Gli imperatori romani furono 105.
Di questi 105 solo pochi sono considerati come superstar; solitamente sono sempre i personaggi estremamente positivi o quelli particolarmente malvagi a fare la storia, gli imperatori insipidi difficilmente lasciano un segno degno di nota per chi non ha il tempo per studiarseli tutti.
Va anche aggiunto che numerosi imperatori a Roma lo furono per brevissimo tempo, non ebbero nemmeno il tempo di farsi conoscere che furono scalzati dal potere, molto spesso in maniera violenta.
Concentriamoci quindi sugli imperatori "famosi". Per sapere quali sono basta girare qualche museo, quando vi ritrovate per la seconda volta il busto dello stesso imperatore significa che qualcosa degno di nota l'ha combinato.
Caracalla é da sempre associato al nome delle terme, ma questo non basta per salire sull'Olimpo degli imperatori. Caracalla non ha la popolarità degli imperatori di prima fascia quali Giulio Cesare, Nerone Caligola o Traiano ma sicuramente giocherebbe in un ipotetica serie B degli imperatori.
Deciso di chinarmi su di lui dopo averlo incontrato due volte: la prima ai musei capitolini di Roma , la seconda in Svizzera, al museo di Ogni santi
CARACALLA. IL PRIMO E IL PIU' AMATO DAI SUOI LEGIONARI
Caracalla, imperatore romano noto per la sua spietata ambizione e la sua sete di potere, trovò un sorprendente punto di contatto con le sue legioni, nonostante la sua fama di tiranno. La chiave di questa connessione era il suo comportamento non convenzionale per un sovrano: Caracalla si immerse nelle vite dei suoi soldati con una dedizione che andava ben oltre il mero dovere.
Era amato e rispettato tra le file dell'esercito, non solo per la generosità dei donativi che elargiva senza parsimonia, ma anche per il suo coinvolgimento diretto e fisico nelle attività militari.
Caracalla non si limitava a supervisionare; egli stesso si cimentava in lavori pesanti, come scavare fossati, gettare ponti o erigere argini, spesso ponendosi in prima linea nei lavori più faticosi.
L'ascetismo caratterizzava la sua quotidianità: la mensa di Caracalla era esemplare nella sua semplicità, spesso accontentandosi di cibo frugale, piatti e bicchieri di legno, e pane che preparava personalmente. Questo pane era il frutto del suo lavoro, dalla macinazione del grano alla cottura su carboni ardenti, un gesto che simboleggiava la sua vicinanza alla vita dei suoi uomini.
Caracalla rifiutava i lussi a cui un imperatore avrebbe potuto facilmente accedere, vivendo con esigenze paragonabili a quelle del soldato più umile. Prediligeva essere chiamato commilitone piuttosto che imperatore, un titolo che rinforzava il suo legame con l'esercito.
La sua presenza costante nelle marce, il raro uso di carri e cavalli, e l'abitudine di portare personalmente le proprie armi, erano tutte manifestazioni di un'immedesimazione totale nel ruolo di soldato.
In un gesto di forza e solidarietà, Caracalla portava talvolta sulle spalle le insegne militari, simboli pesanti e ornati d'oro, che anche i soldati più robusti faticavano a sopportare.
Questi atti, insieme ad altri simili, gli guadagnarono l'amore e l'ammirazione dei suoi uomini, che vedevano in lui non solo un leader ma un vero e proprio compagno d'armi.
La sua statura fisica non imponente rendeva ancora più straordinaria la sua resistenza alle fatiche più dure, una prova vivente che la grandezza di un imperatore si misura non dalla sua altezza, ma dalla profondità del suo impegno al fianco dei suoi soldati.
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