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Pavillon Le Corbusier

Sono sempre stati due i personaggi svizzeri contemporanei del campo artistico / architettonico che ho sentito nominare ad intervalli irregolari dalle fonti più svariate.

Il primo é quello di Tinguely (trattato in separata sede) e il secondo Le Corbusier.

Mentre che per Tinguely le sue opere sono sparse in posti nevralgici di diverse città (Basilea, la stessa Zurigo) Le Corbusier risulta un po’ più nascosto.

Sulla riva orientale del lago di Zurigo, poco distante dal giardino cinese si erge il Pavillon del celebre architetto.

Pavillon Le Corbusier Zurigo

Una visita é d’obbligo, la mia ignoranza in materia é totale quindi mi lascerò sorprendere ed ammagliare de quello che vedo senza andare a rovistare eccessivamente nei cassetti della mia memoria

L'uomo

Come accadeva da oltre quindici anni, durante l’estate del 1965 Le Corbusier stava trascorrendo qualche settimana di vacanza nel proprio cabanon, affacciato sulla spiaggia di Roquebrune, in Costa Azzurra. Anche quella mattina del 27 agosto, il clima mite lo aveva convinto a fare un bagno, solitario come sempre. Un tuffo, poche bracciate verso il largo. Furono due turisti di passaggio ad accorgersi che aveva difficoltà a nuotare. Pochi minuti dopo l’intervento dei vigili del fuoco di Mentone, il suo corpo esanime fu trasportato a riva: non c’era più nulla da fare. Il corpo fu sepolto accanto a quello della compagna Yvonne, nel piccolo cimitero a picco sul mare, in una tomba che lui stesso aveva immaginato, decorata solo da una lapide colorata in bianco, azzurro, giallo e rosso

La tomba di Le Corbusier e sua moglie

 Una vita che aveva avuto inizio il 6 ottobre 1887 nella cittadina di La Chaux-de-Fonds, adagiata in una valle a mille metri di quota nel Giura svizzero

Lo pseudonimo – allora una pratica comune tra gli artisti a Parigi – era ispirato al cognome del nonno materno Lecorbésier, storpiato per ricordare anche quello del suo maestro, l'architetto svizzero Charles L'Eplattenier.

Il pittore francese Fernand Léger fa di lui un curioso e personalissimo ritratto, ricordandolo così quando lo incontra per la prima volta a Parigi nel 1920:

«Vidi venire verso di me, estremamente rigido, uno straordinario oggetto mobile, tagliato come un’ombra cinese, sormontato da una bombetta, con occhiali e soprabito da prete. L’oggetto avanzava lentamente, in bicicletta, obbedendo scrupolosamente alle leggi della prospettiva». 

Le Corbusier era un tipo che non passava certo inosservato, sempre molto attento al proprio abbigliamento, curato nei minimi dettagli e rigoroso. Nel 1947 si fece addirittura confezionare una giacca, nota come Forestière, la cui prerogativa era la comodità e le molte tasche, nelle quali avere sempre a disposizione matite, penne e taccuini. 
Ma chi era Le Corbusier, al di là delle sue opere? Era un uomo, a detta di molti, assai permaloso, e per questo particolarmente sensibile alle critiche, che a volte si è sentito defraudato delle proprie idee (gliene hanno rubate molte, magari dopo averle stroncate) e che ha lottato con tutte le forze per imporre le sue visioni, certamente radicali, contro una certa Accademia «senza cultura, senza doni e senza passione». Ma era anche estremamente sensibile. I recenti studi sull’ampia corrispondenza privata hanno rivelato l’intensità dei rapporti personali instaurati con i suoi maestri, gli amici, i collaboratori, mostrando il lato più intimo della sua personalità e controbilanciando la spigolosità e l’apparente rigidità della sua figura pubblica, frutto di una costruzione deliberatamente studiata

Mi accorgo poi sempre in un secondo tempo che lo stesso architetto é ritratto sulla banconote dei 10.- 

Un artista dai molti talenti e interessi, che spaziavano dalla fotografia al cinema, dalla musica alla grafica, dalla natura alla biologia. 

