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Il mago di Cantone

In ogni piccolo, minuscolo raggruppamento di abitazioni c'é qualcosa da raccontare. Sceglo di fare il breve tragitto Mendrisio - Rancate a piedi cercando ogni piccola storia che il territorio mi regala.

Un buon pannello informativo in prossimità del "centro" mi illumina su una semi leggenda con parti documentate di espulsioni e altre più oscure inerenti sparizioni nella regione. Ma andiamo con ordine

Una leggenda che si tramanda da secoli

È il “castello di Cantone” a Rancate, il luogo che fu teatro, secondo i racconti popolari che tanto spaventavano i bambini, delle vicissitudini di un “mago” e di alcune giovanette della regione. La leggenda del mago “Una leggenda che si tramanda da secoli a Rancate, Riva San Vitale e nei dintorni, la cui trama è presto detta: un losco personaggio faceva rapire le ragazze, possibilmente belle, povere e prive di appoggi, le costringeva a giochi magici e perversi che terminavano con la loro morte e le buttava in un pozzo all’interno di una grotta nelle viscere del Monte San Giorgio.

Esistono diverse versioni di questa storia, non sempre lineari, in cui si sono mescolati, nel tempo, episodi realmente accaduti e fantasie di luoghi dalla fama sinistra, violenze, superstizioni … 

Il Castello di Cantone

Il “castello”, complesso edificato sulle pendici del San Giorgio in posizione solitaria nel luogo denominato Cantone, è stato abitato fino agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. L’ultimo a trascorrere i suoi giorni in quella che quasi certamente era una grande casa colonica trasformata in di- mora signorile, fu “ul Rico”, che qualcuno ancora ricorda. Ora la costruzione mostra tutti i segni del tempo e alcune sue parti sono diroccate. 

“Fu probabilmente - scrive lo storico Giuseppe Martinola - in origine una casa contadinesca medievale come ne sorgevano remote dagli abitati. Poi si sa che passò ai Della Croce di Riva, che nel 1613 la vendettero al conte Francesco Secco Borella di Vimercate, che, bandito dallo Stato di Milano per omicidio, si rifugiò nel 1603 a Riva (…). 

Il palazzo, chè tale doveva essere, restò ai Secco Borella fino al 1732, e poi venne decadendo”(G. Martinola, Inventario delle cose d’arte e di antichità del distretto di Mendrisio, vol I, Bellinzona 1975). Segni di un antico splendore dovevano essere i fregi nel salone, lo stemma sopra il camino, la meridiana in facciata che ora sono praticamente scomparsi. 

C’è una grotta nel bosco..

A poca distanza, fra la boscaglia, l’ingresso a una grotta, lunga una ventina di metri. Un corridoio porta ad una prima caverna da dove si accede grazie ad alcuni gradini a un secondo spazio in cui si trova il pozzo. Il fotografo Ely Riva la descrive nella rivista Vivere la montagna (aprile 2012) e conclude: “Il fatto che la Grotta del Mago si trovasse a pochi metri dalla dimora di Cantone alimentò la fantasia della gente, la quale di una misera pozzanghera o una normale cantina con tanto di acqua corrente e fresca per conservare i latticini ne ha fatto un pozzo profondo e un luogo malfamato. Il tempo alle volte cancella i veri ricordi e altre invece li alimenta in maniera drammatica fino a trasformarli in fatti tragici che entrano a far parte dei racconti popolari”. Il vigneto, che all’epoca dei fatti narrati da Silini non esisteva, è stato gestito dal- l’azienda Delea di Losone dal 1999 al 2013

l'entrata della grotta

Francesco Secco Borella

Il documento del 1603 che mette una taglia, e in concreto ne decreta l’espulsione dal territorio dell’attuale Lombardia, nei confronti del nobile Francesco Secco Borella. Una condanna severa (lo si vuole vivo o morto) dovuta ad atti di violenza inauditi, omicidi, prevaricazioni di ogni tipo compiute dal conte che risulta essersi poi rifugiato a Rancate in zona Cantone con la sua banda di sgherri. Potrebbe esserci arrivato in virtù dell’amicizia che lo legava ai Della Croce, importante famiglia di Riva San Vitale.

Antonio Secco Borella

Nell’archivio parrocchiale di Mendrisio é presente l’atto di morte di un giovane, Antonio Secco Borella, ovvero il figlio del nobile Francesco, ucciso con un colpo d’archibugio nel 1632 mentre si affacciava, si pensa vittima di un tranello, a una finestra dell’attuale palazzo Pollini nel centro storico del borgo. 

Palazzo Pollini nel centro di Mendrisio dove fu ucciso Antonio 

Di poco successivo l’atto di battesimo di una bimba, figlia illegittima del giovane, che era frate cistercense, e di una ragazza del luogo, la giovane nobildonna Barbara de Buziis“. 

A quanto pare il giovane Secco Borella taglieggiava la popolazione locale con i bravi al suo servizio, fino a che, il 23 maggio1632, restò vittima di un agguato organizzato a Mendrisio per vendicare la morte del prevosto Alfonso Torriani, il cui mandante sembrava essere proprio il "mago". Antonio Francesco Secco Borella venne freddato con un colpo in testa al termine di una vita breve ed irrequieta e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria.

Successivamente, nel XIX secolo, don Giorgio Bernasconi, parroco anticlericale di Salorino, scrisse un poema epico in ottave ("Fra Bonagiunta e le streghe di Mendrisio. Poema del romito del Monte Generoso" ", 1829), incentrato proprio sul Mago di Cantone, la cui figura era già entrata nel folklore popolare come quella di un brigante eretico, assassino e stupratore. Non solo la personificazione del male, ma anche la perfetta antitesi da contrapporre alla figura del Beato Manfredo Settala.

L’ultimo discendente della casata, un’antica famiglia milanese le cui origini si perdono nel XV secolo e il cui capostipite fu un condottiero e militare al servizio degli Sforza che nel 1478 prese parte anche alla battaglia “dei sassi grossi” a Giornico

Stemma araldico dei Secco Borella

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