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I moti di Lugano attraverso 5 dipinti del Torricelli - 1798 - 1799

Se dovessi descrivere la storia del Ticino in 1 minuto tralascerei completamente il periodo che va dalla fine del medioevo all'instaurazione della repubblica a fine '700: pochi gli avvenimenti che hanno concretamente mutato la struttura politica e culturale del nostro Cantone (che ancora non esisteva). Completamente ibernati con il sistema dei baliaggi, per 300 anni in una quieta routine, con  qualche sopruso compreso nel prezzo ma che tutto sommato garantiva come contropartita una qualità di vita e di autonomia per gli indigeni più che accettabile. 

Questo sistema, come ogni sistema la storia ci insegna, non era però destinato a durare per l'eternità, e alla prima spallata che fa vacillare il potere l'occasione viene raccolta senza indugi dai luganesi. Assai diversa la situazione in Leventina, che sarebbe rimasta legata ai balivi di Uri ad oltranza. "Fino adesso abbiamo fatto così, perché cambiare?", tipica affermazione di una valle saldamente addormentata ad antiche sicurezze a scapito di un pericoloso progresso

Dipinto 1 - I volontari luganesi schiarati in Piazza Grande

Nel 1796 il Nord Italia fu teatro dello scontro tra l’armata guidata da Napoleone Bonaparte e gli eserciti del Sacro Romano Impero, Stato Pontificio e Regno di Sardegna.

Lo scontro terminò con la vittoria del generale corso sulle truppe delle antiche monarchie europee, il quale concesse nell’estate del 1797 ai popoli della zona la proclamazione della Repubblica Cisalpina.
Tuttavia, le tanto attese e agognate libertà e democrazia si rivelarono ben presto un abbaglio, conquistato con immensi ed inutili sacrifici.

Il Cantone Ticino era anch’esso oggetto dei desideri napoleonici in ragione della sua particolare configurazione geografica e posizione strategica: era infatti considerato un baluardo difensivo nonché la porta della Svizzera.

La volontà di Napoleone era quella di creare una Repubblica Elvetica inserita dell’orbita francese, per farlo però era necessario rovesciare l’Ancien Régime presente nei Cantoni svizzeri e i rapporti di sudditanza tra loro e i baliaggi. Al Ticino, quindi, si aprirono due strade: restare con i Confederati e aspettare gli esiti dello scontro con Napoleone, oppure annettersi alla nuova Repubblica Cisalpina, con la quale esistevano da tempo stretti rapporti.

Per far fronte alla situazione la Dieta di Aarau inviò nei baliaggi italiani una rappresentanza insignita di pieni poteri, con lo scopo di controllare i moti rivoluzionari e istruire la popolazione all’uso delle armi in difesa di possibili attacchi da parte dei Cisalpini.

Per far fronte alle minacce cisalpine un gruppo di giovani luganesi all’inizio del 1797 si riunì per costituire un Corpo di milizia volontaria: i Volontari del Borgo, successivamente Volontari Luganesi. Erano circa 60 giovani comandati Pietro Rossi e indossavano un’elegante uniforme azzurra a grandi risvolti bianchi, cappello nero con pennacchio bianco e rosso.
I giovani abbracciarono la causa cittadina senza troppe esitazioni, consci di quale fosse la posta in gioco: la libertà.

Nel giorno 30 luglio 1797 i Volontari del Borgo ricevettero per mezzo dei Rappresentanti della Federazione Elvetica il dono di un stendardo, ciò che fu eseguito con molto strepito di armonica banda militare e con grande allegria. I suddetti Volontari ebbero pure in dono dai Cantoni svizzeri circa 500 fucili e una quantità di polvere, di cui si servirono per ammaestrarsi negli esercizi militari».

La levata del Corpo dei volontari di Lugano nel 1797. Disegno a penna acquerellato di Rocco Torricelli (Museo d'arte della Svizzera italiana, Lugano, Collezione Città di Lugano).
Temendo le ingerenze della Repubblica Cisalpina, istituita da Napoleone Bonaparte nel giugno del 1797, i cittadini di Lugano crearono una guardia civica per la difesa del borgo, sostenuta dai cantoni confederati.

Dipinto 2 - 15.02.1798 - Lo scontro tra Volontari e Cisalpini

L’occasione per mettersi alla prova non tardò ad arrivare. Ben presto ebbero modo di dimostrare il loro valore sul campo di battaglia respingendo con fermezza e determinazione l’invasione delle truppe cisalpine quando il 14 febbraio 1798 un gruppo di “patrioti” (luganesi sensibili alle idee illuministe e quindi decisi a liberarsi dal controllo dei Confederati) e di cisalpini tentò di impadronirsi di Lugano.