Le Corbusier divideva la sua giornata in due parti: la mattina dipingeva da solo nel suo atelier, il pomeriggio lavorava nel celeberrimo studio in rue de Sèvres. Si sentiva pittore e architetto, anzi la pittura era il laboratorio segreto dove creare le forme, elementi primari dell’emozione plastica. Pittura e architettura erano due parti complementari di uno stesso universo artistico, a cui si uniranno in seguito la scultura e tutte le contemporanee forme di espressione artistica fino all’acustica e all’elettronica. 

Il Pavillon

L'abitazione al suo interno non delude le attese, risulta già molto particolare ad una vista dall'esterno che non ci si può immaginare qualcosa di deludente all'interno. Al piano terra la casa é arredata come se fosse un abitazione mentre nei piani superiori ed inferiori i suoi spazi si adattano alla sua funzionalità di museo

Purtroppo Le Corbusier non poté assistere all’inaugurazione della sua ultima opera, il padiglione espositivo costruito nel quartiere Seefeld di Zurigo il 15 luglio 1967. L’edificio fu il frutto di un percorso evolutivo protrattosi per diversi anni e, pur essendo stato concepito in tarda età, rappresenta un capitolo centrale, se non addirittura il più importante, nell’opera di Le Corbusier. 

La storia della progettazione del padiglione, realizzato su iniziativa della collezionista d’arte Heidi Weber, è stata travagliata, pur se animata da riflessioni di carattere pragmatico. L’edificio, recentemente ristrutturato, si erge esile, benché in buono stato, sulle rive del lago di Zurigo. Rappresenta un ulteriore prototipo dell’ambizioso sistema di prefabbricazione sviluppato da Le Corbusier, un’opera chiave di questa continua ricerca. 

L’aspetto esteriore è quello di un insieme di cubi sormontato da un immenso tetto suddiviso in due coperture, una concava e una convessa, che offre protezione dai fenomeni atmosferici. Le Corbusier chiamava questo utilizzo duplice e specchiato delle tettoie parapluie-parasol, “ombrello e parasole”. Fra le due si inserisce, con grande naturalezza, la porzione di tetto calpestabile. Le unità modulari che costituiscono il padiglione sono caratterizzate esteriormente da elementi in vetro o pannelli metallici smaltati in vari colori. Un tripudio di forme rigorosamente geometriche, alquanto distanti dai tratti distintivi tipici delle opere realizzate dall’architetto negli ultimi anni della sua vita.


Le Corbusier si cimentava molto volentieri nella creazione di spazi espositivi – uno straordinario banco di prova per tutta l’architettura moderna. Come già nel padiglione parigino dell’Esprit Nouveau del 1925, anche nell’edificio di Zurigo ritornano elementi quali la suddivisione su due piani, i componenti prefabbricati, la razionalizzazione che non va a scapito dell’individualità. Le Corbusier recupera un modello elaborato in precedenza, come spesso ama fare, adattandolo al luogo e alle sue finalità. 

226 - A misura d'uomo

Le Corbusier sviluppa il proprio sistema di proporzioni in vista della ricostruzione della Francia tra il 1943 e il 1945. Riesce a stabilire una relazione geometrica tra le proporzioni del corpo umano e la sezione aurea e da questa ricava due serie di misure reciprocamente complementari che contengono tutte le dimensioni del corpo umano rilevanti per il design. 


Fissando l'altezza della figura del Modulor a un metro e mezzo, supera l'incompatibilità tra il sistema metrico decimale e il piede come unità di misura standard anglo-americana, rendendo così la sua teoria delle proporzioni uno strumento universalmente applicabile.


Il sistema della struttura modulare realizzata con elementi in lamiera aggraffata che fungono sia da elementi portanti sia da supporti fu brevettato da Le Corbusier nel 1953 con il nome di “226 x 226 x 226”. La sequenza di cubi di dimensioni identiche disposti l’uno accanto all’altro e uno sopra l’altro viene integrata da controventature al fine di rinforzare il complesso. L’assemblaggio, nel padiglione sullo Zürichhorn, di profili angolari metallici lunghi 226 centimetri ciascuno rispecchia la scala di proporzioni sviluppata da Le Corbusier, il Modulor. I 226 centimetri corrispondono alla misura di una persona alta 183 centimetri con il braccio alzato. Attraverso il Modulor, Le Corbusier tenta di subordinare l’architettura a un ordine matematico basato sulle proporzioni dell’uomo.



