve erano situati nel suo capoluogo, costringendo così gli abitanti ad estenuanti viaggi, impossibili la maggior parte delle volte nei mesi invernali, per recarsi a seppellire i propri defunti. Le salme dovevano essere trasportate sino alla prepositura per la benedizione e la successiva tumulazione. L'operazione doveva essere decisamente faticosa e, soprattutto, costosa e quindi non accessibile a tutti, vista l'estrema indigenza presente all'epoca nelle nostre contrade.

Il ruolo di becchino veniva assunto dalle cosiddette Confraternite. Queste, normalmente, risultavano composte da persone benestanti, poiché per aderirvi bisognava versare una quota annua, Nel caso di Melide, i trasporti funebri erano, di regola, curati dalla Confraternita di S. Marta della Buona Morte, la quale disponeva pure di confratelli abitanti a Melide e in altri villaggi lacustri.

Logo della confraternita presente sull'abito da cerimonia- Museo San Salvatore

Dopo l'erezione di S. Giorgio in Carona (1427) le salme venivano dapprima portate in chiesa per l'ufficio funebre e poi, con ogni probabilità, riprendevano la via fino alle catacombe, poste sotto il sagrato dell'oratorio di S. Marta di Carona.

Il sentiero tra la chiesa di Melide (nel cerchio giallo in basso) e Carona in alto

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