Fu un fatto militarmente quasi irrilevante, che però ebbe conseguenze grandissime nei due sensi, quello della «libertà» e quello della permanenza di Lugano, e perciò di tutto il Ticino, alla Svizzera

I «patrioti», almeno indirettamente favoriti dal Direttorio Cisalpino, che già aveva alimentato altre insurrezioni in Piemonte, Venezia, in Liguria, anche a Roma, e che tanto più ora si sentiva interessato per ragioni geografiche ed etniche, avevano assoldato un certo numero di uomini della Lombardia, e a Bergamo si erano provvisti di armi: punto d'avvio della spedizione, Campione

Tra i fautori del complotto le cronache registrano Giambattista Quadri dei Vigotti, Giovanni Reali di Cadro, i luganesi del Borgo Felice Bellasi, Zaccaria Re, Stefano e Rodolfo Riva; e di questi taluni furon pure materialmente della partita. Si sbarcò alla foce del Cassarate, si entrò nel Borgo per la porta di San Rocco invadendo la contrada di Canova, dove era sito l'Albergo Svizzero tenuto da Agostino Taglioretti (uomo peraltro, pur nella fedeltà svizzera, aperto alle istanze democratiche), che ospitava i due Rappresentanti elvetici; nella sparatoria rimase ucciso il fratello minore dell'albergatore, Giovanni, che faceva parte dei Volontari; l'albergo fu tosto assediato. Agli spari fecero eco le campane e i tambureggiamenti, destando gli abitanti che pacificamente dormivano, i quali, tutti tremanti e sbigottini e non sapendo ciò che fosse, non ardivano per timore di uscir di casa» (Laghi). Accorsero però alcuni volontari, che si unirono a quelli che già stavano nel corpo di guardia: contro i quali si trovarono a dover fieramente contrastare i Cisalpini quando sbucarono in Piazza Grande. La scaramuccia, nel tremendo e sempre crescente fracasso, durò circa un'ora, e volse presto al peggio per gli assalitori, che non trovarono l'intesa coi loro partitanti ch'eran nel Borgo, e dovettero alla fine reimbarcarsi. 

Il disegno acquarellato del Torricelli che presentiamo mostra appunto il momento culminante: a sinistra, i Cisalpini sbucati da Canova, a destra i Volontari usciti dal corpo di guardia; di faccia, la casa Agnelli; sullo sfondo, in arretrato, il palazzo dei marchesi Riva; all'estrema destra, l'angolo meridionale del palazzo della Mensa vescovile (pressappoco dove adesso sta il palazzo civico). 

Tentativo di insurrezione dei "patrioti" per annettere il baliaggio di Lugano alla Repubblica cisalpina il 15.2.1798. Disegno acquerellato di Rocco Torricelli
 (Museo d'arte della Svizzera italiana, Lugano, Collezione Città di Lugano).
Un gruppo di patrioti armati tentò con l'aiuto di repubblicani lombardi di sottrarre Lugano al dominio della Confederazione, ma dovette desistere a fronte della tenace opposizione dei volontari ticinesi.

I volontari respinsero l’attacco con successo, ma i fatti di quel giorno portarono i Confederati ad acconsentire ad alcune richieste di libertà e indipendenza dei baliaggi italiani.

Oggi è una targa posta in Via Canova, a ricordare il fulgido esempio di coraggio e spirito patriottico di quegli eventi che passarono alla storia come i “Moti di Lugano”.

Liberi e svizzeri

Importante poi,  quanto avvenne nella giornata del 15. I due Rappresentanti svizzeri provvidero, sempre a star al Laghi, alla «mobilitazione dei paesani», presso i quali stava un lor punto di forza, e scrissero protestando alle autorità di Milano: tutto sembrava essere rientrato nella normalità, quasicché l'episodio di poche ore prima non altro dovesse rimanere che un episodio, quando una folla di alcune centinaia di persone, alle cinque del pomeriggio, si fece sotto le finestre dello stesso Albergo Svizzero, capitanata dall'avvocato Annibale Pellegrini di Ponte Tresa (giurista notevole, uomo di spiriti liberali apertissimi, autore di un opuscolo in un certo senso determinante, di cui si dice altrove) e, pare, da un avvocato Stoppani di Ponte Tresa (che taluno vuol identificare con quell'Angelo Maria Stoppani che si troverà alla testa del «pronunciamento di Giubiasco» nel 1814), i quali reclamarono «la loro libertà svizzera, per reggersi da sé (per usar le parole precise del Buman: «Ihre schweizerische Freyet, um sich selbst zu regieren»): e la storia luganese, sia pure per non moltissimi giorni, dato che altri più gravi fatti in un più vasto scacchiere stavano per svolgersi e far precipitare il tutto (si intenda l'invasione della vecchia Confederazione da parte dei Francesi e la sua definitiva caduta), si svilupperà su quella linea direttrice (che fu detta poi dei «libero-svizzeri», in contrasto con quella dei «libero-cisalpini»). Sarà da registrare poi una prima positiva reazione di oltre San Gottardo, da parte di Basilea, che rinunciò subito ai suoi «diritti»: ma bisogna aggiungere che quella fu opera personale di Peter Ochs, coerente co' suoi principi. 

