La fissazione di andare nella megalopoli snobbando allegramente tutta la cintura periferica composta dai nuclei che l'attorniano é un classico. Monza é un quartiere di Milano ma sa proporre diversi punti di sicuro interesse. Oltre al duomo un altra costruzione che merita di essere vista é Villa Reale.
La Reggia di Monza, con il Parco, i Giardini Reali, la Villa Reale, le ville Mirabello e Mirabellino, le cascine, i mulini, i ponti e altri edifici storici offre un totale di oltre 740 stanze della Villa Reale, i 35 ettari dei Giardini Reali e i 680 ettari del Parco cintati da 14 km di mura che lo rendono uno dei parchi delimitati più grandi d'Europa.
L'intero complesso. La villa ubica in basso a sinistra (e poi ingrandita nel cerchio). Nell'enorme parco trova spazio anche l'autodromo di Monza sede delle corse di Formula Uno
La sua ricca storia artistica nasce oltre 200 anni fa, nel 1777 quando l'Imperatrice Maria Teresa d'Austria decise di costruire una residenza estiva per il figlio Ferdinando d'Asburgo, Governatore della Lombardia, comprensiva di Palazzo e Giardini e di affidare l'incarico all'architetto folignate Giuseppe Piermarini.
L'imperatrice Maria Teresa d'Austria per prima commissionò
l'edificazione di una Reggia per il Governatore della Lombardia austriaca.
L'arciduca Ferdinando d'Asburgo-Lorena, figlio dell'imperatrice
Maria Teresa e governatore austriaco di Milano.
Dopo numerose ricerche, fu lo stesso Arciduca ad individuare questo luogo per la costruzione della sua residenza estiva affascinato dalla bellezza del paesaggio, dalla salubrità dell'aria e dalla vicinanza di molteplici ville di delizia nobiliari nell'area briantea.
L'impianto complessivo, in stile neoclassico, riprende lo schema ad "U" a corte aperta delle ville di delizia lombarde sei-settecentesche, organizzandone la visione lungo un asse di perfetta simmetria che inizia nell'antistante viale alberato di accesso, lungo circa due chilometri.
Impostati fin dai primi progetti, questi importanti assi cannocchiali prospettici collegano idealmente la Villa e i Giardini con Vienna e la residenza di Schönbrunn, mentre il lato anteriore con Milano.
Cambi di proprietà
Con l'arrivo delle truppe napoleoniche nel 1796 e il conseguente abbandono di Milano di Ferdinando d'Asburgo, la Villa monzese iniziò un periodo di decadenza fino all'incoronazione di Napoleone nel 1805 e la nomina a viceré del figliastro Eugenio di Beauharnais che proclamò la Villa sua residenza estiva.
Nello stesso anno con decreto imperiale datato 14 settembre 1805 fu istituito il Parco, realizzato anch'esso in tre anni, per volere di Napoleone Bonaparte come tenuta agricola modello e riserva di caccia
La caduta di Napoleone riconsegnò la Villa nelle mani degli austriaci, i quali la lasciarono per alcuni anni in uno stato di relativo abbandono, fino a quando nel 1818 non ne prese possesso il viceré del Lombardo-Veneto Giuseppe Ranieri.
Occupato nel 1848 dai militari del conte Radetzky, tra il 1857 e il 1859 il palazzo tornò a essere sede di una corte sfarzosa durante il breve soggiorno monzese dell'ultimo rappresentante della casa d'Austria, Massimiliano I d'Asburgo, fratello di Francesco Giuseppe. Quando il Lombardo-Veneto venne annesso allo Stato del Piemonte, la storia della Villa fini per incrociarsi inevitabilmente con il destino dei Savoia, diventando residenza privilegiata di Re Umberto I e ritornando cosi al suo ruolo originario di residenza di villeggiatura.
Con l'arrivo di Re Umberto I, iniziarono una serie di interventi sotto la direzione dell'Architetto Achille Majnoni d'Intignano che portarono a importanti trasformazioni ed aggiornamenti degli spazi interni della Villa secondo il gusto e le tecnologie dell'epoca. Questa fase di profondo cambiamento venne bruscamente interrotta con l'assassinio di Re Umberto I avvenuto per mano dell'anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900 proprio a Monza. In seguito a questo drammatico evento la famiglia reale abbandono il complesso, spogliando la Villa di gran parte degli arredi, lasciandola in uno stato di abbandono fino al 1919 quando fu donata al Demanio dello Stato.