Il padiglione sullo Zürichhorn, l’ultima opera di Le Corbusier ad essere stata realizzata, sintetizza in sé tutte le teorie dell’architetto svizzero. Egli stesso lo definì come il  più audace dei suoi progetti architettonici. Chi visita l’edificio rimane sorpreso dal dialogo che si instaura fra spazio, luce, riflessi, materiali e colori. Inevitabilmente si è portati a riflettere sulla statica e sulle tecniche costruttive di allora, su quanto Le Corbusier fosse avanti rispetto alla propria epoca e su quanto sia attuale la sua opera.



L'edificio evoca associazioni con una nave, un aereo o un tempio. Con una superficie di oltre 600 metri quadrati e quattro piani, l'edificio espositivo offre diversi punti di vista all'interno, all'esterno e all'esterno. Il tetto, che fluttua liberamente sopra la struttura vera e propria e protegge i visitatori dal sole e dalla pioggia, e la terrazza, che offre una vista senza ostacoli sul lago di Zurigo e sullo Zürichhorn, pongono un accento particolare.

"Il paesaggio del tetto galleggiante 'Parasol-Parapluie' è stato realizzato per la prima volta nell'ultimo progetto edilizio di Le Corbusier".


 La morte di Le Corbusier fece arenare il progetto per il momento e fu necessario costituire un nuovo team di progetto per portarlo a termine. Nel 1967, la committenza poté inaugurare l'edificio come Centre Le Corbusier - Heidi Weber Museum. La sua visione di avere un edificio di e per Le Corbusier, il suo lavoro e la sua influenza, come sintesi delle arti, fu realizzata.


Fino a maggio 2014, il Museo Heidi Weber - Centre Le Corbusier è stato ospitato all'interno, dove la designer d'interni, gallerista, collezionista d'arte ed editrice Heidi Weber ha presentato la vita e l'opera di Le Corbusier con oggetti della sua collezione privata in mostre da diverse prospettive. La totalità delle opere di architettura, design d'interni, mobili, dipinti e sculture della collezione di Weber, che copre un arco di 50 anni, ha trasmesso l'immagine di Le Corbusier come genio universale. Inoltre, sotto i suoi auspici sono stati organizzati numerosi simposi e cicli di conferenze.

L'architetto

«A piene mani ho ricevuto, a piene mani dono»: la sua opera, che trae origine da un’inesauribile curiosità verso la città e le sue trasformazioni, testimonia la sua volontà di fare dell’architettura un’arte sociale, ispirata a canoni umanisti, per rispondere ai bisogni dell’uomo moderno. Le Corbusier si è interessato a tutti i temi che hanno segnato il XX secolo, ai concetti di spazio individuale e collettivo dell’abitare, ma anche agli edifici pubblici, culturali, religiosi o industriali.


«Le Corbusier ha cambiato l’architettura. E l’architetto.» Questo vibrante elogio di André Malraux è ancora molto attuale. Le Corbusier, al secolo Charles-Édouard Jeanneret (1887-1965), è tutt’oggi considerato l’architetto più fecondo e influente del XX secolo. Architetto, creatore di mobili, pittore, scultore, teorico e poeta, ha costruito 75 edifici in 11 Paesi, ideato 42 progetti urbanistici, scritto 34 libri. Ci ha lasciato 8000 disegni e oltre 500 tra quadri, sculture e arazzi

Charlotte Perriand sdraiata sulla Chaise longue, da lei ideata insieme a Le Corbusier e Pierre Jeanneret, progetto 1928-29. Foto per il catalogo Thonet Frères, Parigi, 1930

Le Corbusier, che non smise mai di viaggiare per imparare, divulgare le proprie teorie e costruire, fu in effetti il primo architetto a esercitare simultaneamente la propria attività in diversi continenti, quasi un architetto globale ante litteram.  

Le Corbusier
Petit Confidences, 1957. Nr. 8
Petit Confidences, 1957. Nr. 10
Petit Confidences, 1957. Nr. 5 Rhodoide, Gravur auf Velinpapier
Pavillon Le Corbusier, Kunstsammlung der Stadt Zürich

I “Cinque punti di una Nuova Architettura” sono riassumibili in cinque aspetti: i pilotis, il tetto giardino, la pianta libera, la facciata libera e la finestra a nastro. Si tratta di elementi di un sistema che dovrebbe rimanere invariabile, a prescindere dai singoli casi di applicazione.

