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Inconvenienti (?) della propaganda zoologica

La storia può essere raccontata in vari modi, partendo da diverse storie nelle storie. Una delle più significative e allo stesso singolari ruota attorno all'altrettanto situazione venutasi a creare in Germania alla fine della seconda guerra mondiale. Se poi vogliamo andare nel dettaglio Berlino rappresenta un caso più unico che raro in cui la parte occidentale rappresenta un exclave della Germania Ovest sotto la competenza di USA  Gran Bretagna e Francia.

La storia nella storia é vista dal punto di vista di nicchia della guerra fredda degli zoo; siamo ai livelli "io ce l'ho più grosso del tuo"; da una parte quello della Germania Ovest reduce dai bombardamenti e dall'altra quello nascente dell'Est da costruire sui terreni di una ricca tenuta. I vari spostamenti di personale e soprattutto direttori porta a diverse campagna pubblicitarie, in particolare quello che ci si appresta a vivere in un placida giornata d'estate nell'altrettanto placida cittadina di Wuppertal ha del tragicomico

Un elefante in funivia

Nel luglio del 1950 Klös viene mandato in trasferta. Deve scrivere un articolo sul circo Althoff che di li a poco si esibirà a Wuppertal. Il direttore del circo, Franz Althoff, è famoso per le sue sensazionali azioni pubblicitarie, ecco perché il giovane cronista deve chiedergli che cosa ha escogitato questa volta. Klös ha già avuto a che fare con il mondo circense: l'anno prima, durante le vacanze, si è occupato per qualche settimana dei cavalli del circo Hagenbeck.

La star delle pubblicità di Althoff è... un elefante, anzi un'elefantessa indiana: si chiama Tuffi ed è approdata nel suo circo da cucciola.

Poiché fin da piccola non ha mai mostrato timori o diffidenza verso le persone, viene utilizzata a fini pubblicitari nelle varie località toccate dal tour: ad Altötting, in Baviera, si è scolata un'acquasantiera, a Duisburg ha fatto un giro del porto e a Solingen è salita su un'impalcatura per portare una cassa di birre ai muratori. A Oberhausen ha preso il tram fino al municipio, dove è salita al terzo piano per andare a trovare il sindaco nel suo ufficio, pur con qualche deroga al protocollo, come divorarsi una pianta in vaso e far pipì sul tappeto.

Helma Vogt, addetta stampa di Althoff, ha già riflettuto su cosa potrebbe fare l'elefantessa a Wuppertal. E trova che il numero con il tram funzioni sempre. «Solo che stavolta Tuffi farà visita ai suoi simili nello zoo. Che gliene pare?» chiede a Klös con impaziente entusiasmo.

«A Wuppertal, però, si gira in funicolare» le spiega lui con una punta di pedanteria.

Alle orecchie di Helma Vogt, tuttavia, la sua obiezione non risuona come lezioncina pignola, bensì come un'idea eccellente. Lei non si è mai seduta in uno di quei trabiccoli, figuriamoci se riesce a immaginare come metterci un elefante. Ma se a Wuppertal viaggiano tutti con la ferrovia sospesa, allora può farlo anche Tuffi.

Il giorno dell'esibizione

Nella mattinata del 21 luglio 1950 l'incrocio presso la stazione Alter Markt del quartiere Barmen di Wuppertal è presa d'assalto; la polizia cerca faticosamente di allontanare la massa di curiosi e giornalisti da binari del tram. In lontananza s'intravede già la carovana: quindici elefanti bardati di bianco che uno dietro l'altro, trotterellanti verso la stazione. E proprio in fondo alla fila, eccola: Tuffi. Il direttore Franz Althoff e il responsabile dei trasporti pubblici si prendono della trovata il merito e lo proclamano a gran voce. Sperano di suscitare un grande interesse per il circo, lo Zoo e Wuppertal, un interesse che vada ben al di là dei confini cittadini.

Mentre il branco attende sotto le scale della stazione, Althoff compra con fare ostentato quattro biglietti per Tuffi che, davanti allo sportello, se ne impossessa con l'aiuto della proboscide. Dopodiché il direttore del circo sale insieme a lei i gradini di pietra, accompagnato dal figlio dodicenne Harry, dall'addetta stampa Vogt, da un guardiano degli elefanti come pure da uno sciame di giornalisti che scattano foto senza sosta al pachiderma che supera con sorprendente abilità la ripida scala.

La ferrovia sospesa è retta da una struttura portante d'acciaio, costruita per gran parte a dodici metri d'altezza sopra il fiume Wupper che attraversa la città. Tuffi non mostra nemmeno un briciolo di vertigine, è assolutamente rilassata. Si limita, di tanto in tanto, a infilare la proboscide nella rete protettiva che li separa dall'abisso e dal fiume che scorre scintillante ai loro piedi. Di li a poco il treno fa il suo ingresso in stazione. Il vagone numero 13 è riservato all'elefantina. 

