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Eremiti da competizione

Tra i personaggi che ho conosciuto nei miei "viaggi" tra i libri, i musei, i castelli, i villaggi e le chiese va annoverato Nicolao dell Flüe.

01. Nicolao della Flüe

Non tanto per la questione spirituale ma per il lato "mollo tutto e vado a vivere per i fatti miei in perfetto isolamento". Non é da tutti, ci vuole coraggio, ma più passa il tempo e più riesco a condividere questa posizione.

Una cosa simile la fanno quelle famiglie che dopo anni passati in città nel terziario mollano tutto e vanno a ritirarsi una casa/baita diroccata in qualche valle per vivere di pastorizia. Certo tra questi due c'é ancora un bel divario, isolamento completo é isolamento completo.

E sta proprio qui il problema principale degli eremiti; ancor più che la grande sfida di vivere in maniera completamente autosufficiente c'é il lato psicologico di dover vivere completamente isolati.

Sempre per restare nell'esempio noto Nicolao quando tornò da Liestal decise di ritirarsi in montagna, e sarebbe rimasto isolato, forse sarebbe anche morto se dei cacciatori non l'avessero trovato. Ormai scoperto e vittima di diversi visitatori decise di trasferirsi in un eremo ma vicino al villaggio in cui era cresciuto .

La ricerca dell'"Essere Unico" Nell'autunno del 1467, dopo essere tornato indietro nel suo pellegrinaggio, Niklaus torna a Flüeli. Si ferma sull'alpe Klisterli e, secondo la leggenda, i cacciatori lo trovano mentre parla con Dio.
 foto; ciclo di Frate Klaus, Balz Heymann, 1821
Cappella superiore di Ranft

02. Simeone eremita

Simeone (390-459) visse oltre trent'anni in cima a una colonna (e quindi fu soprannominato "lo Stilita").

 A tredici anni smise di fare il pastore per entrare in un monastero. Dopo un lungo e doloroso noviziato, durante il quale più volte rischiò di morire a causa della severità delle pratiche ascetiche cui si sottoponeva, fissò la sua dimora su un monte distante una trentina di miglia da Antiochia

Simeone cercò un'eminenza rocciosa sui pendii di quello che ora è lo Montagna Sheik Barakat e decise di rimanere in uno spazio avente meno di 20 metri di diametro. Una moltitudine di pellegrini iniziò ad accorrere per chiedergli un consiglio o una preghiera e questo disturbò molto Simeone in quanto non gli lasciava più tempo sufficiente per la preghiera. Questo lo condusse ad adottare un modo nuovo di vivere.: sali su una colonna dapprima alta tre metri e poi innalzata a quindici, dove trascorse trenta estati e altrettanti inverni. Alla cima del pilastro era situata una piattaforma grande non più di 4 metri.

È stato affermato che, poiché pensò di non essere capace di scappare dal mondo in orizzontale, decise di fuggire in verticale.

L'abitudine e l'esercizio gli consentirono di perseverare in tale pericolosa situazione senza paura o senso di vertigine e di sperimentare le diverse posizioni di preghiera. Egli talvolta pregava in posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua pratica più frequente era quella di piegare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi. Uno spettatore curioso, dopo avere contato 1244 ripetizioni di queste "flessioni", desistette dal contarle. 

SAINT SIMON STYLITEIcona di San Simeone
Il progredire di un'ulcera alla coscia potrebbe aver accorciato, ma non troppo disturbato, questa sua esistenza celestiale; e il paziente eremita morì senza esser sceso dalla colonna!

03. Antonio abate

Il celeberrimo Antonio abate (250 ca.-356), di cui conosciamo bene la vita grazie alla biografia scritta dal discepolo Atanasio, nacque a Coma, sulla riva sinistra del Nilo, intorno all'anno 250. Nonostante fosse di famiglia agiata, preferiva alle feste e ai banchetti il lavoro e la meditazione.

Alla morte dei genitori distribuì tutte le sue sostanze ai poveri e si ritirò in solitudine a lavorare e a pregare, dapprima nei dintorni della sua città natale e poi nel deserto. Viveva in un'antica tomba scavata nella roccia, senza alcun comfort e nutrendosi del pane che gli veniva portato due volte l'anno.

Proverbiale è la lotta che condusse contro le tentazioni del demonio, che gli appariva per mostrargli quello che avrebbe potuto fare se avesse seguito la vita mondana. A volte il diavolo si manifestava sotto forma di bestia feroce - soprattutto di porco - per spaventarlo, ma Antonio rispondeva con digiuni e penitenze riuscendo sempre a evitare di soccombere.

Il tormeno di Sant'Antonio - Michelangelo Bonarroti
 
La sua fama di anacoreta si diffuse così tanto che fu costretto a cambiare varie volte dimora per sfuggire alla ressa di quanti accorrevano a lui per chiedere consiglio e per vederlo.

Il dipinto raffigura sant'Antonio Abate trascinato in aria da un nutrito gruppo di demoni, tipici della tradizione nordica, con dettagli fantasiosi e realizzati come un collage di numerosi animali. Le parti più grottesche, come le espressioni truci o i lunghi artigli dei demoni, appaiono attenuate dal pennello dell'artista. In basso si apre un lontano paesaggio tra le quinte di due speroni rocciosi, con quello sinistro più pronunciato: si tratta di un'aggiunta rispetto al modello. 

Un luogo adatto

Quello che accomuna i tre eremiti é la ricerca di un luogo al riparo da tutti. Un isola, microscopica sarebbe indubbiamente un ottima soluzione, ma non parlami di Alcatraz ad un tiro di schioppo da una città. Ebbene quest'isola esiste ed é stata utilizzata proprio in quest'ottica

Vista aerea di Skellig Michael

Due scogli rocciosi emergono dall'Oceano Atlantico a una dozzina di chilometri dalla costa della contea di Kerry. Skellig Michael o "La Roccia di San Michele", il più grande dei due Skellig Rocks, è il più spettacolare di tutti i siti monastici dell'isola del primo Medioevo, con un monastero ben conservato e un eremo remoto. Il pinnacolo è costituito da due picchi di Old Red Sandstone con una valle tra di loro. Il picco meridionale è alto 218 metri e veniva utilizzato come eremo, mentre il picco inferiore, alto 183 metri, contiene il sito monastico principale.  

Vista aerea di Beehive Huts Skellig Michael

La valle tra i due picchi è nota come Christ's Saddle. L'isolamento dell'isola ha contribuito a preservare e proteggere i resti monastici.

Capanna ad alveare su Skellig Michael

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