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La lüèra dì Bignasco e altre trappole per lupi

Quindi si parla di trappole per felini come il lupo automaticamente nella nostra testa si fa largo l'immagine di una trappola piccola, immobilizzante, una tagliola ad esempio.

Il concetto fondamentale di ogni trappola è: esiste un ingresso ma mai un'uscita. Non servono strumenti o materiali complessi: la natura dispone di tutto il necessario. La parte più importante è decidere dove piazzare la trappola.

Per il lupo però trovo due esempi di trappole che immobilizzano l'animale senza però creargli alcun danno.

La lüèra dì Bignasco 

I luoghi boscosi sono infestati da lupi enormi e orsi panciuti […] (Valmaggia, 1490).

Abbiamo condotto alla stalla le nostre capre, per lo meno quelle che sono scampate al lupo […] (Moghegno, 1859). 

Sono due tra le numerose testimonianze che attestano la presenza del lupo in queste contrade nei secoli scorsi.
Contro questo temuto predatore l’uomo condusse in passato una lotta senza esclusione di colpi. La varietà degli espedienti messi in opera per sopprimerlo non conosce limiti: lacci, trabocchetti, reti, tagliole, armi da fuoco, esche avvelenate, ma in nessun altro luogo all’infuori della Valmaggia sono note strutture come la trappola di Bignasco, se non nella penisola iberica e in Scandinavia.
La lüèra (dal latino medievale luparia) è un manufatto imponente: una superficie di quasi 150 mq è racchiusa tra una parete rocciosa a monte, un enorme monolite a valle e due robusti muri a secco. Quello a sud supera all’esterno i sette metri d’altezza. Non vi sono aperture, a eccezione di un piccolo passaggio attraverso il quale, attirato da un’esca viva, entrava il predatore, facendo scattare un meccanismo che richiudeva un portello alle sue spalle.
 Il cornicione obliquo sporgente in due segmenti permetteva di raggiungere la corona del muro per guardare all’interno. 

La lüèra vista dall'esterno. Si nota la fessura d'entrata al centro in basso

L’età di questa struttura non ha potuto essere determinata con sicurezza: documenti d’archivio attestano però la presenza di una trappola per lupi a Bignasco già nel 1408. Anche altre fonti, letterarie e iconografiche, sembrano convergere verso la prima metà del Quattrocento. L’ultimo lupo a Bignasco fu abbattuto nel 1841.

L'interno della lüèra , in basso a destra quel che potrebbe essere i9 resti del meccanismo di chiusura del pertugio di entrata

Stesso principio della lèüra di Bignasco é questa in foto presente a La Garganta, Estremadura, Spagna

Trappola stretta

La seconda tipologia di trappola la apprendo da un libro, come la lüèra di Bignasco si rifà nell'imobilizzare l'animale senza creargli danno

Conficcare dei pali lunghi nel terreno a formare due recinti circolari. L'anello interno dovrà misurare tre o quattro metri in diametro ed essere privo di aperture.
Quello esterno dovrà essere più ampio di circa quarantacinque centimetri e sarà provvisto di un cancello che si apre solo verso l'interno. Il lupo potrà procedere lungo l'angusto corridoio ma non riuscirà a girarsi. Serve solo attirarlo nella trappola con un'esca viva: un capretto, un'oca o un maialino.

Gaston Phébus, Livre de la chasse, Parigi, 1405-10 ca. 
Parigi, BnF, ms fr. 616, 36 x 25 cm 
Caccia al lupo con trappola circolare

L'enigma di Terenzano

Un altra opera é situata ad Ugento in località Terenzano. Qui lo studioso A. Pizzurro, in "Ozan: Ugento dalla preistoria all'età romana" descrive lenigmatica costruzione litica" come " Un unicum che non trova altri riscontri nella penisola salentina. Tale costruzione serviva sicuramente da trappola per la cattura di lupi e selvaggina varia e, non si può escludere a priori un suo impiego come trappola durante le battute di caccia nell'antichità".


"Si scavano pure per la suddetta caccia [al lupo] delle fosse larghe, cupe, e rotonde lasciandovi in mezzo come un cilindro di terra leggi pietra, di altezza uguale alla medesima fossa, e nella di lui sommità attaccano in tempo di notte una capra, coprendo la cennata fossa con delle ramate, acciò non sia veduta; mentre la fera correndo alla voce della capra per cibarsene, cade e precipita entro detto fosso da cui non potendo per la profondità uscire vi resta e vien presa

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