Stile pino

Il giovane Le Corbusier si iscrive all'École d'art di La Chaux-de Fonds nel 1902. Il suo insegnante Charles L'Eplattenier, inventore di una variante locale dell'Art Nouveau nota come Style sapin ("stile pino"), trae ispirazione soprattutto dalla natura. I suoi studenti imparano a individuare i modelli di crescita ripetitivi e progressivi nelle foreste di abeti del Giura e li trasferiscono in una serie di attività di progettazione che vanno dalle casse per orologi agli edifici. 

L'intera opera di Le Corbusier sarà pervasa dal suo entusiasmo per le forme e le leggi strutturali della natura. Il punto di partenza della sua proposta del 1931 per un "museo a crescita illimitata", ad esempio, è la forma a spirale del guscio di una lumaca.

Già a La Chaux-de-Fonds, Le Corbusier iniziò ad armonizzare i suoi dipinti e i suoi edifici utilizzando semplici mezzi geometrici o aritmetici.
Le diagonali di superficie e i loro angoli retti divennero una struttura invisibile a cui allineare le sue composizioni - il "tracé régulateur" permetteva una "grandissima precisione nelle proporzioni" e serviva come strumento per chiarire le intenzioni progettuali. 




Le Corbusier lo illustra, tra l'altro, con le facciate di Villa Stein-de Monzie che, proporzionate nel rapporto aureo, sono strutturate da un ritmo regolare di colonne nel rapporto 2:1:2:1:2 e le cui aperture sono tutte direttamente proporzionali alla forma complessiva.

Le Corbusier critica Maderno facciata San Pietro a Roma

Le Corbusier arriva a Roma il 14 ottobre 1911 direttamente da Pompei dove ha passato gli ultimi quattro giorni.

La prima visita di Le Corbusier è al Vaticano, ai giardini e al complesso del Belvedere del Bramante. L’impressione sulla Basilica di Carlo Maderno è negativa. «San Pietro è decisamente un fallimento», scrive a Ritter, e la sua opinione resterà tale per tutta la vita. 


Effettivamente l'attuale facciata della Basilica di San Pietro risulta eccessivamente larga rispetto al progetto originale di Maderno, in cui erano previste due torri campanarie mai realizzate per problemi strutturali. Solo uno dei due campanili fu cominciato ed in seguito le sue colonne vennero reimpiegate nelle chiese di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Montesanto di Piazze del Popolo. Anche le cupole ornamentali a pianta ottagonale che avrebbero dovuto coprire le lanterne delle cappelle laterali non furono mai realizzate.

Il primo disegno al Vaticano è della Cappella Sistina vista da via delle Fondamenta, la strada che gira intorno alla Fabbrica e che, nel 1911, era territorio del Regno d’Italia e il percorso obbligato per accedere ai Musei, il cui ingresso era in cima al viale del Belvedere

L'ile de France

Fin dal capitolo "Des yeux qui ne voient pas... I- Paquebots" di Vers une architecture, siamo a conoscenza della particolare attrazione di Le Corbusier per i transatlantici

Le numerose rappresentazioni dell'Aquitania, della France e della Lamoricière testimoniano questo interesse. Le Corbusier era sedotto da queste costruzioni "a misura d'uomo, vaste e intime", dove il "contrasto tra pieni e vuoti, masse forti ed elementi aggraziati" conferiva una dimensione unica a queste architetture galleggianti.

I pochi schizzi sopravvissuti non possono essere collegati ad alcuno studio specifico. Sappiamo però che nel marzo 1936 Le Corbusier intraprese un progetto per "allestire appartamenti di lusso sul transatlantico 'Pasteur', in sostituzione dell''Atlantique'". Sul continente, chiese a Raoul Dautry, allora direttore generale delle ferrovie, e a George Huisman, direttore generale delle belle arti, di intervenire a suo nome presso la Compagnie des Chargeurs Réunis. Per avere le migliori possibilità di influenzare la scelta della compagnia di navigazione, Le Corbusier utilizzò la sua rubrica sudamericana e chiese a Paulo da Silva Prado, Monteiro de Carvalho, Victoria Ocampo ed Enrico Bullrich di appoggiare il suo progetto, senza successo.

progetti di miglioramento delle linee di navigazione-isola di Francia- 1936

L'idea di Le Corbusier su come dovesse essere una nave da crociera era molto diversa da quella del viaggiatore abituale: per lui non si doveva cercare di creare l'illusione di un palazzo sulla terraferma, perché si rendeva conto "dell'errore di cercare di far credere al viaggiatore di non aver lasciato la terraferma". Ciò che occorreva era un "albergo galleggiante". Le Corbusier si rifece spesso alle sue numerose traversate transatlantiche per teorizzare la sua visione dei transatlantici.