Questo episodio indubbiamente riuscì a far comprendere ai Confederati quanto fosse forte la lealtà dei ticinesi ed in particolare dei Luganesi. Ormai pronti a giurare per la Confederazione, venne concesso a Lugano il simbolo della democrazia: l’albero della libertà apposto nella Piazza Riforma.

Lealtà o c'é dell'altro?

La mattina del 15 febbraio 1798, un gruppo di uomini armati fece irruzione nel municipio di Lugano. I putschisti rovesciano i sovrani confederati di Lugano, prendono in ostaggio il balivo Jost Remigi Traxler di Nidvaldo e chiedono che Lugano venga incorporata nella Repubblica Cisalpina. Cosa sta succedendo? Chi è questo balivo e perché dovrebbe cedere il passo a questa repubblica?

Nel 1798, l'attuale Ticino era costituito esclusivamente da paesi soggetti alla vecchia Confederazione. Nel 1521, i Confederati avevano conquistato la regione dal Passo del San Gottardo fino a Chiasso, rosicchiando il Ducato di Milano. Ma c'era ancora molta strada da fare prima che nascesse il Canton Ticino. Uri regnava da sola sulla Levantina e, insieme a Svitto e Nidvaldo, fondò i baliati di Blenio, Riviera e Bellinzona. I 12 capi confederati governavano congiuntamente gli altri baliati di Locarno, Vallemaggia, Lugano e Mendrisio, che erano paesi soggetti che dovevano fornire soldati ai loro padroni stranieri e pagare loro tasse come le decime.

Il sistema di governo confederato iniziò a vacillare solo nell'estate del 1797, quando Napoleone Bonaparte completò la sua vittoriosa campagna d'Italia e istituì la Repubblica Cisalpina sul modello francese, ispirata agli ideali rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità. Napoleone liberò i sudditi della sua Repubblica e poi estese i principi egualitari e libertari ai Paesi soggetti della regione. Integrò così la Valtellina, già parte dei Grigioni, nella Repubblica Cisalpina. Questi eventi iniziarono a suscitare la resistenza contro i balivi. Il 15 febbraio 1798, a Lugano, i sostenitori della Repubblica Cisalpina colsero l'occasione per porre fine alla dominazione confederata. La strada sembrava spianata per la Repubblica Cisalpina.

Ma non fu così. 

Un corpo di volontari luganesi scacciò i golpisti il giorno stesso del colpo di Stato, per evitare l'incorporazione nella repubblica rivoluzionaria di Napoleone, ma senza ripristinare il dominio confederale appena abbattuto. 

L'ufficiale giudiziario Traxler fu liberato, ma dovette abbandonare la città e lasciare il governo ai luganesi, che la sera stessa eressero in Piazza Grande un albero della libertà, sul modello della Rivoluzione francese. Ma al posto del berretto giacobino, coronarono l'albero con un cappello simile a quello di Guglielmo Tell, e lo slogan "liberi e svizzeri" si diffuse in tutta la città. Vogliamo essere svizzeri liberi!

Napoleone non poté quindi ignorare l’autodeterminazione del popolo luganese permettendo con la stesura del famoso “Atto di Mediazione”, l’integrazione del Ticino in seno alla Confederazione Elvetica.

Il corpo costituito come milizia della città ebbe alterne fortune, fino al suo oblio avvenuto nella seconda metà dell’800. Nel 1928, il Municipio di Lugano, in occasione del Tiro Federale di Bellinzona e grazie alle insistenze dell’allora Comandante Emilio Vegezzi, decise di ricostituire il Corpo, attribuendogli uno Statuto e promuovendolo a Guardia d’Onore della Città di Lugano.

Gli altri baliati seguirono rapidamente l'esempio di Lugano. I loro sudditi si liberarono dichiarando fedeltà alla Confederazione, il che fa sorgere una domanda: perché gli ex sudditi non voltano le spalle ai loro ex governanti? Cosa rende la vecchia Confederazione così attraente rispetto alla rivoluzionaria Repubblica Cisalpina?

In questi tempi turbolenti, la conservazione dell'autonomia locale è fondamentale per gli ex sudditi. Sotto l'autorità della Confederazione, ogni comune era ampiamente autonomo. Quella che allora si chiamava Vicinanza (comunità) aveva piena autonomia nella gestione di beni comuni come boschi e altri terreni. L'organizzazione necessaria per l'utilizzo dei beni collettivi e l'assenza di interferenze da parte dei governanti confederati contribuirono alla nascita di sistemi politici, giuridici ed economici autonomi a livello locale.