Le vicende dell'immediato secondo dopoguerra provocarono ulteriori usi impropri del bene che portarono al suo decadimento sino ai primi anni 2000 quando gli enti proprietari pro quota (Regione Lombardia e Comune di Monza) indissero un concorso internazionale di progettazione per il recupero e la valorizzazione della Villa Reale e dei Giardini seguito da una serie di interventi di restauro
Sala del Biliardo
Malgrado il nome nella sala non vi é alcun biliardo presente
Per avere comunque un idea di come avrebbe potuto essere un biliardo ecco quello visto nel castello di Wildegg presente a fine XVIII secolo
Il generale francese André Masséna durante le guerre di coalizione avrebbe giocato a questo tavolo mentre prendeva gli accantonamenti nella zona di Lenzburg nel 1799
Sala dei quadri
Adiacente alla biblioteca, la Sala dei Quadri era una della sale di ricevimento e prende il nome dall'uso cui la destinò la regina Margherita: qui infatti erano esposti, su strutture metalliche ad ante disegnate dall'architetto Achille Majnoni, importanti quadri a tema prevalentemente paesaggistico, insieme con fotografie, statue, vasi, busti e opere di artisti emergenti dell'Accademia di Brera.
La biblioteca e Marco Atilio Regolo
L'unico ambiente privato dei Sovrani condiviso dal Re Umberto e dalla Regina Margherita, realizzata in noce dall'unione di due sale dall'Architetto Achille Majnoni d'Intignano con una spesa non inferiore alle 100 mila lire.
A catturare la mia attenzione é una delle due opere intarsiate in legno che non riesco a localizzare
Dopo una breve ricerca risalgo all'episodio, si tratta del martirio di Attilio Regolo.
Marco Atilio Regolo, noto anche come Marco Attilio Regolo (Sora, 299 a.C. circa – Cartagine, 246 a.C.), è stato un politico e militare romano vissuto nel III secolo a.C.
Durante le guerre puniche Regolo fu pesantemente sconfitto presso Tunisi e fatto prigioniero. Narra la tradizione che Cartagine abbia inviato l'illustre prigioniero a Roma perché convincesse i concittadini a chiedere la pace. L'intesa era che, se questi non avessero accettato, egli sarebbe ritornato a Cartagine e sarebbe stato mandato a morte.
Anziché perorare la causa della pace, rivelò ai concittadini la condizione economico-politica dei nemici, esortando Roma a continuare a combattere, in quanto Cartagine non poteva reggere alla pressione bellica e sarebbe stata sconfitta. Al termine del discorso, onorando la parola data, fece ritorno a Cartagine, dove fu giustiziato.
Attilio Regolo subì a Cartagine atroci torture, il taglio delle palpebre per l'abbacinamento e spalmatura di miele per attirare le formiche divoratrici, poi fu posto in una botte irta di chiodi che venne rotolata da una collina finendo in mare. L'episodio raffigurato nella tavola é l'applicazione dei chiodi alla botte dove sarà rinchiuso Regolo.
La tavola raffigurante la morte di Attilio Regolo deriva esattamente da un dipinto del pittore napoletano Salvator Rosa (1615-1673), che attualmente si trova in Virginia al Museum of Fine Arts di Richmond
Guardaroba
Le vicende ad esse collegata sono descritte
quiCamera da letto del re
Tra le varie curiosità snocciolateci dalle guide presenti sul percorso una é inerente le dimensioni dei letti del re e della regina: il letto del re é ad una piazza e mezza a differenza di quello della regina che é più grande (vedi più avanti).
Il motivo era semplice: l'etichetta prevedeva che in caso si rapporto intimo fosse il re a dover recarsi dalla consorte e non viceversa. Quindi alla regina non restava che aspettare e sperare...
La camera di Umberto I nella Villa Reale di Monza fotografata il 24 agosto 1900

Divisa in due ambienti da pilastri, sulla parete opposta a quella delle finestre si trova la cassaforte di Re Umberto I, nascosta nelle tappezzerie di seta di color celeste riquadrata di gallone doppio di seta crème, abbinate al mobilio originale.
La cassaforte del re
Sala di ricevimento
Nella sala, di particolare pregio sono i pavimenti lignei di epoca sabauda, che riflettono le decorazioni della volta, dove al centro troviamo la figura di Apollo tra le nubi.