Alla fine del 1953, tramite l'amico avvocato Gabriel Chéreau, Le Corbusier cercò di mettersi in contatto con Jean Marie, presidente della Compagnie Générale Transatlantique. Sperava di ricevere l'incarico di costruire un super-nave, il "super-paquebot LE CORBUSIER". Con questo obiettivo, Le Corbusier prevedeva di costruire una "scultura navale" in cui poter ospitare 2.000 persone. Egli tracciava un forte parallelo con le sue recenti Unités d'habitation e con la sua misura Modulor, che riteneva adatta ai transatlantici perché "universalmente applicabile all'architettura e alla meccanica". 

L'unica pianta conosciuta non è quella dell'officina al 35 di rue de Sèvres, ma un noto manifesto utilizzato dalla Cunard Line per pubblicizzare il suo prestigioso Aquitania.

La Ville Radieuse

Nel 1935, con la pubblicazione de La Ville Radieuse, descriveva la sua città ideale, che doveva essere funzionale e organizzata, nella quale erano già evidenti alcune intuizioni che si sarebbero rivelate fondamentali negli anni a venire: la costruzione di un certo numero di grattacieli, destinati ad abitazione, doveva occupare solo il 12 per cento della superficie per far spazio alle zone verdi e alle aree per lo sport, con percorsi pedonali, strade sopraelevate e mezzi di trasporto pubblico sottoterra

Quella che in quegli anni era considerata l’utopia di un uomo estroso e visionario, divenne realtà nel 1950, quando il primo ministro indiano Pandit Jawaharlal Nehru gli affidò il progetto di Chandigarh, la nuova capitale del Punjab.

 In questo piano urbanistico Le Corbusier mise a punto un nuovo strumento concettuale, la griglia climatica, scandita secondo l’intensità del sole nelle diverse stagioni così da studiare possibili orientamenti architettonici, pensare il modo di fare ombra, provocare correnti d’aria, realizzare il sistema del deflusso delle piogge durante la stagione monsonica.

Chandigarh la capitale del Punjab

Il sogno di poter realizzare la città ideale si concretizzerà però solo nel 1950, con l’invito da parte del primo ministro indiano Nehru a disegnare la capitale del nuovo Stato del Punjab, dopo la dichiarazione d’indipendenza dell’India (1947) e la secessione del Pakistan. Chandigarh (la “città d’argento”) è l’occasione che Le Corbusier ha sempre atteso, dopo i numerosi fallimenti delle sue proposte: qui ad esempio potrà concretizzare la sua innovazione del sistema viario con la separazione delle strade dedicate ai pedoni e quelle dedicate al solo traffico automobilistico (la teoria delle “7 V”, cioè dei sette tipi di strade in rapporto alle diverse velocità del traffico), riconfigurando la griglia del piano predisposto dagli architetti inglesi Maxwell Fry e Jane Drew. 

Progetto per la nuova capitale del Punjab, Chandigarh, 1950-1965.

In tal modo, ogni isolato è circondato da una strada a scorrimento veloce che sbocca in appositi parcheggi, mentre una maestosa arteria fa da spina dorsale del corpo della città, risalendo fino alla “testa” che ospita la piazza del Campidoglio dove si concentrano in maniera epica e monumentale le istituzioni statali, cioè le sedi del Parlamento, dell’Alta Corte, dei Ministeri e del Palazzo del Governatore. Immaginato come il futuro centro storico della nuova capitale, il Campidoglio trascende però dal meccanicismo implicito nella Ville Radieuse e dal suo rifiuto della città antica: i suoi possenti edifici realizzate l’impronta di quelli rimasti sulla carta – come il Palazzo del Governatore – rimandano a un atto mitopoietico più che funzionalista. 

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