Nel 1798, queste Vicinanze volevano conservare le loro antiche strutture e la loro autonomia, che corrispondevano a quelle delle corporazioni e delle cooperative delle città federate. Nella Repubblica Cisalpina, invece, i comuni erano stati ridotti a semplici unità amministrative prive di autonomia politica. Le strutture federali offrivano quindi vantaggi tangibili agli ex Paesi soggetti: rimanendo all'interno della Confederazione, essi conservavano il loro patrimonio materiale, politico e culturale.

Nel resto del Cantone

A Mendrisio venne in quello stesso 15 febbraio innalzato l'albero della libertà col cappello di Tell, in un'atmosfera di relativa tranquillità; convocato dal Lanfogto il Congresso generate del Baliaggio il popolo giurò «la libertà svizzera», oltre alla fedeltà alla religione cattolica. Sennonché poi un centinaio di «patrioti» faceva irruzione nel Borgo, ottenendo dal popolo, per un improvviso «revirement», l'adesione alla Cisalpina: e si inviava a Milano una deputazione, di cui faceva parte G. B. Maggi, per l'aggregazione dell'intero baliaggio. 

Ne conseguiva un attacco di paesani, respinto. Ma poi il 4 marzo Volontari e altri uomini del Luganese a lor volta irrompevano nel Borgo, e le sorti nuovamente cambiavano. La vicenda però continuava con fasi alterne. 

A Locarno l'albero della libertà era innalzato solo il 6 marzo, e le direttrici potevan dirsi simili a quelle ormai affermatesi a Lugano. Senza scosse, e anzi in una sorta di "embrassade générale", avveniva il trapasso in Valmaggia. 

A Bellinzona s'ebbe pure una congregazione della «Generalità del Borgo», e si seguì il nuovo corso, sia pur in forme che non possono paragonarsi a quelle di Lugano. 

Più curioso e originale e insomma degno di nota quel che avvenne a Riva San Vitale, dove il 23 febbraio si proclamò addirittura una «repubblica indipendente», con tendenze nettamente cisalpine: ma il tutto, per vari motivi, non doveva durare che l'«espace d'un main».

Dipinto 3 - 29.04.1799 Il massacro dei patrioti sulla Piazza Grande

Amnistia, tutto quello che é successo nel gennaio febbraio e marzo 1798 cancellato. All'inizio del 1799 un altro punto cruciale fu l’obbligo di prestare servizio presso la milizia per la difesa della patria , il ticinese era solito emigrare in primavera e si trovava impedito, i ticinesi reclamano ma la costituzione ha patrioti alla guida e ignorano le voci

Marzo 1799 vengono rimossi politici che facevano il bene per il popolo, Buonvicini a Lugano, al loro posto patrioti che si erano già macchiati di atti violenti. Chi si rifiuta di entrare in milizia o si mostra come controrivoluzionario é condannato a morte

Francesi perdono a Stockach (Jourdan) e in Italia si ritirano dopo le giornate di Verona. I francesi lasciano la Svizzera, il 28.04.1799 parte la controrivoluzione Berna, Uri, Svitto e Vallese

Non è da meravigliarsi dunque se le notizie che giungevan dall'Italia, dove gli Austro-Russi avevano riportato vittorie e avanzavano rapidamente su Milano (il Bonaparte si trovava in Egitto), e dalla Svizzera, dove i generali Massena e Jourdan avevano subìto rovesci ed erano sulla difensiva, trovarono specie a Lugano un terreno favorevole ai controrivoluzionari: sicché si arrivò alle tragiche giornate del 28 e 29 aprile 1799. 


Massacro dei patrioti luganesi del 29.4.1799. Disegno a penna acquerellato di Rocco Torricelli, 1800 ca. (Museo d'arte della Svizzera italiana, Lugano, Collezione Città di Lugano).

28.4.1799 

Mattina: contadini vanno a Lugano davanti a casa di funzionario postale Pietro Rossi. Capra fa venire barche con i cannoni puntati contro la folla, i contadini reagiscono, si impossessano dei cannoni, i patriotti fuggono via lago. I contadini aprono le carceri, é l’inizio della fine

Nel pomeriggio i contadini della Capriasca e del Malcantone fecero il loro ingresso a Lugano. Riuniti attorno all'albero della libertà recante i simboli dell'Elvetica, alcuni "patrioti" sostenitori della Repubblica furono massacrati dai contadini. Tra le vittime figurò anche Giuseppe Vanelli, redattore della Gazzetta di Lugano. Si trattava di una folla di facinorosi concentratasi a Sorengo scese nella contrada di Nassa, dove stava il prefetto Capra, che fu costretto a dimettersi e a liberare alcuni reclusi; Rossi si fa consegnare le chiavi dell' arsenale, il delegato Felice Stoppani é ucciso appena entra in Municipio 

Capra é obbligato a redigere un documento che attesta il passaggio dei poteri a Rossi e Roque capitano della 44esima mezza brigata. Poi nella notte fugge
Ufficiali francesi in fuga da Como in Svizzera vengono circondati in un osteria e arrestati, uno é pugnalato alle spalle. 