A colpire nella sala di ricevimento é un enorme album
Si tratta degli auguri di nozze giunti da tutto il mondo (in forma prestampata) per il re e la consorte
Oltre all'album anche la corona si ritaglia il suo angolo in questa stupenda sala
La Corona dei Savoia, molto probabilmente non fu mai realizzata. Esiste però una minuziosa descrizione nel Regio decreto del 1° gennaio 1890.
All'articolo 45 si legge: "La corona reale di Savoia è chiusa da otto vette d'oro (cinque visibili) moventi dalle foglie e dalle crocette, riunite, con doppia curvatura, sulla sommità, fregiate all'esterno da grosse perle decrescenti dal centro e sostenenti un globo d'oro cerchiato, cimato come capo e generale gran maestro dell'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro da una crocetta d'oro, trifogliata, movente dalla sommità del globo".
Questo capolavoro di oreficeria, realizzato dall'esperto cesellatore, il maestro Franco Mariani di Cesano Maderno è temporaneamente esposto presso la Reggia di Monza. Sulla storia della corona ci sono ipotesi contrastanti: cè chi sostiene che fu realizzata, ma trafugata e chi invece è dell'idea che rimase solo sulla carta.
E più plausibile che in realtà la corona fu normata da un decreto, ma la sua realizzazione fu sempre rinviata. Non ci fu infatti nessuna cerimonia di incoronazione. C'è inoltre da considerare che venne considerata come Corona d'Italia la Corona Ferrea, utilizzata però solo come emblema e mai utilizzata per incoronazioni dalla casata Sabauda:
Re Umberto forse meditava di essere incoronato con la storica Corona Ferrea quando il clima politica italiano fosse stato più favorevole, nel 1890, infatti, la inserì nella stemma reale e nel 1896 donò al
Duomo di Monza la teca in vetro blindato dove la corona e tuttora custodita. Il suo assassinio, nel 1900, interruppe i suoi progetti.
Non è un caso se nel Pantheon, davanti al sacello di Umberto A sopra un cuscino bronzeo, insieme alla spada campeggia una copia gigante della corona del Ferro.
Camera da letto della regina
Come anticipato il letto é più grande di quello del re. L'idea che trasmette la stanza é di vuotezza con il focus concentrato sul letto con tutto quello che gli ruota attorno
Salotto della regina
La particolarità del salotto della regina sta nelle quattro porte di accesso a vetro: esse permettono sempre alla regine di vedere chi chiede udienza e di reagire di conseguenza.
Una delle quattro porte all'angolo
Un quadro fuori dall'ordinario
Il particolarissimo manufatto entra nelle collezioni della Real Casa a Capodimonte nel febbraio del
1900. Nell'Inventario degli Oggetti di Privata Spettanza di S.M. il Re (1879 ca-1912) e registrato come:
"Un quadro rappresentante il prospetto del Real Palazzo di Monza con giardino anteriore, nel quale stanno tre bambine che offrono fiori a S. M. la Regina, seguita dalla dama di compagnia".
L'insieme si presenta come un esperimento sull'uso delle diverse materie e sulla loro combinazione. Nella parte centrale lo sfondo azzurro del cielo è in seta dipinta, le architetture sono in sughero disegnato, la tendina di entrata all'edificio è in cotone dipinto a mano, la vegetazione è realizzata in muschio e con minuscoli rotolini di carta dipinta, il viale in brecciolino a grana finissima; la testa e le mani delle figure sono dipinte, le vesti e i capelli ricamati a punto pittura su cui è inserito il punto nodi per ottenere effetti in rilievo.
Nonostante si firmi in alto a sinistra con chiara volontà autoriale, l'artista resta ignota. Il nome non compare tra quelle donne attive in diverse iniziative sociali e culturali organizzate alla fine del XIX secolo per valorizzare il lavoro femminile,
certamente la Grafigna era in relazione con il movimento che affrontò in quegli anni la tematica dell'inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Le elaborazioni nel settore tessile e del ricamo ispirò altre forme di arti decorative come l'ebanisteria, le composizioni floreali, la lavorazione del ferro e l'arredo che produssero quel fenomeno identificato come "dilettantismo aristocratico" molto diffuso negli anni a cavallo tra i due secoli.
Sala da ballo
L'unico ambiente della Villa a coprire due piani d'altezza è il Salone Centrale dove corre, nella parte alta, una loggia balaustrata. Le volte e le pareti, ritmate da lesene scannellate e capitelli di stucco, sono decorate con dipinti e con dieci pannelli a chiaroscuro con figure di putti che imitano la tecnica del bassorilievo. Il pavimento alla veneziana ha sostituito nei primi anni dell'800 gli originali medoni fiammati.