Märklin Spur 1- Wuppertaler Schwebebahn Uhrwerk - 1902 - 1905 - Technorama Winterthur

L'idea originaria prevedeva che i giornalisti percorressero il tragitto a bordo di un bus del circo fino alla fermata concordata, dove Tuffi avrebbe salutato con la proboscide dal finestrino; alcuni giornalisti avrebbero potuto viaggiare in funicolare con lei solo al ritorno, stando ai piani. Ma non appena l'elefante sale in carrozza, i primi giornalisti incalzano dietro di lei. E gli altri, temendo che i colleghi possano scattare immagini migliori, li seguono e si accalcano sul treno. Tra loro, anche Klös. Alcuni passeggeri degli scompartimenti vicini, accortisi della ressa, cambiano velocemente carrozza, così per finire nel vagone 13 rimangono quattro uomini del circo e una ventina di giornalisti, oltre a numerosi passeggeri... e a un elefante di 700 chili. Ora nessuno può, né vuole più scendere. Il treno parte con un ronzio in direzione di Elberfeld, dove si trova il giardino zoologico.

Una concatenazione di eventi

«Che pubblicità fantastica, vero?» esclama l'euforica addetta stampa Vogt, rivolgendosi a Klos che è Il vicino. Finora Tuffi è stata l'immagine stessa della calma, ma qui si balla un pochino di più che su un tram. Quando il treno affronta cigolando la prima curva l'animale barrisce e sbatte le orecchie, un chiaro segno di agitazione. Nel farlo pesta i piedi di qualcuno che si mette a urlare: «L'elefante sta impazzendo!». Da dietro tutti premono verso la parte anteriore del treno per vedere che cosa succede. Klös e gli altri, che si trovano davanti, provano a respingerli per evitare altri incidenti. Poiché gli elefanti non sono in grado di vedere dietro, Tuffi si gira su sé stessa per capire cosa succede. I passeggeri cercano di farsi da parte, cadono gli uni sugli altri, vanno in pezzi una panca e una macchina fotografica.

Urla. L'addetta stampa Vogt si prende una pedata da Tuffi e sviene.

Per l'elefante è troppo, l'unica cosa che vuole è uscire da li e preme la testa contro il finestrino, una volta, due volte, finché il finestrino va in frantumi. Lei continua a spingere e, in men che non si dica, si ritrova in caduta libera.
Franz Althoff fa per saltarle dietro, ma il figlio lo trattiene. Heinz-Georg Klös, che sorregge l'addetta stampa svenuta, inizia d'un tratto a percepire tutto quel caos come al rallentatore. Mentre Tuffi precipita per dodici metri, riesce solo a pensare: «Che facce faranno i passanti giù in strada?».


Finalmente il treno si arresta alla fermata successiva. Adlerbrücke.

Chi è ancora in grado di camminare si affanna a scendere dai vagoni, si precipita giù per le scale e corre sul lungofiume verso il punto in cui è caduta Tuffi. Nel centro urbano il Wupper non supera il mezzo metro di profondità e il suo letto è pietroso. Ma un caso fortuito vuole che proprio in quel punto le sue acque siano un pochino più profonde, il fondo melmoso. Per di più l'elefante deve aver impattato la superficie dell'acqua di fianco, tant'è che all'arrivo dei primi giornalisti Tuffi sguazza beata nel fiume. Come per miracolo non ha subito alcuna lesione, cavandosela con un paio di graffi sul sedere. A Helma Vogt, al contrario, è andata peggio: viene ricoverata in ospedale con qualche costola incrinata e tagli sul viso. L'accompagna Klös. «Che ne è stato di Tuffi?» è la prima cosa che chiede quando riprende conoscenza.


Intanto Franz Althoff ha il suo bel daffare a convincere l'elefantessa che il bagno è finito. La prevista visita allo zoo è saltata (nell'acqua). Invece dai marciapiedi e dalle finestre un'infinità di spettatori osserva incuriosita la singolare processione che sfila per le strade di Wuppertal: un elefante bagnato fradicio con il suo seguito ormai altrettanto zuppo composto da un direttore di circo e diversi giornalisti.

Molti di loro sono entrati nell'acqua fino alla cintola per poter finalmente scattare qualche foto. Ci sono tante immagini che la mostrano prima, dopo e addirittura durante il suo breve viaggio nella ferrovia sospesa, ma nessun fotografo è riuscito a immortalare il suo salto nel fiume. Tanto è stato lo spavento, tanta la frenesia, che se ne sono dimenticati. Più avanti apparirà un unico fotomontaggio che andrà a ruba come cartolina.

Anche se l'iniziativa avrebbe potuto finire assai peggio sia per Tuffi che per gli altri partecipanti, è stata senz'altro di grande impatto. D'ora in poi ovunque il circo Althoff si recherà, tutti vorranno vedere Tuffi e i suoi fan le spediranno sacchi di lettere. Lo stabilimento del latte di Colonia-Wuppertal battezzerà addirittura i suoi prodotti con il nome dell'elefantessa. I due ideatori della fallita campagna pubblicitaria - il direttore del circo Franz Althoff e il responsabile dei trasporti pubblici di Wuppertal - dovranno rispondere del proprio operato davanti al tribunale. Saranno condannati a una pena pecuniaria di 450 marchi ciascuno per negligenza, trasporto pericoloso e lesioni personali.

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