29.04.1799

Durante la notte il popolo si riversa nelle case dei patrioti, al mattino venuti a conoscenza della fuga di Capra il popolo si credette libero da ogni legge. Bandiere vengono portate in scherno e fatte a pezzi. 

Il 29 si ebbe il peggio, illustrato dal Torricelli in due tavole allucinanti: G.B. Quadri, con qualche altro, si salvò a stento sul lago; l'avvocato Papi, segretario del Cantone, e il tenente Castelli furono tolti dal loro letto e strascinati nelle carceri (il Pretorio, oggi sede della Banca dello Stato); 

Poi inaspettatamente sbarca a Lugano 18esima mezza brigata francese in ritirata. La controrivoluzione si placa, i francesi fanno liberare Agnelli e gli altri patrioti incarcerati

L'abate G.B. Agnelli jr. si salvò grazie a questo corpo di truppe francesi di passaggio da Lugano mentre si ritirava verso il nord.

Partiti anche questi soldati, non ci fu più freno per la folla: il Papi e il Castelli vennero tolti dalle carceri e strascinati ai piedi dell'albero della libertà, che campeggiava ancora dal febbraio del '98 (su progetto di Rocco Torricelli). Rossi cerca invano di placare la folla. Un pazzo esce dalla folla e con un colpo d'ascia fende il cranio di Papi. Condotti a forza e legati all' albero della libertà, davanti a loro viene portato cadavere di Papi e vengono fucilati all’ istante e sepolti in un luogo maledetto

E ugual sorte subì il «gran gazzettiere» G.B. Vanelli, che, ignaro del pericolo, si era recato con un asciugamano sulla riva a lavarsi: in lui si voleva punire il banditore delle idee che avevan portato a Lugano il nuovo odiato «regime». E vennero quindi i forsennati saccheggi, tra l'altro delle case del prefetto Capra e dell'arciprete Riva.

Alcuni cittadini indignati accusarono tali gesta violente ma furono a loro volta uccisi . Tra di loro il giovane Ferrario di Lugano e il fabbro Mentasca padre di molti figli

Continua il saccheggio, la plebaglia fuori controllo, gli stessi autori della controrivoluzione temono per la loro vita. Viene costituito nuovi membri del consiglio amministrativo considerato come governo provvisorio,  si crea un corpo di onesti cittadini per cacciare con la forza le canaglie fuori controllo.

Dipinto 4 - 29.04.1799 - Il saccheggio della stamperia Agnelli

Le ultime parole dell’ultima edizione suonano come un terribile presagio quell’ultimo giorno in Piazza della Riforma. «Sentesi attualmente il rimbombo del cannone, e si crede impegnato un affare serio, che deciderà della nostra sorte», sta scritto quel 29 aprile del 1799 sull’ultima pagina della «Gazzetta di Lugano».

Il giorno prima gli austriaci sono entrati a Milano e hanno scacciato i francesi dalla Lombardia. L’egualitaria ma feroce liberté trascinata da Napoleone in giro per l’Europa sembra essersi dissolta per sempre in un’eco lontana. Anche a Lugano, dove i conservatori tirano un respiro di sollievo e ne approfittano per un regolamento di conti. La rivolta che scoppia è sanguinosa. C’è un vecchio acquerello di Rocco Torricelli, testimone oculare degli eventi, che descrive bene quelle ore concitate. La piazza di Lugano è uno sciame di persone intente a saccheggiare la stamperia, i libri vengono gettati dalle finestre, i macchinari sono distrutti a mazzate. È caccia ai giacobini che, riferisce un anonimo, sono «assassinati con crudeltà senza esempio a colpi di scure, e di fucile». 
Il proprietario della stamperia Giovanni Battista Agnelli riesce a fuggire

Il saccheggio della casa Agnelli, dal pianterreno al soffitto, che il Torricelli  illustra nella tavola: la casa (che fu poi modificata profondamente su disegno di Otto Maraini alla fine dell'Ottocento, oggi sede della succursale della banca UBS), campeggia tra la Piazza Grande e quella che si diceva (verso il lago, dove si nota la costruzione cella neoclassica del corpo di guardia dei Volontari: abbattuto poco dopo la metà dell'Ottocento), la Piazzetta della Legna. 

Sulla destra si apre la contrada di Canova; a destra l'albero della Libertà sormontato dal cappello di Tell, che ha attorno una sorta di palchetto con quattro fasci littori, simboli repubblicani, e l'angolo del palazzo della Mensa vescovile, con l'insegna dell'Osteria Grande. Al pian di terra della casa Agnelli, chiuso, il caffè Jacchini, la cui insegna è adornata da due elefantini; un'altra bottega, chiusa, è forzata con ferri e asce da tre energumeni. 