A colpirmi in questa sala sono le colonne dipinte che creano l'effetto tridimensionale quando invece si tratta di un abile trucco pittorico
Sala degli uccelli
Precedentemente denominata "sala del Caffè", di cui si possiedono gli arredi storici originali e le tappezzerie di seta finemente decorate con essenze esotiche, animali e motivi orientali come voleva la moda del momento: la "chinoiserie".


Sala da pranzo
Nella sala sono presenti numerose specchiere, che avevano la funzione illusionistica di ingrandire l'ambiente e riflettere la luce.
La sala è arricchita con motivi floreali: tralci di vite, foglie di quercia e di alloro che richiamano la passione dell'Arciduca Ferdinando d'Asburgo per la botanica.
Scalone d'onore
Il Primo e il Secondo Piano Nobile sono collegati da uno Scalone finemente decorato con pregevoli marmi dove spiccano i simboli della famiglia sabauda sulle due grandi applique: il nodo e il motto FERT.
Sulle lampade si legge più volte la pariola "FERT
La versione che ebbe negli anni passati più successo fu quella che riteneva il FERT sigla di
Fortitudo Eius Rhodum Tenuit (in latino La sua forza preservò Rodi). Questa versione, riportata dal letterato cinquecentesco Francesco Sansovino e da alcune cronache manoscritte,
si riferirebbe a un episodio leggendario secondo cui un Amedeo di Savoia si recò a Rodi per liberarla dall'assedio dei turchi, riuscendo nell'impresa.
Vittorio Emanuele III con la famiglia in una cartolina del 1915;
sullo sfondo il motto FERT ricorre più volte.
Appartamento principe di Napoli
Nell'Appartamento del Principe di Napoli, adattato dall'Architetto Majnoni in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele III con Elena di Montenegro, troviamo l'unico arredo fisso: un'armadiatura in legno coronata da vasi e ghirlande floreali scolpite, con al suo interno un'elegante vasca in marmo e la "comoda"
Camera da letto di Augusta Vittoria, Appartamento degli Imperatori di Germania
L'ambiente è in stile neorinascimentale e in epoca sabauda le specchiature alle pareti, tra le boiserie, erano ornate con vedute di paesaggi, andate perdute. Queste oggi sono idealmente evocate e sostituite dall'installazione pittorica realizzata site-specific da Giovanni Frangi. L'elegante pavimento di fine Ottocento, con intarsi in ciliegio, mogano, teak, acero, rovere e noce, mostra nell'ovale centrale Amore, con arco e frecce, e due colombe. Festoni di fiori collegano gli emblemi sabaudi negli angoli: lo scudo crociato e la lettera U coronata di Umberto I, inseriti fra cornucopie colme di fiori, grappoli, fiamme e spighe. I temi decorativi del pavimento sono ripresi nella volta, che racchiude un dipinto con putti che reggono fiori, fiaccole, trombe e tamburelli. Nei medaglioni angolari compaiono allegorie, nelle sovrapporte temi amorosi e giocosi. L'ambiente conserva alcuni degli arredi originali di epoca umbertina recentemente restaurati dal Ministero della Cultura.
Toeletta, Appartamento degli Imperatori di Germania
Questo piccolo ambiente, completamente rivestito da boiserie in legno, era la tocletta degli Imperatori. I decori forcali a rilievo rappresentavano un omaggio alle bellezze del giardino che circondava la villa ed erano anche una moda molto diffusa nelle corti d'Oltr-alpe. Più che dalle piante e i fiori, l'effetto esotico era dato dai colori: il rosso, il verde e il blu su fondo bianco e le dorature e laccature davano infatti ai pannelli la lucentezza delle lacche orientali.
Sulla parete frontale la boiserie nasconde due piccoli vani a mensole, negli angoli. Al centro si trova la porta d'accesso a un piccolo ambiente, la ritirata. Qui trovavano posto la vasca da bagno e un
piccolo lavamani.
Scorci sparsi
Testa di medusa intarsiata
Le pareti sono rivestite con un damasco che riproduce il tessuto ottocentesco conservato all'interno delle armadiature di Umberto I. Il damasco cremisi mostra il simbolo araldico di Casa Savoia: l'aquila ad ali spiegate caricata nel petto dallo scudo crociato, sormontato dalla corona
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