Dalle finestre piovono sulla strada libri, risme di carta, quadri, un mappamondo, che la folla dei forsennati raccoglie sulla piazza (si vedono anche mobili, una cassetta su cui spiccano le parole «Posa Piano», tappeti, pentole), e si porta via, anche con muli e gerle; visibilissimi tre che se ne vanno con un torchio, forse servito poi a Pietro Rossi, indicato tra gli istigatori del fattaccio, per stampare il suo «Telegrafo delle Alpi», successore della gloriosa «Gazzetta», che in questo giorno doveva avere il suo atto di morte. E' invece patetica, sotto i portici, la figuretta di uno che, smessa per un momento la insana virulenza, ha appoggiato il fucile al muro e si è posto a leggere un libro

Una fine movimentata

Una fine movimentata quella della Tipografia Agnelli, degno epilogo per un’altrettanta avventurosa esistenza durata oltre mezzo secolo. Tra intrighi internazionali e giochi diplomatici, con le sue pubblicazioni distribuite spesso clandestinamente, in favore di riforme e rivoluzioni, contro i gesuiti, contro la pena di morte, la tortura e la schiavitù, la stamperia di Lugano aveva davvero fatto tremare mezza Europa.

Erano stati, nel 1746, tre fratelli milanesi a fondarla, un po’ per cercare nuovi sbocchi commerciali fuori dal sonnecchiante mercato editoriale italiano, un po’ per beneficiare della libertà di stampa svizzera e sfuggire alla doppia censura, dello Stato e della Chiesa, che vigeva a Milano. Ottenuto il permesso dei Cantoni sovrani che allora dominavano la Svizzera italiana, avevano aperto bottega in Piazza Grande (oggi Piazza della Riforma) occupando quel grande ed elegante palazzo che esiste tutt’ora all’imbocco di via Canova e che oggi porta una targa commemorativa: «Sull’area di questo edificio sorgeva la Tipografia Agnelli, faro di cultura europea».

Non c’è dubbio: tra i tanti libri pubblicati, soprattutto su commissione, il prodotto di punta erano le «Nuove di diverse corti e paesi d’Europa» (o «Gazzetta di Lugano» come venne chiamato negli ultimi due anni): un settimanale in lingua italiana, stampato di lunedì, distribuito in pratica in tutta l’Italia ma letto in tutta Europa.

Il 30 settembre del 1776 è tra i primi a pubblicare integralmente il testo della Dichiarazione di indipendenza americana, quando per la prima volta nella storia si parla del diritto alla ricerca della felicità

Lugano, piccola e polverosa cittadina dei baliaggi italiani. Eppure vivace testimone degli eventi internazionali. Fino a quell’aprile del 1799, quando tutto finisce. Qualche settimana dopo il saccheggio, il comandante austriaco della piazza di Lugano ordina alla popolazione di riconsegnare quanto rubato. Si presentano ben 350 persone. Alcuni ammettono di avere già venduto la refurtiva. Molti riconsegnano di tutto: oltre a libri, carta e caratteri... ci sono tende, posate, pentole, tavoli, sedie. Inclusa la cassa dell’orologio dello sfortunato abate Vanelli.

Dipinto 5 - 10.05.1799 - L'arrivo delle truppe imperiali 

S'ebbero successivamente: l'instaurazione di un «governo provvisorio», che ottenne un ordine relativo; la cacciata dal Borgo, il 2 maggio, dei «paesani», divenuti evidentemente invisi anche ai molti luganesi conservatori; l'arrivo degli Imperiali, il 10-11 maggio; l'attraversamento di varie contrade del Ticino da parte delle truppe del generale Suvorov; finché col giugno del 1800 tornarono i francesi, e venne insediato il commissario elvetico Heinrich Zschokke. Ma questa è storia già successiva, che il Torricelli non illustra più. 


Sono se mai da segnalare, sempre alla fine d'aprile 1799, la calata di duecento verzaschesi a Locarno; l'invasione di Mendrisio da parte di una turba di paesani, che al grido "Vendetta contro i patrioti!» destituirono il vice-prefetto G.B. Maggi e pure si abbandonarono ai saccheggi. Il 1. maggio si ebbe l'irruzione a Bellinzona di gente di Isone e di Medeglia, e poi, in quello stesso mese, la resistenza dei leventinesi contro i francesi, che va sotto il nome di «guerra delle forcelle».

La nascita del Ticino

Perché nel 1798 il Cantone non esisteva ancora. Ogni baliato si era dichiarato indipendente e questi nuovi piccoli Stati avevano poco in comune. Si differenziavano politicamente, culturalmente ed economicamente. Queste differenze regionali persistevano anche nella Repubblica Elvetica.

Nell'estate del 1798, l'intervento militare francese trasformò l'ex Confederazione in uno Stato unitario centralizzato sul modello francese. I generali francesi volevano unire gli ex Paesi soggetti delle Alpi meridionali in un unico Cantone, ma non ci riuscirono. Due cantoni, Lugano e Bellinzona, furono creati frettolosamente a seguito di profonde differenze locali e di forti richieste di autonomia.

Mappa della Repubblica Elvetica e dei suoi cantoni del 1799. All'epoca, il territorio dell'attuale Canton Ticino era diviso nei due cantoni di Bellinzona (giallo) e Lugano (blu).

La Repubblica elvetica scomparve quasi subito, dissolta dall'Atto di mediazione del 1803. Napoleone istituì la Confederazione Elvetica, che d'ora in poi fu concepita come uno Stato federale. Questa riorganizzazione vide, tra l'altro, la creazione del Canton Ticino, un piccolo Stato sovrano che comprendeva gli otto ex baliati.

Gli stemmi degli otto distretti del Canton Ticino, fondato nel 1803.
Museo nazionale svizzero

Ma appena unificato, il Ticino rischiò di collassare di nuovo. Nel 1815, la Svizzera era determinata a preservare la propria integrità territoriale. Dopo la fine del regno di Napoleone e l'inizio della Restaurazione in seguito al Congresso di Vienna, alcuni cantoni avevano messo gli occhi sui loro ex paesi soggetti. Anche Uri voleva riavere la Levantina. Il governo ticinese lottò per impedire il ripristino delle infeudazioni precedenti al 1798. Il cantone conservò la sua esistenza e infine si unì alla Confederazione svizzera nel 1848.

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Giungendo un collega in ufficio con un occhio guasto sono iniziate alcune discussioni sull'argomento. In breve tempo, degenerando, ci si é spostati sul curioso tema degli occhi di vetro. In particolare, non ne ricordo l'origine, quella paura di svegliarsi durante la notte e bere quel bicchiere d'acqua appoggiato sul comodino, magari quello contenente l'occhio di vetro. Fantascienza? La storia dell'occhio ingurgitato sa molto di leggenda metropolitana. Molto meno invece l'occhio di vetro. Esso, come molti altri, é uno di quegli argomenti pronti a saltar fuori alla prima occasione valida, occasione che mi si para davanti durante la visita del Moulage Museum dell'università di Zurigo. Esso consiste in u ampio locale in cui sono presenti diverse vetrine contenenti ricostruzioni di tutte quelle orribile malattie che possono accorrere all'uomo. Dalla lebbra alla necrosi passando per le "classiche emorroidi". Di tutto e di più. Nella vetrina dedicata ...

Il Lazzaretto di Milano

Per completare le letture sulla pestilenza che colpì Milano, origine di diversi spunti ( qui , qui e qui ), decido di recarmi direttamente sul posto per cercarne i resti. Si perché se “se non si va direttamente sul posto si gode solo a metà”  Storia del Lazzaretto In un'epoca nella quale le condizioni igieniche erano davvero precarie, nasceva la necessità di adibire alcune strutture alla degenza e all'isolamento degli appestati durante le epidemie. Per questo motivo venne costruito il Lazzaretto, struttura che ogni città avrebbe dovuto avere per garantire un minimo di assistenza ai malati e per difendersi dall'espansione del contagio. Ciò che però non si sapeva era come trattare con la peste. Nei lazzaretti i malati erano di fatto isolati in attesa della morte. Esterno del Lazzaretto e porta di accesso Il primo Lazzaretto di Milano sorse molto distante dalla città, a Cusago tra il 1447 e il 1450, ma si rivelò troppo lontano durante la peste del 1451. Era necessaria una str...

Giordano Bruno

Giordano Bruno. Scagli la prima pietra che non ha mai udito tale nome. Probabilmente se si conosce il nome si saprà anche come ha finito i suoi giorni; bruciato vivo. Stop. Ma non basta. Così come non basta passare a velocità supersonica in piazza campo dei fiori a Roma per una rapida occhiata al monumento a lui dedicato. Ci sarà pur un motivo se tra migliaia di messi al rogo a lui hanno fatto la statua. Che diamine. Questi i pensieri mentre riguardo gli scatti strappati a Campo dei fiori in una soleggiata giornata primaverile. A distanza di due anni approfondisco il personaggio e il percorso che lo ha portato ad essere ridotto in cenere a Roma, a poche centinaia di metri della capitale di Gesù Cristo Nostro Signore P.S. É un puro caso che il post esca esattamente lo stesso giorno della sua esecuzione. Il monumento  Nel centro di piazza Campo de' Fiori, in mezzo alle bancarelle del mercato e al vagabondare di romani e turisti, si leva il monumento a Giordano Bruno. Il filosofo è tu...

Hotel Dakota

A volte i musei sono nei posti più insoliti. Un evento particolare può infatti essere preso come filo rosso per l'arredamento di un albergo. Questo é quello che hanno deciso i gestori dell'albergo Dakota a Meiringen Hall dell'hotel Dakota di Meiringen L'incidente Il 18 novembre 1946, un Dakota C-53 americano decollò da Vienna con dodici passeggeri per un volo diretto a Pisa. Dopo lo scalo a Monaco, il pilota Ralph Tate decise di sorvolare le Alpi svizzere e sbagliò le condizioni di altitudine. Volando troppo basso, l'aereo sfiorò il ghiacciaio Gauli a 3350 metri di altitudine a una velocità di 280 km/h. L'aereo sbanda nella neve alta, supera dei crepacci e alla fine si  ferma, senza che i 12 occupanti riportassero ferite pericolose per la vita. A bordo c'erano quattro membri dell'equipaggio e otto passeggeri, tra cui quattro donne, alti ufficiali dell'esercito americano e una bambina di 11 anni. La nebbia e i forti venti costrinsero il Dakota ad att...

Marignano 1515: la battaglia dei giganti secondo il Traxino

Trovo miracolosamente un altro testo inerente la battaglia di Marignano. Vero crocevia della storia svizzera. Questa pubblicazione risulta particolarmente interessante perché arricchita (quasi la metà del testo) da numerosissime note  L'Europa è in fermento, la prospettiva che un'area geografica di importanza fondamentale come il ducato di Milano sia caduta in mano agli svizzeri e al loro comandante, cardinal Schiner, è ritenuta inaccettabile, seppur con la poco credibile assunzione al trono di un figlio del Moro, Massimiliano Sforza, manovrato dallo Schiner e senza nessun margine d'azione autonoma. Nonostante l'indubbio impegno e coraggio da essi profuso, unitamente alle elevate perdite, durante il secondo giorno è ormai evidente a tutti che il vincitore della battaglia è l'esercito francese. Gli svizzeri cominciano a ritirarsi dal Ducato, protetti da alcune robuste retroguardie, rientrando nei propri territori, ma a testa alta: hanno infatti ben combattuto ed il l...

L’arte di invecchiare

Finché lo scorrere del tempo non diventi uno dei principali pensieri o addirittura sfoci in un ossessione stiamo sicuramente navigando nelle tumultuose acque della gioventù. Inesorabile é purtroppo il passare del tempo, ma questo lo si avverte con lo "scollinamento" (vedi capitolo sotto). All'improvviso sembra tutto fragile, insicuro, ci si rende conto che al contrario dei videogiochi la vita é una sola, appesa ad un filo che potrebbe rompersi da un momento all'altro. Da qui si impone profonda riflessione e una ricerca di filosofie capaci di accompagnarci con grande serenità al più democratico dei giorni.  Negli appunti lasciati di Schopenhauer, e nuovamente racchiusi in un vademecum tascabile trovo alcune risposte a questi pensieri tipicamente serali giusto "prima di spegnere la lampada sul comodino”.  Maestro della sponda superiore del Reno - Dittico: Hieronymous Tschckenbürlin e la morte, 1487 Museo d'Arte Basilea Definizione della vita secondo Schopenhaue...

Una nuova partenza

Ho gestito un blog dal 2004 al 2016 Dal 2016 ho preso una pausa, nel frattempo il mio stile di vita e i miei interessi sono mutati, si potrebbe sostenre che sono passato dall'epoca "tardo bimbominkia" al "consapevole di un esistenza da sfruttare bene", o ancora, come amo dire, aver cambiato la mia stagione umana, che sia da "primavera a estate" o da "estate a autunno" non l'ho ancora capito. Nel frattempo i miei interessi si sono spostati fondamentalmente su due temi: montagna e storia. Perché Suvorov55? Suvorov55 é un nome che riesce a racchiudere entrambe le mie passioni, cosa abbastanza difficile in una parola; si tratta di un percorso proposto da una delle innumerevoli app di escursionismo che propone di ripercorrere il percorso fatto dal generalissimo Suvorov nelle alpi svizzere nel contesto delle guerre napoleoniche, il percorso si chiama appunto Suvorov55 ed é una dei miei innumerevoli obiettivi che mi sono proposto di raggiungere....

VERSO

Quello che ci si para dinnanzi é sempre solo una facciata, un lato della medaglia, solitamente il più bello. Ma per conoscere bene qualcuno occorre mangiarci un sacco di sale assieme. L'operazione di scoprire il lato oscuro dei quadri é decisamente più semplice ma raramente non viene trattato perché il lato bello prende per se tutto l'interesse in quanto decisamente la più degno di ammirazione. Si potrebbe dire la stessa cosa dei singoli delle canzoni che uscivano con una seconda traccia, le famose B Sides, sempre un po' bistrattate, a torto, in quanto anche loro erano delle perle destinate a rimanere a vivere all'ombra della parte bella. Ma ritorniamo ai quadri, la Kunsthaus di Basilea decide di farci scoprire cosa sta dietro ai quadri. A oggi non mi sono mai posto grandi aspettative al riguardo, l'unico punto a riguardo erano le ali delle pale d'altare, che vengono solitamente esposte aperte nei musei, ma che nella realtà erano in questa posizione in corrispon...